IL DIRITTO DEI PARCHI NAZIONALI
Archivio sistematico dei provvedimenti a carattere generale dei Parchi nazionali



Parco Nazionale Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna – Piano sperimentale di interventi di controllo localizzato del cinghiale in aree sensibili del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna per il contenimento dei danni in agricoltura (2001-2003).
(Deliberazione della Giunta Esecutiva n. 1 del 9 gennaio 2001 – All. A)



PREMESSA. Il presente documento, redatto per incarico dell'Ente Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, viene elaborato in conformità alle "Linee guida per la gestione del cinghiale (Sus scrofa) nelle aree protette" redatto dall'Istituto per la Fauna Selvatica "Alessandro Chigi" per conto del Servizio Conservazione della Natura del Ministero dell'Ambiente (Toso S., Pedrotti L., 1999). Il piano fa riferimento altresì all'Accordo in corso di sottoscrizione tra le Organizzazioni Professionali Agricole e l'Ente Parco nazionale, dell'ottobre 2000


1.1 Presenza del cinghiale nel PNFC.

Il Cinghiale è presente nel territorio del PNFC con distribuzione pressoché ubiquitaria. La ricomparsa della diffusione stabile e massiva della specie in questo comprensorio è effetto delle operazioni di immissione realizzate ai primi anni '70 da parte delle Province e delle associazioni venatorie nelle zone dì fondovalle a scopi di ripopolamento a fini venatori, in entrambi i versanti di riferimento per il PNFC. A riguardo sono riconosciuti e acquisiti i riferimenti documentati dalla Provincia di Arezzo nel “Piano Faunistico-venatorio Provinciale 2001-2005", così come dalla Provincia di Forlì-Cesena, da ultimo nella stesura del rispettivo nuovo PFVP in corso di adozione. Stessa esperienza vale per l'ambito del PN riferito alla provincia di Firenze. Poiché i popolamenti che interessano il territorio del Parco Nazionale non sono isolati dal contesto generale di diffusione del cinghiale nell'area geografica nella quale ricade il PNFC, non si ritiene necessario approfondire ulteriori specifiche indagini a riguardo, oltre quanto è acquisito ai fìni della programmazione della gestione venatoria attuata dalle Province ed i cui effetti si riflettono anche sul territorio del Parco.


1.2 Fattori della distribuzione.

La considerevole estensione di aree di foreste demaniali dello Stato e delle Regioni Toscana ed Emilia-Romagna in prossimità del crinale appenninico ha permesso al cinghiale, così come all'ulteriore fauna selvatica ungulata presente nell'area (cervo, capriolo, daino), di trovare zone di rifugio particolarmente adatte (e storicamente particolarmente controllate dagli organi di sorveglianza del CFS), tali da divenire nel tempo serbatoio di eccezionale efficacia ai fini della proliferazione della specie. L'esistenza di altre ed altrettanto favorevoli aree di demanio escluse dall'attività venatoria nelle zone contermini alle Foreste Casentinesi ha permesso al cinghiale di espandere in relativamente pochi anni il suo areale di diffusione, tanto da rappresentare all'attualità la principale risorsa di sostentamento della caccia stanziale anche nelle vallate pedemontane tosco-romagnole. Cessate ormai da tempo le pratiche ufficiali di ripopolamento e nonostante la rilevante pressione venatoria esercitata nella aree libere, non si registra in alcun settore del comprensorio un qualche apprezzabile fenomeno di riduzione della sua distribuzione come dimostra l'andamento dell'entità dei danni alle colture agricole registratisi negli ultimi 5 anni. Neppure la presenza del lupo nelle Foreste Casentinesi ha rappresentato un fattore significativo di contenimento del cinghiale, sebbene dagli studi effettuati a riguardo risulti come che questo predatore trovi proprio nel cinghiale la fonte preferenziale della rispettiva alimentazione. In un simile contesto è stato inevitabile il progredire dei processi di interferenza negativa del cinghiale nei riguardi delle attività agricole (seminativi, prati-pascoli, castagneti da frutto), con l'innesco di inevitabili conflitti di interessi tra le categorie dei produttori agricoli e il Parco, solo parzialmente contenuti dalle politiche di indennizzo avviate dall'Ente.


1.3 Indagine sugli effetti della fauna selvatica nel PNFC.

Dalla sua costituzione il PNFC ha dovuto affrontare la realtà della diffusione del cinghiale nel proprio territorio. L'ulteriore estensione delle aree escluse dal prelievo venatorio dovuta alla definizione dei confini dell'area protetta, ben più ampi e continui rispetto alle precedenti aree di foresta demaniale e l'affermazione del divieto di caccia nel Parco imposto dalla legge, attraverso l'esercizio dell'attività di sorveglianza richiesta dall'Ente, hanno determinato da una parte una esaltazione dei conflitti che tradizionalmente sono alimentati dalla diffidenza delle popolazioni locali in occasione della istituzione di nuove aree protette. Ma oltre a ciò si registra soprattutto un effettivo incremento degli effetti della specie, combinati a quelli delle altre componenti faunistiche esistenti, a danno delle attività agricole e della stessa stabilità biologica delle aree forestali, giunti a limiti che spesso oltrepassano la sopportabilità. Il CTA-CFS del PNFC ha avviato nell'autunno del 2000 una apposita indagine sugli "Effetti della fauna selvatica sulla vegetazione. del Parco Nazionale", attraverso la individuazione di celle omogenee d'uso del suolo alle quali vengono attribuiti indici di interferenza della fauna e distinti gli agenti responsabili dell'effetto.


1.4 Dinamica dei danni.

Sulla base delle conoscenze acquisite in base ai programmi di ricerca svolti fino ad oggi non si è in grado di esprimere per i vari settori del PNFC una distinzione sufficientemente esatta di indici di densità della distribuzione del cinghiale. Ciononostante si è in condizione di documentare il grado di interferenza che la specie produce in determinati ambiti, in relazione in particolare alle possibilità di mantenimento delle attività agricole ammesse e sostenute dall'Ente Parco. In base alle osservazioni correnti ed a quanto emerge nel corso dell'indagine sugli effetti della fauna sulla vegetazione, così come secondo lo studio elaborato per conto dell'Ente Parco dalla soc. DREAM Italia, sintetizzato nel documento "Analisi delle richieste di indennizzo per i danni causati dalla fauna selvatica alle attività agro-forestali nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi” (gennaio 1995-giugno 1999) (Gualazzi S., Valtriani M., 2000), si ha un quadro sufficientemente dettagliato e storicamente confermato della distribuzione nel territorio del Parco nazionale dei nuclei di concentrazione degli effetti sfavorevoli prodotti dalla fauna selvatica a danno delle attività agricole. La particolare conformazione orografica del territorio e la dislocazione delle aree di interesse agricolo, sottostanti il margine delle aree forestali prossime al crinale, determinano l'esposizione stabile e ricorrente delle aree aperte alle scorrerie del cinghiale, e non solo di questo. Da un altro punto di vista, il ruolo determinante rappresentato dal cinghiale in questo comprensorio a favore della presenza del lupo fa si che ora non si debba pensare ad alcuna ipotesi di gestione dell'ungulato tendente ad una forte diminuzione della sua entità numerica complessiva, né tantomeno ad una sua eradicazione, limitando gli obbiettivi a sole azioni di contenimento degli effetti laddove questi sono riconosciuti oltre limiti di sopportabilità socio-economica. Il monitoraggio dei danni alle colture nel territorio del PNFC costituirà pertanto la base di programmazione delle attività di controllo promosse dall'Ente.


2.1 Interventi del PNFC.

Il contesto descritto ha imposto fin dalla costituzione dell'Ente Parco una specifica attenzione alle problematiche connesse alla presenza di così importanti popolamenti della grossa fauna ungulata. Parallelamente alle attività di indagine rivolte prioritariamente alla componente di maggiore significato ecologico, rappresentata in questo frangente dal cervo, il PNFC ha attivato azioni indirette ma determinanti quali: 1) indennizzo dei danni (art. 15 legge 394/91); 2) diffusione di misure di prevenzione; 3) programmi di aiuti alle aziende agricole. Lo stato di fatto impone la necessità di aprire un ulteriore capitolo, senza con ciò trascurare o sminuire l'importanza dei precedenti, ma volto anzi ad incrementare gli effetti voluti secondo le scelte di gestione già intraprese, consistente nell'avvio di un programma dì contenimento del cinghiale attraverso interventi di prelievo per mezzo di catture, mirati a contrastare le interferenze della specie nei riguardi delle attività agricole esercitate nel Parco.


3.1 Individuazione aree di intervento.

In base alla documentazione storica della distribuzione dei danni, coincidente inevitabilmente con la distribuzione delle aziende agricole attive nel comprensorio del PNFC, si riconoscono in linea di massima alcune aree di riferimento nelle quali, data l’entità dei danni registrati negli ultimi 5 anni, è necessario sperimentare azioni di prelievo secondo gli obbiettivi prefissati. Queste riguardano le zone di: Vallesanta (Chiusi della Verna), Serravalle-Tramignone (Bibbiena), Lierna-Moggiona (Poppi), Lonnano-Casalino (Pratovecchio), Papiano (Stia), Castagno d'Andrea (S.Godenzo), S.Benedetto in Alpe (Portico e S.Benedetto), Castel dell'Alpe, Fiumicello (Premilcuore)-Corniolo, Valbiancona (Premilcuore), Poderone-Mandriacce (S.Sofia).-


4.1 Obiettivi del programma.

Il programma ha l'obiettivo di sperimentare il controllo del cinghiale in aree sensibili del PNFC per la salvaguardia delle attività agricole che vi sono condotte. Si prevedono fasi successive di progresso, da avviare dopo un test preliminare di prova di materiali, metodologie, formazione del personale addetto, verifica delle procedure e della connessione tra i soggetti coinvolti. L'aspetto determinante consisterà nella individuazione dei soggetti di riferimento per l'Ente Parco, da coinvolgere attivamente nella gestione del programma. Successivamente alla prima fase sperimentale ed in base al monitoraggio dell'andamento dei danni il PNFC verificherà i costi-benefici dell'operazione e la possibilità o meno della sua prosecuzione.


4.2 Connessione tra gli interventi del PNFC.

La diffusione di tecniche di prevenzione continuerà ad essere l'elemento basilare e complementare al programma di contenimento dei danni. In questo senso la distribuzione delle azioni di prelievo dovrà tenere conto della dislocazione dei sistemi di prevenzione già realizzati e da introdurre ulteriormente, in modo da indirizzare favorevolmente la localizzazione degli interventi attivi.


4.3 Connessione con l'esterno.

Il programma non intende perseguire come finalità la diminuzione della densità dei popolamenti di cinghiale del PNFC, ma limitarsi al controllo della presenza della specie in aree sensibili del Parco per ridurne l'interferenza con le attività agricole In tal senso non sono previsti effetti rilevanti nei riguardi delle attività esercitate nelle aree esterne al PNFC e assicurerà il mantenimento di una sicura fonte di alimentazione del lupo. L'entità dei prelievi sarà pertanto indirizzata ad ottenere localmente effetti apprezzabili di diminuzione dei danni per soddisfare innanzitutto le esigenze delle aziende agricole territorialmente interessate.


5.1 Modalità di realizzazione dell'intervento.

Il programma si basa sulla attivazione di sistemi di cattura attraverso l'impiego di recinti mobili, secondo le tipologie già sperimentate in altre realtà e descritte nel documento dell'INFS cui si fa riferimento. Le caratteristiche tecniche delle installazioni si rifanno all'esperienza del Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, comuni peraltro al modello di riferimento, adattate a seconda delle particolarità costruttive che sarà possibile realizzare localmente. Da questo punto di vista non si tratta di apportare niente di innovativo rispetto a casi già sperimentati altrove, col vantaggio di poter partire sulla base di esperienze già condotte da altri e tali da permettere di evitare inconvenienti di base, riscontrati in occasione di visite a strutture impiegate per attività analoghe. Ad esempio saranno previsti accorgimenti in grado di evitare che i capi catturati possano provocarsi ferite al grifo o di altro genere nel tentativo di scavalcare il recinto, e di ridurre il rischio di eventuali catture di esemplari di altre specie che frequentano l'area contestualmente al cinghiale, cervi in particolare. In allegato sì fornisce lo schema di recinto di cattura ipotizzato, del quale si prevede di realizzare un primo prototipo presso l'officina della Gestione ex A.S.F.D. di Pratovecchio, così come per le casse di contenimento dei capi catturati da trasferire a destinazione. Il recinto è costituito da una struttura a pannelli con cornice in tubolare metallico, cui è saldato un foglio di rete elettrosaldata a maglie quadrate di adeguata resistenza, verniciato in colori mimetici. I pannelli, facilmente trasportabili con un comune rimorchio da trattore, vengono montati a incastro l'uno con l'altro fino a comporre il disegno voluto, una sorta di romboide i cui lati maggiori sono in corrispondenza dell'ingresso e quelli minori nella parte retrostante il dispositivo di scatto. Il tutto è ben adattabile all'orografia del luogo e comunque da poter sistemare con semplici operazioni manuali. Le previsioni di montaggio in condizioni ordinarie sono dell'ordine della mezza giornata di lavoro per due operatori, cui provvederà a regime direttamente il gestore. La base viene ancorata al suolo con alcuni picchetti metallici di sicurezza, mentre in corrispondenza della diagonale minore è previsto superiormente un collegamento con un tubolare trasversale, di raccordo tra le pareti lungitudinali, in grado di dare maggiore stabilità alla struttura e permettere in mezzeria l'adattamento del dispositivo di scatto (carrucola e cavetto d'acciaio collegato a terra ad un bilanciere metallico e, all'altra estremità, al pannello di chiusura a ghigliottina).
E' opportuno che in prossimità dell'imbuto che verrà a formarsi in corrispondenza del corridoio di fuoriuscita degli animali, venga prevista una breve pannellatura rientrante, incastrata in testa ai tubolari perimetrali ed inclinata all'interno, in modo da evitare casi di scavalcamento del recinto dei capi catturati, registrati nel corso di altre esperienze. Va riconosciuta infatti al cinghiale un'agilità e una capacità di elevazione insospettabili, che possono essere favorite a volte, quando vi è presenza di più capi entro il recinto, potendo spiccare un esemplare il salto sulla schiena di un altro. Internamente i pannelli a rete elettrosaldata vengono rivestiti con pannelli predisposti in tavolame di legno grezzo verticale, per l’intera altezza delle pareti del recinto, in grado di evitare impatti traumatici degli animali contro le parti metalliche, suscettibili di produrre gravi mutilazioni al grugno in assenza di questo semplice accorgimento. 1 recinti saranno ubicati previo assenso del proprietario in siti stabiliti dall'Ente Parco su proposta del CTA e affidati in gestione al titolare dell'azienda agricola all'uopo convenzionata. Nell'area immediatamente circostante il recinto sarà opportuna una segnaletica di pericolo che ne spieghi la funzione e inviti a mantenersi a distanza, a non entrare e a non toccare nulla. Si ritiene opportuno procedere in via preliminare ad alcune attivazioni di prova in prossimità dì aree dell'ex A.S.F.D., in modo da testare i materiali e verificare le implicazioni logistiche da preventivare in fase operativa. Dopo questa fase si potrà dare avvio effettivo al programma, inizialmente con l'assegnazione di due recinti, il prototipo, eventualmente perfezionato, ed uno nuovo da commissionare a ditta esterna. Una volta impiantato, il recinto dovrà essere mantenuto sistematicamente aperto e bloccato con appositi lucchetti sia alla ghigliottina di chiusura, sia all'uscita per l'ingabbiamento dei capi
Nell'epoca delle catture, in funzione della frequentazione del sito da parte dei branchi di cinghiali riscontrati nella zona, si dovrà procedere quotidianamente al governo con mais (o altri generi appetibili di eventuale disponibilità del gestore quali mele, castagne etc.) nell'intorno dell'area e dentro al recinto, in modo da favorire l'avvicinamento degli animali e invogliarli ad entrare, grazie ad una intelligente distribuzione delle esche. Allorchè vi saranno tracce evidenti di frequentazione dell'interno del recinto, il gestore richiederà al CTA di provvedere all'innesco del dispositivo di cattura. L'operazione, da realizzare da parte del CTA senza indugi, consisterà nel togliere il lucchetto che blocca il pannello a ghigliottina e messa in tiro del cavo, collegato all'innesco a bascula. Quando questo sarà toccato dall'animale intento a sgrufolarvi intorno, dove sarà stata predisposta abbondante esca, libererà il cavo facendo cadere per gravità la chiusura del recinto.

Contestualmente all'innesco del dispositivo, il personale forestale procederà inoltre al bloccaggio, in posizione chiusa, del retrostante pannello mobile che è posto allo sbocco del corridoio di ingabbiamento, per evitare eventuali prelievi indebiti di capi catturati. Nelle zone in cui vi è coesistenza del cinghiale col cervo, il pannello di chiusura sarà innescato ad una altezza massima di 40-50 cm. dal suolo, in modo da evitare per quanto possibile ingressi del cervo. Sono possibili altresì anche altri accorgimenti, ad esempio tratti di recinzione nell'immediata prossimità dell'ingresso, da 30-40 cm da terra in su. Il recinto innescato deve essere controllato quotidianamente dal gestore per assicurare, in caso di cattura, il più rapido trasferimento dei capi a destinazione. Dato avviso al CTA dell'esito dell'operazione (dovrà essere registrato ogni innesco, sia favorevole che andato a vuoto), questo provvederà con sopralluogo a verificare il risultato e assistere l'operazione di effettivo prelievo. L'operatore non dovrà prendere iniziative personali se non concordate con la sorveglianza (tipo riaprire la ghigliottina in caso di cattura di animali non voluti) e, salvo eccezioni da documentare, alla presenza di questi. In caso di esito favorevole, il personale di sorveglianza appronterà i modelli di rilevazione del caso, dandone certificato all'operatore vidimando un registro di carico dei capi catturati, distinti per sesso e classi di età e di peso. L'operatore provvederà ad ingabbiare successivamente i capi per il loro allontanamento. I capi dovranno essere destinati esclusivamente alla macellazione in macelli abilitati di zona, per la successiva distribuzione in vendita della carne. I proventi delle vendite saranno introitati dall'Ente Parco che provvederà a corrispondere al gestore del recinto, a titolo di indennizzo, un contributo determinato in una quota dei proventi delle vendite, scalare e crescente in modo da indurre il migliore utilizzo della struttura. Di tali problematiche comunque si tratterà ulteriormente nel successivo paragrafo 6. L'Ente Parco, in base alle segnalazioni del CTA, stabilirà i limiti e i termini delle operazioni in funzione della presenza dei capi nel territorio. In tal senso potrà essere deciso insindacabilmente. un periodo di riposo, il trasferimento in altro sito o addirittura il termine dell'affidamento della struttura. In fase operativa il personale del CTA avrà titolo a interrompere direttamente le fasi di cattura mediante il bloccaggio con lucchetto del recinto, ove si manifesti un qualsiasi comportamento dubbio del gestore (mancato governo, mancato controllo, iniziative arbitrarie) o in evidenza di implicazioni diverse (pericoli per altra fauna, opportunità contingenti, necessità di sorveglianza antibracconaggio, atti di sabotaggio accertati o minacciati) dandone avviso per il tramite del CTA alla Direzione del PNFC per i successivi provvedimenti.


5.2 Entità e limiti dei prelievi.

In base all'obbiettivo del programma, che esula da piani di gestione dei popolamenti di cinghiale, le attività di controllo saranno localizzate in via sperimentale nelle aree sensibili del Parco dove si manifestano danni più consistenti alle produzioni agricole e graduate in base ai progressi di contenimento dei danni. Considerato che i recinti verranno dislocati nel territorio in fasi successive non viene prestabilita una quota di prelievi per anno vincolante. Per ottimizzare l'organizzazione d'uso dei recinti disponibili in questa prima fase del programma si prevedono possibilità di rotazione delle strutture tra le aziende in ragione anche delle colture da preservare e delle diverse epoche di manifestazione dei danni (seminativi, pascoli, castagneti, colture di pregio etc.) fissando orientativamente un tetto massimo di prelievo per gestore commisurato all'entità dei danni. In base alla verifica dell'andamento dei danni nelle aree in cui viene sperimentato il controllo numerico, il PNFC valuterà il rapporto tra costi e benefici dell'operazione e la opportunità della sua prosecuzione.


6.1 Individuazione del personale da impiegare.

Il programma si fonda sulla volontà di innescare un processo di rapporti virtuosi e di fattiva collaborazione, nel reciproco interesse, tra Ente Parco ed operatori agricoli residenti secondo l'impegno sottoscritto tra l'Ente parco e le Organizzazioni Professionali Agricole del comprensorio. Tutto il progetto d’altronde è mosso dallo specifico obbiettivo di tendere a rendere sopportabile la presenza del cinghiale laddove questo altrimenti interferisce oltre i limiti con le attività umane, mortificandone le prospettive che il PNFC riconosce invece non solo legittime, ma patrimonio stesso della realtà locale, da garantire e sostenere. L'andamento e l'efficacia del programma dipendono dalla capacità di attivare tali rapporti. E' perciò di fondamentale importanza individuare figure disponibili, affidabili e meritevoli di un rapporto fiduciario con l'Ente, pur nella necessaria trasparenza dei rapporti che deriveranno. Per la individuazione delle aziende sono previste delle condizioni di base quali requisiti imprescindibili, mantenendo, tuttavia nella discrezionalità dell'Ente la potestà di scelta dell'operatore, secondo trattative dirette giustificate dalla particolarità, contingenza e delicatezza del rapporto richiesto. I gestori devono rispondere ai seguenti requisiti: 1) residenza nel territorio del Parco (preferenziale) o diretto titolare di azienda del tutto (preferenziale) o in massima parte compresa nel territorio del Parco, in grado di assicurare presenza stabile, assidua e continuativa ai fini della gestione della struttura; 2) ubicazione dell'azienda nelle zone di sofferenza per danni da fauna selvatica registrati negli ultimi 5 anni; 3) accettazione delle condizioni previste dal disciplinare che sarà dettato dal PNFC, ivi comprese eventuali sessioni di formazione per visionare esperienze già in atto; 4) Disponibilità di mezzi di -trasporto adeguati e di strutture per lo stoccaggio temporaneo dei capi non immediatamente trasportabili a destinazione; 5) Rinuncia a percepire altre forme di indennizzo una volta raggiunta una quota prefissata di catture che sarà definita nel disciplinare d'incarico; 6) Assenza di precedenti penali per reati contro l'ambiente. Altrettanto fondamentale per la riuscita del progetto sarà l'apporto del personale di sorveglianza del CTA-CFS. Questo provvederà a dirigere le fasi operative con prontezza d'intervento e risolutezza nelle decisioni da assumere seduta stante, con la responsabilità di presenziare alle fasi determinanti dell'operazione (scelta del sito, scelta del periodo, scelta del momento, verifica del risultato). Tutto ciò non esclude ovviamente ogni possibilità di ulteriore apporto/supporto tecnico, amministrativo e scientifico che sarà ritenuto necessario attivare nell'ambito dell'operazione. L'Ente si riserverà anche la possibilità, alla luce dei risultati delle prime esperienze, di verificare la opportunità di utilizzare anche altri eventuali soggetti nelle operazioni di cattura degli animali.


7.2 Effetti.

Il PNFC presenterà il resoconto annuale delle attività di controllo all'INFS e procederà alla verifica triennale dei risultati ottenuti rispetto agli obbiettivi prefissati documentando il rapporto tra costi-benefici dell'operazione riguardo all'andamento dei danni che verranno monitorati. Nell'anno 2001 inizierà la fase preliminare di test dei materiali e di verifica del metodo dopodiché sarà avviata l'attivazione dei recinti. Dal 2002 si prevede l'assegnazione di ulteriori strutture per arrivare al totale di otto recinti in funzione. Una possibilità supplementare d'intervento tuttavia può essere realizzata, con minori implicazioni in termini di sorveglianza, qualora l'Ente Parco riconosca l'opportunità di affidare la gestione di un ulteriore recinto all'Ufficio Amministrazione Gestione ex A.S.F.D. di Pratovecchio, per eventuali interventi mirati in aree sensibili e di particolare delicatezza.


7.3 Destinazione dei capi prelevati.

Il vincolo di destinazione dei capi prelevati, da destinare esclusivamente alla macellazione presso strutture pubbliche o private abilitate della zona, vuole rispondere alle garanzie di legge in termini igienico-sanitari e di polizia veterinaria. Si pone pertanto l'opportunità di aprire un canale ordinario di offerta del prodotto, alternativo all'importazione o alle scarse disponibilità prodotte localmente in allevamento. Tutto ciò comunque, pur costituendo una ulteriore opportunità di sviluppo del programma, prescinde da quanto all'atto pratico si intende avviare molto più modestamente nel più immediato breve periodo.


7.4 Ricerche.

Un ulteriore aspetto collegato all'operazione riguarderà l'attivazione di ricerche scientifiche in base ai programmi che il PNFC deciderà di avviare riguardo alla diffusione di eventuali patologie specifiche o veicolate dal cinghiale, con particolare riferimento tra queste alle problematiche legate alla peste suina e alle zecche.


8.1 Verifica annuale.

Al termine della campagna di azioni del 2001 il PNFC presenterà all'INFS il resoconto delle azioni di controllo svolte e verificherà le eventuali necessità di adattamento del programma, con particolare riferimento ai punti definiti ai paragrafi 1,4 e 5.


9.1 Verifica finale.

Al termine del triennio 2001-2003 il PNFC procederà alla verifica degli effetti conseguiti con l'attuazione del presente programma sperimentale, nell'obiettivo di definire una possibilità di pianificazione "a regime" degli interventi.


10.1 Piano finanziario.

Si allega il piano dei costi del programma valido per l'anno 2001 e la previsione per il triennio 2001-2003.


Piano dei costi per l'anno 2001

- costruzione prototipo di recinto presso Officina ex A.S.F.D. di Pratovecchio £ 1.000.000
- costruzione n. 3 recinti presso ditta esterna £ 4.000.000 cad. £ 12.000.000
- acquisto scorte per esca £ 3.000.000
- costruzione n. 20 casse per ingabbiatura c/o ex A.S.F.D. £ 400.000 cad. £ 8.000.000
- acquisto materiali vari accessori £ 3.000.000
- acquisto segnaletica di avviso £ 1.000.000
- spese varie e imprevisti £ 2.000.000

totale £ 30.000.000