Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista Parchi:
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Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 5 - FEBBRAIO 1992



Ancora su parchi, riserve, aree protette
Gian Giorgio Lorenzoni*

Colgo l'occasione della sollecitazione del Direttore della rivista Parchi alla discussione, ad un confronto sulle tematiche riguardanti parchi, riserve, aree protette, per esprimere alcune considerazioni, oggi si dovrebbe dire "esternazioni", anche alla luce della recente legge-quadro che, con luci ed ombre, guiderà il settore nei prossimi anni.
Leggendo quanto scrive Moschini, rivado ad una pluridecennale esperienza, fondamentalmente teorica in quanto solo ultimamente si sono viste applicazioni pratiche, sofferta proprio perchè non legata all'attuazione di proposte ma piuttosto alla distruzione di realtà forse irriproducibili. Dico "forse", perchè oggi non sono più così drastico come lo ero in passato. E proprio per questo concordo con la filosofia di quanto il Direttore esprime si vedrà poi, dopo una approfondita verifica, di definire i limiti degli assunti. E chiaro che nello scritto, fondamentalmente antidemagogico, si sente l'arte del politico, che rischia, però, di far diventare demagogico l'antidemagogico; sono comunque d'accordo e desidero portare un contributo alla discussione.
Per cominciare, il problema di nomenclatura e contenuti: in ripetute occasioni ho sottolineato come indispensabile una azione di codificazione nomenclaturale delle realtà in questione, indispensabile in quanto non solo a livello locale, leggi Regioni, Province, Comuni, Comunità montane, ma anche nazionale nascono neologismi che confondono le idee. E ben vero che spesso questi neologismi servono a mediare, a dire quello che si vuole ma senza creare patemi (vedi le reazioni ai termini male interpretati di parco e riserva). Tuttavia anche la legge-quadro come molte leggi regionali fanno rivivere terminologie ormai obsolete assieme ai neologismi, creando quella confusione che a livello politico va molto bene. Al contrario rivivono le "riserve integrali" ed altre categorie che andavano bene all'inizio della cultura conservazionistica, ma che ora devono essere ridefinite. Ricordo che una riserva integrale dovrebbe insistere su un territorio caratterizzato da situazioni integre, dove l'abbandono all'azione spontanea della "natura" porti ad una evoluzione dell'ecosistema verso uno stato di equilibrio di quasi climax. Ma quali sono le situazioni con queste caratteristiche?
Ricordo che anni fa sulle Prealpi Venete venne istituita una riserva integrale comprendente un territorio boschivo appena sottoposto a tagli di utilizzazione.
Tante volte la valutazione viene fatta sotto la spinta derivante da componenti estetiche, emotive, tradizionali.
Ma passiamo ad un altro punto che mi sembra importante: come deve essere intesa la conservazione dell'ambiente. Anche questo è un argomento cruciale che merita e meriterà in futuro una attenta valutazione. Un paio di decenni or sono gli ambientalisti e conservazionisti in genere se la prendevano con la filosofia antropocentrica, che traeva origine già dalla Bibbia, che indicava l'uomo come padrone del creato; tuttavia l'errore non è nella Bibbia, ma nell'uomo che si è comportato da sfruttatore e non da utilizzatore della natura.
Sotto questa nuova spinta fi losofica l'uomo è stato collocato fuori dalla natura, dall'ambiente naturale, molto spesso in contrapposizione. Il concetto, quindi, della conservazione corrisponde all'allontanamento dell'uomo e delle sue attività dalle realtà da proteggere, realtà più o meno integre in certi casi fu facile, in altri così difficile che ancor oggi si presentano non pochi contenziosi. Comunque si istituirono i vecchi parchi secondo quella filosofia.
Quando negli ultimi tempi scoppiò frenetica, specie in alcune regioni, la corsa all istituzione di parchi e riserve naturali ci si accorse che le cose non erano più così semplici. Per le riserve, ancora, date le minori dimensioni si poteva non considerare l'uomo come elemento dell'ecosistema naturale, ma per i nuovi parchi l'uomo c'è sempre di mezzo con la presenza reale o con il permanere degli effetti della sua passata presenza .
Una breve considerazione spesso siamo portati a considerare l'ambiente o i tratti meglio conservati come un modello cui tendere, ma si dimentica che comunque sono il prodotto di equilibri tra uomo e natura, non dico ottimali, ma consolidati. Allora scegliendo delle aree da destinare a parco, deve essere predisposta una serie di ipotesi gestionali che prevedano anche la presenza dell'uomo. Molte delle cose che vogliamo conservare possono esserlo solo con la sua presenza.
Queste considerazioni, però, tendono comunque a privilegiare l ambiente naturale, rispetto all'uomo, la cui presenza viene vista in questa funzione, ma dovremmo vedere anche la realtà "per l'uomo".
Stiamo bene attenti, però, a non restaurare incondizionatamente il sistema antropocentrico, ma a creare equilibri rispettosi dei diritti di entrambe le componenti.
Non dobbiamo essere troppo permissivi con il rischio di veder scomparire emergenze naturalistiche, archeologiche, culturali in genere di grande importanza, ma nemmeno talmente restrittivi da mummificare" una realtà di per sè dinamica. Come dicevo poc'anzi, non dobbiamo generalizzare: ogni realtà deve essere studiata, devono essere studiati modelli diversificati anche se riconducibili a schemi base, altrimenti si ritornerebbe alla situazione confusionale nella quale in parte ci troviamo oggi.
Questi modelli gestionali dovrebbero servire anche per la "gestione" non solo delle aree protette, ma di "tutto il territorio". Spesso ripeto un pensiero che mi è caro: i parchi e le aree protette in genere potrebbero non esistere, se le leggi dello Stato e dei vari livelli degli Enti locali venissero rispettate. Talora l'istituzione di un parco era l alibi: ora che abbiamo fatto il parco possiamo utilizzare il resto del territorio come vogliamo!
L'obiettivo finale, invece, deve essere una corretta gestione di "tutto" il territorio.
Tuttavia, questo è il momento per valutare le impostazioni più corrette per il futuro tenendo conto della legge-quadro, cercando di sostenere adeguatamente le "luci" e di illuminare le "ombre"!
Tutti dobbiamo contribuire a questo sforzo comune. Necessitiamo di conoscenze per costruire una filosofia per il 2000.
In questa direzione si sta muovendo l'attività del Comitato Scientifico del Coordinamento al fine di giungere all'identificazione della filosofia, dei contenuti, nonchè delle difficoltà, e successivamente alla proposta di nuovi modelli.

Presidente Comitato Scientifico del Coordinamento