Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista Parchi:
tutti i numeri online
Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 3 - GIUGNO 1991



Per un sistema dei parchi nel lazio: problemi e prospettive
Andrea Franco*

L'espressione "mosaico di ambienti", coniata per definire la straordinaria varietà morfologica e naturalistica del Lazio ha avuto molta fortuna: una fortuna, invero, meritata. Non c'è infatti un ' altra regione italiana che presenti, in poco più di 17.000 Kmq. di territorio, altrettanta varietà di situazioni ambientali, creati da una sintesi millenaria di presenze umane, ancorchè devastanti nell'ultimo trentennio, e di valori naturalistici e paesaggistici.
Un patrimonio, attualmente, fragile e minacciato, aggredito e gravato da mille problemi, ma ancora in grado, tramite una politica seria ed oculata di conservazione, di costituire un insieme di assoluto valore. Gli ecosistemi laziali sono stati analizzati e definiti in modi assai vari e secondo ottiche disciplinari particolari: a nostro avviso si può parlare anche di "sistemi territoriali", definibili come segue.

1) Il sistema costiero. Esteso per una lunghezza di circa 250 Km.
prevalentemente sabbioso e scarsamente inciso e frastagliato, tranne che nella porzione meridionale, ha subito alterazioni profonde ed irreversibili. In sostanziale equilibrio naturale fino a pochi decenni or sono, esso è stato letteralmente sommerso dal cemento nell ' ultimo trentennio, con risultati ambientali pesantissimi in termini di degrado urbanistico, paesistico e naturalistico, e di inquinamento. Sono pertanto rimasti lungo le coste laziali alcuni lembi di aree naturalisticamente pregiate, sia forestali che agricole, tutelate dalla Stato (Circeo, Castelporziano) e dalla Regione ( Tor Caldara, Gianola, Macchiatonda); altre ancora da enti privati, come il WWF ( Vulci, Macchiagrande, Palo).
Ma altre zone, soprattutto quelle interne al mai decollato Parco del Litorale Romano, sottoposte ad una forsennata pressione antropico-speculativa, rischiano un degrado irrimediabile, dovuto ad ulteriori espansioni di cemento ed asfalto, oltre al peso ''fisico'' di milioni di presenze umane, soprattutto nella stagione estiva, con tutti i formidabili problemi di impatto correlativi, tuttora largamente irrisolti, sia sotto il profilo dello smaltimento dei rifiuti sia sotto quello del controllo di comportamenti "quotidiani" dannosi per gli ecosistemi.

2) Il sistema della Maremma laziale
Con questo nome intendiamo indicare l'area definibile anche come "Tuscia", compresa per gran parte in provincia di Viterbo, formata da ondulati ripiani tufacei ad agricoltura estensiva e scarsa antropizzazione. Le basse colline viterbesi a cerealicoltura, inframmezzate da cedui a cerro, carpino nero e roverella, lasciano il posto talvolta a spettacolari fustaie collinari, tipiche quelle di Monte Rufeno(occupate da una Riserva naturale) e, soprattutto, quelle del comprensorio "Selva del Lamone", regno di istrici e gatti selvatici, mentre le rare albanelle cercano rifugio negli ampi coltivi a grano e mais. Emergenza faunistica di rilevanza europea è la lontra, presente nella valle del Fiora e nell'oasi WWF di Vulci.
In quest'area le minacce vengono, più che da pressioni speculative, dall'abuso di pesticidi in agricoltura, dalla caccia incontrollata e da alcuni progetti pubblici "infrastrutturali", viabilità e dighe, in grado di alterare per sempre uno dei più caratteristicamente "laziali" contesti ambientali.

3) Il sistema Tolfetano-Cerite
Abbiamo volutamente "isolato" quest'area, relativamente piccola (70.000 ha.), conformemente alla sua straordinaria importanza nata realistica e paesistica che ne fa, in sè e per sè, un "gioiello" fra i principali di tutta Italia. Mirabile incontro fra straordinarie ricchezze naturali e millenarie attività silvo pastorali ed agricole, il comprensorio in questione si presenta come un susseguirsi di colline pliocerliche, ricche di boschi, cedui o fustaie, inframmezzati da pascoli ad asfodelo, incise da corsi d'acqua, come il Mignone, ove vive la più ricca e varia colonia di rapaci europea, per lo meno come "numero di specie" se non, purtroppo, come numero di individui. Infatti, ed
è veramente incredibile, quest'area non gode di altra tutela che di quella paesistica, e gli sforzi ventennali per istituire un Parco sono tuttora senza risultato. Così la caccia, insieme ad una politica forestale assai discutibile rischiano di impoverire questo comprensorio di struggente ed ineguagliabile bellezza.

4) Il sistema dei laghi vulcanici
La presenza di rilievi vulcanici occupati da specchi lacustri è una delle "specifiche" del territorio laziale, con i dolci rilievi ammantati da castagneti, sia cedui che da frutto, vigne, querceti, con particolari emergenze, come le faggete "depresse" di Vico. Tutto questo è oggi fortemente minacciato dall'urbanizzazione, soprattutto nell'area castellana, ma conserva ancora caratteristiche assai interessanti, soprattutto intorno al Lago di Vico (parzialmente tutelato da una Riserva naturale della Regione), Martignano, Bolsena. L'area Braccianese è fra l'altro interessata dalla trasformazione dello specchio lacustre in riserva idrica per la Capitale, il che la dovrebbe preservare comunque dal degrado. Lo straordinario patrimonio storico-archeologico, oltre che ambientale, dei Colli Albani è invece affidato al decollo del Parco Suburbano dei Castelli Romani, dei cui problemi specifici si dirà oltre.

5)II sistema appenninico
E' questo il sistema montano per eccellenza della nostra regione. Formato da fasce parallele di catene, con andamento prevalente nord-sud, "salda" il Lazio al cuore calcareo dell'Appennino centrale. Pesantemente colpito in più punti dal virus turistico invernale, con il suo corollario di cemento, asfalto ed impianti a fune conserva valori naturalistici di assoluta preminenza.
Ricco di vette oltre i duemila metri il sistema si sviluppa con forme ora aspre ora arrotondate, caratterizzate da estese faggete, più o meno pure, a volte imponenti (Simbruini, Ernici, Cicolano, Reatini) inframmezzate da ampi pianori carsici a prato-pascolo con presenze faunistiche di grande importanza: dal lupo appenninico all'aquila reale, dall'orso marsicano all'astore, al falco pellegrino, eccetera. Attualmente solo due grandi parchi naturali (Simbruini, Lucretili) ed una riserva (Duchessa), oltre al versante laziale del Parco nazionale D'Abruzzo, proteggono un sistema che andrebbe invece tutelato assai più estesamente.

6) Il sistema antiappenninico
Con questo nome si intende la serie di rilievi che sorge fra le valli del Sacco e del Liri-Garigliano ad est e la fascia costiera meridionale ad ovest: Monti Lepini, Ausoni, Aurunci. Essi ripetono, con minori altitudini e maggiori influenze del clima mediterraneo- temperato, le caratteristiche del sistema appenninico. Tipico di questa area è il carsismo, accentuato soprattutto sui Lepini che, accanto ad una ancora diffusa economia silvo-pastorale, modella un paesaggio di pianori e rocce, cedui e macchie che, per evitare il degrado dovuto sia all'eccesso di sfruttamento degli ecosistemi sia al proliferare di strade, spesso inutili, necessita di interventi urgenti in sede di riequilibrio delle attività economiche e di salvaguardia degli ambienti meglio conservati.

7) L'area romana
Abbiamo lasciato per ultima l'area della capitale che ormai, nel bene e nel male, costituisce un sistema a sè. Per "area romana", prescindendo da quanto il legislatore vorrà di essa inserire nell'area metropolitana prevista nella L. 142/90, intendiamo soprattutto due aspetti. Il primo concerne le aree di pregio paesaggistico, archeologico e naturalistico (Appia Antica, Veio, Valle dei Casali, Decima, eccetera) in qualche modo intessute e contigue al mostruoso tessuto edilizio della Città Eterna prive attualmente (tranne il Comprensorio del Pineto) di tutela effettiva e continuamente minacciate da ulteriori colate di cemento . Il secondo aspetto è dato da quanto rimane, soprattutto a nord ed a est, di quella "campagna romana" fatta di ripiani coltivati, incisi da forre e fossi boscosi, punteggiati da casali e ville, con isolati lembi di bosco (Gattaceca, Sorbo, Galeria, eccetera), che tanto ispirò nei secoli scorsi artisti di ogni paese e che andrebbe comunque preservata dall'urto volgare e rapace dello "sviluppo".

La risposta del legislatore
Se questi sono i "sistemi " laziali, qual'è stata fino ad ora la risposta del legislatore alle oggettive esigenze di tutela che emergono dalla lettura del territorio? Sin dal 1977, tramite la legge-quadro n. 46 del 28.11, la Regione Lazio si è fornita di uno strumento legislativo ad hoc. Questo stumento, però, prevedeva un "Piano" che solo ora comin-
cia a vedere la luce con un ritardo di circa dodici anni. In questo frattempo, nonostante l'assenza di pianificazione generale, un "sistema" di parchi è venuto a formarsi, attualmente costituito di 24 diverse aree (v. riquadro), divise in parchi naturali, suburbani, urbani ed in riserve e monumenti naturali, tali che circa il 4,5 ~o del territorio risulta, per lo meno sulla carta, protetto. Detto questo si possono senz'altro affrontare i "nodi" che rendono difficile e problematica la vita della maggior parte delle aree protette e le possibili vie per superare l'impasse.
Innanzi tutto la mancanza di un Piano come punto di riferimento ci ha dato delle leggi istitutive disomogenee, con casi estremi come quello dei Castelli Romani, privi addirittura di una perimetrazione definitiva e con un Consorzio di gestione sostanzialmente deligittimato dallo stesso articolo di legge. Il punto fondamentale è però un altro (ferme restando oggettive responsabilità di malfunzionamento amministrativo cronicamente riscontrabili nei comportamenti dell'Ente Regione): la legge-quadro del '77 è nata in un momento in cui si riteneva il localismo e la "gestione dal basso" la ricetta per ogni male amministrativo. Con il risultato che la gestione delle aree protette è stata affidata ai Consorzi di Comuni e Comunità montane. Questo ha generalmente provocato un livello esasperato di conflittualità politica e conseguenti malfunzionamenti a catena, tali da indurre taluni a parlare, non a torto, di "USL verdi".
Come via al superamento di tali difficoltà, quindi, appare prioritario uno snellimento dei processi gestionali, ottenibile, secondo quanto già previsto in altri ordinamenti regionali (Piemonte, Sicilia) dalla trasformazione dei Consorzi comunali in Enti autonomi di diritto pubblico, governati da Consigli direttivi ove le presenze politico-amministrative locali vengano affiancate da presenze tecnico-gestionale di diversa provenienza (Ente Regione,Provincia, Università, mondo della cultura e dell'associazionismo). Sulla base di questa riforma è possibile progettare il futuro ed adeguare l'esistente. Ma tutto ciò sarebbe inutile senza una adeguata"volontà politica" accoppiata ad una reale capacità di penetrazione culturale: quanti sanno oggi veramente che cos'è un parco e "a cosa serve"?
Senza questi elementi, quella che appare come una delle più grandi battaglie civili oggi possibili sarebbe persa in partenza.

*Responsabile Settore Territorio WWF e membro
C.T.S. del Parco naturale dei Monti Simbruini.


PARCHI E RISERVE NATURALI DEL LAZIO: ISTITUZIONE E STATO DI ATTIVAZIONE

STATO DI ATTIVAZIONE:

  • A) BUONO
  • B) SUFFICIENTE
  • C) INSUFFICIENTE
  • D) SCARSO

Non è logicamente possibile, data la non completa omogeneità degli strumenti di legge e data altresì la complessità degli adempimenti tecnici ed amministrativi, stabilire criteri univoci di valutazione. Tali classificazioni hanno quindi un valore puramente indicativo, anche se, riteniamo, sufficientemente aderente alla realtà di fatto.

PARCO NATURALE DELL'APPENNINO "MONTI SIMBRUINI"
HA: 33.000 L.Reg.29.1.83n.8 GESTIONE: Consorzio Intercomunale (Camerata, Cervara di Roma, Filettino, Jenne, Subiaco, Trevi nel Lazio, Vallepietra) più la X Comunità montana. SEDE: Comune di Jenne (RM) SISTEMA TERRITORIALE: 5/ Appenninico STATO DI ATTIVAZIONE: Insufficiente.

PARCO NATURALE DEI MONTI LUCRETILI
HA: 17.000 L. Reg. 26.6.89 n. 41 GESTIONE: Consorzio Intercomunale (13 Comuni) più la IX e la X Comunità montana. SEDE: Non ancora identificata SISTEMA TERRITORIALE: 5/ Apppenninico STATO DI ATTIVAZIONE: Scarso.

PARCO SUBURBANO VALLE DEL TREJA
HA: 800 L. Reg. 22.9.82 n. 43 GESTIONE: Consorzio Intercomunale (Calcata e Mazzano Romano) SEDE: Mazzano (RM) SISTEMA TERRITORIALE: 7/Area romana STATO DI ATTIVAZIONE: Buono.

PARCO SUBURBANO DEI CASTELLI ROMANI
HA: 9.500 L. Reg. 13.1.84 n. 2 e 28.9.84 n. 64 GESTIONE: Consorzio Intercomunale (14 Comuni) più l'XI Comunità montana e l'Amministrazione provinciale di Roma SISTEMA TERRITORIALE: 4/Laghi vulcanici STATO DI ATTIVAZIONE: Insufficiente.

PARCO SUBURBANO " MARTURANUM"
HA: 1.450
L. Reg. 17.7.84 n. 41
GESTIONE: Comune di Barbarano Romano
SEDE: Comune di Barbarano Romano (VT)
SISTEMA TERRITORIALE: 2/3 Maremma laziale /Area tolfetana
STATO DI ATTIVAZIONE: Sufficiente

PARCO SUBURBANO "GIANOLA e MONTE DI SCAURI"
HA: 150 L. Reg. 13.2.87 n. 15 GESTIONE: Consorzio Intercomunale (Gaeta e Mintumo) SEDE: Comune di Gaeta SISTEMA TERRITORIALE: 1/ Costiero STATO DI ATTIVAZIONE: Sufficiente.

PARCO URBANO "PINETO"
HA: 240 L. Reg. 23.2.87 n. 21 GESTIONE: Comune di Roma SEDE: Comune di Roma (Assessorato ambiente) SISTEMA TERRITORIALE: 7/ Area romana STATO DI ATTIVAZIONE: Insufficiente.

PARCO URBANO "PINETA DI CASTELFUSO
HA: 1.000 L. Reg. 26.6.80 n. 91 GESTIONE: Comune di Roma SEDE: Comune di Roma (Assessorato ambiente) SISTEMA TERRITORIALE: I/Sistema costiero STATO DI ATTIVAZIONE: Scarso.

PARCO URBANO"ANTICHISSIMA CITTA' DI SUTRI"
HA: 15
L. Reg. 10.7.87 n. 76
GESTIONE: Comune di Sutri
SEDE: Comune di Sutri (VT)
SISTEMA TERRITORIALE: 2/3 Maremma laziale /Area tolfetana
STATO DI ATTIVAZIONE: Scarso