Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista Parchi:
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Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 0 - MAGGIO 1990


Tipologia e consistenza delle Aree protette regionali

A differenza di quanto avvenuto nei maggiori Stati dell'Europa Occidentale, come Germania, Francia e Inghilterra, ma anche in Portogallo, ove l'istituzione delle aree protette, siano esse regionali che nazionali, è avvenuta simultaneamente nel corso di questo secolo, in Italia si distinguono due fasi cronologiche distinte.
Nella prima,compresa tra il l920 e il l968, si assiste alla istituzione dei quattro parchi nazionali; nella seconda, compresa dal 1974 ad oggi si contano oltre 70 parchi e 140 riserve regionali.
A queste due "epoche" e probabile che ne seguirà una terza contraddistinta dalla contemporanea formazione di parchi regionali e nazionali.
Il primo periodo è caratterizzato da poche realizzazioni, in un ampio intervallo di tempo, la cui origine si deve a situazioni "occasionali", senza una politica organica di tutela ambientale e di definizione delle aree da proteggere.
Nel periodo degli anni settanta e ottanta, si assiste ad una nuova fase, nella quale le Regioni seppure senza coordinamento tra loro, e talvolta anche al proprio interno, varano un imponente numero di aree protette per una superfice complessiva di quasi un milione e cinquecentomila ettari. In questo "arcipelago verde" esistono forti differenziazioni sia nel funzionamento degli istituiti, sia nella normativa che li definisce, sia nella previsione dei compiti, sia nelle priorità nella scelta delle aree e dcgli ambienti da proteggere.
La terza ed ultima fase sarà (quella che caratterizzerà i prossimi anni, se il progetto di Legge quadro sui Parchi, attualmente ferma alla Camera, proseguirà il suo travagliato iter amministrativo e verrà finalmente approvata, fase che vedrà l'opera contemporanea di Stato e Regioni in tema di aree protette.
Da questo breve raffronto storico, si evince come l'approccio alla difesa degli ambienti meritevoli di conservazione sia stato in Italia diverso dalla maggior parte dei paesi europei; in particolare come l'istituzione di Parchi Nazionali in Europa Occidentale (considerando l'Inghilterra, la Francia, la Germania, la Spagna, il Portogallo, la Grecia e l'Olanda) si sia fermato alla metà degli anni settanta, con uniche eccezioni il Parco Nazionale francese di Mercantour (1971) e il Parco Nazionale spagnolo di Garajonsy (1981), mentre sia proseguita quella dell'istituzione di aree protette regionali.
E' difficile dire se vi debba essere una consequenzialità nella individuazione e formazione delle aree protette, è indubbio, invece, che vi debba essere una priorità per le aree di interesse nazionale (altra definizione difficile ed opinabile), intendendo per tali quelle che per vastità e valore ambientale dovrebbero avere nello Stato l'artefice della istituzione e della gestione.
Secondo questo concetto sembrano essersi mossi, anche se con alcune contraddizioni, la maggioranza dei paesi simili al nostro per vastità territoriale ed area geografica di appartenenza.
In Italia tutto guesto non è avvenuto.
I primi quattro parchi, nazionali, sono stati istituiti non certo con criteri del più alto valore naturalistico, o della vastità sovraregionale, (basti pensare al Parco Nazionale del Circeo) ma come già ricordato avanti a circostanze favorevoli "occasionali".
Con l'istituzione delle Regioni il tema della creazione di un sufficiente numero di aree protette a difesa delle emergenze naturalistiche e dei valori ambientali diffusi ha preso corpo con concetti di organicità (per singole Regioni) e uniformità accettabili. Non tutte le Regioni, come vedremo, hanno risposto a queste esigenze, alcune hanno seguito l'esempio dello Stato, provvedendo a istituzioni isolate, magari già "individuate" dalla ricerca universitaria, e volute da cospique frange dell'opinione pubblica, ma altre si sono mosse con una organica ricognizione sul territorio e conseguente istituzione di "gruppi di aree protette". Ciascuna Regione ha impostato una propria tipologia dei luoghi meritevoli di tutela contribuendo a creare un'ampia terminologia non collegata nei significati e nella forma, la qual cosa non favorisce una visione semplificata del panorama italiano dei parchi. Alcune Regioni hanno istituito solo parchi, come la Toscana, il Veneto, la Basilicata e le Marche; altre hanno costituito parchi e riserve, come il Piemonte, la Lombardia, l'Emilia, la Sicilia. Gli Abruzzi e la Campania hanno per ora solo riserve, mentre la Provincia di Bolzano non contempla riserve, bensì, oltre ai parchi, un elevato numero di biotopi. Infine, I.azio, e Liguria, che presentano un più articolato numero di istituti: la prima prevede parchi, riserve, parchi urbani, parchi suburbani e monumenti naturali; la seconda prevede parchi, riserve ed aree protette.
In sintesi possiamo ricondurre a 7 le tipologie in cui sono state organizzate le aree protette regionali:
Parco
Area protetta in genere di media o grande estensione che svolge un ruolo attivo nella gestione e conservazione del territorio e degli ecosistemi in esso presenti, attraverso la costituzione di un Ente con proprio bilancio e personale. L'Ente gestore può essere un ente di diritto pubblico, oppure un Consorzio tra Enti territoriali. Più raramente il parco può essere gestito direttamente da uno di guesti (Provincia di Bolzano). Il parco più vasto è quello dei Nebrodi con l41.o00 ettari.
Riserva
Area protetta di dimensioni medio-piccole, a tutela di un ecosistema o di una località geografica con comuni fattori ambientali e biologici. I.e riserve possono avere una propria autonomia come i parchi (nel Lazio e nel Piemonte), oppure essere gestite da enti (Comuni, Province, Parchi) o, come nel caso della Sicilia e della Lombardia, anche da aziende regionali. La riserva più limitata supera di poco un ettaro di superficie, mentre la più vasta supera i 3.600 ha.
Area Protetta
Zona di ampie dimensioni, non rappresenta parchi veri e propri, ma tutela aree ad elevato valore paesaggistico e naturalistico diffuso. Istituto di impostazione prevalentemente urbanistica, può divenire affine ai grandi parchi in molti campi di attività. Presente solo in Liguria.
Parco Sub-Urbano
Area protetta di medio-ampia dimensione e a prevalente carattere naturalistico ambientale, nel cui ambito insistono emergenze storiche, urbanistiche o residenziali. Sono presenti nel Lazio.
Parco Urbano
Area protetta posta in prossimità di grossi centri urbani, il cui valore ambientale può essere accresciuto dalla vicinanza delle stesse aree urbanizzate, oppure territori con valore storico ed archeologico calati in contesti semi-naturali. Sono presenti nel Lazio.
Biotopo
Area protetta di modeste superfici e spesso caratterizzata da un elemento morfologico, le c ui caratteristiche ne giustificano la particolare tutela. I biotopi non hanno vita amministrativa autonoma e sono individuati da normativa e tutelati dai piani paesistici che ne rilevano l'esistenza. Sono presenti solo nelle Province Autonome di Bolzano e di Trento
Monumento Naturale
Area protetta il più delle volte puntiforme (rocce, alberi, massi ecc. ) o, se vasta, caratterizzata da un aspetto morfologico o biologico che prevale sugli altri. I monumenti naturali sono stati istituiti nel Lazio su aree di una certa ampiezza; in Lombardia, ove sono stati individuati, ma non ancora istituiti, hanno carattere estremamente localizzato.

Appare urgente provvedere quanto prima ad un inquadramento nazionale in collegamento con la classificazione internazionale delle aree protette . L'unica distinzione certa attualmente praticabile sul piano nazionale è quella tra Parchi e Riserve, ove i primi comprendono le aree protette di maggiori dimensioni e più complessa articolazione ambientale, includendo con ciò anche i paesaggi antropici e i "segni" dell'uomo, mentre le seconde comprendono aree di limitata ampiezza ove prevale il più delle volte un ecosistema, non di rado individuato dallo stesso nome ufficiale dell'area protetta.
In questa sommaria suddivisione non mancano le eccezioni ed i casi intermedi che ne dimostrano i limiti, a riprova dell'urgenza di un più organico metodo di definizione, che rappresenti contemporaneamente una sorta di "sistematica dei parchi" ed uno strumento trasferibile anche nel linguaggio amministrativo e tecnico.

  • Aree protette da 0 a 500 ha
    identificabili come biotopi o piccole riserve
    n. 119
  • Aree protette da 501 a 1.500 ha
    identificabili come biotopi o riserve n. 9
  • Aree protette da 1.501 a 5.000 ha
    identificabili come piccoli parchi n. 33
  • Aree protette da 5.001 a 10.000 ha
    identificabili come parchi di media ampiezza n. 18 n. 18
  • Aree protette da 10.001 a 20.000 ha
    ovvero parchi comprensoriali n. 9
  • Aree protette da 20.001 a 50.000 ha
    identificabili come parchi di area vasta n. 11 n. 11
  • Aree protette oltre i 50.001 ha
    identificabili come grandi parchi n. 8
Tra i parchi figurano ad esempio il Parco dei Laghi di Avigliana (410 ha), il parco Lagoni di Mercurago (470 ha), il Parco di Rocca di Cavour (75 ha), il Parco Rocchetta Tanaro (121 ha) c di Parco Sassi di Roccamalatina (721 ha), tutti di estensione limitata e più piccoli di alcune riserve come, ad esempio, la Riserva del Lago di Vico (3.300 ha), la Riserva di Cavagrande di Cassibile (2.696 ha), la Riserva Pinete di Vittoria (3.632 ha), la Riserva dei laghi Reatini (3.000 ha), la Riserva Pian di Spagna (1.586 ha ). Sempre in base al parametro dell'ampiezza possiamo distinguere le aree protette in alcune categorie:
Questo iniziale tentativo di classificazione mostra già come le aree protette regionali investano tutte le categorie di grandezza. Si pensi a questo proposito che ben 35 parchi regionali sono più ampi del Parco Nazionale del Circeo; 25 parchi regionali sono più ampi del Parco Nazionale della Calabri a; 11 parchi regionali sono più ampi del Parco Nazionale d'Abruzzo, e 3 parchi regionali sono più ampi del Parco Nazionale del Gran Paradiso ed uno più grande del Parco Nazionale dello Stelvio. (Tab.1) In termini superficie nazionale tutelata l'insieme delle aree protette regionali raggiunge una percentuale del 4,4% circa (Tab.2) anche considerando le recentissime istituzioni, rilevanti in termini di estensione, come il Parco delle Alpi Orobiche Bergamasche, il Parco delleAlpi Orobiche Valtellinesi, Parco del Garda Bresciano (Lombardia) e il Parco dei Colli Euganei (Veneto). Se al dato percentuale ottenuto con le aree protette regionali si sommano i parchi e le riserve nazionali (Tab. 3), la superfice complessiva protetta nel Paese arriva a circa un milione e seicentomila ettari pari al 5,6% del territorio nazionale. Vi sono inoltre da aggiungere altri territori protetti a vario titolo e da vari enti (Tab.4) che assommano a circa 67.000 ettari, pari al 0,2% del territorio nazionale. Tali aree comprendono in parte le zone umide tutelate dalla Convenzione di Ramsar alla quale l'Italia concorre con 42 aree. Va ricordato però che molte di queste aree umide sono già inserite in Parchi Nazionali o regionali. L'impegno sul piano normativo delle Regioni ha prodotto quindi l'istituzione di 70 parchi regionali, 115 riserve, 7 aree protette,149 biotopi, 2 monumenti naturali e 12 parchi urbani e sub-urbani. Questa realtà sarà presto superata in quanto regioni come la Sicilia, e il Friuli Venezia Giulia hanno in calendario nei prossimi mesi l'istituzione di nuove aree protett.
Anche nel campo della protezione dell'ambiente il Paese presenta una situazione fortemente disomogenea tra Italia del Nord, del Centro, del Sud e delle Isole. Nell'Italia settentrionale vi sono il 62.5% delle superfici protette di istituzione regionale ed il 67% di quelle la cui paternità è dello Stato; a fronte di ciò nell'Italia meridionale le regioni hanno istituito aree protette solamente pari al 5% del totale nazionale e tale dato è ancora più limitato se si considera che a tale risultato contribuisce praticamente solo la Basilicata con il Parco del Pollino (69.000 ha), mentre tra Campania, Puglia e Calabria totalizzano complessivamente 665 ha!
Diversa la valutazione per le isole. Complessivamente la statistica assegna il 19% alle due regioni, ma in realtà è solo la Sicilia a contribuire sinora alla formazione di questo risultato. Se la Sardegna porterà a termine le previsioni anticipate nella legge presentata nel 1989, con oltre il 20% del territorio protetto, il risultato globale dell'Italia insulare si porrà in primo piano in campo nazionale. Anche nell'Italia settentrionale il settore orientale risulta carente di istituti regionali, sebbene non manchino le occasioni (si pensi alle zone alpine del Veneto e del Friuli). Nel complesso, l'Italia dei parchi, e con questa formula comprendiamo sia quelli nazionali che regionali, risente di una "cultura montana" (Tab. 6) che ha determinato una squilibrio tra ambienti tutelati a favore di quelli montani. Ben il 69,8% delle aree protette regionali e il 97% di quelle statali comprendono ambiti montani o alpini. E vero che, per ovvii motivi, fare parchi in montagna è più semplice, ma e altrettanto vero che la costituzione di aree protette deve seguire l'individuazione degli ecosistemi da tutelare, non precederla.
Ne deriva che gli ultimi lembi di territorio naturalisticamente validi presenti sulle coste, sulle isole e nelle aree costiere debbano essere oggetto di programmi di conservazione e qualora ve ne siano le condizioni, di recupero.
Ci si auspica quindi una maggiore attenzione generale, sia in ambito nazionale che in quello regionale, per gli ecosistemi mediterranei. Va rilevato a questo proposito che dei parchi nazionali in progetto molti ancora riguardano aree montane (Alpi Bellunesi, Argentera, Sibillini, Foreste casentinesi, Etna, Pollino), mentre troppo pochi guardano alle zone mediterranee (Gennargentu e Arcipelago Toscano)
L'approccio al territorio da tutelare non è stato uniforme da parte delle Regioni che in questi venti anni hanno lavorato in questo campo, d'altronde la diversità di metodologie, di tempi, di risultati appare come una costante nel quadro regionale italiano. Alcune Regioni hanno legiferato in materia di parchi e di riserve prima di compiere approfonditi studi su quelle aree che peraltro avevano già una chiara emergenza ambientale nel contesto regionale. Con questa metodologia ha prevalso l'urgenza di tutela, rispetto alla più pedissequa scansione di fasi di conoscenza teoricamente più corretta. Altre realtà regionali hanno invece seguito la via dello studio e della pianificazione a monte della fase operativa e gestionale.
Quasi ovunque ci si è avvalsi del livello di conoscenza sul territorio, talvolta elevato, talvolta più modesto, sulla base di indagini e studi condotti dal mondo universitario. Una suddivisione delle aree protette regionali può avvenire attraverso la loro collocazione per entità geografiche di massima. Abbiamo a questo proposito suddiviso il territorio nazionale in tipologie geografiche, alle quali far afferire tutti i parchi e le riserve, ottenendo di conseguenza una valutazione di come i sistemi geografici hanno beneficiato dell'istituzione di aree protette. Nell'inserire una determinata area protetta nella classificazione geografica sotto ripetuta, si sono valutati gli aspetti preminenti e prevalenti del territorio competente l'area protetta.
I grandi sistemi geografici sono stati coì individuati:
  • 1) Zona alpina
    Comprende l'intera regione della catena alpina dal Colle di Cadibona (Alpi Marittime) alla zona di Trieste. Altimetricamente è compresa tra i 1.000 e le parti sommitali dell'intero arco alpino. La divisione con la fascia montana delle prealpi avviene di caso in caso a seconda del prevalere delle singole tipologie geografiche di area. La superficie complessiva è di 412.772 ha suddivisa in 29 aree protette.
  • 2) Zona montana
    Comprende la fascia delle prealpi, gli Appennini, i rilievi interni della Sicilia e Sardegna, nonché i gruppi montuosi preappenninici sia sul versante tirrenico e quello adriatico.
    La superficie complessiva e di 544.237 Ha, suddivisa in 36 aree protette.
  • 3) Zona collinare
    Comprende le aree a rilievo modesto, sino a 5-600 metri, disposte a cornice della pianura padana e dislocate in parallelo al sistema appenninico, nonché nelle aree interne di Sicilia e Sardegna.
    La superficie complessiva e di 59.191 ha, suddivisa in 29 aree protette.
  • 4) Zona planiziaria
    Comprende tutte le aree planiziarie italiane, sia quelle delle principali pianure (Val Padana, Val d'Arno, Agro Romano, ecc.), che quelle a frangia delle coste.
    La superficie è di 50.155 ha, suddivisa in 41 aree protette.
  • 5) Zona fluviale
    Comprende le aree di sponda, di alveo, di foce e comunque influenzate prevalentemente da un corso d'acqua di primaria importanza nel contesto geografico circostante. La superficie complessiva è di 245.193 ha, suddivisa in 31 aree protette.
  • 6) Zone lacustri
    Comprende le aree di sponda e gli specchi d'acqua lacustri e lagunari, o comunque influenzate prevalentemente da un corpo d'acqua lacuale.
    La superficie complessiva è di 10.919 ha, suddivisa in 15 aree protette.
  • 7) Zona costiera
    Comprende le aree di costa di qualsiasi natura, compreso un certo sviluppo nell'entroterra quando questo non prevalga sulle emergenze costiere.
    La superficie complessiva e di 45.864 ha suddivise in 22 aree protette.
  • 8) Zone insulari
    Comprende isole di piccola e media grandezza inserite in toto o solo parzialmente nell'area protetta.
    La superficie complessiva è di 1.552 ha suddivisa in 4 aree protette.

Dai dati forniti dalla Tab.6 si evince come le zone geografiche siano tutte rappresentate nel novero delle aree protette. Tutta via mentre i sistemi alpino, montano e fluviale vedono tutelato una elevata percentuale di territorio, non altrettanto possiamo dire per le zone collinare, lacustre ed insulare. Infatti, nonostante il 40% del territorio nazionale sia definibile come collinare, solo poco più di 590 Kmq. di questo sono tutelati da aree protette. I.e aree collinari spesso sono prive di emergenze naturalistiche faunistiche o botaniche in quanto aree sottoposte a forte influenza antropica, ma soprattutto in quanto elemento geografico di transizione ove più raramente si è avuto specializzazione o caratterizzazione degli ecosistemi. Tuttavia, occorre rilevare come nell'ambito collinare ricadono alcune tra le aree a maggiore valenza paesaggistica, elemento, il paesaggio, che entra a pieno titolo nei valori costituenti un ambiente da salvaguardare. Analoga considerazione vale per la scarsa protezione riservata alle aree lacustri. Pur non essendo un paese caratterizzato dall'abbondanza di laghi naturali, risultano interessati totalmente o parzialmente, solamente 14 specchi d'acqua tra grandi, medi e piccoli. Dai grandi laghi alpini nessuno risulta tutelato anche solo in parte, ma nemmeno se scorriamo la penisola la situazione migliora molto. Solamente i laghi di Vico, Massaciuccoli, Nemi ed Albano, tra quelli di media ampiezza, risultano inseriti in aree protette.
Ancora più in ritardo appare la tutela sulle isole medie e piccole: solo quattro sono le aree protette a carattere insulare. Se l'isola è di per se stessa il luogo privilegiato per la evoluzione separata di specie animali e vegetali, e l'ecosistema insulare quasi sempre, in regime di clima mediterraneo, particolarmente fragile, si comprende quale patrimonio naturalistico sia contenuto nelle decine di piccole e medie isole che orlano le coste di molte regioni italiane. Averne considerate solo quattro degne di tutela specifica denuncia senza dubbio un ritardo legislativo, ma anche operativo, da parte delle Regioni, le cui coste sono ricche di piccole isole, spesso di proprietà demaniale senza alcun insediamento umano, ma non per questo esenti da rischi notevoli di degrado ambientale.
La carenza di aree protette in quelle parti del Paese (pianure, zone collinari, coste) ove maggiori e più intense sono state le alterazioni provocate dall'espansione residenziale e produttiva e altro fatto da rimarcare in negativo. I frammenti di ambienti da salvaguardare esistono anche se di modesta entità e in parte privati di alcune caratteristiche originarie.
Questi lembi di ecosistemi sono forse i più urgenti da tutelare con la Riserva, istituto più adeguato alle spesso modeste superfici degli ambienti relittuali. In questo senso hanno operato la Lombardia e in minor misura il Piemonte, Regioni autrici di numerose Riserve (79 tra entrambe), la cui estensione media è di ] 53 ha, che hanno il compito importantissimo di individuare e tutelare ambienti di grande valore, sebbene di scarsa estensione. Sarebbe opportuno una maggiore diffusione di questo tipo di area protetta, la quale non necessita di una "struttura", ma si presta ad essere gestita da altre aree protette di maggiore entità territoriale (i Parchi) gravitanti in prossimità di questa, oppure gestite attraverso un unico ente che ne comprende molte. Così facendo si eviterebbe una moltiplicazione degli organici, dei bilanci, delle sedi operative con notevole snellimento di lavoro e riduzione di costi.
Intere aree del nostro paese, come i sistemi collinari adriatici, i gruppi montuosi del versante tirrenico, i corsi d'acqua, celano ancora piccoli e grandi valori ambientali, spesso contenuti in pochi ettari, se non in poche migliaia di metri quadrati. Si pensi ai boschi planiziari ormai quasi scomparsi ovunque lungo il periplo costiero della penisola, oppure gli ambienti di sorgente, di foce, le zone piccole umide, ecc. Tutti questi casi non giustificano l'istituzione di un parco, per contro la semplice tutela esercitata da un piano territoriale, ammesso che questa esista e ne contempli l'esistenza può,rivelarsi isufficente; neppure i rari provvedimenti legislativi a carattere nazionale, come la Legge n. 431/85, offrono a loro volta garanzie di applicazione nel tempo dei vincoli necessari. L'istituto della riserva regionale può rappresentare il primo passo per il riconoscimento dell'esistenza di valori ed ambienti degni di tutela.
Sono circa mille i comuni italiani che vengono interessati dalla presenza di un'area protetta nel proprio ambito territoriale; ciò significa che il 12% della amministrazione locale vive, direttamente od indirettamente, a vari gradi di coinvolgimento e con diversi rapporti istituzionali, la realtà della gestione ambientale attraverso l'istituto di un parco o di una riserva. Se questa analisi passa a scala provinciale, la percentuale di amministrazioni coinvolte nella vita di parchi e riserve sale al 50%. Le cifre danno il livello d'importanza che, sebbene spesso trascurati i Parchi hanno ormai nell'assetto amministrativo italiano. Non è quindi più accettabile un confronto di queste strutture, siano essi consorzi, enti di diritto pubblico, gestioni di Comuni o Province, a mero ruolo di "cornice" nella vita amministrativa.
I parchi rientrano nei problemi legati alla conservazione degli ecosistemi e della gestione ambientale, e la loro importanza verrà sempre più riconosciuta solo dalla conoscenza e dalla cultura dell'uomo, ma dal bisogno e dall'emergenza.
Non occorre andare lontano per prevedere un necessario riesame della politica di tutela del territorio che avverrà di pari passo con le "crisi" dell'ambiente, della città, del nostro rapporto con la natura.

di Stefano Cavalli