Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista Parchi:
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Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 1 - OTTOBRE 1990



Ricerca per i parchi e nei parchi
Gian Giorgio Lorenzoni
Il desiderio, ormai necessita', di conservare sempre maggiori aree di territorio, preferibilmente, anche se non indispensabilmente, integro hanno creato nuove esigenze nel fruitore. Queste aree costituiscono da un lato un essenziale elemento di riferimento naturalistico, dall'altro un polmone fisico e culturale per un mondo di uomini-formiche che si agitano freneticamente senza mai sostare, evitando distrazioni e dimenticando di comportarsi, almeno qualche volta, da cicala . E nata così la cultura dei parchi .
Nel passato essi rappresentavano strutture fondamentalmente con una funzione di conservazione per patrimoni naturali di gran pregio, la cui protezione richiedeva generalmente lo strumento del "no": della esclusione di una fruizione di massa del grande pubblico.
In effetti in quei tempi, aparte i naturalisti, pochi erano interessati ai parchi per ragioni culturali: la passione era causata da interessi più immediati quali lo sfruttamento dei boschi, la caccia, l'edilizia turistica, ecc.
Successivamente si sono verificati, quasi in concomitanza, o con qualche reciproco sfasamento, due eventi: l'aumento della coscienza naturalistica, e di conseguenza una pesante richiesta di godimento delle realtà legate a queste sfere di conoscenza ed in seguito all'affidamento alle Regioni della gestione del territorio; e il fiorire dei Parchi e Riserve da loro proposti, creati e gestiti, e/o da altri enti locali, sempre pera in ambito regionale, sia, forse, per procedere come lo Stato, sia nell'intento di impedire o di frenare una scorretta utilizzazione del territorio.
Un fervore di iniziative ha portato alla decisione di proteggere situazioni diverse da quelle già suggerite dalla passata concettualità, ancora valida, ma non sempre imponibile nelle situazioni attuali, spesso molto diversificate, che permettono approcci nuovi, anche meno rigidi, mai però troppo permissivistici. Questa più attuale impostazione permette di conservare anche emergenze di minori dimensioni, inserendole nel contesto di un parco a diversa intensità di protezione.Si può così giungere alla creazione di una complessa struttura comprendente una serie di realtà spesso non solo naturalistiche ma anche storiche, artistiche, paesaggistiche, legate da un "sistema parco" che consenta altre attività, produttive nel rispetto del territorio.
In questo modo sono nati parchi e riserve ed ad ognuna di queste nuove realtà è stata data una definizione: questa definizione viene, però, a seconda delle Regioni, usata per indicare realtà completamente diverse. Numerosi sono i tipi di parco e le loro denominazioni, ma ancor più grave è la situazione a livello delle riserve, delle aree protette, dei biotopi.
Derivano così spesso, anche negli incontri tra gli operatori di queste strutture, incomprensioni o false affinità di vedute proprio per i diversi contenuti che ciascuno attribuisce ai vari termini.
Risulta quindi estremamente importante fare chiarezza nel linguaggio e nei contenuti e riportare a questa classificazione le oltre 210 aree protette regionali. Sarebbe ancora opportuna, pur nel rispetto delle motivazioni e degli scopi identificati dagli Enti locali, l'omogeneizzazione dei contenuti. Non è compito facile, ma, alle soglie del 1993, è assurdo non riuscire a trovare un accordo di concetti e di modalità gestionali.
Nel corso di questo esame ci si accorgerà che definizioni, contenuti, tipo di gestione, richiederanno, per ciascuna entità, nuove identificazioni di obiettivi, di funzioni, di zonazioni: ad esempio, la compatibilità con altre attività quale quelle agricole, o tradizionali, o di utilizzazione forestale, di artigianato e/o di trasformazione di prodotti (come i caseari, i piccoli frutti, ecc.). Quanto però risulta ottimale per un'area protetta, potrà non adattarsi ad un'altra.
La gestione faunistica, inoltre, al di là di ogni
componente lacrimosa e pietistica, rappresenta un problema pesante e pressante. Infatti l'aumento eccessivo di ungulati protetti sta portando alla distruzione di alcuni biotopi forestali: si impone quindi uno studio dei modelli di gestione della fauna, non solo di quella più "evidente" e cara ai filmati televisivi, come l'orso Yogi, ma di tutta. Per il sostentamento dei volatili predatori, infatti, abbisogna una catena alimentare con uccelli granivori ed insettivori, macro e micromammiferi, rettili ed anfibi: ma la presenza degli animali richiede quella di piante e vegetazioni diverse. La persistenza dei fringuelli è a sua volta condizionata da quella di alcune colture, quella delle allodole di prati sfalciati. Si può quindi rilevare che in qualche parco, non necessariamente in tutti, ma senz'altro in quelli istituiti in aree già antropizzate, la presenza dell'uomo e delle sue attività è indispensabile.
Bisognerà quindi, per ciascuna area, individuare le varie componenti in una visione sistemica che deve di volta in volta valorizzare e privilegiare ciascuna di esse, secondo le vocazioni naturali.
Quando si discute la gestione dell'ambiente risulta ovvio non considerare l'aspetto economico. La protezione di una specie, animale o vegetale, non si attua tuttavia con una legge regionale, o per lo meno non solo con una legge, ma con una serie di operazioni varie, diversificate, e costose.
L'impatto economico avviene quando, ad esempio, si trattano le spese di gestione per un mancato reddito, o per la realizzazione di infrastrutture, sia quelle necessarie al mantenimento della situazione sia quelle culturali di accoglienza dei visitatori, eccetera.
Il parco deve in pratica diventare da un lato una "ditta", dall'altro una specie di "comune" con i suoi problemi (viabilità, edilizia, economia, ecc.), ed anche con un suo bilancio, di diritto però, non assistenziale.
Bisognerebbe infatti considerare onestamente che un'area protetta ha una ricaduta morale, culturale, spesso economica: conseguentemente anche i fruitori debbono farsi carico per una sovvenzione al sistema delle aree protette di una Regione. Anche se i politici, indipendentemente dalla loro appartenenza partitica, traggono utilità da una facciata verdeggiante, tocca agli enti pubblici, sia al vertice che alla base, provvedere al funzionamento di queste iniziative; tuttavia anche la struttura economica privata dovrebbe farsi carico di contribuire e promuovere per lo meno quelle che convogliano capitale nella zona.
Risolti i problemi di chiarimento del bilancio interno di gestione e delle competenze di approvvigionamento finanziario, si può procedere all'analisi di quali siano le ricadute.
Bisogna intanto tener conto che tutto il turismo naturalistico può fruttare notevolmente: presenze, cartoline, guide, opuscoli, pubblicazioni varie, personale specializzato per le visite e la didattica, eccetera. Un aspetto più
delicato è costituito dal valore produttivo che non può venire eliminato a meno che non vada contro le logiche del parco.
Anche la produttività può essere considerata sotto diversi aspetti: produzione diretta, evidente, ed indiretta, non evidente. Non si tratta quindi solo della valutazione del reddito, o del mancato reddito, ma di tutto un insieme di potenzialità e sinergismi economici; bisogna inoltre tener presente che la produttività indiretta deriva dalla gestione del territorio, dalla presenza dell'uomo: da un complesso indotto che deve essere orientato, guidato, finalizzato. Non si vuole qui entrare negli aspetti giuridici, sui rapporti fra Enti locali e Stato, tra pubblico e privato, ma comunque tutti entrano in campo perchè trattano le stesse problematiche. Cosa dire delle leggi quadro, che poi sono leggi comice e quali sono i livelli di autonomia della gestione?
Da qualche tempo si è costituito il Coordinamento Nazionale dei Parchi e Riserve Regionali con lo scopo di coordinare, appunto, sia la gestione che l'impostazione di base di queste entità. Le diversificazioni, anche estreme, rimarranno sempre, è ovvio: infatti le esigenze del Parco dell'Etna risulteranno scmpre decisamente diverse rispetto a quelle del Parco dei Colli Euganei o di uno dei tanti Parchi e Zone Protette delle Alpi, ma la filosofia dell'impostazione deve rimanere comune.
Per queste ragioni il Coordinamento Nazionale dei Parchi Regionali ha sentito la necessità di darsi uno strumento di consulenza, un Comitato Scientifico, composto da esperti del settore naturalistico, economistico, giuridico, tecnico. Il compito di questo Comitato è duplice: da un lato deve fornire al Coordinament un supporto autonomo di idee, ad esempio definire le concettualità generali, stimolare le scelte gestionali, valutare linee moderne che informino l'impostazione della ricerca non solo generale ma anche quella quotidiana; dall'altro servire quale organo di consulenza per le problematiche che richiedano decisioni o proposte del Coordinamento.
Può sembrare che le due funzioni coincidano: esiste però una sottile differenza, che riguarda in particolare l'autonomia di pensiero. Il contributo del Comitato non si esaurisce pera in questa concettualità: deve infatti programmare un altro argomento, la "ricerca del parco". Si sono finora trattate problematiche che "servono" al parco, ma nei parchi è possibile condurre studi che, ovviamente, avranno una ricaduta dove si svolgono, ma potranno avere risvolti scientifici più ampi, anche teorici di base.
Un'area parco, o comunque protetta, può rappresentare il luogo ideale per la ricerca naturalistica e modellistica, e soprattutto di osservazione senza che si modifichi l'ambiente: ecologia ed ecofisiologia di specie, di popolamenti vegetali e /o animali, rapporti fra substrato, fauna e flora, eccetera; non è tuttavia da escludere anche una ricerca più sperimentale che non intacchi la situazione naturale, come le metodologie gestionali di prati e pascoli, gli indirizzi del soprassuolo arboreo, eccetera. Saranno questi, e ovviamente altri, gli argomenti che il Comitato Scientifico vaglierà, e per la loro risoluzione si adoprerà, assieme al Coordinamento Nazionale, per organizzare gruppi di studio, commissionare ricerche, o magari promuovere una ricerca di finanziamenti.
Non va infine dimenticata, anche se menzionata per ultima, la didattica con le strutture di presentazione, gli aspetti museologici, eccetera. Su questo argomento, che può risultare stimolante ed affascinante particolarmente per i giovani, ritorneremo in un altro numero di "Parchi".
Questo e solo l'inizio, ma ci auguriamo, in ogni numero di questa rivista, di mantenere al corrente i lettori dell'attività e dei risultati dell'operato del Comitato Scientifico.