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Il Portale dei Parchi Italiani  

 

Il riciclaggio delle Sanse

Le buone pratiche dei parchi

Agricoltura e allevamento

 

PARCO NAZIONALE DEL CILENTO
E VALLO DI DIANO
Regione: Campania
Estensione: 178.172 ettari
Anno di istituzione: 1994
Sede: via Filippo Palumbo 18
84078 Vallo della Lucania (SA)
Telefono: 0974 719911
Fax: 0974 7199217
www.parks.it
www.pncvd.it
L'olivo e il paesaggio mediterraneo, un connubio intramontabile anche nelle aree protette d'Italia e soprattutto del nostro Sud. E tra i parchi nazionali e non solo, quello campano del Cilento e Vallo di Diano comprende aree agricole per una percentuale tra le più alte, ben il 33%. Quasi naturale e attesa, dunque, la primogenitura della grande area protetta campana riguardo a un progetto innovativo che riguarda proprio la produzione di olio, premiato anche da un finanziamento comunitario Life Ambiente (informazioni complete sul sito web www.lifetirsav.com).
Nel parco l'attività agricola e forestale ricopre un ruolo piuttosto importante. La popolazione attiva impiegata in tale settore costituisce ancora il 20% del totale e la superficie utilizzata a scopi agro-silvo-pastorali (SAT) col 71% del totale territoriale dei comuni interessati supera la media sia regionale che nazionale. Il 24% della superficie agraria utilizzabile (SAU) è coltivata ad olivo. Peculiare del paesaggio cilentano è la presenza di oliveti soprattutto di varietà pisciottana, contemplata nel disciplinare della DOP Cilento insieme ad altre di qualità migliore, la cui produzione andrebbe potenziata per innalzare il livello qualitativo dell'olio prodotto. Il territorio del parco si interseca anche con l'areale di produzione dell'olio DOP Colline salernitane, che per questa stabilisce una preponderanza delle varietà Rotondella, Frantoio, Carpellese o Nostrale. La presenza di oliveti è importante anche per il mantenimento di alcuni elementi paesaggistici come terrazzamenti, muretti a secco e lunette sotto agli alberi; una loro corretta gestione, inoltre, ostacola il degrado del suolo, migliorando la struttura e la friabilità del terreno. D'altro canto l'utilizzazione massiva di anticrittogamici e concimi, talvolta incontrollata, e i reflui della lavorazione delle olive hanno un impatto fortemente negativo sull'ambiente.
Il problema relativo alla gestione dei reflui oleari, che si distinguono in sanse e acque di vegetazione, è una delle sfide dello sviluppo compatibile della moderna olivicoltura. Le acque di vegetazione, che rappresentano il sottoprodotto liquido dell'attività molitoria, sono costituite dall'acqua fisiologica della drupa (40-50 % in peso), dall'acqua aggiunta per facilitare l'estrazione e da quella utilizzata per lavare gli impianti. A seconda del sistema estrattivo adottato, il refluo varia dal 40% al 150% in peso delle olive lavorate. Considerate quasi innocue o addirittura idonee a un'utilizzazione agronomica se somministrate sui terreni senza superare determinati quantitativi, le acque di vegetazione possono al contrario dar facilmente luogo a problemi di fitotossicità e inquinamenti di falde freatiche superficiali. Per quanto riguarda le sanse vergini, sottoprodotto solido dell'estrazione dell'olio da frantoi continui a tre fasi, esse sono costituite oltre che dall'acqua, da residui della polpa, frammenti di nocciolo e piccole frazioni di olio. Anche alla loro lavorazione sono riconducibili alcuni impatti negativi sia sull'ambiente che sul mercato, quali inquinamento dell'ambiente per emissione di sostanze tossiche durante la fase estrattiva dell'olio residuo, mancata opportunità di riciclo della sansa a fini agronomici, produzione di "olio di sansa di oliva" che finisce con l'essere un prodotto "inquinante" del mercato dell'olio di oliva extravergine più pregiato.
Con l'obiettivo di ridurre l'inquinamento derivante dalle attività di trasformazione dei prodotti agricoli è stato così ideato il progetto TIRSAV (Tecnologie Innovative per il Riciclaggio delle Sanse e delle Acque di Vegetazione), finanziato nel 2000 con il Life Ambiente per 300mila euro (su un budget complessivo di un milione) e realizzato dal parco in partenariato con l'Istituto di Ricerca sull'Olivicoltura - Cnr di Perugia, la Provincia di Salerno, la Verdegiglio Macchine Agricole, l'Azienda Monacelli e la Cooperativa Nuovo Cilento.
Considerata l'emergente esigenza di trasferimento a livello applicativo dei risultati della ricerca, il progetto non si è fermato agli studi teorici ma è giunto alla realizzazione di un prototipo che faccia da riferimento alle realtà imprenditoriali olivicole del parco ma in definitiva europee. L'attività di ricerca svolta nel biennio 1998-99 ha portato alla realizzazione di due prototipi di macchina - uno per gli impianti a due fasi in continuo e l'altro per gli impianti a tre fasi in continuo - in grado di processare direttamente in frantoio i sottoprodotti della lavorazione delle olive, miscelandoli con altri sottoprodotti agricoli derivanti dall'industria di trasformazione (paglie, residui potature, cascami di lana, etc.) e di fornire un prodotto finale confezionato non percolante, non maleodorante, di facile trasporto e stoccaggio in azienda e gestibile a livello comprensoriale. Il prodotto della miscelazione derivante dalla nuova tecnologia - costituito da un 30-40% di acqua, dalla sostanza organica e da quantità apprezzabili di elementi nutritivi (azoto, fosforo, potassio) che, almeno in parte, possono sostituire la concimazione ordinaria, trova quale destinazione prioritaria il reintegro nel suolo e particolarmente in oliveto. Conclusa la sperimentazione, ente parco e Cnr hanno deciso di concedere alle società private interessate la licenza di sfruttamento del brevetto.