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Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista Parchi:
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Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 0 - MAGGIO 1990


Il controllo dei flussi turistici in aree protette fortemente antropizzate

IL CASO DEL PARCO DEL TICINO
Quando nel 1974 venne costituito il Consorzio Parco Lombardo della Valle del Ticino, il Legislatore si pose come primo obiettivo quello di pianificare non solo l'assetto urbanistico-ambientale del territorio e di conseguenza la determinazione delle aree da sottoporre a maggior tutela, ma, conscio del fatto che quest'area, posta al centro di uno dei territori più urbanizzati ed abitati del mondo avrebbe senz'altro dovuto svolgere una importante funzione ricreativa, determinò fra i compiti fondamentali del Parco quello di stabilire - attraverso un piano di settore detto "del tempo libero"- le corrette modalità di fruizione dell'area protetta.
Gli obiettivi di tale piano dovevano essere quelli di evitare al massimo la presenza di persone nelle aree di maggior fragilità ambientale deviandone i flussi su quelle che meglio potevano sopportare lo stress da presenza umana e concentrandole o diluendole sul territorio a seconda della mggiore o minore fragilità ecosistemica dello stesso.
Ad oltre dieci anni dalla approvazione del Piano Territoriale di Coordinamento del parco, a causa di una serie di pigrizie e di incomprensioni sia in ambito locale che regionale, il piano di settore del tempo libero, che vista la vastità del territorio (oltre novantamila ettari) era stato suddiviso in otto ambiti, non e stato ancora approvato dall'organismo regionale in nessuna delle sue articolazioni.
Si è reso quindi necessario intervenire con dei progetti estemporanei che consentissero un minimo di definizione dei flussi di visitatori e in tal senso la prima operazione a cui si è messo mano, circa due anni fa chiamata "Isola Ticino" è stata la definizione del sistema viabile delle aree di maggior pregio del Parco (ventiquattromila ettari di riserva orientata ed integrale).
Il controllo della viabilità, visti i risultati che si stanno conseguendo, si è rivelato strategicamente centrale ed indispensabile alla soluzione di alcuni principali problemi creati dalle massicce presenze di visitatori e fruitori del Parco.
D'altra parte anche in altre aree protette italiane (Maremma, San Rossore-Migliarino, Adamello Brenta, ecc.) molti operatori dei Parchi ammettono che il successo di una buona politica di tutela ambientale è dovuto necessariamente passare attraverso una puntigliosa definizione della viabilità interna. Precludere determinate zone al traffico motorizzato e indirizzare i flussi pedonali lungo percorsi attrezzati consente, non solo un minor inquinamento da gas di scarico e da rumore all'interno dell'area protetta, ma limita enormemente tutta una serie di effetti collaterali che nel complesso rivestono un'importanza di ben lungi maggiore di primi due elementi citati .
Vietare al traffico tutta una serie di percorsi consente ad esempio di meglio controllare lo scarico selvaggio di rifiuti, di favorire e limitare l'insorgere di incendi, di limitare fortemente le azioni di bracconaggio diventa infatti molto difficile, per chi voglia svolgere una delle azioni sopra richiamate farlo muovendosi a piedi tra boschi, lanche e paludi; soprattutto il bracconaggio ha tratto un colpo mortale dal divieto di penetrazione nelle aree protette con mezzi motorizzati.
Era sin troppo facile infatti recarsi in automobile in prossimità di zone di particolare pregio faunistico, sparare e nascondere prede e fucili nel sicuro bagagliaio della propria vettura (considerata privata dimora secondo una recente condanna della Corte di Cassazione) spesso prendendosi poi beffa dei Guardiaparco accorsi sul luogo.
Oggi nel Parco del Ticino l'infrazione al divieto di accesso con mezzi motorizzati nelle aree protette e osta cifre fra le cento e le trecentomila lire e ciò scoraggia fortemente i comportamenti scorretti.
Ovviamente la complessa operazione di chiusura al traffico motorizzato delle aree di particolare pregio ha comportato la messa in opera di oltre quattrocento cartelli segnaletici e la predisposizione di una ventina di parcheggi, nonche di alcuni percorsi preferenziali in modo da consentire comunque al pubblico di accedere a piedi al fiume o alle aree tradizionalmente utilizzate per i pic nic o per la pesca.
Ciò ha comportato uno sforzo di coordinamento tra il parco ed i quarantasei comuni del Consorzio, coordinamento che si e sviluppato durante due intere stagioni.
Come già detto i risultati si sono rivelati più che soddisfacenti sotto molti punti di vista anche se le reazioni non sono mancate: cartelli distrutti, sbarre divelte, azioni di ritorsione quali il taglio di piante nei parcheggi e via dicendo sono stati all'ordine del giorno nonostante il Parco abbia messo in atto una massiccia e preventiva campagna di informazione al pubblico attraverso volantini e manifesti e attraverso l'azione capillare di decine di Guardiaparco e di volontari che nei primi giorni dell'apposizione dei divieti indirizzavano le persone ai parcheggi spiegando, in un'opera faticosissima e meritoria, i motivi, i tempi, le opportunità di questa operazione. Interessanti, anche se controverse, le reazioni delle pubbliche amministrazioni: entusiastiche alcune, che hanno ampliato i divieti si accesso alle zone di riserva anche ad altri territori di competenza dei loro Comuni prendendo ad esempio le normative e le modalità di intervento del Parco e, anzi, spesso concordandole con lo stesso in modo da coordinarle e omogeneizzarle sul territorio.
Reazioni sostanzialmente indifferenti da parte di alcune amministrazioni, mentre poche altre hanno messo in atto pesanti e, in qualche caso ridicole azioni di "disturbo".
Alcuni Sindaci hanno fatto asportare dai propri Vigili Urbani i cartelli di divieto di accesso posti al Parco addirittura invocando motivi di ordine pubblico (la sommossa di pochi pescatori e bracconieri che si vedevano precluso il libero accesso alle rive del fiume con i mezzi su cui trasportare armi e prede), un altro Sindaco ha fatto apporre sotto i cartelli di divieto di accesso la dicitura "esclusi i motocicli" creando così per alcuni giorni enorme confusione tra gli habitues centauri del Parco (anche le più potenti moto da strada c fuoristrada si trasformavano improvvisamente in "motocicli" di fronte alle contestazioni dei Guardiaparco) .
Inaspettata - anche se alla luce del "senno di poi" scontata - la reazione di molte associazioni pescatorie: al Parco sono giunte lettere di minaccia o accuse di nazismo in quanto ponendo i parcheggi fra i seicento e i mille metri dal fiume non si consentiva il libro diritto di pesca ed anzi, costringendo la gente a "...percorrere sì lungo tratto si seleziona la razza consentendo solo a pochi eletti, sani e fortunati, di raggiungere le agognate rive del fiume, perendo gli altri lungo il percorso..."(?). Scoperto così non senza sconcerto che per molti la pesca non si pratica più con ami, esche e canne ma con le automobili, magari dotate di potenti impianti stereofonici, parcheggiate a pelo d'acqua e in modo da poter diffondere per centinaia di metri all'intorno gli ultimi risultati della partita o i pezzi musicali più alla moda.
Al di là di queste ridicole prese di posizione, purtroppo anche suffragate da populistici quanto disinformati appelli di alcuni importanti esponenti politici addirittura di livello regionale, la popolazione, nella stragrande maggioranza, ha accolto entusiasticamente l'operazione "Isola Ticino". La stragrande maggioranza della gente non sopportava infatti più di essere angariata durante le poche ore trascorse in riva al fiume da mezzi fuoristrada, automobili e motociclette varie.
Si è così selezionata l'utenza del fiume ma non in virtù della razza, bensì in virtù della cultura con cui la gente sapeva avvicinarsi a questo bene naturale.
Eliminati i "cafoni", il fiume è tornato ad essere visitato da pescatori, da tranquille famigliole, da simpatiche compagnie di bird-watcher, da ciclisti, da cavalieri e amazzoni, da amanti del trekking e delle passeggiate all'aria aperta.
Nel Parco del Ticino, per poter adeguatamente fronteggiare i notevoli flussi turistici, restano oggi da affrontare altri grossi problemi: innanzitutto la regolamentazione della navigazione a motore, che attualmente è normata da un unico articolo del P.T.C. che stabilisce il limite massimo di 20 hp di potenza; inoltre occorre affrontare il dialogare di una nuova moda di "vita all'aria aperta", ovvero quella dei voli con mezzi ultraleggeri a motore.
Questi due problemi stanno assumendo proporzioni notevoli e il parco si troverà a doverli affrontare sin dai prossimi mesi. Anche qui solo attraverso una precisa regolamentazione o addirittura vietando tali modalità di sfruttamento dell'ambiente e del paesaggio, sarà possibile mantenere inalterato l'ecosistema fluviale, pur ammettendo un intelligente e compatibile uso collettivo. Inoltre l'attività di indirizzo dei flussi turistici attuata dal parco si c sempre manifestata attraverso tutta una serie di azioni "in positivo" ovvero approntando percorsi pedonali e ciclabili, divulgandoli attraverso appropriate pubblicazioni, istituendo dei centri-parco (attualmente sono tre i centri funzionanti) dove accogliere comitive e gruppi organizzati con strutture adeguate (sale proiezione, aree pic-nic al coperto, piccoli musei, servizi, ecc.) ovvero proponendo "modalità d'uso" dei beni naturali compatibili; in particolare è avvenuto attraverso due pubblicazioni "Il Ticino in canoa" e "Il Parco del Ticino e il sentiero E 1".
Approntare e definire, ad esempio nei due ultimi casi citati, convenzioni e strutture anche con associazioni, cooperative o ditte private per poter supportare adeguatamente chi intenda visitare da terra o dal fiume il Parco in modo corretto, non e stata impresa semplice ma ha comportato un notevole sforzo organizzativo a tutt'oggi in buona parte riuscito.
Per concludere, se è purvero che per poter indirizzare adeguatamente i flussi turistici in aree protette come quella del Ticino è necessario fornire tutta una serie di servizi (centro parco, percorsi guidati, pubblicazioni, informazioni ecc.) e altrettanto vero che tutto ciò rischia di venire vanificato accanto alle indicazioni di modalità d'uso corretto del bene naturalistico se, non vengono poste in essere quelle precauzioni che consentono di controllare e disincentivare i componenti scorretti "di massa".

di Dario Furlanetto