Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista Parchi:
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Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 4 - OTTOBRE 1991



La protezione dell'orso
Sandro Flaim*

Penso che nessun animale come l'orso abbia avuto nei secoli un rapporto così intimo e contraddittorio con l'uomo.
Secondo Graziano Daldoss, nel suo libro "Sulle orme dell'orso", l'orso ha incarnato ciò che di misterioso e sconosciuto vi è nella montagna. "Liberare le montagne dall'orso - egli scrive - era come esorcizzarle da quanto di inspiegabile e di misterioso esse potevano nascondere".
Il rapporto tra uomo e orso era già allora però anche più complesso, in quanto l'animale, oltre a trovare nell'uomo il cacciatore concorrente, ne era esso stesso preda ambita. L'uomo uccideva l'orso per procurarsi abbondanza di cibo, pelli per ripararsi dal freddo, ossa per forgiare i propri utensili. Questo rapporto di dipendenza dell'uomo dall'animale ha ingenerato nei secoli questo duplice e contraddittorio rapporto, che si è protratto forse solo a livello di subconscio, fino ai giorni nostri, di odio per la "belva" sfociante in una caccia spietata e di rispetto reverenziale per chi con la propria morte consentiva la sua sopravvivenza.
E con la nascita delle prime voci a sostegno della salvaguardia della specie ursina in Trentino nasce anche l'idea dell'istituzione di un parco sulle zone montuose, habitat di tali animali.
Un'indicazione precisa sulla presenza di orsi negli areali del Brenta e dell'Adamello e più in generale della Provincia negli ultimi due secoli ci è data dalle statistiche degli abbattimenti avvenuti, che stimano in circa 200 gli esemplari uccisi.
Come precisa però Fausto Stefanelli, in uno scritto intitolato "L'orso bruno nel Trentino, "... questa specie in Provincia fino al principio di questo secolo non correva pericolo d'estinzione, tanto che il Governo austriaco aveva ritenuto opportuno istituire un premio di abbattimento allo scopo di ridurne il numero: per la femmina venivano corrisposti 40 fiorini (circa 80 lire), per il maschio 30 fiorini, e 15 per il piccolo. Ma il vero sterminio si ebbe dal 1915 al ' 18, cosa ben comprensibile se si pensa che la guerra nel settore più occidentale del fronte italo-austriaco fu combattuta proprio sulle montagne ove la già depauperata popolazione ursina aveva trovato il suo principale rifugio".
Dell'azione di protezione dell'orso, iniziata soprattutto da Gian Giacomo Gallarati Scotti, oltre alla propugnata costituzione del Parco Nazionale Adamello-Brenta è da ricordare la presentazione, in qualità di senatore del Regno, nel 1938 di un disegno di legge, approvato nel 1939 per la protezione integrale su tutto il territorio italiano dell'orso bruno, nonché la fondazione dell'ordine di San Romedio con analoghi scopi.
La legge del 1939, proposta da Gian Giacomo Gallarati Scotti per la tutela dell'orso bruno su tutto il territorio nazionale, viene poi riconfermata nelle norme della nuova legge 968 del 1977.
Per la tutela delle specie, la Provincia autonoma di Trento ha inoltre emanato la legge provinciale 10 agosto 1978, n. 31.
Attualmente la Provincia Autonoma di Trento conduce da un quindicennio una campagna scientifica di ricerche e di controllo dell'orso, della sua ecologia e del suo habitat, finalizzata all'elaborazione di metodi di protezione della specie il più concreti ed efficaci possibili (Osti 1975-1982-1988). Nel 1976 è stato avviato un programma di studio e di ricerca, col metodo della radiotelemetria applicato ad Orsi autoctoni, prevalentemente finanziato dal Fondo Nazionale Svizzero per le ricerche scientifiche e dalla Provincia autonoma di Trento. I lavori sono stati eseguiti principalmente da Hans Roth (Università di Berna) e da Fabio Osti (Servizio provinciale "parchi e foreste demaniali").
Tre orsi vennero catturati, muniti di collare speciale ed immediatamente restituiti al loro ambiente naturale.
Questo metodo consente di seguire l'animale studiato restando a distanze anche notevoli (5/ 10 Km) ed eliminando così le interferenze, a livello comportamentale, derivanti dalla vicinanza dell'uomo.
E' stato in tal modo possibile, per la prima volta in Europa, rinvenire il rifugio invernale dell'orso e registrare la sua attività durante lo svernamento.
Attualmente le ricerche condotte dal gruppo operativo del Comitato per la protezione dell'orso e guidate da Fabio Osti si basano su:

  • raccolta di dati con metodi tradizionali; informazioni varie, fornite da informatori noti o occasionali, controllate ed elaborate secondo modelli statistici;
  • raccolta di informazioni mediante indagine sistematica basata su:
  • controllo periodico di percorsi campione ("sample trails") in aree importanti per la presenza dell'orso (complessivamente negli ultimi cinque anni sono stati controllati 570 Km di percorso, mediante 167 controlli mensili);
  • controllo sistematico di carnai fissi ("feeding spots") che permettono di alimentare un piccolo gruppo di orsi (Osti 1988).

Vengono inoltre condotti dei controlli costanti sull'alimentazione naturale degli orsi mediante analisi di laboratorio sui prodotti fecali raccolti lungo i percorsi campione.
Da un paio di anni, poi, il Servizio Parchi e foreste demaniali, per il coordinamento del dottore Gianni Niccolini, ha intrapreso la conduzione di un'altra interessante e unica ricerca sulla popolazione di orsi trentini.
E' stata installata una telecamera a raggi infrarossi presso un carnaio di alimentazione degli orsi che, per mezzo di sofisticati apparecchi approntati dall'I.R.S.T., permette di seguire su un monitor, posto a grande distanza e pertanto senza alcun disturbo agli animali, le immagini riprese.
E' un'interessante forma di monitoraggio che sta permettendo di seguire costantemente un piccolo gruppo di orsi e di approfondire in maniera concreta la conoscenza delle abitudini di questo misterioso animale.
L'area dove sopravvive oggi in Trentino l'orso bruno delle Alpi, con una consistenza di una decina o poco più di individui, è ridotta ad un territorio di poche centinaia di Kmq, coincidenti con i versanti sud-orientali del Gruppo di Brenta.
L'intero areale si può distinguere in:

  • una "zona di primaria importanza" per la costante presenza degli orsi. Trattasi complessivamente di una superficie di Kmq.100 comprendenti, oltre alle usuali aree di alimentazione, anche le aree di riproduzione di svernamento; tutti i ricoveri invernali oggi conosciuti sono qui localizzati.

Questo territorio ricade nella regione nordorientale del Gruppo di Brenta e si estende dalla Valle dello Sporeggio fino alle pendici del Monte Peller verso la Montagna di Cles;

  • poi una "zona di importanza secondaria" per la presenza periodica della specie. Comprende una superficie di circa 140 Kmq. Ne fanno parte le aree boscate della destra orografica della Valle di Sole, la Valle delle Seghe, la Valle d'Ambiez e l'intera Valle d'Algone;
  • ed infine una "zona di transizione" comprendente la rimanente area ove la presenza dell'orso è occasionale (erratismi stagionali). Sono comprese in questo territorio le Valli Genova, di Daone, di Breguzzo, di Borzago e di S. Valentino.

Attualmente nessuna minaccia diretta incombe sugli individui di questa popolazione; l'ultimo caso di uccisione certa di un orso risale al 1972 (Pedrotti 1986 - Osti 1991). L'orso viene ben tollerato dai contadini e dai cacciatori locali. Esistono piuttosto pericoli indiretti, non per questo meno gravi, derivanti dal non sempre corretto sfruttamento della montagna e dalla conseguente degradazione dell'habitat caratteristico della specie e dal disturbo antropico in generale.
Da studi condotti su alcune popolazioni Nord Americane di orso bruno risulta che l'impatto esercitato dalle attività umane o comunque dalla presenza antropica sulla specie è notevole; sono state misurate distanze minime di fuga all'impatto che vanno da un minimo di 150 m. in ambiente boscato ad un massimo di 500 m. su terreno scoperto (Osti 1990).
Anche nella relazione della Commissione per l'ambiente sulla "Protezione degli orsi bruni nella Comunità europea" presentata il 6 gennaio 1989 al Parlamento Europeo veniva indicato come uno dei principali fattori di scomparsa dell'orso l'alterazione e la distruzione dell'habitat, nonché i disturbi recati dal turismo e da altre attività dell'uomo.
La popolazione ursina trentina, pur al riscontro di dati confortanti, è ritenuta dagli esperti ancora una popolazione soggetta a rischio di estinzione.
In base a ciò appare lampante come necessiti urgentemente una politica di protezione pensata, mirata e progettata ad hoc, che superi i dispositivi di protezione indiretti fino ad ora attuati che, più del dato grado di efficacia descritto, non riescono ad esprimere.
Vediamo in breve, e se pur in maniera frammentaria e secondo una visione strettamente personale, di tracciare quelle che potrebbero essere alcune linee e proposte per la tutela della popolazione di orsi bruni esistente in Trentino.
A mio avviso una concreta politica di tutela dovrebbe passare attraverso due precisi momenti operativi o fasi della salvaguardia, che vanno lette in sequenza cronologica e che potremo così chiamare:

  • una fase prettamente d'ordine culturale, dell'amore e della conoscenza;
  • una fase della strumentazione per la gestione del territorio, legata alla salvaguardia degli habitat e della sopravvivenza biologica della specie.

Sarebbe un grave errore, nella politica di salvaguardia, sottovalutare l'importanza di un'azione legata alle componenti psicologiche e culturali del problema.
Anche nell'esperimento di difesa dell'orso nel Parco di Yellowstone, ad esempio, la prima forma di conservazione è attuata attraverso la propaganda (Lovari 1986).
Nel passato, peraltro abbastanza recente, i problemi legati alla salvaguardia della natura erano sempre e solo trattati a livello accademico, tra le disquisizioni degli specialisti: a parte qualche lodevole, ma sporadica, presenza divulgativa, essi non erano mai riusciti a scendere, come ora, nel discorso quotidiano e pertanto a stimolare concretamente le coscienze comuni.
Oggi il problema della salvaguardia della natura è questione che ha ormai investito la società moderna ad ogni livello. Un articolo apparso recentemente sulla rivista V.I.A. riportava i risultati di un sondaggio che rendeva noto come 86 italiani su cento ritengano ormai che la protezione dell' ambiente sia un' esigenza immediata e debba essere affrontata con la massima urgenza.
E' di pochi mesi fa la raccomandazione n. 1131 del Consiglio d'Europa sulla politica dell'ambiente. Il testo insiste soprattutto sulla necessità di un'educazione all'ambiente nei programmi delle scuole, di un'informazione regolare e obiettiva sull'evoluzione dell'ambiente, sull'integrazione delle politiche dell'ambiente nelle altre politiche settoriali.
Ora anche il problema della salvaguardia dell'orso deve assumere queste connotazioni di conoscenza diffusa. Esiste ancora tra la nostra gente un'enorme ignoranza su questo tema; più di un amico mi ha chiesto "ma questi orsi esistono realmente ancora, o è ormai solo un'invenzione?".
Gli strumenti per ovviare a questo sono la divulgazione dei dati, attivando tutti i più sofisticati strumenti di trasmissione delle informazioni: pubblicazioni, conferenze, dibattiti, opuscoli, video cassette, corsi didattici, eccetera. Pur sembrando un problema di facile soluzione, in realtà non lo è. Dobbiamo tener presente almeno due ostacoli a livello di subconscio, nell'apprendimento di questo tipo di messaggio: primo, che stiamo parlando di una cosa che non si vede (una campagna per la protezione del capriolo sarebbe molto più semplice); secondo, che dobbiamo sfatare secoli di immagine dell'orso come fiera.
La seconda fase di impegno è quella che passa attraverso nuovi strumenti di gestione territoriale.
Abbiamo già visto come la concreta possibilità di sopravvivenza di questo grosso mammifero sia legata in modo inequivocabile alla tutela delle caratteristiche ambientali dei luoghi di presenza; e come tale tutela non possa raggiungere i gradi di indubbia efficacia richiesti con gli strumenti in atto.
Uno dei grossi motivi di speranza per il futuro è, in questo momento, la recente istituzione dell'Ente di gestione del Parco Naturale Adamello-Brenta.
Il Parco Naturale Adamello-Brenta è nato con l ' approvazione, da parte della Provincia Autonoma di Trento, del primo Piano urbanistico provinciale nel 1967 (1) e comprende i gruppi montuosi dell'Adamello e delle Dolomiti di Brenta, per una complessiva superficie vincolata di circa 62.000 ha.
La legge provinciale dà delle precisazioni puntuali circa le principali attività antropiche ammesse all'interno dei territori dei parchi, quali le attività agro-silvo-pastorali, le attività estrattive, l'utilizzazione delle acque a scopo idroelettrico, le linee elettriche e telefoniche, le strutture ricettive turistiche all'aperto e la circolazione dei veicoli a motore.
Una tutela più mirata di questi territori sarà poi possibile attraverso l'attivazione degli strumenti di gestione previsti dalla legge. I principali strumenti previsti sono il piano del parco ed il piano faunistico.
Per il raggiungimento dei nostri fini sarà più efficace il primo dell'altro.
Il piano faunistico ha il compito di stabilire l'equilibrio fra fauna selvatica ed ambiente, e alle sue disposizioni dovranno sottostare i programmi annuali di prelievo della selvaggina. Il piano faunistico non è pertanto uno strumento specifico per il raggiungimento dei nostri scopi; può però senz'altro dare degli imput importanti al piano del parco, ed indirettamente impostare comunque concreti interventi di tutela.
Al di là delle disquisizioni giuridiche sul grado di incidenza normativa che possa raggiungere il piano faunistico, penso che realmente possa intervenire ai nostri fini, ad esempio, con un ' inibizione dell'attività venatoria su areali specifici, quali le zone di svernamento, oppure diminuire il tasso di prelievo sulle possibili aree di espansione della presenza dell'orso, in modo da incentivare la stessa attraverso un aumento delle possibilità alimentari costituite dalla presenza degli erbivori.
Più interessante ai fini della tutela della presenza dell ' orso sui territori del parco può essere invece il piano del parco. Esso dovrà precisare la disciplina urbanistica e territoriale nonché la tutela e la valorizzazione delle caratteristiche ambientali, naturalistiche, storiche ed economiche del parco.
Sulla base di ciò ecco che la presenza dell'orso può essere considerata elemento caratterizzante e che nulla toglie a che la sua tutela sia elemento sovraordinato rispetto agli altri problemi di quella porzione di territorio
In linea teorica il grado di tutela a cui il piano può arrivare potrebbe considerarsi più che buono: infatti esso ha la possibilità, in base a quanto dettato al comma c) dell'articolo 20 della L.P. n. 18/88, di definire gli interventi antropici vietati all'interno delle singole zone. Il piano del Parco è già allo studio: la sua redazione è stata affidata ad una équipe di studiosi nelle varie discipline quali botanica, ecologia, geologia, sociologia, paesaggio, eccetera, ed una bozza tecnica dello stesso dovrebbe vedere la luce entro il 1991.
Chiaramente il piano potrà unicamente occuparsi della salvaguardia degli habitat e dei rapporti ecologici su di essi coagenti. Non potrà ad esempio occuparsi degli aspetti biologici specifici legati alla sopravvivenza dell'animale, quando anche essi destano le più gravi preoccupazioni del mondo scientifico a fronte dello scarso numero di individui ormai presenti.
Per quanto riguarda la salvaguardia degli habitat, senza anticipare risultati per ora non conosciuti del piano, ricorderei le principali indicazioni di tutela da molti ormai condivise. Penso sia innanzitutto indispensabile un'azione di tutela rigorosa degli areali di svernamento, consolidando nel tempo l'azione tampone che il Parco sta ora attuando.
In queste aree si dovrà tendere alla conservazione integrale con la sospensione delle utilizzazioni forestali, con l'esercizio dell'attività venatoria solo nel periodo estivo, e con il divieto di esercizio di attività turistico-sportive in tutti i periodi dell'anno.
Lo strumento di piano più idoneo per raggiungere tali scopi è, a mio avviso, l'istituzione della "riserva speciale" di cui al comma 6 dell' art.11 delle norme di attuazione del P.U.P. Delle norme per una tutela specifica dovranno poi essere date per tutta l'area trofica ricadente nel Parco.
Per tali zone sarà indispensabile prevedere innanzitutto la limitazione della costruzione di nuove vie di accesso forestale e severo controllo dell'uso delle vie esistenti, una regolamentazione temporale e metodologica delle operazioni selvicolturali e di utilizzazione forestale, l'inibizione di attività turistiche particolarmente numerose e di disturbo.
In queste aree sarà importante favorire la crescita di piante da frutto a carattere alimentare: pruno, sorbo, castagno, eccetera.
Sotto il profilo urbanistico la zonizzazione dell'area di cui sopra potrà, a mio avviso, avvenire con l'indispensabile sottoclassificazione della riserva guidata (2). Infatti la strutturazione dei territori del Parco in tre riserve secondo la classificazione del P.U.P., a mio avviso, risulta troppo poco plastica e non riesce a coprire tutte le sfaccettate situazioni in cui l'azione di salvaguardia si dovrà esplicare. Sarà soprattutto troppo rigida per quelle situazioni di interfaccia dove maggiore dovrebbe essere la nostra attenzione (Romani 1986).
Il grosso problema è che l'azione di tutela degli areali del Parco, in particolar modo ad esempio in un caso come quello dell'orso, non deve essere rivolta unicamente a un diverso uso del suolo, ma ad una diversa strutturazione dei comportamenti (Flaim 1990), mettendo in gioco pertanto una gamma molto più ampia e varia di situazioni e perciò di azioni di salvaguardia.
E' importante però tenere presente che l'efficacia di ogni azione di conservazione della natura si misurerà con l'effettiva capacità di messa in pratica delle norme dettate.
Oltre a questa possibilità pianificatoria, l'Ente parco può comunque svolgere un'azione promozionale e di incentivazione nello studio dei problemi legati alla sopravvivenza dell'orso bruno.
Qualche cosa in questo senso è stata messa in cantiere.
Innanzitutto, a partire dal 1990, le ricerche annuali del gruppo operativo, che fanno capo al coordinamento di Fabio Osti, sono finanziate dall'Ente parco, anziché dalla Provincia. Nel bilancio di previsione dell'Ente inoltre è stato previsto uno stanziamento specifico per indennizzi ai Comuni ed agli altri enti proprietari dei terreni per la limitazione temporanea, da subito, delle principali attività silvo-pastorali nelle zone di svernamento del plantigrado. La stipula delle relative convenzioni è stata preceduta da una specifica indagine condotta dal Servizio Parchi e foreste demaniali della Provincia. Una apposita convenzione in tal senso è già stata stipulata lo scorso anno con il Comune di Tuenno; si stanno in questi giorni redigendo le necessarie stime dei beni per concludere, entro l'anno, gli atti relativi all'intero areale interessato.
Un'altra interessante iniziativa, a carattere culturale, che il Parco ha promosso è l'accordo stipulato con il Santuario di San Romedio che prevede il passaggio in gestione all'Ente dell'orso lì presente (3), al fine di ricercare un'immagine, diversa dall'attuale, di tale presenza, legata più agli aspetti naturalistici della stessa e meno a quelli estetici.
Per questo si è innanzitutto provveduto all'installazione, nei pressi del Santuario, di una piccola area educativa di mostra permanente gestita da personale dell'Ente, per la divulgazione della conoscenza dell'orso bruno alpino.
Altra importante analoga iniziativa progettata dall'Ente è quella della creazione, annessa al nuovo centro visite del Parco per l ' area dell'altopiano della Paganella, di un museo dell'orso, dove raccogliere ed esporre in maniera didattica tutte le informazioni legate alla biologia della specie, alla sua presenza negli areali del Parco ed alle principali azioni di tutela.
E' importante però sottolineare chiaramente come anche l'intervento del Parco nella salvaguardia dell'orso in Trentino ha comunque anche dei limiti. Un grosso limite innanzitutto è dato dai confini del Parco naturale.
L'area di principale stanziamento dell'orso bruno copre territori anche fuori dei limiti del Parco, dove l'Ente non ha alcuna potestà di intervento.
A tale proposito può essere utile la proposta fatta da un recente disegno di legge provinciale presentato in Consiglio provinciale di istituire una zona preparco.
Come si vede la strada per raggiungere l 'obiettivo di considerare fuori pericolo la presenza dell ' orso bruno sulle nostre montagne è ancora molto lunga ed è perciò importante incentivare gli sforzi.
Un grande amico degli orsi, il giornalista scrittore Dino Buzzati, diceva: "Una valle dove vivono gli orsi, non occorre essere poeti per capirlo, è più bella di una valle senza orsi.
La sopravvivenza di questo magnifico personaggio non è infatti solo un nudo dato faunistico, ma leggenda, avventura, continuazione di una vita antichissima, cessata la quale ci sentiremmo tutti un poco più poveri e sminuiti".

Note

1) La Provincia Autonoma di Trento si dotava nel 1964 di una propria legislazione in materia urbanistica: L.P. 2.3.1964, n. 2. In applicazione di tale legge con la L.P. 12.9.1967 n. 7 veniva approvato, con il voto unanime del Consiglio Provinciale, il Piano Urbanistico Provinciale. E' stato uno dei primi esempi di Piano urbanistico territoriale italiano: fu ricco di scelte innovative e fondamentali per il futuro sviluppo della Provincia, che per alcuni aspetti si basa ancora oggi su tali impostazioni. Fra questi concetti figura anche l'introduzione dei "Parchi Naturali". Fra le grandi scelte fatte dal P.U.P. forse quella più importante è la suddivisione del territorio in dieci (poi diventati undici) comprensori, secondo la realtà geografica e socio-economica della Provincia.

2) L'art. 11 delle norme di attuazione del Piano Urbanistico Provinciale precisa come, ai fini della loro disciplina, le aree a parco naturale si distinguono in:

  • a) riserve integrali, ove in considerazione dell'alta concentrazione di fattori ed elementi di grande interesse naturalistico e del basso grado di antropizzazione, l'ambiente deve essere conservato nella totalità dei suoi attributi naturali e nella caratterizzazione delle biocenosi e dei popolamenti, nonché nelle loro interdipendenze e nei rapporti con l'ambiente fisico; nelle riserve integrali sono consentiti solo gli interventi necessari per lo sviluppo della ricerca scientifica e per l'utilizzo a fini didattico educativi;
  • b) riserve guidate, ove in correlazione con le esigenze di tutela ambientale, è consentita la realizzazione, soprattutto mediante utilizzo e miglioramento dei manufatti esistenti, delle attrezzature necessarie per consentire l'accesso e la fruizione del parco da parte dei visitatori, nonché per lo svolgimento delle attività agro-silvo-pastorali;
  • c) riserve controllate, corrispondenti a zone maggiormente antropizzate, ove, subordinatamente alle esigenze di tutela ambientale, sono consentite solo attrezzature di servizio, di collegamento e di trasporto necessarie per l'utilizzazione turistico-ricreativa e sociale del parco, nonché per lo svolgimento delle attività agro-silvo-pastorali.

Il comma 6 dello stesso articolo poi stabilisce come nella pianificazione dei parchi naturali, al fine di assicurare una rigorosa tutela e la valorizzazione scientifica di specifici elementi geomorfologici, limnologici, floristici, faunistici, biologici, architettonico-paesaggistici, storico-antropici, potranno essere delimitate riserve speciali e fissata la relativa disciplina di tutela. Potranno altresì essere modificati i perimetri delle riserve in relazione a rilevazioni di maggiore dettaglio delle caratteristiche naturali e dei caratteri topografici dei siti interessati.
3) Nel 1990, dopo due anni di lavoro, la Provincia autonoma di Trento, tramite l'Agenzia del Lavoro, ha realizzato un ' area attrezzata dell' ampiezza di circa 1000 mq., presso il Santuario di San Romedio, per dare migliore ospitalità all'orso, da sempre "ospite" del Santuario a ricordo dell'antica leggenda, ma costretto in un'angusta gabbia. La nuova area è stata studiata con particolare attenzione, cercando di ricreare all'animale il suo ambiente naturale di vita.
A fine lavori l'intera area è stata assunta in gestione dal Parco Adamello-Brenta, che ha aperto al posto della vecchia gabbia un piccolo centro visitatori, al fine di promuovere, da questo luogo d'incontro privilegiato che ha visto nascere le prime battaglie per l'istituzione del Parco tramite l'ordine di San Romedio, la conoscenza dell'orso e dei problemi legati alla sua sopravvivenza.

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*Direttore del Parco Naturale Adamello-Brenta