Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista Parchi:
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Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 4 - OTTOBRE 1991



COSA SCRIVONO I GIORNALI
a cura di Renzo Moschini

"Il Palazzo scopre l'ambiente ?"

Il Senato ha apportato a tre articoli della Costituzione modifiche che introducono per la prima volta la parola "ambiente" nella nostra legge fondamentale.
Così, se la Camera ratificherà la decisione, all'art. 9, che tutela "il paesaggio e il patrimonio storico e artistico", si aggiungerà anche l' "ambiente".
All'art. 24, il quale stabilisce che tutti "possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi", si aggiunge "per la tutela degli interessi diffusi e degli interessi collettivi"; all'art. 32 che nella tutela della salute viene compresa "la salubrità degli ambienti di vita e di lavoro".
Antonio Cederna, commentando l'evento (la Repubblica, 25 settembre), scrive: "un passo in avanti è stato indubbiamente compiuto (nemmeno il Trattato di Roma del '57 che fondò la Comunità Europea nominava l'ambiente)".
Ora, però, "bisognerà fare un altro passo: aggiungere ad 'ambiente' ( che molti ritengono termine non privo di genericità, ovvero eccessivamente onnicomprensivo) un accenno al territorio, sostanza e contenitore di paesaggio e patrimonio storico-artistico, dal cui uso dipende la salvaguardia dell'ambiente in generale. Insomma è opportuno introdurre in qualche modo un riferimento alle risorse ed ai valori della natura".
Un tema, questo, su cui si discute con sempre maggiore impegno in sede sia scientifica che politica, con esiti, però, talvolta tutt'altro che confortanti.

Finanziaria avara

L'appuntamento annuale con la legge finanziaria ha riservato, anche in campo ambientale, brutte sorprese. Il Ministro Ruffolo, in una serie di dichiarazioni ed interviste, ha manifestato a più riprese la sua amarezza e preoccupazione "sulle ragioni dei ritardi e sui rischi di questo oblio" dei temi ambientali.
A fronte infatti di un'imponente produzione legislativa di questi ultimi anni ("49 leggi nazionali approvate, 31 in corso di esame, 89 direttive comunitarie recepite, 30 in corso di recepimento, 153 decreti applicativi promulgati" con impegni finanziari ammontanti a 8.000 miliardi) "le effettive" risorse finanziarie sono, e diventano, sempre più inadeguate. Dopo una impennata delle risorse disponibili per il Ministero dell'ambiente, raddoppiate tra il 1987 ed il 1988, i tagli della finanziaria ed il venir meno dei fondi FIO hanno determinato flessioni del 20% nell'89, del 33 % nel ' 90 e del 54% nel '91" (la Repubblica, 11 settembre). In questa situazione, spiega Piero Marchetti, Presidente dell'Aida, l'Associazione delle Industrie del Settore ambientale, "le aziende non riescono a fare un pò di programmazione perchè ogni anno, dopo l'annuncio di investimenti consistenti, i tagli consentono l'erogazione effettiva di un decimo di quanto previsto" (Il Sole 24 Ore, 24 settembre).
E le prospettive del '92, in base appunto alla finanziaria, appaiono ancora più oscure se si pensa che alle Commissioni ambiente di Camera e Senato sono stati tagliati del 36,70% i fondi per le leggi di approvazione e del 61,74% i fondi per le leggi vigenti. Gli esempi più appariscenti sono quelli, in particolare, del taglio di 350 miliardi nel '92 e di 100 miliardi per il '93 alla legge per la difesa del suolo, mentre l'istituzione dei nuovi parchi viene messa in discussione dalla 'sterilizzazione' di 54 miliardi della dotazione per il 1993 ed il 1994.
Il ventaglio dei tagli è assai ampio. Ad esempio, perde 500 miliardi su 853 il cosiddetto piano triennale; la legge 283 per l'Adriatico vede in meno 150 miliardi su 228.
E dove non arriva la mannaia della legge finanziaria agiscono, con risultati non meno devastanti, i meccanismi di erogazione. Secondo i dati forniti dal Ministero del Bilancio, i cui 'detectives' hanno esaminato lo stato di attuazione a tutto il '90, la Cassa Depositi e Prestiti non ha erogato finora una lira degli oltre 160 miliardi richiesti dalla Campania per interventi sull'ambiente; in tutta Italia ci si è messi al lavoro solamente per il 23,5% dei 475 progetti di questo settore già finanziati. Non basta: per le opere di difesa dell'ambiente è stata assegnata solamente la metà dei complessivi 2.200 miliardi previsti nell'88, ma ne sono stati effettivamente erogati 436, cioè meno del 20%.

Il motivo di questo blocco, secondo gli ispettori del Ministero del Bilancio, va attribuito soprattutto "al peso esuberante dei carichi di lavoro per l'accentramento presso gli organi tecnici centrali delle funzioni di analisi e valutazione delle singole proposte di progetto". I mutui agli Enti locali sono stati bloccati dalla "politica adottata dal Governo nel '90 di rallentamento dell'attività creditizia" (Il Sole 24 Ore, 26 giugno).
Difficile dar torto, quindi, al Ministro Ruffolo quando, dinanzi a questo quadro, sconsolatamente si chiede "se non sia il caso di sospendere l'esperimento di una politica ambientale programmata, in attesa di tempi migliori sul piano delle disponibilità finanziarie".

Parchi, chiavi in mano?

L'Espresso del 6 ottobre 1991 in un articolo di Fontana scrive che sarebbe già avvenuta la spartizione dei 600 miliardi previsti dalla legge-quadro sui nuovi parchi nazionali.
Beneficiari dell' "appalto" alcuni tra i maggiori enti economici pubblici e privati: ENI, IRI, FIAT e istituti di ricerca prestigiosi come il Numisma.
I progetti riguardano vari parchi: dai Monti Sibillini, dove la società Aquater, del Gruppo ENI, gestirà per conto dell'Ente locale l'intero pacchetto di finanziamenti, alle Dolomiti Bellunesi, dove sarà la SNAM Progetti a realizzare il piano di sviluppo.
La FIAT, attraverso la Fisia (una società per azioni che raccoglie tutte le imprese ambientali del gruppo), si è aggiudicata la redazione del piano di sviluppo del Parco dell'Arcipelago Toscano: 2,5 miliardi, più altri 4,5 miliardi stanziati dal Ministero dell'ambiente per le prime infrastrutture.
Romano Prodi, in un'intervista al settimanale, motiva le ragioni di questo interesse verso i parchi degli istituti scientifici con il fatto che, quando si "decide di adottare una seria politica di tutela, emergono spesso aspri conflitti che occorre riconoscere e analizzare, altrimenti la costituzione del parco è solo facciata".
La notizia conferma quindi un interesse crescente, sia degli operatori economici che dei ricercatori, nei confronti della protezione del territorio, che non può esaurirsi, aggiunge l'on. Angelini, nei soli finanziamenti pubblici, ma deve aprirsi all'iniziativa dei privati, perchè "nelle nuove aree protette possano affermarsi modelli di sviluppo più rispettosi della natura".
Ma come ha rilevato Tassi in una lettera all'Espresso, ciò che colpisce è, intanto, il fatto che l'industria privata beneficerà di 600 miliardi, ossia 60 volte "di più di quanto stanziato per la vera conservazione della natura, e cioé per il funzionamento dei parchi esistenti".
Intendiamoci, non si tratta di contrapporre le esigenze dei vecchi parchi ai nuovi. Il punto è che mentre per tutti i parchi esistenti, nazionali e regionali, in conseguenza anche, ma non solo, dei tagli operati ai capitoli di spesa ambientale, nonchè alla spesa regionale e degli Enti locali, il futuro appare sempre più difficile, "altri" sembrano avere maggiore fortuna. "Altri" sui quali forse vale la pena di spendere qualche parola. Non saremo noi a guadare con sospetto al nuovo interesse dell'industria pubblica e privata per 'l'industria verde'.
Ciò che suscita qualche perplessità e che convince meno in queste operazioni, è l' 'affidamento', cioè l' 'appalto', di scelte fondamentali per qualsiasi parco, esistente o da istituire, a strutture che, spesso se non sempre (ci sono esperienze già fatte al riguardo) operano al di sopra ed al di fuori di quelle complesse realtà che sono i territori protetti, di cui fanno parte a pieno titolo anche operatori ed interessi locali, che non possono essere penalizzati e ignorati. I parchi, lo si è detto tante volte, soffrono di consenso, suscitano paure, sono non di rado sentiti come qualcosa di 'estraneo'; ebbene, può giovare a vincere le diffidenze ed i timori "l' appalto" a strutture esterne di operazioni che rischiano di mettere in un canto organi di gestione del parco esistente o da istituire?
Sono timori infondati o esagerati?
Vorremmo augurarcelo. Ma, come si dice, meglio aver paura che buscarle.

CEE: difficoltà "comuni"

Se spostiamo l'attenzione oltre i confini nazionali in sede comunitaria, ci imbattiamo ugualmente in situazioni niente affatto brillanti, specialmente per noi.
"I Dodici - titola un inserto de Il Sole 24 Ore - fanno a gara per insabbiare i progetti di Bruxelles".
IL Commissario Ripa di Meana dice: "Spero di riuscire ad adottare in tempi brevi la mia proposta di un grande Fondo strutturale comunitario per la protezione dell'ambiente". Una vecchia idea da 3.000 miliardi di lire (2 miliardi E.C.U.).
Ma le cose non vanno certo con il vento in poppa. L'Agenzia Europea dell'ambiente, di cui è stato approvato nel maggio del '90 il regolamento istitutivo, ad esempio, non decolla perchè manca l'accordo dei Governi sulla sede.
Nel '92 dovrebbe essere creato un corpo di "ispettori CEE", ma i Paesi comunitari gradiscono poco i controlli e le 'pagelle' sul comportamento ambientale e la pubblicità sui ritardi e le infrazioni. Che sono molte, specie per quanto riguarda l'inquinamento. Tra i migliori c ' è la Danimarca, che mostra un "livello elevato di coscienza ambientalista, il che si riflette in sistemi efficaci di applicazione e sorveglianza della normativa ambientale".
Abbastanza bene si comportano Francia e Germania. Meno bene gli altri. L'Italia è tra questi, con differenze notevoli tra Regione e Regione.
Anche per quanto riguarda la 'ecoinformazione', il Belpaese è tra gli ultimi.
Alla scuola italiana - dice Franco Laferla, che ha curato il 'Manuale di sapere minimo su ambiente e sviluppo' per presidi e docenti manca la chiarezza metodologica. Non basta infatti fermarsi "a illustrare come è inquinato e come va male il mondo: bisogna insegnare come possono cambiare le cose".

Come si possono cambiare le cose

E' proprio questa la sfida planetaria. Ma quando si passa alle terapie tutto si complica.
Già nella diagnosi non mancano i pareri discordi anche tra gli scienziati, ad esempio, sull'effetto serra. Ma su questo punto ha ragione Giovanni Melandri (la Repubblica, 3 settembre) quando sostiene che "nei prossimi cento anni è previsto un aumento che oscilla tra i due e i cinque gradi centigradi. Un incremento che, malgrado l'incertezza relativa alla proiezione esatta, non ha precedenti nella storia del pianeta degli ultimi 10.000 a anni".
"Insomma, ne sappiamo quanto basta per stipulare contro questa eventualità una vera e propria 'polizza assicurativa', come faremmo contro l'eventualità che il nostro granaio vada a fuoco o che i ladri ci svaligino la casa". Quì però cominciano i guai. I Paesi della CEE sono responsabili, ad esempio, per le emissioni di anidride carbonica nel mondo solo per una quota pari al 13%, contro il 25% degli USA, il 5% del Giappone, il 25% dei Paesi dell'Est e dell'URSS. Una tassa ecologica (carbon tax) che gravasse, pesantemente ed unilateralmente, solo sulla CEE, come si sta discutendo tra i 12, farebbe perdere "inevitabilmente ulteriori margini di competitività rispetto ai sistemi concorrenti" ( Il Sole 24 Ore, 26 settembre). La Svezia e la Danimarca, comunque, hanno già varato la carbontax. La Svizzera si appresta a farlo. La Germania ha presentato il progetto al Bundestag. Se l'Italia non farà altrettanto, dice Ruffolo, "finirà per autocollocarsi fuori dall'Europa". A Champery è stato raggiunto un accordo per la diminuzione del 70-80% degli ossidi d'azoto e dei cosiddetti composti organici volatili. Il 18 novembre dovrebbe essere firmato un protocollo che impegna i Paesi aderenti a ridurre del 30% entro il 2000 le emissioni dei composti organici volatili.

Le nuove intese internazionali

Da qui la sempre più affannosa ricerca di sedi e di accordi a livello mondiale per evitare nuove contraddizioni ed immobilismi. Molto ci si attende dalla Conferenza mondiale sull'ambiente e lo sviluppo delle Nazioni Unite che avrà luogo a Rio de Janeiro nel giugno del '92.
Come contributo alla preparazione ed al successo della Conferenza, tre grandi organizzazioni internazionali: IUCN, UNEP e WWF hanno presentato ai Governi, ai pianificatori, agli imprenditori, agli operatori dell'informazione ed all ' opinione pubblica di tutte nazioni, il documento "Caring for the Earth - A strategy for sostainable living".
Commentando l'iniziativa, Gianfranco Bologna (OASIS, novembre '91) sottolinea che essa "vuole essere una sorta di vademecum per tutti, per comprendere e attivarsi, ciascuno per la sua parte, ad avviare, prima che sia troppo tardi, una società che si basi su uno sviluppo sostenibile, uno sviluppo sociale ed economico che soddisfi i bisogni delle attuali e future generazioni mantenendosi nei limiti della capacità di carico del Pianeta".
Il documento segnala 120 azioni concrete e fattibili che dovrebbero essere "attivate in tutte le società umane presenti sulla Terra e che toccano tutti i campi della nostra azione: dai nostri stili di vita consumistici e dissipatori di riserve ed energia di noi abitanti dei Paesi ricchi, alle nuove regole economiche da attuare, alle tasse, agli incentivi, ai disincentivi, ai sussidi proposti per concretizzare un vero rispetto, anche economico, dei beni ambientali, alle modalità di azione delle industrie e delle imprese, all'ormai ineludibile necessità di un controllo demografico, agli elementi costituenti della qualità della vita e via dicendo".