Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista Parchi:
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Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 2 - FEBBRAIO 1991



La crescita del business ambientale non sfiora i parchi.
Mercedes Bresso

La spesa per l'ambiente (di Stato e Regioni) ha avuto in Italia, nel decennio scorso, una forte accelerazione: è passata in valori reali da 4.484 miliardi del 1981 a 5.300 miliardi nel 1988 e si prevede che, sempre in termini reali, sfiorerà gli 8.000 annui nel decennio da qui al 2.000.11 tasso di incremento è stato del 6,5% annuo, più del doppio di quello del PIL. E, se si considerano anche le spese dei Comuni e del settore privato, si calcola che siamo ormai prossimi all' 1 % dcl Prodotto interno lordo, cifra chc ci porta in linea con la maggior parte dci paesi industrializzati.
Tutto bene, dunque? Mcno di quanto possa sembrare a prima vista. Intanto le corre citate riguardano la spesa di competenza, mentre se si analizza l'andamento dei pagamenti effettivi, si scopre che quello dcll'ambicnte è uno dei ministeri che hanno maggiore difricoltà a spendere. Infatti il coefficiente di rcalizzazione è stato, nel decennio, del 35% per la spesa in conto capitale (che è larga parte della spcsa totale, trattandosi di un ministero nuovo) e dcl 70% dclla spesa di parte corrente (Gerelli,1990). Una delle cause di questa dirficoltà di spesa è, almeno in parte, legata al brusco aumento dclle assegnazioni all'Ambiente, a seguito dell'esplodere delle diverse "emergenze" ambientali. La conferma che ciò che è aumentato sono state soprattutto le disponibilità più che le realizzazioni, viene scorrendo i dati anno per anno: dall'81 all'88 sul rapporto tra somme pagate e massa spcndìbile; sono i primi anni del dccennio ad avere le % migliori: si passa dal 40-50% dcll'82-'84 al 3634% degli ultimi anni (Brcsso, 1991).
Non c'è da stupirsi: la pubblica amministrazione è una macchina lenta a mettersi in cammino e il fenomeno si verifica ogni volta che l'emergere di un problema spinge a degli stanziamenti straordinari (vale persino per le calamità naturali che, ovviamente, avvengono in fretta, ma vengono riparate con grandc lentezza e altrettanto lentamente vengono utilizzati i fondi).
Ma la riduzione del coefficiente di realizzazione dclla spesa non è l'unico effetto del "principio di emergenza" in base al quale vengono stanziati i fondi. Un'altra conseguenza è la loro erraticità. Un anno scoppia l'emergenza rifiuti e allora si buttano alcune migliaia di miliardi sul settore; l'anno dopo scoppialacrisi dei pozzi idropotabili e via i miliardi perl'acqua... chiunque potrebbe fare altri esempi . Ma l'erraticità, date le modalità con cui vengono attribuiti i finanziamenti per investimenti ha conseguenze gravi: intanto obbliga Regioni e Comuni ad adeguarsi e a chiedere fondi sulla voce dell'emergenza dell'anno, anche se per caso avessero già provveduto (pena non prendere nulla); in secondo luogo spesso gli Enti locali si ritrovano con opere interrotte a metà a causa della riduzione dei fondi su una voce per spostarli sulla nuova emergenza. Per non parlare dei progetti abborracciati,malamente messi insieme in pochi mesi perchè la necessità di non ridurre ulteriormente il coefficiente di rcalizzazione della spesa spinge a mettere tempi tagliola per la presentazione dei progetti. Con la gioia dei venditori di "pacchetti di progetti" prefabbricati, che nessuno ha il tempo di verificare sul piano dell'efficacia e dell'impattoambientale. Ma la cosa più difficile da ottenere, nella lotteria dei fondi assegnati su progetti, sono le disponibilità per la spesa corrente che, invece, assume sempre maggiore importanza per una corretta gestione dell'ambiente.
Si potrebbe fare diversamente? Si, tomando al criterio base che avrebbe dovuto regolare i rapporti fra Stato e Regioni e fra Regioni ed Enti locali, la programmazione: destinando cioè le risorse a Regioni e Comuni sulla base di prograrnmi di intervento e delle realizzazioni degli anni precedenti, sia sul piano dell'efficienza (velocità di spesa e risparmio) sia su quello dell'efficacia (risultato per l'ambiente).
Le conseguenze di questa modalità di reperire risorse per l'ambiente sulla spinta emotiva delle emergenze sono particolarmente gravi per quelle voci di spesa che sono caratterizzate prevalentemente dal fabbisogno di flussi di spesa corrente e che non possono essere oggetto di improvvise
necessità; la politica dei parchi ne è un perfetto esempio. I parchi hanno bisogno soprattutto di fondi perla gestione corrente (salvo il momento della loro istituzione), non sono soggetti a drammatiche crisi e sono quindi poco appetibili per una politica dell'ambiente molto puntata sulle opere e sulla visibilità immediata dell'intervento.
Si potrebbe obiettare che non si stanziano fondi pcr i parchi solo perchè malgrado le molte promesse i parchi non si fanno: anche questo è falso perchè esistono alcune centinaia di parchi e riserve fra nazionali e regionali; qucsti ultimi, in particolare, hanno tutti un disperato bisogno di finanziamenti, e rapprcscntercbbero una fonte di spesa efficace e sicura, trattandosi di strutture già costituitc e dotate di solito di programmi di spesa che le Regioni non sono in grado di soddisfare programmi che, tra l'altro, potrebbcro avere anche dei ritomi cconomici per il parco o per la collettività interessata.
Si considcri inoltre chc moltc Regioni esitano ad istituire altri parchi e riserve proprio per timore di non riuscire a finanziarne i fabbisogni, sia di investimcnto che di spesa corrente, pcr cui un fondo per i parchi, dcstinato sia a finanziare interventi straordinari, sia a garantire loro livelli adeguati di spesa corrcnte, potrebbe avere immediati effetti sulla entità dclla superficie protetta in Italia.
Lo schema corretto potrebbe essere: un fondo annuale per le spcse di gestione dei parchi, distribuito alle Regioni in base alla superficie complessivamente protctta e al numero di enti di gestione effettivamente istituiti, e un fondo per gli investimenti assegnato in base ai progetti presentati.
Purtroppo, anchc gli andamcnti più reccnti e le previsioni di spesa per gli anni futuri lasciano poche speranze di veder aumentare gli stanziamenti per le aree protctte. Proviamo ad analizzarc i dati recentcmente pubblicati sulla nota aggiuntiva dcl Ministro Rufrolo (Min. Ambiente, 1989) e quclli contenuti nel "Programma triennale 1989-91", rccentemente approvato dal Parlamcnto con quasi tre anni di ritardo. (G.U. 8/9/90)
Per quanto riguarda i fondi che il Ministero sta spendendo, si può consultare i tab. l, che riporta la disponibilità e l'utilizzazione delle risorse al 1988, ma che date le lentezze di spcsa ricordate, è bcn lontana dall'esscre esaurita. La parte A conticne le disponibilità sulle diverse voci: si noti l'assoluta preminenza dei fondi FIO, anche a causa della loro non ripartizione negli scorsi anni. La parte B contiene invece le utilizzazioni già definite e quelle in corso di definizione. Come si nota fra le già definite compaiono solo "acque" (di gran lunga la voce dominante) e "rifiuti", mentre fra quelle in corso di definizione, oltre alle solite acque e rifiuti, compaiono anche gli stanziarnenti per le aree a rischio e una serie di voci minori, fra cui alcune spese per attività attese da molti anni, come la carta geologica, il Piano Generale di risanamento delle acque, il sistcma informativo e di monitoraggio ambientale e, con due stanziamenti distinti, anche i parchi: per 60 miliardi, come voce autonoma, e per 20 miliardi nell'ambito dell'intervento per il B acino del Po sotto la dizione "aree naturalistiche". Nel complesso, dunque, avrebbero dovuto essere in corso di definizione spese per interventi nelle aree protette per circa 80 miliardi. Purtroppo la non approvazione della legge nazionale farà sì che, forse, si spenderanno i 20 miliardi del bacino del Po, perchè utilizzabili anche dai parchi regionali, mentre gli altri potranno al massimo andare in parte ad aumentare gli stanziamenti per i parchi nazionali esistenti, non certo ad attivame di nuovi.
La seconda tabella (sempre dalla "nota aggiuntiva") riguarda la stima dei fabbisogni finanziari per il risanamento ambientale nel prossimo decennio 1989-2000: come si vede la protezione della natura non rientra negli interventi considerati prioritari, per cui i parchi potranno solo sperare di essere inseriti all'intemo di una delle priorità (ad esempio la tutela delle risorse idriche); altrimenti per avere un finanziamento consistente si dovrà andare oltre il 2000.
Si sconta qui una concezione culturale relativa al ruolo e alla funzione dei parchi totalmente in negativo: le aree protette sono concepite essenzialmente come un sistema di vincoli, per imporre i quali - ovviamente - non servono finanziamenti. E' del tutto assente dalla mente del legislatore una concezione di tutela attiva, capace di rendere i parchi uno strumento per avviare una politica di sviluppo sostenibile nelle aree marginali, rendendo compatibili con l'ambiente le attività tipiche di queste zone: turismo, agricoltura, artigianato, piccola industria.
Resta ancora una speranza: che almeno l'ultimo atto lcgislativo che ha stanziato fondi per l'ambiente - il Piano triennale - (G.U. 3/9/90) non abbia dimenticato le politiche di prevenzione dei danni ambientali, di cui certo la politica dei parchi è un pilastro importante. Le due tabelle di liferimcnto peri ragionamcnti che scguono sono la 3 e la 4: la prima riguarda le risorse per il tricnnio 89 - 91 allo stato attuale, la seconda le proiezioni al 1992 tenendo conto delle previsioni contenute nclla finanziaria '90. Le tabelle, inoltre, considcrano sia i fondi in capo al Ministero dcll'Ambiente, sia quelli destinati a spese ambientali da parte di altri ministeri.
Qui le cose sembrano andare un po' meglio: dalla tabclla 3 risultano destinati ai parchi nazionali su leggi vigenti 10 miliardi e ai "parchi nazionali e altre riserve" 306 miliardi (107 nell'anno 89-90) però su leggi non ancora approvate. A questi vanno aggiunti i 1767 miliardi previsti dalla legge 183 per la di l`esa del suolo, una parte deiquali - sia pur piccola -potrebbe essere deslinata ai parchi. Analogamcnte qualcosa potrebbe andare a questo scopo sui rondi destinali alla laguna di Venezia (236 mld) o su quelli deslinati al progetto Mezzogiorno - Ambiente (800 mld), anche se nella labella che riporta il dcllaglio di questo progetto solo 4 miliardi sono destinali ad una gcnerica "protezione della natura".
Insintesi, su un totale generale di 11.607 miliardi di previsione di spesa per il triennio considerato solo 316 più forse 4 dcl progetto Mezzogiorno sono destinati alle aree protette, cioè meno del 3%; per di più 306 di essi dovevano essere spesi sulla sempre annunciata legge quadro sui parchi che non vedrà probabilmente la luce in qucsta legislatura e sono quindi da considerarsi virtualmente già finiti fra gli stanziamenti non spendibili, che verranno dirotti su qualche altra voce.
La tabella 4 aggiorna sempliccmcnte i dati facendoli anche slittare sul periodo 89-90/92, altrimenti il piano decimale si ridurrebbe ad un piano annuale. Nello slittamento la previsione viene - come si è detto - integrata e i fondi globali per il nuovo periodo di ventano 15.898 miliardi, (di cui 8.181 in capo al Ministero dell 'Ambiente): anche gli stanziamenti per i parchi vengono aumentati di una quota per il '92, pari a 192 miliardi, portando così la previsione di spesa nel triennio a 498 miliardi (cifra che resta pur sempre inreriore al 3%). Ma già vengono annunciati - in sede di finanziaria- nuovi tagli sulle spese per l'ambiente.
Al di là dei balletti delle cifre, le previsioni per il prossimo futuro sembrano cupe: anzitutto perchè gli stanziamenti previsti non saranno quasi certamente resi disponibili a causa delle lentezze di approvazione della legge; inoltre i fondi stessi sono pochi per permettere di destinare cifre consistenti ai progetti di parchi regionali o locali. Con meno di 200 miliardi l'anno si potrà appena varare qualche parco nazionale (neppure tutti quelli previsti) e resteranno quindi a quelli regionali poche decine di miliardi.
Il fabbisogni reali per una politica che consenta di sperimentare la via di uno sviluppo sostenibile per le aree marginali sarebbero invece molto più elevati: anche a tenersi su valori bassi, servirebbero alcune centinaia di miliardi l'anno per almeno un decennio. Regioni come il Piemonte e la Lombardia, che hanno un alto numero di aree protette istituite, avrebbero da sole bisogno di almcno 100-150 miliardi ciascuna all'anno.
Come trovarli scnza dover aspettare il dopo 2000? Le vie sembrano essere due: anzitutto decidcndo in finanziaria che i fondi per i parchi in asscnza della legge quadro vengono ripartiti fra i parchi regionali effettivamente istituiti in proporzione alla supefficie da essi protetta. In secondo luogo destinando anche ai parchi regionali stanziamenti specifici,non chè destinando loro fondi su diverse leggi di spesa (ad esempio sull'agricoltura, sul turismo, sull'artigianato) e considcrando in sostanza le aree a parco come destinatarie privilegiate delle politiche e dei progetti che tendono ad avviare uno sviluppo compatibile con l'ambiente.

Riferimcnti bibliografici:

 

  • Brcsso M.(1991),"Ambiente e attività produttive", F. Angeli/CNR, Milano, in corso di pubblicazione.
  • Gerelli E. (1990), "Ascesa e declino del business ambientale", Il Mulino, Bologna.
  • G.U. 8/9/1990, "Programma triennale 1989-91 per la tutela ambieneale", Roma.
  • Ruffolo G. (1989), "Nota aggiuntiva alla relazione 1989 sullo stato dcll'Ambiente", Roma, Istituto poligrafico e Zecca dello Stato.
    • (1) Compresa la competenza 1989, per la quale è stato autorizzato l'avvio nel 1988 delle procedure di utilizzazione.
    • (2) Comprende 100 mld di competenza 1989 e 100 mld di competenza 1990.
    • (3) I valori indicati con questa nota corrispondono agli oneri annui per l'ammortamento di mutui autorizzati con la Cassa Depositi e Prestiti. Nel complesso (voci 3a e 3b, Parti B e C) tali oneri corrispondono ad investimenti per 1.350 miliardi.
    • (4) La minore utilizzazione rispetto alle disponibilità iniziali sconta la riduzione complessiva di 87,5 mld sulle voci 3c, 3d, 3e, 3f e 5 (Parte C della tabella), operata in attuazione del provvedimento sulla finanza pubblica (D.L. 30/12/88, n. 545). Fonte: Ministero dell'Ambiente, 1989.