Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 39 - GIUGNO 2003


UNA RETE MEDITERRANEA PER GLI ECOMUSEI

Per salvare un patrimonio prezioso quanto fragile

Si è recentemente svolta a Hyères la conferenza fondativa della rete europea degli Ecomusei, che coinvolge istituzioni locali ed associazioni culturali di sette paesi (Finlandia, Francia, Italia, Grecia, Portogallo, Romania, Spagna) ed in particolar modo produrrà una esibizione itinerante sui siti ecumuseali del golfo di Turku, della rada di Hyeres, della Laguna di Venezia, del Parco Geominerario del Sulcis Iglesiente, del golfo di Salonicco e della foce del Danubio.
Il presidente della commissione scientifica è il prof. Louis Bergeron, presidente del TICCHI, l'associazione mondiale per archeologia industriale, e del primo Ecomuseo europeo, a Le Creusot in Francia.
L’Ecomuseo è uno strumento di riequilibrio dinamico del territorio, attraverso una ponderata valorizzazione della ricchezza naturalistica di aree relativamente incontaminate, della stratificazione dei reperti della storia, e dell'economia della produzione tipica. L'Ecomuseo è una rete delle risorse divulgative del patrimonio storico ambientale e produttivo di un determinato contesto di elevato pregio, dove esso razionalizza l'offerta museale dedicata al territorio.
l’Ecomuseo in questi ultimi anni è divenuto un punto di riferimento costante nella definizione dello sviluppo compatibile di territori preziosi, esposti al degrado e/o alla pressione turistica; esso non è museo né del sistema naturale né di una singola filiera produttiva, infatti il suffisso eco non è riferito esclusivamente all’ecosistema piuttosto che all’economia di un determinato territorio, ma all’intreccio di questi due fondamentali fattori di sviluppo del tessuto antropico.
Più proprimanete nella definizione originaria eco fa riferimento ad oikos, casa ed interezza in greco antico, laddove i singoli musei divengono stanze dell’ecomuseo, ambienti che nel loro insieme definiscono l’interezza della complessità territoriale.
I percorsi che tengono assieme queste stanze ecomuseali sono porte che mettono in comunicazione gli ambienti del territorio, che diviene familiare ed accessibile appunto come una casa.
Questo progetto triennale ha fatto l'oggetto di una candidatura all'interno del programma "Cultura 2000" della Direzione Generale Educazione e Cultura della Commissione Europea, con il titolo "Il patrimono di Industriale tra terra e mare: per una rete degli ecomusei europei". Presentiamo qui di seguito l’intervento alla conferenza di Hyères del direttore scientifico del progetto, arch. Francesco Calzolaio.

Mediterraneo, Ecomuseo, Laguna, Il Mediterraneo

Racconterò di Mediterraneo, Laguna ed Ecomuseo per definire la trama del lavoro che in questi anni andremo a fare, un lavoro che ha l'obbiettivo di definire il modello del sistema ecomuseale.
Ogni modello acquista senso nel suo essere generale ed inclusivo, ma anche puntuale e specifico; in altre parole il valore di riproducibilità di un modello sta nelle precise regole di definizione dei contenuti e dei metodi che scientificamente assieme individueremo, ma anche e soprattutto nella sua capacità di essere sensibile alle differenze e flessibile alle deformazioni necessarie ogni volta che si applica il modello.
Per parlare di Mediterraneo occorre tornare a Fernand Braudel. Egli lo definisce “un insieme di vie marittime e terrestri collegate tra loro, e quindi di città che dalle più modeste alle maggiori si tengono tutte per mano. Strade ed ancora strade, ovvero tutto un sistema di circolazione. È attraverso tale sistema che arriviamo a comprendere fino in fondo il Mediterraneo, che si può definire, nella totale pienezza del termine, uno spazio-movimento. All’apporto dello spazio circostante, terrestre o marino si assommano i doni del movimento. Più questo si accelera più tali doni si moltiplicano. ”Fernand Braudel, il Mediterraneo, Milano 1994, pag. 51 (FB, M, 51).
Braudel nel suo testo fa poi l’esempio di Firenze e Venezia con le loro reti culturali e commerciali. Ma oggi questa è soprattutto una pesante eredità storica, perché purtroppo il mediterraneo recente, fin dal 1600, è decaduto nella sua capacità di essere sistema. Ora è fatto sopratutto di divisioni e conflitti, inesorabilmente perduti, di guerre calde e fredde. Ma sembra possibile intravedere le condizioni per un mutamento di scenario, dovuto ad un concorso di motivi.
In questo senso va la nostra rete, il cui radicamento ed ampliamento lavoreranno per rafforzare "lunga durata" delle interconnessioni mediterranee.
La condizione planetaria è caratterizzata da un generalizzato abbattimento delle frontiere, ma le divisioni storiche nel mediterraneo hanno una forte inerzia. L’Europa può divenire traino, avendone tutto l’interesse, di una nuova centralità mediterranea.
La rivoluzione informatica da’ alla periferia ed alla provincia delle opportunità impensabili prima di internet. Si tratta di proporre nuove reti, di persone, luoghi ed informazioni, capaci di dare centralità alla provincia mediterranea attraverso l’abbattimento delle frontiere politiche e tornando ad un mare che unisce e non divide.
Il Mediterraneo è fatto di equilibri dinamici e complessi, di antinomie e complementarietà. Tornando a Braudel egli dice che siamo di fronte a "due Mediterranei, il nostro e l’altrui” (FB,M,27), dove oriente ed occidente, nord e sud, centro e periferia si misurano in un'apparente antitesi. Il mediterraneo è tutto questo tenuto assieme da una rete di strade, da una “unita’ spazio-temporale”.
Quella dualità si struttura in tempi diversi e spazi diversi, tenuti assieme dall’acqua.
È a questa straordinaria capacità di comprendere le differenze che dobbiamo inspirarci, comprendere nel duplice senso del termine italiano: di capire e di tenere assieme.

La laguna di Venezia

La laguna per Braudel è una “via del mondo”, un mare interno come il mediterraneo.
Egli fa una similitudine laguna/mediterraneo che sembra molto fertile proprio perché a Venezia avrebbe così senso elaborare dei modelli di gestione integrata delle risorse ambientali storiche e culturali, da esportare nel mediterraneo tutto. Difficile risulta comprendere le relazioni tra storia e analisi del territorio perché le eredità di duemila anni di storia si sovrappongono alla complessità della gestione quotidiana di un ambiente così fragile. Rispettare l'eredità e rendere possibile l'evoluzione è una sfida assai problematica.
Già decodificare le tracce di questi diversi usi nel territorio è un'operazione impegnativa perché siamo spesso tentati di semplificare la visione del paesaggio che abbiamo di fronte, ricodificandolo attraverso letture tematiche, come appunto quella storica o naturalistica o urbana o idrodinamica o paesaggistica ecc.
Purtroppo è questa una visione specialistica del tutto inutile quando si parla del territorio come risorsa integrata, perché appunto nello sviluppo di ciascuna risorsa sta la chiave di quella sostenibilità di cui tanto si parla. Dunque bisogna orientarsi in un groviglio di segni e provare ad elaborarne un'interpretazione.
Nella laguna di Venezia ci troviamo spesso di fronte a temporalità asincrone, laddove ad una configurazione fisica, spaziale, non corrisponde un tempo ugualmente definito.
Vi sono luoghi contigui che hanno diverse temporalità, dove alla lunga durata si contrappone il tempo frenetico del mercato, per esempio. Sono queste delle discontinuità che costituiscono dei casi di rottura di un equilibrio secolare, e che possiamo pensare siano l’oggetto stesso del nostro lavoro interdisciplinare, in quanto tessere di un mosaico ambientale integrato.
In altri parole coesistono, legate dall’acqua, delle polarità singolari, pur in spazi vicini, tra tempi distanti ed antitetici. È questo il caso dell’Arsenale di Venezia e del sestriere di Castello, dove ad un popoloso quartiere corrisponde oggi un enorme complesso disabitato, mentre nei secoli, se pur separati da mura, vivevano in fortissima interdipendenza.
Dalle finestre delle case circostanti il rio dell’arsenale, per esempio, passavano viveri e oggetti per completare l’allestimento delle navi, quando si doveva armare una nave al giorno. Oggi l'Arsenale al contrario è il luogo di un'irreale silenzio.
Ma potremmo parlare, analogamente, di Cavallino e Burano che si fronteggiano a pochi metri, divisi da un canale. A Burano permane il più antico stile di vita lagunare, ancora legato al merletto e alla pesca tradizionale -basti pensare che non esistono alberghi- mentre a Cavallino abbiamo il più grande plesso di campeggi europeo e un’agricoltura altamente industrializzata. Siamo di fronte ad una prossimità fisica ma un'enorme distanza culturale, esemplificata dalla struttura edilizia mediocre e scarsamente caratterizzata, e non solo a confronto con la straordinaria morfologia di Burano.
Un’altra polarità singolare, questa volta tra i tempi dell’industria e della natura, è quella tra Marghera e le casse di colmata.
La zona industriale di Marghera con i grandi interramenti della laguna, il suo sviluppo e l’attuale riconversione ha introdotto spazi e tempi assolutamente altri rispetto a quelli naturali della laguna. Ma proprio le casse di colmata, che sono gli interramenti per la terza zona industriale mai completata, sono tornate alla natura dando alla flora ed alla fauna lagunari delle possibilità di sviluppo incredibili, ed oramai inesistenti altrove.
Tutta l’apparente naturalità nella laguna di Venezia è prodotto dell’interazione dell’uomo, che ha prodotto un controllo ambientale consapevole, come per le diversioni cinquecentesche dei fiumi che affluivano in laguna, altre volte inconsapevole come nel caso delle casse di colmata, altre volte ancora disastroso come le potenziali bombe ecologiche delle petroliere in laguna.
Il nostro compito è di dare un senso a queste discrasie, di misurarle e se possibile di portarle in equilibrio. E questo è praticabile attraverso una serie di azioni su piani diversi ma comunque dando una nuova centralità alla laguna, e recuperando uno sfruttamento armonico delle sue risorse, prima tra tutti il turismo sostenibile.

L’Ecomuseo

Braudel definisce Venezia “la signoria della laguna” e condanna il fatto che “lo straniero, affascinato e monopolizzato dalla città, disdegna troppo facilmente il mare interno, che ad essa fa capo come una viva pianta al suo fiore” (FB, M, 245). Una similitudine che sembra fertile e che diviene strategica per la concezione dell'ecomuseo, che tenta di definire un volano di sviluppo controllato del turismo. La fruizione turistica è oggi eccessivamente centrata sull’area marciana, creando affollamenti e discrasie. L'Ecomuseo ne diviene una valida alternativa policentrica.
L’Ecomuseo della laguna è un progetto complesso ed ambizioso, ma anche necessario per la salvaguardia e la promozione di un territorio così fragile e prezioso. Un progetto che sarà tanto più concreto tanti più saranno i soggetti capaci di pensarlo e realizzarlo, per costruire un futuro condiviso alla laguna di Venezia. Il progetto di una rete mediterranea di ecomusei, fa fulcro proprio sull'elaborazione di una medologia da sperimentare caso per caso ed in particolare nella laguna di Venezia.
Ci proponiamo infatti di realizzare, assieme a tutti voi ed alle opportune competenze veneziane, un prototipo di ecomuseo lagunare.
L'Ecomuseo è una rete delle risorse divulgative del patrimonio storico ambientale e produttivo di un determinato contesto di elevato pregio, dove esso razionalizza l'offerta museale dedicata al territorio; dunque da un lato valorizza le strutture espositive esistenti da un lato ne crea di nuove, laddove necessiti, ma soprattutto è nella rete, che si dipana dal ciascun fulcro, che acquista necessità l'Ecomuseo. Strategici sono le strade che collegano i nodi della rete, la centrale di ingresso e smistamento del flusso di visitatori e l'articolazione per stanze museali distribuite nel territorio.
Questi temi sono il dato di partenza nella definizione metodologica delle caratteristiche di ciascun determinato Ecomuseo, ma anche nella rete tra i potenziali ecomusei locali, perché solo così si possono trovare le opportune economie di scala. Il Mediterraneo è una rete di luoghi connessi dal mare, Venezia ne è stata capitale ed incarna la complessità delle relazioni tra il fragile ambiente naturale, la città storica e la produzione industriale contemporanea; relazioni che hanno come perno l'affaccio sull'acqua, a Venezia come negli altri nodi costieri infatti l'acqua non divide ma lega i fattori che compongono il territorio.
Altri luoghi del Mediterraneo rappresentano la compresenza di questi tre fattori in una differente scala di valori e l'Ecomuseo è ormai divenuto nella cultura più evoluta europea non solo uno strumento della comprensione di quella complessità ma costituisce anche un tentativo di bilanciare le contraddizioni prodotte da quella complessità. Il progetto si propone di valorizzare il contesto ove opera, le cui risorse sono il valore naturalistico di aree relativamente incontaminate, la preziosità dei reperti della storia, e l'economia della produzione tipica.
Questi valori sono spesso in contraddizione tra loro e con le esigenze dello sviluppo contemporaneo; dove diviene uno strumento di riequilibrio dinamico del territorio.
In particolare nel caso veneziano la sovrapposizione tra la fruizione turistica e la vita quotidiana dei cittadini risulta fortemente critica per l'eccessiva concentrazione attorno al polo marciano. Occorre redistribuire i flussi turistici in modo da decongestionare l'area centrale: l'EC costituisce proprio una risorsa capace di diversificare l'offerta museale e di distribuirla in maniera policentrica. L'ecomuseo è uno strumento di divulgazione di una coscienza e conoscenza evoluta di ciascun territorio.
Attraverso metodologie di comunicazione museale di edutainment si riesce ad infomare educando un pubblico vasto al rispetto dei valori base del proprio territorio; ma anche si riesce a promuovere uno sviluppo economico equilibrato e sostenibile, attraverso la promozione dei prodotti tipici la cui produzione sia ecocompatibile ed un nuovo drenaggio dei flussi turistici e degli accessi al sistema territoriale.

L'Ecomuseo della laguna di Venezia

La laguna è un ecotono e cioè un ecosistema di transizione tra diversi ecosistemi, tra la terraferma ed il mare. Si tratta di strutturare la trama dei suoi luoghi significativi e di interconnetterli. I centri interpretativi e i punti visita mostrano sia le caratteristiche costitutive dell’ecosistema naturalistico, sia i tratti della sua antropizzazione. Vengono messi in evidenza i punti critici, le valenze paesaggistiche e le attività produttive. Lo scenario che si promuove è quello della salvaguardia dell'ambiente naturale e del patrimonio di archeologia industriale, non tanto ai fini di una sterile musealizzazione né di una protezione fine a se stessa, quanto di una significativa produzione di valore aggiunto e di promozione del territorio.
In questo senso i concetti di parco tematico, museo di sito, museo della scienza, centro interpretativo e parco naturalistico si mescolano necessariamente a formare lo specifico del nostro Ecomuseo.
L’Ecomuseo della laguna di Venezia è un sistema integrato di servizi culturali, produttivi e turistici. Esso si articola sul territorio lagunare, in stanze museali, centri interpretativi, itinerari e vettori.
Il prototipo ha, in sintesi, i seguenti obbiettivi: la ricerca di modelli di educazione ambientale e di sviluppo compatibile di territori fragili ed a forte valenza ambientale e storica; il recupero di aree e manufatti dismessi o misutilizzati, in particolar modo il patrimonio di Archeologia Industriale; la divulgazione del patrimonio storico, culturale e ambientale dell’intreccio tra la laguna e la città; la promozione delle attività produttive ecocompatibili; la ricalibrazione del flusso turistico monodirezionato sull’area marciana; la costituzione e di una rete lagunare di stanze ecomuseali; l’integrazione con i musei della cultura materiale esistenti; la realizzazione dei un centro interpretativo come centro di distribuzione della rete; un sistema di vettori acquei dedicati espressamente alla rete, a basso impatto ambientale.
Il bacino di utenza è il complesso dei flussi turistici che ruotano attorno alla laguna. Questi flussi ammontano a 24,4 milioni di presenze annue, che sono distribuiti per presenze annue in milioni al Cavallino 5,7 Venezia 3,3 Lido 0,5 Mestre 1,9 Jesolo 11,5 e Chioggia 1,5. Considerando che la permanenza media è di quattro giorni il numero dei turisti che gravita attorno all’area lagunare è di 6,1 milioni.
Di questi l’Ecomuseo, per distribuzione dei centri interpretativi e per un marketing mirato, ne può intercettare almeno il 5%, pari a 305.000. Inoltre su un territorio provinciale di riferimento (Padova, Treviso e Venezia) pari a ca. 3 milioni di abitanti si stimano altri 150.000 (5%) visitatori annui, tra turisti giornalieri e scolastici. Il totale dei visitatori annui previsti è dunque di 455.000.
Una cifra considerevole può rendere questi discorsi fattibili anche sul piano economico. Nonostante questi grandi numeri relativi ai flussi potenziali, dobbiamo riconoscere quanto siano difficili e complicati i problemi amministrativi e finanziari che abbiamo di fronte.
Non sappiamo se riusciremo a realizzare l’Ecomuseo, ma ci sentiamo di scommettere che il destino della laguna, e di altri territori così fragili e compromessi, dipende anche dalla nostra riuscita

di Francesco Calzolaio*
*Prof. e Arch., Resp. Scientifico del Progetto della Rete europea degli Ecomusei