Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista Parchi:
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Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 1 - OTTOBRE 1990



Il Convegno di Camerino: un bilancio per le aree protette
Renzo Moschini
Dal 19 al 21 Ottobre Camerino ospiterà il Convegno Nazionale promosso dal W.W.F. ed il Comitato Parchi Nazionali in collaborazione con la locale Università per fare il punto "a metà del cammino" sulla sfida del 10%.
A 10 anni dal lancio della sfida per portare l'Italia a livelli europei,"ambientalisti, economisti, sociologi, giuristi, politici, amministratori ed operatori del settore" avranno modo di valutare i progressi compiuti, il cammino fatto, in riferimento anche alla realtà ed alle esperienze internazionali". L'incontro si propone opportunamente e saggiamente di "raccogliere tutte le esperienze sinora avviate sia in sede nazionale che regionale e locale", in un campo nel quale, come é noto, continuiamo purtroppo a registrare scandalosi ritardi, inerzie legislative e operative, indegne di un paese moderno e civile . Dieci anni fa, anche per merito del Convegno di Camerino, le cose sembrò potessero davvero cambiare. Nel '71, in un documento ufficiale del Governo," il progetto 80", si prevedeva ad esempio la istituzione di 86 Parchi e Riserve; una decina di Parchi Nazionali, 28 Parchi Regionali, 41 Riserve. Era la prima volta che il nostro Paese assumeva impegni ufficiali e precisi in materia. Finalmente si cominciava a fare sul serio. Mario Fazio in uno scritto, raccolta del bel volume del TCI uscito nell'82 e dedicato ai Parchi e alle Riserve in Italia, si mostrava tanto fiducioso nei cambiamenti annunciati da ritenere che al lettore sarebbe arrivata prima la legge quadro sui parchi che il suo commento.
A pochi mesi dalla fine del 1990 la legge invece ancora non è stata approvata e difficilmente lo sarà in tempi prevedibili.E ciò, nonostante il fatto che precise proposte e contributi in grado di favorire una positiva conclusione siano venuti al legislatore da più parti; lo stesso Coordinamento Nazionale dei Parchi regionali ha presentato un suo dettagliato documento alla Commissione Ambiente della Camera nel corso di una audizione pubblica. Stessa sorte della legge hanno avuto i Parchi Nazionali.
Quelli previsti dal progetto 80 continuano, infatti, con aggiunte, integrazioni e cancellazioni, che però non hanno alcun rapporto, come è stato denunciato anche dalle Associazioni Ambientaliste con il valore delle aree considerate e dipendendo esclusivamente da "contrattazioni" politiche, a rimanere sulla carta. Dovessimo giudicare il "cammino fatto" sulla base dei Parchi Nazionali istituiti in questi 10 anni, i conti sarebbero presto fatti. La percentuale di territorio protetto rispetto ad allora ha subito ben miseri incrementi.
Non solo, ma se per i Sibillini o le Dolomiti Bellunesi, ad esempio, dopo tanto penare i Decreti istitutivi sono stati emanati, ancora non si può parlare di Parchi Istituiti. E tuttavia, anche a voler "trascurare" questi aspetti, rimane inoppugnabile un dato: a 10 anni dalla sfida di Camerino con i nuovi Parchi Nazionali in Italia, al territorio protetto è stato aggiunto ben poco, quasi niente.
E quando lo si è fatto, come è accaduto appunto con i Decreti istitutivi ricordati, lo si è fatto male, disattendendo quasi sempre i protocolli d'intesa concordati con Regioni ed Enti locali. Con il risultato di attizzare così nuove polemiche e bracci di ferro che non giovano certo al decollo e alla gestione dei nuovi Parchi. Fortunatamente il bilancio di questi 10 anni non è racchiuso tutto in questi dati. Quando fu lanciata la sfida di Camerino nel nostro Paese il territorio protetto non raggiungeva il 4%, oggi quella percentuale é salita al 5,6%.
Siamo ancora lontani, come si vede, dal 10% ma un progresso é stato compiuto, una accelerazione c'é stata.
Se lo Stato ha confermato purtroppo la sua proverbiale inerzia e inadempienza rispetto ai suoi stessi impegni, il fronte delle Regioni ha manifestato, al contrario, una dinamicità anche se non uniformità e omogeneità di com-
portamenti, e di risultati, che ha reso raggiungibile e comunque più realistico il traguardo del 10%. Le cifre, lo sappiamo, non dicono tutto sulla effettiva realtà delle Aree protette. I Parchi di "carta" sono ancora numerosi e sono lì a ricordarci che Decreti e Leggi Istitutive non bastano. Ma un Parco come quello dell'Etna, che dagli elenchi vecchi e nuovi dei Parchi Nazionali "fantasma" diviene realtà con legge regionale, ha posto finalmente le concrete premesse per decollare. Insomma, non possiamo accontentarci di Parchi solo istituiti, ma la condizione indispensabile, anche se non sufficiente, per passare dalle parole ai fatti è appunto, intanto, farli nascere.
Un Parco istituito attiva in ogni caso impegni, forze e risorse che un Parco iscritto in un elenco, che da anni rimane tale, non potrà mai realizzare. La giusta, sacrosanta critica ai "parchi di carta" non deve insomma impedire di cogliere una differenza non da poco che passa tra Parchi "rivendicati" e Parchi "istituiti". Per quante meline, paure, sabotaggi, pareri si possano opporre al decollo di un Parco Istituito, esso avrà pur sempre un punto innegabile e ineliminabile di forza specie nella nostra realtà, nel fatto stesso di "esistere". Queste considerazioni nulla tolgono naturalmente alle critiche e alle preoccupazioni di chi i Parchi li vuole non solo istituiti ma anche funzionanti. L'incontro di Camerino offre anche sotto questo profilo una importante occasione di riflessione e di confronto. Le perduranti polemiche, sebbene oggi attenuate, meno spigolose rispetto a qualche anno fa, sulla" differenza" e "concorrenza" tra Parchi nazionali e regionali, non devono far perdere di vista aspetti ben più rilevanti e urgenti di una seria politica protezionistica.
E' ridicolo continuare a battibeccare se è giusto o sbagliato cancellare o lasciare il Parco dell'Etna, o dell'Uccellina, nell'elenco dei Parchi Nazionali.
Che quei parchi passino o no allo Stato è del tutto irrilevante ai fini dell'accrescimento del territorio protetto nel nostro paese. E visto come vanno le cose in taluni Parchi Nazionali non e nemmeno garantito d'altronde che una volta cambiata casacca essi potranno funzionare meglio.
E' preferibile perciò dedicare più energie e impegno sia all'aumento delle aree protette che al loro miglior funzionamento. Quanto al primo obiettivo è necessario che Stato e Regioni, non in competizione ma in collaborazione come da tempo va sostenendo, con poco successo purtroppo, la Corte Costituzionale, istituiscano nuovi Parchi Nazionali e Regionali. E chi è più indietro, lo Stato e molte Regioni, deve fare evidentemente di più e meglio. Quanto al secondo obiettivo una riflessione approfondita ormai si impone. Della gestione dei Parchi Nazionali e Regionali conosciamo certamente molte cose, soprattutto le difficoltà a cominciare da quelle finanziarie. Ma l'elenco dei problemi è ormai più lungo e meriterebbe di essere fatto. La cronaca, le polemiche di stampa privilegiano generalmente taluni aspetti, importanti certo, ma tutt'altro che esaustivi delle problematiche protezionistiche.
La caccia, il bracconaggio, i vincoli non rispettati, sono titoli ricorrenti nel dibattito e nelle polemiche sulla gestione delle aree protette del nostro Paese. Ma quando mai la discussione si allarga e riguarda la proprietà dei territori protetti, i piani di intervento nei vari settori, i finanziamenti alle iniziative e ai progetti predisposti dai Parchi che raramente, per non dire mai, vincono, alla lotteria della ripartizione delle risorse a livello nazionale, il personale impegnato nei Parchi che secondo vecchi e superati modelli è concepito ancora solo in termini di "Vigilanza", tipo Guardia Forestale. Ora, perchè il territorio sia protetto non sulla carta o alla stregua di "bazar" non basta istituire un Parco e affidarne la gestione ad un Ente, qualunque esso sia.
Un Parco deve essere gestito sulla base di quei "valori ambientali" e territoriali effettivi giustamente richiamati dalle Associazioni ambientalistiche, a proposito degli elenchi "contrattati" politicamente.
E allora si scoprirà subito che, a prescindere dal livello istituzionale, nazionale o regionale, non esiste un"modello" di Parco da generalizzare. Caratteri e valori peculiari di ogni territorio protetto, grande o piccolo, nazionale o regionale, montano o di pianura, non sono omologabili e assimilabili fra di loro. Le stesse "Zonizzazioni", tanto per richiamare un criterio a valenza generale, riconfermato anche dal testo di legge quadro attualmente in discussione, richiedono, per essere correttamente applicate, una ricognizione puntuale e concreta
dall'area protetta specifica. La zonizzazione del Parco Ticino sarà di scarso aiuto a chi gestisce l'Uccellina o l'Etna.
Insomma non vi è un "modello" di Parco valido per tutti.
D'altronde, se persino per le Riserve, aree di norma (le eccezioni non mancano e sono anche significative, ma restano eccezioni) di modesta dimensione e operanti su territori estremamente omogenei, si è dovuti ricorrere a diverse classificazioni e denominazioni, non può sorprendere che per i parchi parlare di modello abbia poco senso.
Le cose quindi si complicano perché la gestione delle aree protette richiederà una sempre maggiore e più qualificata, scientificamente e politicamente, capacità di "lettura" intersettoriale del territorio, che eviti appunto semplificazioni e trasposizioni destinate a sicuro fallimento. Anche da questo punto di vista l'incontro di Camerino è chiamato a dare risposte per le quali vi è attesa tra tutti coloro che operano nel settore o che sono comunque interessati ad una efficace politica di tutela ambientale. La Rivista e il Coordinamento Nazionale dei Parchi Regionali vi parteciperanno con questo animo e impegno.

Renzo Moschini