Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 24 - GIUGNO 1998
 

Animali e uomo: l'esempio della volpe
R. Pilli - R. De Battisti
 

La volpe [Vulpes vulpes (Linnaeus)] è probabilmente il carnivoro più diffuso nel nostro Paese, potendo frequentare le aree boscate così come le zone costiere, le praterie di alta quota e le periferie dei centri abitati. Per questo motivo, tale specie spesso si colloca al vertice della piramide ecologica in ambienti nei quali di rado sono presenti predatori di grossa taglia, come la lince [Lynx linx (Linnaeus)] o il lupo [Canis lupus (Linnaeus)]. Questa estrema adattabilità dipende soprattutto dall'opportunismo che contraddistingue sia i moduli comportamentali sia la dieta della volpe. Nel primo caso ciò si manifesta, ad esempio, nella capacità di utilizzare ricoveri eterogenei, quali tane scavate dal tasso, anfratti naturali e persino tubature per lo sgrondo delle acque.
Il secondo aspetto, forse determinante, è invece legato all'ampiezza e alla flessibilità dello spettro trofico, nel quale possono rientrare oltre a mammiferi e uccelli (o loro uova) anche frutta, insetti, anfibi, rettili, lombrichi, nonché materiale di natura antropica reperito tra i rifiuti (fig I ).
Ciascuna categoria alimentare può, in taluni periodi o ambienti, assumere un'importanza fondamentale nella dieta: ad esempio nell'area mediterranea, come nel Parco Naturale della Maremma (Cavallini & Volpi, 1996), e più in generale nella stagione autunnale, la frutta rappresenta l'alimento principale; in inverno invece, soprattutto nella fascia alpina e prealpina, prevale lo sfruttamento di piccoli mammiferi.
Lo spettro trofico vario e in genere equilibrato nell'utilizzazione delle diverse risorse fa sì che anche la nicchia ecologica occupata dalla volpe sia estremamente ampia (Prigioni, 1991). Proprio quest'elemento può far sì che vi sia una sovrapposizione tra la nicchia trofica del canide e quella di altre specie ed in particolare dei mustelidi che, per diffusione, taglia corporea ed abitudini alimentari, presentano probabilmente le maggiori affinità con la volpe. Un'eccezione nell'ambito di questa famiglia è rappresentata dal tasso [Meles meles (Linnaeus)] che da un lato ha una dieta basata prevalentemente sull'assunzione di frutta, lombrichi ed altri invertebrati e dall'altro scavando ed ampliando i propri rifugi fornisce uno dei siti di riposo e riproduzione più frequentemente utilizzati dalla volpe. Questa, come noto, può non solo usufruire delle tane abbandonate, ma anche, in alcuni casi, condividere, seppur con accessi distinti, il medesimo complesso di tana con il mustelide. Ben più rilevante può essere invece la competizione con martora [Martes martes (Linnaeus)] e faina [Martes foina (Erxleben)].
Ricerche condotte sulla dieta di quest'ultima hanno dimostrato l'esistenza di una forte sovrapposizione con la nicchia trofica della volpe (Brangi, 1995). Per entrambi i camivori la base dell'alimentazione (in ambiente appenninico) è rappresentata dalla frutta; per quanto riguarda la frazione animale invece la faina sembra utilizzare, indipendentemente dalla loro disponibilità stagionale, soprattutto micromammiferi, mentre la volpe utilizza anche mammiferi di taglia maggiore ma in stretta relazione con la loro disponibilità stagionale, manifestando in ciò un comportamento fortemente opportunista. E probabile che in queste zone il canide possa usufruire di carcasse, ad esempio di capriolo [Capreolus capreolus (Linnaeus)], rese disponibili oltre che dall'uomo, anche dal lupo (Brangi, I.c.) e che verrebbero invece sfruttate in misura minore, forse per il minor fabbisogno energetico, dal mustelide.
In condizioni di scarsa disponibilità alimentare quest'ultima specie potrebbe perciò essere sfavorita rispetto alla volpe. Per quanto riguarda la martora è necessario ricordare che quest'ultima pur essendo un predatore opportunista come la volpe, ricerca le proprie prede prevalentemente in ambienti di foresta sfruttando molto spesso anche le proprie doti di arrampicatrice.
La sovrapposizione tra la nicchia trofica delle due specie è perciò ridotta rispetto al caso della faina anche se vi può essere una occasionale predazione da parte della volpe nei confronti della martora (e, a maggior ragione, probabilmente, nei riguardi della faina) (Storch et al., 1990).
Naturalmente possono esservi anche delle interazioni con predatori di grossa taglia quali il lupo e, ove è presente, la lince. A parte il caso di una possibile e comunque occasionale predazione diretta nei confronti della volpe, da un lato queste specie possono, soprattutto in caso di scarse disponibilità trofiche, competere con la volpe (Meriggi et al., 1991), ma dall'altro possono anche, con un continuo apporto di resti non completamente consumati, sostenere predatori generalisti come la volpe stessa ed i mustelidi (Jedrzejewski et al., 1989). Nell'Italia nord-orientale ha fatto recentemente la propria comparsa lo sciacallo dorato [Canis aureus (Linnaeus)] che, per quanto è noto, frequenta ambienti molto vari tra cui anche discariche a cielo aperto (Bon et al., 1995). E chiaro che in tali ambienti, così come nel possibile sfruttamento di micromammiferi e lagomorfi, possono instaurarsi dei fenomeni di competizione tra i due canidi.
Data la straordinaria versatilità che caratterizza la volpe ogni generalizzazione sull'ecologia e l'etologia della stessa sarebbe scorretta. Si osserva ad esempio un'estrema variabilità nell'organizzazione sociale nella quale oltre ad esemplari isolati (vaganti in un'area più o meno ampia) si può riscontrare la presenza di coppie e persino di gruppi costituiti da più individui che condividono il medesimo territorio (Meya & Weber, 1996). Anche l'ampiezza dell'home range (è il territorio nel quale l'individuo svolge la proprie attività primarie) può variare notevolmente da un minimo di 40 ha per le aree suburbane a circa 130 ha nelle aree rurali. Le modalità di utilizzazione delle risorse trofiche disponibili, la distribuzione delle tane, l'organizzazione sociale, l'ampiezza dell'home range ed altro ancora, dipendono non soltanto da fattori abiotici (come il clima) e dalla distribuzione e disponibilità di fonti nutritive, ma anche dalla pressione e dal disturbo antropico cui è soggetto il carnivoro.
Così ove vi è uno stretto contatto con l'uomo, le popolazioni di volpe spesso risultano costituite soprattutto da individui giovani e subadulti. L'uomo infatti può sia favorire, con talune attività, il carnivoro, sia determinare la presenza di una mortalità annuale molto elevata dovuta non solo all'eventuale attività venatoria o al bracconaggio, ma anche al traffico veicolare ed alla mancanza di siti idonei per l'alimentazione e il rifugio.
Gli insediamenti produttivi, ad esempio, potrebbero da un lato garantire la presenza di siti di riposo, ma dall'altro potrebbero non consentire il reperimento di alimenti; le aree rurali ove vengono praticate coltivazioni di tipo intensivo invece spesso non offrono alcun ricovero diurno per il predatore.
 

Interazioni volpe-uomo
Dato il ruolo svolto nell'ecosistema e l'opportunismo che la caratterizza, la presenza della volpe comporta in genere una serie di interazioni con quella dell'uomo nel medesimo ambiente (fig. 2). La predazione nei confronti di animali di bassa corte (essenzialmente conigli e avicoli) può provocare dei danni economici diretti nei confronti delle attività antropiche. Il prelievo naturalmente può riguardare anche specie cacciabili, quali lepre [Lepus europaeus (Pallas)] e capriolo, ed avere perciò delle conseguenze anche sull'attività venatoria. Non si può trascurare poi il fatto che la volpe rappresenti in natura il serbatoio epidemiologico della rabbia silvestre, nonché il possibile anello di congiunzione (per il contatto con cani e gatti) con il ciclo urbano della medesima malattia. A volte è l'uomo stesso a favorire la presenza
del predatore anche in territori di per sé inospitali per la fauna selvatica come le periferie urbane. Queste aree possono rappresentare delle zone "di fatto protette" poiché da un lato non vi è, per ovvi motivi, alcun tipo di attività venatoria a carico del camivoro, e dall'altro sono invece largamente disponibili punti di ricovero (vecchi edifici abbandonati, tombini) e di alimentazione (discariche e cumuli di rifiuti in genere).
Il contesto territoriale nel quale si colloca la volpe diviene quindi determinante per il manifestarsi delle interazioni presentate in figura 2.
Nelle aree non-protette spesso la volpe è soggetta ad un certo prelievo venatorio che tuttavia, con il solo ricorso ai mezzi selettivi di caccia ammessi dall'attuale nommativa, difficilmente è in grado di limitame la densità.
Ciò è dovuto a vari fattori, quali l'ampia valenza ecologica della specie, il facile insorgere di condizioni favorevoli all'immigrazione di altri individui da aree adiacenti e il temporaneo venir meno delle cause limitanti la crescita delle popolazioni volpine. Per questo motivo in genere la caccia non consente di limitare significativamente né i danni economici diretti né quelli arrecati indirettamente all'attività venatoria. Per i primi la soluzione migliore è rappresentata da adeguate misure di prevenzione, quali recinzioni e cavi predisposti per il passaggio di corrente a bassa tensione (Toso & Giovannini, 1991). Per l'adozione di tali provvedimenti, che comunque presentano dei costi piuttosto contenuti, spesso è possibile usufruire di contributi pubblici elargiti da enti parco e province. Inoltre i medesimi enti corrispondono in genere anche dei risarcimenti a privati che denuncino di aver subito tali danni. Questi ultimi sembrano comunque essere abbastanza marginali, soprattutto se confrontati con quelli arrecati da altre specie. Considerando ad esempio i danni arrecati dalla fauna selvatica alle colture agricole e agli allevamenti nella regione Emilia-Romagna nel periodo 1989-1993 (valutati sulla base dei finanziamenti erogati a titolo di risarcimento dalla regione) si osserva come l'incidenza della volpe sull'ammontare complessivo dei danni sia pari soltanto all'1,33% (contro ad esempio il 30.8% del cinghiale ed il 23,7% della lepre) (Cesari et al., 1997). E interessante anche notare come, nella stessa regione, I'incidenza di tali danni risulti limitata anche nei parchi e nelle oasi pur trattandosi di aree ove non si svolge alcun tipo di attività venatoria a carico della specie.
Per quanto riguarda la predazione a carico di selvaggina, in generale si ritiene che essa non influenzi né la distribuzione né la densità pre-riproduttiva delle specie interessate (Toso & Giovannini, I.c.). Se infatti da un lato, in alcune aree, il prelievo nei confronti di capriolo, lepre e tetraoni di può essere rilevante, dall'altro vi sono anche numerose zone in cui tale fenomeno può in realtà rivestire un ruolo marginale nella dieta del carnivoro, consistendo frequentemente non tanto in una ricerca attiva (ad esempio nei confronti della lepre) quanto piuttosto in un rinvenimento casuale (Rosa et al., 1991), che almeno in parte interessa individui già morti. Anche le conseguenze per le attività di caccia perciò potrebbero essere trascurabili e andrebbero, data la variabilità che può presentare lo spettro trofico, valutate in ciascuna zona con apposite ricerche.
In ogni caso all'interno di un'area protetta ove manchino elementi naturali di contenimento delle popolazioni di selvatici, I'azione di predazione della volpe, per quanto limitata, non può che essere valutata positivamente non solo da un punto di vista ecologico ma anche per il possibile effetto limitante nei confronti dei danni arrecati da altre specie come ad esempio la lepre.
Di non secondaria importanza è anche il ruolo svolto dal camivoro nella trasmissione del virus della rabbia silvestre ad altri mammiferi.
Anche in questo caso, come nei precedenti, il mezzo migliore per contrastare un'eventuale epidemia non è dato dalla caccia, che favorirebbe une continua immigrazione di individui da altre zone, ma dalla vaccinazione orale mediante esche (Giovannini & Prosperi, 1991).
E tuttavia necessario un costante monitoraggio, mediante l'abbattimento di alcuni esemplari, della popolazione volpina presente in un dato territorio al fine di individuare tempestivamente la comparsa di eventuali focolai della malattia.
La possibilità di trasmissione di questa e di altre malattie (come la trichinellosi) all'uomo è comunque molto remota: durante l'ultima epidemia di rabbia verificatasi nel nostro paese (negli anni '80) non si è verificato alcun caso di contagio nei confronti dell'uomo (Cassola, 1992).
Più importante è invece il ruolo svolto dalla volpe come serbatoio epidemiologico di malattie comuni anche al cane, con il quale naturalmente l'uomo ha maggiori possibilità di contatto.
Il camivoro infatti, se infetto, può trasmettere il virus anche ad animali domestici con i quali possono esserci incontri occasionali soprattutto presso le discariche.
Queste, molto spesso, anche se controllate, presentano delle recinzioni assolutamente inadeguate e costituiscono perciò un "irresistibile" punto di richiamo da un lato per la volpe e dall'altro per cani randagi, inselvatichiti o più in generale non direttamente controllati dall'uomo. Diversi studi effettuati negli anni '80 hanno evidenziato le dimensioni con le quali si presentavano, nel nostro Paese, tali problematiche: a fronte di una scarsissima percentuale di depositi di rifiuti recintati (6% in Abruzzo, 20% in Veneto) si rilevava una elevata presenza, soprattutto in alcune regioni come Basilicata, Puglia e Calabria, di cani vaganti (Boitani & Fabbri, 1983).
Rispetto a tale quadro la situazione è oggi certamente migliorata ma spesso vi sono ancora discariche che, pur controllate, presentano delle misure del tutto inefficaci nei confronti della volpe, e inoltre è tuttora frequente, specie nei piccoli cen-tri, l'abitudine di utilizzare forre, piccole cavità o semplicemente i margini dei boschi per il deposito di rifiuti domestici di varia natura.
E opportuno anche sottolineare come, in generale, gli individui che si alimentano abitualmente di materiale di origine antropica presentino uno spettro trofico ristretto rispetto ad altri riducendo l'utilizzo di fonti nutritive naturali come frutta, insetti, lombrichi ed altro (Pilli, I.c. ). E perciò estremamente importante, in primo luogo nelle aree protette, eliminare ogni possibilità di accesso alle discariche nonché la presenza di altri eventuali punti di deposito di rifiuti, non solo per motivi di carattere sanitario, ma anche come misura necessaria per valorizzare le potenzialità e il ruolo svolto dalla volpe nell'ecosistema.



Bibliografia

  • Boitani L. & Fabbri M.L., 1983 - Censimento dei cani in Italia con particolare riguardo al fenomeno del randagismo - Istituto Nazionale di Biologia della Selvaggina, Bologna
  • Bon M., Paolucci P., Mezavilla F., De Battisti R., Vernier E. (Eds ), 1995 - Atlante dei mammiferi del Veneto - Lavori Soc. Ven. Sc. Nat., suppl. al vol.21
  • Brangi A., 1995 - Seasonal changes of trophic niche overlap in the stone marten (Martes foina) and the redfox (Vulpes vulpes) in a mountainous area of the northern appennines (N-Italy) -Hystrix, 7: 113-118
  • Cassola F., 1992 - L'ultimo "nocivo". La volpe nella legislazione italiana e nella pratica venatoria Atti I Simp. Carnivori, Hystrix,3: 247-252
  • Cesari L., Turra T., Zanni M.L. & Benassi M.C., 1997 - Danni arrecati dalla fauna selvatica alle colture agricole nella regione Emilia-Romagna - Suppl. Ric. Biol. Selvaggina XXVII: 437-442
  • Cavallini C.& Volpi T., 1996 - Variation in the diet of the red fox in mediterranean area - Rev. Ecol. (Terre Vie), 51: 173-189
  • Giovannini A. & Prosperi S., 1991 - Epidemiologia e profilassi della rabbia silvestre in Italia - Atti I Simp. Camivori, Hystrix,3: 137-148
  • Jedrzejewski W., Jedrzejewska B. e Szymura A., 1989 - Food niche overlaps in a winter community of predators in Bialowieza Primeval Forest, Poland. Acta Theriologica, 34: 487-496. In: Brangi A., 1995 Seasonal changes of trophic niche overlap in the stone marten (Martes foina) and the red fox (Vulpes vulpes) in a mountainous area of the northern Appennines (N-Italy) - Hystrix, 7: 113-118
  • Meriggi A., Rosa P., Brangi A. & Matteucci C., 1991 - Habitat use and diet of the wolf in northern Italy - Acta Theriologica, 36: 141-151
  • Meya J. S. & Weber J. M., 1996 - Social organization of red foxes (Vulpes vulpes) in the Swiss Jura Mountains - Z. Saugetierkunde, 61: 257-268
  • Pilli R., 1997 - Contributo metodologico sperimentale allo studio
    sull 'alimentazione della volpe [Vulpes vulpes (Linnaeus)/ - Tesi di laurea in Scienze Forestali ed Ambientali, Padova. A. 1996- 1997
  • Prigioni C., 1991 - Aspetti della biologia della volpe (Vulpes vulpes) in Italia settentrionale - Atti I Simp. Carnivori, Hystrix,3: 41-50
  • Rosa P., Brangi A. & Gola L., 1991 - Alimentazione della Volpe (Vulpes vulpes) in un'area montana delI'Appennino settentrionale - Atti I Simp. Carnivori, Hystrix,3: 91-94
  • Storch I., Lindstrom E. & Jounge J., 1990 - Diet and habitat selection of the pine marten in relation to competition with the redfox - Acta Theriologica 35: 311-320
  • Toso S., & Giovannini A., 1991 - Proposte per una strategia nazionale di gestione della volpe. Le linee direttrici dell 'Istituto Nazionale di Biologia della Selvaggina - Atti I Simp. Carnivori, Hystrix 3: 227-242