Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 35 - FEBBRAIO 2002


LA BIODIVERSITÁ
NELLA SOCIETÁ DELL'INFORMAZIONE
E la diversità come strategia evolutiva di adattamento a situazioni imprevedibili.
Il professor Francesco Di Castri, del Centro Nazionale Francese per la Ricerca Scientifica, è intervenuto al convegno internazionale di Gargnano dedicato a "La biodiversità nelle politiche ambientali". Dalle bozze non corrette dall'autore, riprendiamo alcune parti particolarmente significative, a titolo di anticipazione. Il testo integrale, riveduto e corretto, sarà ovviamente consultabile sugli atti. (M.G.)

Da una dozzina d'anni, una parte della comunità scientifica, nel quadro di un programma che si chiama "sviluppo e ambiente nella società globale della informazione", e anche alcuni governi, fra i quali i più grandi come gli Stati Uniti, la Cina, l'India, la Russia, hanno creato questo centro di riflessione e di proposta per una revisione concettuale operativa dei concetti e delle modalità che portano allo sviluppo ed alla conservazione dell'ambiente, fra i quali naturalmente il concetto di biodiversità, anche per evitare che le definizioni si susseguano alle definizioni, senza concreti vantaggi sul piano operativo.
Qualche anno fa con il ministro della Scienza francese abbiamo proposto la parola " R.A.N.A." le iniziali di "ricerca applicata non applicabile", per definire il rischio di questo tipo di ricerca che non si presenta solamente in ecologia, ma si sta diffondendo enormemente come una disfunzione di tutto l'apparato di ricerca e di insegnamento, una situazione di ricerca che si dice applicata, ma che non porta applicazioni.
Con l'umorismo tipico degli inglesi, in una valutazione recente della rivista "Journal of Applied Ecology", considerando dopo un esame di 30 anni di pubblicazioni, che quasi nessuna delle pubblicazioni ha portato una qualsiasi applicazione, si era proposto di cambiarla di nome in "Journal of Non Applied Ecology". Sarebbe stato molto più preciso.
C'è stato anche un editoriale nella rivista che si domandava se non dovesse cambiare di nome. Questo evidentemente è molto bello, molto tipico degli inglesi, che sono capaci anche di prendere in giro se stessi.
Tutto questo dimostra in ogni caso l'esistenza di un vero problema, che poi si riferisce anche ai temi che si discutono molto in questo momento in Italia.
Prendiamo i problemi del finanziamento della ricerca: in nessuna parte del mondo si da finanziamento alla ricerca generica.
Si finanzia una ricerca specifica, con grande attenzione a quello che si fa, agli obiettivi. Quindi parlare di aumento, o diminuzione della spesa per la ricerca in modo generico è qualcosa che è veramente fuori posto in questo momento della storia dell'umanità.

Nuove forze trainano un nuovo sviluppo
Questo in quanto all'applicabilità. In quanto alla validità dei concetti, ed alle priorità, da dodici anni a questa parte concetti e priorità sono cambiati moltissimo.
Per quale ragione? Perché da dodici anni il mondo è cambiato completamente per almeno due volte, mettendo come data simbolica l'ottantanove, la caduta del muro di Berlino, ed il grande passaggio dalla società industriale alla società dell'informazione, con le comunicazioni più facili, attraverso le frontiere permeabili, attraverso l'irruzione di Internet, attraverso gli scambi del GATT e altri, la società non è assolutamente più la stessa, le forze che portano lo sviluppo e la conservazione dell'ambiente dall'ottantanove o prima dell'ottantanove sono esattamente e specularmente opposte. Quindi se si continua a ragionare considerando ancora in campo le forze del passato, evidentemente non si arriva a nessuna applicabilità di risultati.
Anche molti dei concetti classici dell'ecologia, i concetti di ecosistemi come sopraorganismo, o i concetti di successione ecologica, sono tutti concetti che sono derivati dalla filosofia della società industriale.
Evidentemente la scienza non è recettiva ai cambiamenti concettuali nelle società. Quasi tutti i concetti ecologici , anche quello del flusso dell'energia, oppure fare dell'ecologia economica basata sui flussi d'energia, sono concetti tipici della società precedente non di quella attuale.
Quindi anche in questo senso si é verificata una vera frattura. Poi c'é una ulteriore frattura, non meno pesante solo perché si presenta come politica.
Mi riferisco alla fine del confronto fra l'est e l'ovest. Evidentemente, il cambiamento totale delle alleanze ha portato ad uno sviluppo dall'ottantanove fino all'altro ieri, diciamo l'altro ieri, prima dell'undici settembre, ad uno sviluppo più rapido di quanto lo sia mai stato nella storia del mondo ed a delle possibilità di risolvere i problemi dell'ambiente, soprattutto quelli della biodiversità, insospettati prima di quell'epoca, con un cambiamento totale delle strategie.
In questo momento dobbiamo rivedere questa impostazione un'altra volta e completamente, perché l'altra grande discontinuità che si é prodotta è quella dell'undici settembre, dove la frattura ormai non è più fra est ed ovest, ma è una frattura strana un po' fra il "nord non nord" ed il "sud non sud", luoghi che non esistono geograficamente, ma esistono dentro di noi: un sud diffuso, permeato di nord e di un nord permeato di sud, che passa attraverso la comunicazione delle reti, dei network, e che a volte assume l'aspetto di una lotta basata più sull'informazione che sull'energia o sulle armi.

Due shock di civilizzazione
Questi due shock di civilizzazione successivi (la caduta del muro di Berlino e l'attentato alle torri gemelle) hanno prodotto dei cambiamenti di priorità sensazionali, radicali, drammatici. Perciò è stato costituito un gruppo di dieci persone, (io faccio parte di questo gruppo) che deve rivedere subito quali sono le nuove priorità, quali sono le nuove modalità di azione, che non sono assolutamente quelle che hanno preceduto i due shock di civilizzazione subiti dall'umanità.
A titolo di esempio, pensiamo ai cambiamenti climatici. Dopo quello che é successo questa questione ha perso completamente non il valore, perché essa esiste e sussiste, ma le modalità di azione, le strategie che oggi appaiono completamente differenti.
Non si parla assolutamente più in termini precedenti all'undici settembre di questi problemi.
Questo ci ha portato anche a dei viaggi incessanti, diciamo fra l'Argentina dalla quale sono arrivato domenica e la California, la Cina, la Polinesia, verso dove partirò lunedì. In questi differenti luoghi del globo in questo momento si stanno rivedendo tutte le priorità.
E il dato più interessante é che esse sono molto più differenziate di prima.
L'idea che le priorità possano essere le stesse per tutti i paesi, in questo momento è una ipotesi che non esiste più.
Del resto era anche qualcosa che si vedeva arrivare. Un colpo di freno alla globalizzazione economica, che è sempre stata un fenomeno congiunturale, era già necessario prima di questo attuale arresto del fenomeno congiunturale. Di globalizzazioni ce ne sono state molte nella storia dell'umanità, ci sono libri e libri sulla storia delle globalizzazioni, e questa è una delle tante.
Quindi é tempo di rivedere i concetti, rivedendo soprattutto le modalità di azione, perché i concetti si possono rivedere anche in una sala come questa, ma le modalità di azione non si possono vedere che sul terreno, perché sono infinitamente specifiche se devono essere applicabili. Non ci sono due situazioni uguali, quindi solo la conoscenza delle differenti culture locali può permettere di avere una azione che non porti alla omologazione ed all'appiattimento e quindi ad un ulteriore shock di civilizzazione che comprometterebbe l'attuale livello di sviluppo.
Prima di parlare, quindi, delle esperienze di terreno (perché la maggior parte di quello che é utile per l'oggi è basato su esperienze di terreno), vorrei fissare un paio di concetti senza definizioni.
Faccio una piccola parentesi.
Si è parlato molto di Rio. Sono stato uno degli organizzatori di Rio, come direttore generale dell'Unesco, e conosco bene le difficoltà delle definizioni. Prima di Rio avevamo fatto l'elenco di 373 definizioni di "sviluppo sostenibile", perfettamente contraddittorie le une con le altre.
In questo momento ci sono migliaia di definizioni esattamente contraddittorie l'una con l'altra, quindi quando si parla di questo bisogna dire quello che uno pensa, specificarlo, per vedere se parliamo della stessa cosa, essendosi persa la possibilità di comunicare un concetto che significa troppe cose differenti. Quello che vale per il termine "sviluppo sostenibile" vale anche per il termine "biodiversità". Prima di Rio c'erano circa 200 definizioni. Adesso non le ho più contate, ma ce ne devono essere delle migliaia, anche quelle perfettamente incompatibili l'una con l'altra. E quando un concetto diventa troppo vago o interpretato in modo differente dall'uno e dall'altro, anche in modo opposto, strettamente opposto, il problema si complica. Un ecologo profondo non accetterà mai lo sviluppo sostenibile perché rigetta l'idea di sviluppo.
Un economista dirà che lo sviluppo non è stato mai sostenibile, né può esserlo, basta vedere quello che è successo l'11 settembre, che sostenibilità è possibile, qualsiasi siano del resto le ragioni ambientali.

L'informazione dopo l' undici settembre
Quindi non utilizzerò questi termini.
Non perché non siano buoni: sono idee nobili, nobilissime. Però non saprei veramente, quando mi riferisco a questi termini, se quello che dico corrisponde anche solo a quello che pensa un'altra persona della sala o se non ci sono veramente tante opinioni come quante persone ci sono in questa sala, o come tante persone che ci sono nel mondo.
Quindi non definirò cose, ma quando si parla di società dell' informazione vorrei dire subito che non è la società che si può definire per un maggior numero di siti Internet o di connessioni Internet o di numero di persone al computer.
Quello che è cambiato radicalmente in questa società è il tipo di informazione, la possibilità di informazione traversale, non verticale, non gerarchica, bidirezionale: si riceve ma si può creare, e questo da una possibilità di utilizzazione molto più capillare, molto meno gerarchica.
Le popolazioni locali che sono gli attori, sia dello sviluppo che della conservazione dell'ambiente, possono prendere in mano il loro stesso destino.
Dare il potere agli attori locali di agire saltando tutte le burocrazie o quasi tutte diciamo, e questo che fa un cambiamento - nell'azione - assolutamente radicale. è una rivoluzione. Può portare anche all'opposto, può portare ad una uniformità con il linguaggio, e soprattutto nei paesi in via di sviluppo, l'impatto dell'informazione non è un lusso dei paesi ricchi, è veramente in questo momento la necessità e lo strumento più importante dei paesi del terzo mondo,
L'informazione, degli eschimesi,dei polinesiani, degli indiani, che sono in contatto fra di loro fra i villaggi attraverso l'informazione, produce un cambiamento totale, e questo molto di più che lo strumento, lo strumento diciamo tecnico.
Una tale analogia fra l'informazione genetica, biologica della biodiversità con quella digitale, elettronica, fa si che la maggior parte dei dipartimenti universitari che si occupano di biodiversità siano in grado di occuparsi anche di scienza dell'informazione. Sono lo stesso dipartimento perché i principi sono gli stessi, le tecniche sono le stesse, si parli di eugenetica o di geni elettronici di qualche software, al MIT - diciamo - il dipartimento di biodiversità é lo stesso di quello della scienza dell' informazione.
Del resto anche il terrorismo è basato sulle scienze nelle dell'informazione, come saprete certamente.

La biodiversità dopo l'undici settembre
In quanto alla biodiversità non cercherò certo una definizione se no non so quante ne potrei dare. Terrò conto soprattutto di quella della convenzione sulla diversità biologica, della quale se ne è parlato per diversi anni prima di approvarla. non dico che sia buona perchè si è approvata anche il punto e la virgola durante tanti anni, però è importante non tanto come misurarla perché non ci si arriverà mai, ma il concetto, il concetto della biodiversità degli insiemi di geni.
La materia genetica è la base della biodiversità, molto più che la specie. La specie é una materializzazione, una "vatara" in termini indù. La "vatara" è la reincarnazione - diciamo - di qualche cosa. La specie, l'ecosistema, sono tutte reincarnazioni dei geni, quindi l'insieme dei geni, delle specie, degli ecosistemi e dei paesaggi che ci sono in un dato territorio e in un dato periodo di tempo, il che fa si che non si arriverà mai ad avere effetti seriamente operativi sulla biodiversità se non si ha questa interazione fra geni, specie, ecosistemi e paesaggi. E parlando di paesaggi, teniamo conto che sono tutti modificati dall'uomo. Quindi si entra immediatamente nell'aspetto umano, nella cultura, nelle diversità delle culture, nei paesaggi culturali, e li immediatamente si integra tutto l'aspetto della diversità culturale.
E' tutto un continuo. Ed é solamente prendendo atto seriamente di questo continuo che la diversità prende un valore. Solo allora io posso rispondere alla domanda se sia ancora di attualità la biodiversità.
Dopo quello che è successo, io dico che essa é di attualità molto più di prima, sempre che si prenda in questo senso, e non in senso molto più riduttivo.
In questo senso è diventata la scienza numero uno, senza dubbio la scienza di base della società dell'informazione.
Si parla di informazione di tutta la storia evolutiva, si parla di informazione delle culture, quindi non c'è concetto in questo momento, anche dopo l'undici settembre, più importante di quello di biodiversità, se é preso in questo senso.
Vediamo ancora quindi qual'è il senso della biodiversità, il senso che comprende tutto, l'informazione genetica, biologica, ecologica che si è costruita e distrutta anche evidentemente con le estinzioni durante i milioni e milioni di anni di storia evolutiva, in una informazione che in quantità è molto superiore in diversi ordini di magnitudine a quella di tutta l'informazione digitale.
L'informazione costruita durante la storia culturale dell'uomo e durante la prima parte della storia culturale dell' uomo c'è stato un enorme aumento della diversità.
Nella società dell'informazione c'è un'altra caratteristica - ho parlato di questo flusso differente, trasversale, non gerarchico di informazione - l'altra evidentemente è la dominanza dei servizi.
In questo momento nei paesi sviluppati l'agricoltura rappresenta dal 2/3/4 % della popolazione e delle attività economiche, l'industria 12/13/15 %. I paesi industrializzati sono i paesi del terzo mondo. Gli Stati Uniti non sono industrializzati, hanno solamente il 12% di attività industriali e tutto il resto sono servizi.
In questo senso prende importanza la biodiversità per fornire servizi, che si possono in parte quantificare anche in termini monetari, i servizi diciamo prodotti dalla biodiversità, il riciclaggio, la riproduzione, i paesaggi che nei loro aspetti anche turistici o spirituali, estetici, rappresentano perlomeno il doppio di tutto il prodotto nazionale lordo dei paesi, in termini di servizi, perché sono i servizi che fanno l'economia mondiale.
Quindi la diversità espressa più come risorsa che come servizio, é veramente fondamentale.
E poi é scienza di base. Senza dubbio importante per la conservazione biologica, ma scienza di base per la selezione artificiale, per la biotecnologia.
E non parlo solo della biotecnologia in agricoltura, ma della biotecnologia in tutte le applicazioni farmacologiche.
Non c'è dubbio che la medicina non del futuro, ma del presente è fondamentalmente basata sullo studio genetico, sulla biodiversità per l'uomo e anche per tutto il resto, e questa é la scienza fondamentale di tutto, presa in questo senso evidentemente.
Quindi se dovessi dire in questo momento qual'è la scienza più importante, è senza dubbio la biodiversità, molto di più di quanto lo fosse un mese fa, molto di più di quanto lo fosse 2 o 3 anni fa, presa però in questo senso ampio.

L'importanza di "Rio"
Parlando daccapo di Rio, (del resto è stato qualcosa di sensazionale), non tanto nelle convenzioni, non tanto nei concetti, non tanto nella parte quasi politica, ma nelle ricadute in termini di confronto civico di massa che c'è stato in misura molto ampia.
Rio ha portato veramente un magnifico confronto di civilizzazioni senza per questo arrivare allo shock di civilizzazione, nel parco Flamenco, nelle altre attività artistiche in altre parti, quelle secondo me sono state molto più importanti, mostrando le diversità delle culture, perché si è un po' dimenticato, dopo, questo aspetto. E adesso appare molto evidente, dopo quello che è successo l'undici settembre.
Ma l'insegnamento maggiore di Rio è stato veramente che non si può concepire l'ambiente avulso dallo sviluppo.
Che poi lo sviluppo si chiami sostenibile, o come si chiami questo non è importante.
Questa nozione, del resto, esisteva già da trenta o quaranta anni. Però è stato importante mettere l'accento sulla impossibilità di avere delle azioni efficaci sull'ambiente che non siano integrate in una strategia di sviluppo.
Ci sono anche delle teorie economiche, la curva a u, a cui non credo molto, e il resto che indicano che basta sviluppare che poi l'ambiente finalmente sarà protetto.
Scende il degrado dell' ambiente durante un periodo, poi in un altro punto dello sviluppo riaumenta, sulla curva a forma di u, alla quale non credo.
Si potrebbero esaminare molti esempi che possono appoggiare questa idea e molti altri (che sono la maggior parte) che invece non l'appoggiano.
Però quello che è sicuro, é che prendendo in generale la situazione del mondo non si può fare niente per l'ambiente se non si ha una contemporanea cura dello sviluppo, e che senza avere una base di sviluppo non si ha nessuna probabilità di proteggere l'ambiente.

Coesistere con l'imprevedibile
La diversità significa che ci sono soluzioni differenti, dentro il bricolage della natura ci sono state diverse soluzioni che coesistono, che non si escludono l'una con l'altra, al momento dell'imprevisto alcune possono resistere, ed altre possono sparire, e nelle culture è lo stesso.
La diversità culturale è quella che permette che altre culture, (o la diversità o la libertà individuale di gente che sceglie altre alternative e non un ordine unico, economico o sociale o quello che sia), producano un enorme valore di adattamento all'imprevedibile.
E siamo ovviamente a contatto con la complessità delle aperture, con la complessità dell'informazione, noi siamo di fronte all'imprevedibile. Coesistere con l'imprevedibile é la risposta, anche nella diversità da diversificazione economica.
Se qualcuno di voi gioca un po' in borsa, saprà perfettamente o dovrebbe aver capito che anche quello si basa sulla diversificazione che non é solamente una azione, ma un pacchetto di azioni.
E non solamente azioni, ma anche obbligazioni, non solamente azioni italiane ma anche straniere, e tutto ciò é l'unica cosa che può permettere di bilanciare una cosa con l'altra.
Quindi se anche oltre questo argomento economico, sociale e politico della diversità, (soprattutto diversità come rispetto delle culture, come comprensione delle culture, come non imposizione dei propri sistemi di valori sugli altri), c'è anche questo enorme meccanismo di sopravvivenza della diversità, (sotto tutti i punti di vista, anche politico), lì è la base della democrazia, è la diversità, non è la dittatura di una maggioranza: è l'interazione. Chi é stato mio studente sa benissimo che sempre alla fine dei miei corsi dicevo: se tutti la pensano come me sarebbe un disastro: il mio fallimento come professore.
E se anche voi pensate tutti allo stesso modo è un disastro. Spero che ognuno abbia la propria idea, che è poi l'unico modo per adattarsi, e, del resto, è anche molto più divertente. Se fossimo tutti d'accordo non ci sarebbe azione, e neanche discussione. Dal punto di vista della teoria dell' informazione due elementi identici non hanno interazione. L'interazione, anche dal punto fisico, è data dalla diversità.

La diversità è la parola chiave
La diversità è alla base di tutte le attività economiche in fase di forte innovazione come il turismo, e la biotecnologia.
La stessa tecnologia è anche e soprattutto una informazione.
Qual'è il senso della sostenibilità, nella società dell'informazione?
In questo momento l'elemento maggiore di sostenibilità che può favorire nel mondo lo sviluppo é la capacità e la rapidità di adattamento culturale ai cambiamenti successivi.
Se consideriamo che il tasso di rinnovo delle conoscenze in questo periodo storico si raddoppia rispetto a tutte quelle della storia dell'umanità, nel giro di otto anni, fra poco in soli quattro anni un professore universitario che non si rinnovi, dopo quattro anni renderà la metà perché saprà la metà di quanto avrebbe necessità di conoscere, mentre dopo otto anni sarà arrivato all'ignoranza completa, a meno che non si sottoponga ad un costante processo di aggiornamento, naturalmente non di tutto, scegliendo quello che gli può servire, perché del resto gli sarebbe davvero impossibile aggiornarsi sull'intero scibile contemporaneo.
Quindi di fronte a questo scenario così profondamente cambiato i sistemi che sono più in crisi in questo momento sono i sistemi fondamentali, i pilastri della nostra società.
La scuola e l'università e la ricerca sono in crisi. Ma lo sono anche gli Stati, che non hanno ancora trovato la loro funzione. Ed è in crisi lo Stato Nazione, che è una creazione piuttosto recente. Quindi qual'è la sfida attuale della diversità ? Senza dubbio l'innovazione. L'innovazione che porta alla diversità, in una nazione specifica ed accettata. Non la imitazione dell'innovazione degli altri, che non è innovazione.
Se copiamo l'innovazione degli Stati Uniti, non facciamo innovazione, copiamo, imitiamo.
Il che esige forti investimenti in ricerca, per produrre innovazione specifica ed accettata, però inserita sulle radici delle identità delle forze culturali. Quindi questo binomio, innovazione molto forte ma specifica , originale, nello stesso tempo su basi che siano quelle della propria cultura. Che è cosa evolutiva, dinamica, la cultura, non è certamente fissa. Ecco: con questi due elementi (l'innovazione e l'identità culturale specifica) penso che sarà possibile fare fronte alle sfide del presente.
Si tratta anche di una sfida magnifica a livello personale: nonostante tutto, infatti, nessun momento é più emozionante di questo, né più stimolante nella storia dell'umanità.