Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista Parchi:
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Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 2 - FEBBRAIO 1991



COSA SCRIVONO I GIORNALI
a cura di Renzo moschini
Speranze e delusioni sembrano alternarsi, in un oscillare continuo, quando si tratta dei grandi temi ambientali.
E' stato così, ad esempio, per il referendum tenutosi in California per limitare e vietare l'uso delle auto e poter avere aria, mare, acqua e cibo puliti.
Il progetto ambientalista "Big Green", sottoposto al voto dei cittadini, era una vera e propria sfida anche al Presidente americano che, al Convegno di Ginevra, aveva ribadito che il Governo U.S.A. non intendeva prendere misure per limitare le emissioni dei gas che provocano l'effetto serra.
L'esito del voto è noto. Certo non era facile orientarsi tra le 28 proposte referendarie, che per essere ben comprese richiedevano lo studio di un libro di 222 pagine. Resta il fatto che hanno prevalso i NO. E tuttavia, come sostiene sull'Espresso Bob Hattoy, rappresentante per la Califomia dei Sierra Club, il più importante gruppo ecologico americano ed uno degli sponsor del " Big Green", sono molti i segni positivi. "Le donne e i giovani sono nettamente con noi".
Insomma si è perso, ma vincere non è impossibile. Non l apensa così, invece, il deputatodemocratico Tom Hayden, leader in discusso dell 'area "liberal" in California. "Siamo stati battuti dalla gente" che "preferisce qualche dollaro in più e se ne frega della salute dell'Ambiente, del buco nello strato dell'ozono, della guerra e della propria esistenza quotidiana. Questa sconfitta ci induce a riflettere, prendendo atto che il lavoro di sensibilizzazione e di consapevolizzazione politica è ancora tutto da fare".
Eccessivo? Probabilmente. Ma quella riflessione riguarda anche noi. Perchè, come ha dichiarato, per restare negli U.S.A., William Reilly, il Verde dirigente del WWF americano che Bush ha voluto a capo dell'Agenzia federale per la protezione dell'Ambiente (E.P.A.) "la salvaguardia degli equilibri ambientali non è un lusso, ma la stessa condizione dello sviluppo". Per questo la cooperazione intemazionale "per la difesa del pianeta e non più quella dell ' occidente dal pericolo comunista, deve diventare la nuova frontiera della nostra politica. La caduta degli antichi antagonismi offre una grande opportunità: riparare insieme i danni provocati dal passato. Il mondo intero ha scoperto che oltre quel muro (di Berlino) si era aperta una ferita gravissima, che rischia di compromettere la stessa stabilità ambientale del continente europeo".
Di quanto grande sia questa ferita, dà conto, in un saggio pubblicato dalla Rivista Politica e Economia, lo studioso sovietico Hore Medvedev. "La devastazione ambientale in URSS" è stata davvero impressionante. Scrive Medvedev: "La terra da pascolo e agricola che l'Unione Sovietica ha perso per colpa della contaminazione radioattiva è superiore al totale della terra coltivata in Svizzera. L'area che è stata inondata grazie alle dighe idroelettriche è superiore alla superficie totale dell'Olanda. Tra il 1960 ed il 1989, grazie all'aumento della salinità, ai cambiamenti della superficie freatica ed alle tempeste di polvere e sale, sono state perse più terre della superficie coltivata totale dell ' Irlanda e del Belgio assieme"... "L'Unione Sovietica sta perdendo le sue foreste alla stessa velocità con cui diminuiscono le foreste tropicali in Brasile".
A fronte di questi disastri "è stato calcolato che sono necessari, nell 'immediato, investimenti per circa 100 miliardi di rubli (180 miliardi di dollari) e 10miliardi di rubli all'anno solamente per ridurre la contaminazione dell'aria delle aree urbane, portandola ai livelli ufficialmente consentiti. Ma il Governo oggi stanzia un totale di dieci miliardi all'anno per tutti i programmi ambientali ed ecologici" (questi sono dati del dicembre 1988).
Ora, se si considera che gli U.S.A., stando alle dichiarazioni di Reilly, il Capo dell'E.P.A., spenderanno nel duemila "per la protezione dell'ambiente 155 miliardi di dollari, pari al 2,70 del prodotto nazionale lordo" non è difficile capire la sfida che sta dinanzindo solo a paesi disastrati come l'URSS, ma a tutto il mondo.
Se nell'Est, infatti, come era inevitabile e giusto, con il crollo dell'89 si è aperta un finestra anche sulla situazione ambientale, che si sta rivelando di giomo in giorno sempre più drammatica come ha documentato ad esempio Nuova Ecologia con una serie di servizi, è bene non abbassare la guardia sul resto del mondo, Europa compresa. A metà dicembre, a Strasburgo, si è svolta ad esempio "la Conferenza ministeriale per la protezione delle Foreste in Europa" alla quale hanno preso parte 30 paesi. Perla prima volta i Ministri dell'Agricoltura del vecchio continente si sono accorti, come ha scritto Pietro Greco sull'Unità, che "gli ecosistemi forestali del nostro continente non riconoscono i cormi nazionali. Nè di fronte alle guardie di frontiera si fermano gli agenti inquinanti. Quello delle foreste è un problema globale (vedi effetto serra) e regionale (vedi piogge acide) oltre che locale (incendi, urbanizzazione)". Per questo sono stati firmati 6 propositi d'azione che impegnano a costruire il giardino comune europeo.
Un fatto positivo, oscurato però da vistose assenze. Le delegazioni di paesi come Gran Bretagna, Germania, Italia, Spagna e URSS non erano infatti guidate dai rispeltivi Ministri. Come dicevamo: una situazione in movimento ma con oscillazioni, con luci ed ombre, che non possono assolutamente rassicurarci sul nostro futuro.
C'è solo da augurarsi che alla fine prevalga quella consapevolezza di cui parla, in una recente intervista, Barry Commoner, il padre spirituale degli ambientalisti, che fa dire allo studioso americano che è "sbagli ato scegliere tra sviluppo e natura" perchè l'ecologia è un buon affare.
''Crescita è un termine che vuol dire tante cose, diverse a seconda di come viene usato. Penso che sia importante specificare sempre in che senso lo usiamo. Alcuni ambientalisti dicono perfino che non dobbiamo aiutare i paesi del terzo mondo perchè più nutriti farebbero più figli. Questa affermazione è politicamente e moralmente inaccettabile. Inoltre è ormai risaputo che la crescita demografica si arresta con la crescita dello sviluppo economico".
A conclusione di questa sommaria rassegna sul dibattito in corso sui grandi problemi del pianeta, vorremmo registrare le dichiarazioni del nostro Ministro dell 'Ambiente Ruffolo che, proprio nel semestre che ha visto il nostro Paese presiedere pertuno gli organi comunitari, commentando la legge finanziaria per il 1991, ha denunciato "l'affievolirsi dell'impegno perl'ambiente" dovuto ai pesanti tagli che si sono abbattuti sugli stanziamenti,non solo ministeriali. Che,uniti alle persistenti vischiosità delle procedure di spesa nel nostro Paese (i residui passivi), non preannunciano davvero un 1991 esaltante.
Anche il CENSIS, nel suo rapporto annuale sulla situazione del Paese, rileva che nel 1990, rispetto all'anno precedente, i provvedimenti normativi per la difesa dell'ambiente sono dimezzati.
Una caduta che riguarda in palticolare le iniziative legislative del Ministero dell'Ambiente.
Inutile dire che a soffrime in particolare è stato, ancora una volta, il settore delle aree protette. I provvedimenti che li riguardavano erano stati 17 nel 1989; nel 1990 sono scesi ad 8.
Passiamo dalle cifre sulla legislazione alle cifre sulla condizione dei corsi d'acqua della catena alpina. "SOS Alpi" si intitola il servizio di fine anno dell'Espresso, dedicato appunto alle"scure, fresche e inquinate" acque delle nostre più belle montagne.
L'iniziativa, perchè di questo si tratta, come scrive Chiara Beria di Argentine, nasce dalla collaborazione tra l'associazione ambientalista Mountain Wildemess ed il settimanale, alla quale ha aderito la So.Ra.Ro., una azienda esperta in smaltimento di rifiuti.
Il primo rapporto di questa ricerca sarà pubblicato in un prossimo futuro.
L'Espresso anticipa qualche dato riferito ad alcune "regine" delle nostre montagne: Cortina, Madonna di Campiglio, eccetera.
Quel che si trovarnei nostri freschi corsi d'acqua, quel che si è già "annidato" nelle falde freatiche e, soprattutto, quel che già comincia ad uscire dai rubinctli delle nostre più blasonatestazioni alpine, è tutt'altro che rassicurante.
Trovano così conferma, purtroppo, quei dati pubblicati in estate e riguardanti l'inquinamento atmosferico delle stesse località. Le nostre più note ed importanti zone di villeggiatura assomigliano sempre più agli intasati, rumorosi ed inquinati centri storici delle nostre città. Quanto mai opporluno l'SOS di Aquila Verde, sempre che ci sia chi è disposto a raccoglierlo.
Ai fiumi è dedicata anche una piccola inchiesta del settimanale Rinascita. Sul banco degli imputati, questa volta, è la colata di cemento che sembra essersi abbattuta, inesorabile, sui nostri fiumi.
Dice infatti l'ingegnere Giuliano Cannata, dell'Ufficio di Presidenza della Lega dell' Ambiente, che dopo lapositiva approvazione della legge 183 si è fatto ben poco. Proprio in questi giomi abbiamo potuto sapere qualcosa sulle richieste arrivate alle autorità di bacino del Fiume Tevere da parte dei vari Enti, Provveditorati, Consorzi, etc., perottenere i finanziamenti della legge 183. Risulta che il 30% delle richieste riguarda vecchi progetti di bonifica idraulica conla previsione di cementificare e canalizzare sponde e alvei di fiumi; uno solo riguarda la depurazione a valle dei corpi idrici; poche vanno nelle direzione di interventi di rimboschimento. La richiesta totale è stata di 2500 miliardi, mentre lo stanziamento sarà di 100.Quindi progetti ispirati ancora da una cultura vecchia, tutta a base di cemento.
"La nostra paura" aggiunge Nino Martino, responsabile del territorio del WWF, "è che si creino le condizioni perchè si svuoti di significato la 183. Si continuano a perseguire modelli vecchi e pericolosi, volendo ad esempio ignorare la bio-ingegneria forestale che sta dando risultati molto positivi a Zurigo, Basilea, Bema, eonvenienti sia dal punto di vista ambientale ehe economieo".
Con questo richiamo alle esperienze del nostro piccolo confinante a cui rimandava, ma non è certo un caso, anche SOS Alpi perquanto riguarda la politica turistica, che in Svizzera non produce quegli effetti perversi e sconvolgenti che si registrano da noi, concludiamo questa rassegna, con l' augurio che tante, documentate ed al larmatedenuncia iutinonel 1991 a farrne gli in tutte le sedi ed a tutti i livelli.