Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
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Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 3 - GIUGNO 1991



La posizione delle Regioni

Il documento della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome sul nuovo testo unificato del progetto di legge "Aree naturali protette" (T.U. 1964 e abbinati) della V111° Commissione permanente (Ambiente, Territorio e Lavori pubblici) della Camera in data 8 maggio 1991.

1) Premessa
In data 13 marzo 1990 la Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome, durante l'audizione alla Camera dei deputati, ha presentato un primo documento sul testo del disegno di legge nazionale in materia di aree naturali protette (T.U. 1964 e abb.). Il suddetto testo è stato successivamente rielaborato dalla competente Commissione della Camera in data 8 maggio 1991.
Le Regioni e le Province autonome ritengono necessario formulare più aggiornate osservazioni, tenuto conto altresì della nuova situazione giuridica e politica generale nel frattempo maturata nel Paese.

2) Necessità di una legge- quadro
Si ribadisce la necessità ed urgenza di una organica legge-quadro in materia di zone protette, che definisca un effettivo coordinamento delle iniziative per la tutela e la salvaguardia del patrimonio ambientale e naturale, valorizzando le esperienze regionali, nella prospettiva di un più ampio riassetto istituzionale.
In quest'ottica, pur prendendo atto che l'ultima bozza del nuovo testo di legge sulle aree naturali protette recepisce talune osservazioni avanzate dalle Regioni e Province autonome, si deve però constatare che ben poco è stato recepito delle osservazioni precedentemente avanzate e che il ruolo ad esse assegnato rimane largamente inadeguato. Ad esempio, questo testo legislativo non riesce ad assumere la qualità di legge-quadro che definisce (ai sensi dell'art. 117 della Costituzione) i principi fondamentali della legislazione in materia, configurandosi, al contrario, quale legge provvedimento teso ad istituire alcuni nuovi parchi nazionali (peraltro, con una eccessiva minuzia di disciplina analitica). Ancora, esso non compiutamente tiene conto delle competenze primarie spettanti alle Regioni a statuto speciale ed alle Province Autonome di Trento e Bolzano (in particolare per quanto concerne i parchi e le riserve marine).
Così come si ribadisce l'esigenza che il coordinamento delle politiche di tutela della natura faccia univocamente capo ad un unico centro di imputazione nel governo centrale, superando l'inaccettabile e retriva frammentazione (ed al limite incomunicabilità) delle competenze che il testo legislativo in esame sembra preconizare (i parchi al Ministero dell 'Ambiente; le aree protette marine al Ministero della Marina Mercantile; le riserve al Ministero dell'Agricoltura e Foreste e per esso al Capo Forestale dello Stato e alla disciolta Azienda per le Foreste Demaniali).

3) Centralità del ruolo regionale per la programmazione delle zone protette
Le Regioni e Province autonome, negli ultimi 2() anni, hanno istituito vasti sistemi di zone protette, che interessano oltre un milione e mezzo di ettari, con esperienze diversificate in funzione delle particolari situazioni locali, caratterizzate da uno spinto
di iniziativa ed un 'attenzione ai problemi della conservazione della natura che devono essere valorizzate e promosse nell'interesse del Paese.
La stretta interconnessione tra la problematica della difesa della natura e del paesaggio e l'assetto complessivo del territorio suggeriscono l'integrazione del sistema delle zone protette nella pianificazione territoriale e paesistica, di competenza regionale.
Pertanto, analogamente alle previsioni di altre importanti leggi nazionali in materia di difesa dell'ambiente, appare indispensabile definire un livello di programmazione regionale delle zone protette, che costituisca la base del programma nazionale.
Di conseguenza la legge nazionale,, evitando un eccessivo dettaglio, deve assicurare alle Regioni e Province autonome un 'adeguata possibilità normativa, che - nel rispetto di principi generali - consenta di definire gli strumenti pianificatori e gestionali più adatti alla difesa della natura e del paesaggio nelle diverse situazioni locali.
Spetta in particolare alle Regioni e Province autonome, ai sensi dell'art. 3 della legge 142/90 in materia di autonomie locali, I'organizzazione delle nuove funzioni amministrative a livello locale in materia di zone protette, identificando gli interessi comunali e provinciali e disciplinando la cooperazione dei Comuni e delle Province tra loro e con la Regione.
Più che nella pianificazione e gestione diretta delle zone protette, lo Stato dovrebbe qualificarsi con funzioni di indirizzo, programmazione e coordinamento generale, promozione con adeguati finanziamenti ed eventuale sostituzione in caso di inadempienza. Strutturalmente, la bozza di legge nazionale in materia di zone protette non recepisce i suddetti principi, essendo caratterizzata da un ruolo marginale delle Regioni, a cui fa riscontro un ruolo esorbitante dello Stato, che si riflette nel dettaglio della normativa e nel gran numero di zone protette dichiarate di interesse nazionale e in tal modo sottratte all'iniziativa regionale.
Questa concezione "neo-centralistica" va rifiutata non tanto perchè è antistorica, ma soprattutto, perchè non è la più efficiente per raggiungere gli obiettivi di tutela della natura.

4) Classificazione duttile delle zone protette
La classificazione delle zone protette prevista dal disegno di legge appare largamente incompleta, non tenendo conto delle proposte maturate in sede internazionale. Ciò comporta notevoli difficoltà applicative nelle diftferenziate situazioni regionali e locali. Particolarmente importante appare la necessità di articolare la categoria delle riserve naturali, di associare ad essa quella dei monumenti naturali (puntuali e superficiali), di disciplinare, in forma distinta dai parchi naturali, le cinture verdi delle aree metropolitane. In particolare il tema delle riserve merita di essere trattato in modo specifico dalla legge, definendo in particolare le tipologie di riferimento, gli strumenti di pianificazione e gestione, gli enti di gestione. Va inoltre osservato che il tema dei "beni di proprietà dello Stato destinati a riserva naturale", eliminando l'attuale ed incongrua previsione (che peraltro assimila inopinatamente il Capo Forestale dello Stato ai Servizi Tecnici nazionali disciplinati dall'art. 9 della legge n. 183 del 1989), va compiutamente ricondotto alle forme di gestione delle riserve naturali. Risulta altresì opportuno il coordinamento con le zone per la protezione di risorse naturali ( venatorie, alieutiche, idriche) ai sensi della specifica legislazione vigente in materia.
La classificazione delle zone protette nazionali e regionali non deve essere basata su improbabili e ingiustificabili differenze dei valori da tutelare, ma attivando al massimo le potenzialità di governo dei territori interessati, nel quadro di una cooperazione tra lo Stato e le Regioni.
Secondo la stessa logica, zone protette già istituite dalle Regioni possono essere riconosciute di valenza nazionale senza modifiche di assetto organizzativo e funzio-

5) Pianificazione unitaria ed integrata delle zone protette
La legge deve abbandonare la concezione, da tempo abbandonata nel dibattito e nella pratica internazionale ed anche nazionale, delle zone protette quale realtà separata, e da separare, rispetto al territorio ed all'ambiente circostante, alle loro forme di gestione e di governo.
Ciò essenzialmente per tre ragioni:

    • perchè le zone protette non sono indifferenti agli influssi esterni;
    • perchè le risorse ambientali sono parte essenziale di una pianificazione territoriale più ampia, che incorpora i benefici prodotti dall'esistenza di ecosistemi altamente efficienti;
    • perchè i regimi vincolistici collegati alle aree da tutelare sono un necessario terreno di sperimentazione per un equilibrio non distruttivo fra risorse ambientali e sviluppo economico.
      Di conseguenza la pianificazioni delle singole zone protette deve essere integrata nella pianificazione territoriale e paesistica delle Regioni e frutto della collaborazione dei diversi livelli istituzionali.
      I piani delle zone protette ed i relativi strumenti attuativo (piani di settore, regolamenti, piani pluriennali economici e sociali) devono governare unitariamente, con le necessarie articolazioni, tutto il territorio interessato, incluse le zone contigue.
      L'unitarietà degli strumenti di pianificazione delle aree naturali protette, che devono unitariamente e coerentemente governare sia le zone di parco, sia le cosiddette "aree contigue" tramite articolate e graduate discipline di tutela ed uso, rappresenta un elemento irrinunciabile se si vuole, con qualche speranza di successo, strutturare una politica dei parchi e delle aree protette naturali.
      Le eventuali zonizzazioni previste dalla legge devono essere basate sulla omogeneità dei contenuti delle zone individuate in termini naturali, ambientali, culturali, socioeconomici e devono avere valore esemplificativo di riferimento per la pianificazione, in modo tale che esse possano essere articolate in rapporto alle specificità delle situazioni ambientali in essere.

6) Gestione unitaria ed integrata delle zone protette
Con pari forza va affermata l'unitarietà della gestione delle zone protette su tutto il territorio interessato, secondo un approccio che non contrapponga i diversi livelli istituzionali, ma al contrario li renda responsabili, partecipi e protagonisti.
E innanzitutto necessario identificare con chiarezza le funzioni degli enti gestori delle zone protette in materia di studio, pianificazione e progettazione; gestione amministrativa ( autorizzazioni, vigilanza, controlli, eccetera); interventi sul territorio e gestione dei servizi (difesa, pulizia, fruizione ricreativa, didattica, eccetera).
Nella gestione delle zone protette deve essere affermato in termini generali il ruolo protagonista degli Enti locali, tenuto conto sia della specifica vocazione sia dell'opportunità di coinvolgere in modo ottimale le comunità locali. In particolare deve essere rafforzata la personalità giuridica dei Consorzi di Enti locali a cui le leggi delle Regioni affidano la gestione di parchi regionali. A questo fine va affermato che gli organi dell'ente di gestione delle aree naturali protette devono essere rappresentativi delle istituzioni e degli enti territoriali (eliminando ogni burocratica dipendenza dal governo) . Con pari forza va affermata la necessità dell'unitarietà degli organi di governo e gestione sia delle zone di parco, sia delle c.d. "aree contigue", superando l'incongrua separatezza (che è certamente foriera di rischi anche gravi di contrapposizioni) tra 1' "Enteparco"(che ha competenze sulle aree destinate a parco) e la"Comunità del parco" (costituita dai Presidenti delle Regioni e delle Comunità Montane e dai Sindaci dei Comuni interessati dal parco, con compiti esclusivamente consultivi e propositivi).
Alla luce delle numerose difficoltà sperimentate nella gestione delle zone protette
appare indispensabile garantire un'adeguata collaborazione agli enti gestori da parte di tutte le autorità operanti con finalità diverse sul territorio (ad es. autorità idrauliche e forestali, Intendenza di finanza, ANAS, eccetera). Ciò comporta, oltre ad affermazioni di principio, una ricognizione attenta delle competenze per definire in termini concreti i meccanismi di collaborazione (in particolare le modalità di pianificazione ed esecuzione degli interventi sul territorio, la fruizione del demanio statale, eccetera). Particolare attenzione deve essere dedicata al problema degli enti gestori delle zone protette nel processo di pianificazione dei bacini idrografici ai sensi della legge 183/ 89 sulla difesa del suolo, tenuto conto che si tratta di una materia specialistica con connessioni strutturali molto forti con la difesa della natura.

7) Finanziamento delle zone protette
L ' importanza e pari dignità di tutte le zone protette (nazionali e regionali), che insieme contribuiscono-come si stema integrato- all'equilibrio ecologico del territorio nazionale, comporta la necessità di provvedere in modo proporzionale, con risorse adeguate, alle necessità finanziarie sia di parte corrente, per l'ordinaria amministrazione, sia di parte capitale, per gli investimenti.
Anche in questo fondamentale settore risulta dunque del tutto ingiustificata ogni disparità di trattamento. La carenza di finanziamenti statali va anzi denunciata come una delle principali cause delle difficoltà incontrate da molte Regioni nell'affermazione dei loro programmi di difesa della natura mediante la costituzione di zone protette.
Va altresì rifiutata ogni previsione di finanziamenti statali definiti caso per caso mediante rapporti diretti tra lo Stato e gli enti gestori delle zone protette.
Occorre al contrario affermare un sistema di finanziamento statale alle Regioni, da definire in funzione di parametri commisurati:

    • all'approvazione del programma regionale delle zone protette
    • all'istituzione delle singole zone protette;
    • alla pianificazione delle singole zone protette.
      Inoltre, poichè tutte le zone protette devono essere sostenute con egual vigore normativo, devono essere altresì generalizzate le facilitazioni, i vantaggi, le applicazioni di diritti in materia fiscale e di acquisti, espropriazioni ed indennizzi.

8) Casualità ed episodicità dei riferimenti
La casualità ed episodicità dei riferimenti a specifiche localizzazioni nei vari elenchi che si sono succeduti durante l'iter finora seguito, denuncia una non chiara interpretazione sia del fabbisogno d'intervento sia della situazione di l`atto. Il comparire negli elenchi di localizzazioni coincidenti con assetti regionali già consolidati (il Parco della Maremma è un'iniziativa più che decennale della Regione Toscana che sta per avere il riconoscimento del Diploma Europeo) prospetta una sovrapposizione di iniziative problematicamente interpretabile sotto vari aspetti, mentre in altri articoli, ed in particolare su quelli che trattano i parchi regionali, si individua più correttamente la forma di leale collaborazione e raccordo tra competenze statali e regionali.
Anche per quanto riguarda le iniziative in corso per l'istituzione di parchi nazionali, secondo le procedure della delib. C.I.P.E. 05/08/1988, si rischia un'azione di freno e di disturbo se non si definisce, attraverso l'intesa tra Stato e Regioni, I'esigenza di raccordo organico tra i contenuti della legge-quadro e gli esiti già positivamente conseguiti.
Gli sforzi per l'istituzione di nuovi parchi nazionali potranno essere concentrati, nella legge e nella pratica, sulle situazioni veramente "mature". A questo fine si propone la soppressione delle previsioni contenute nel nuovo testo. Tali previsioni potranno essere più opportunamente sostituite da un unico articolo (comprensivo sia dei parchi terrestri che di quelli marini) che costituisca I 'anticipazione del "programma per le aree
protette naturali". Un articolo che concentri, quindi, I'attenzione sulle situazioni in cui è matura l'istituzione di nuovi parchi nazionali e che, soprattutto, definisca (allargandosi alla legge) tutti gli elementi (perimetrazione, norme di salvaguardia, eccetera.) previsti dal programma. Se manca tutto ciò, le previsioni legislative rischiano di rimanere inattuate e quindi potrebbe risultare più utile e proficuo seguire il procedimento "a regime", rappresentato dal "programma per le aree naturali protette".

9) Infine le Regioni e Province autonome si riservano di far pervenire quanto prima gli emendamenti al testo legislativo in oggetto, al fine di meglio rappresentare le modifiche conseguenti agli elementi di principio più sopra esposti.