Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista Parchi:
tutti i numeri online
Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 7 - NOVEMBRE 1992


Parliamo di parchi marini

Il testo della Tavola rotonda tenutasi al Parco di Portohno alla quale hanno preso parte: Sesto Rubino, Presidente del Parco di Portofino; Giovanni Di Viacco dell'Icrap; Stefano Massone e Lino Tirelli della Regione Liguria; e Giovanni Figoli del Parco delle Cinque Terre. Il 23 settembre, in una audizione alla Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubb1ici della Camera, I'ingegnere Agricola, Direttore Generale del Servizio Conservazione della Natura del Ministero dell'Ambiente, ha fornito, fra le altre cose, questi dati aggiornati sulla situazione dei parchi e delle riserve marine. Riteniamo di fare cosa utile riportando questa parte della comunicazione.

Renzo Moschini

La rivista, già in uno dei suoi primi numeri, con un'intervista al professore Cognetti delI'Università di Pisa e membro della Consulta del Mare, cercò di fare un punto sulla situazione dei parchi marini del nostro Paese. Il quadro che emergeva da quell'intervista anche in confronto ad alcuni Paesi a noi vicini era piuttosto sconfortante. Da allora le cose non mi sembrano essere granchè cambiate, se appena qualche settimana fa la rivista Qui Touring salutava l emanazione del decreto ministeriale con il quale è stata istituita la riserva marina di Torre Guaceto in Puglia che va ad aggiungersi alle cinque esistenti in Italia: Ustica, Miramare, le Egadi, Tremiti e Ciclopi.
Di nuovo oggi c'è l'approvazione della legge-quadro sulle aree protette, ed è da qui che vorrei riprendessimo il discorso che la rivista aveva già avviato a suo tempo. Voglio farlo però ricordando che i parchi marini, a differenza degli altri parchi, è dall'82, cioè dall'approvazione della legge sul mare, la 979, che hanno una regolamentazione legislativa. A differenza delle altre aree protette c'era anche una ripartizione definita con legge delle competenze tra lo Stato e le Regioni.
Una ripartizione discutibile, è vero, e che fu al centro di polemiche. Ricordo il dibattito parlamentare molto vivace su quella legge, soprattutto in commissione Affari Costituzionali della Camera, sulla penalizzazione del ruolo regionale.
E tuttavia una scelta allora fu fatta e fu fatta anzi sottolineando che lo Stato, dati la condizione e il ritardo del nostro Paese per quanto riguarda i parchi e le riserve marine, era in grado di dare maggiori garanzie rispetto alle Regioni.
Come sapete, intorno a questo aspetto, cioè al ruolo non già dello Stato in generale, ma in particolare del Ministero della Marina Mercantile, la controversia si è riproposta nel corso di tutto il dibattito parlamentare sulla legge-quadro sulle aree protette, fino alle ultimissime settimane. Un pò come per il Ministero dell'Agricoltura si è riproposta la questione se una ripartizione tra più ministeri avrebbe giovato ad una seria politica nazionale. Il braccio di ferro, se vogliamo definirlo così, per quanto riguarda i parchi marini, si è concluso con l'approvazione degli artt. 18 e 19 della 394 con i quali si è stabilito che l'istituzione delle aree protette marine è rimessa al concerto del Ministero dell'Ambiente con il Ministero della Marina Mercantile d intesa con il Ministero del Tesoro.
Il raggiungimento delle finalità istitutive di ciascuna riserva è assicurato, dice l'art. 19, attraverso l ispettorato centrale per la difesa del mare. Visti i magri risultati conseguiti fino a questo momento, nonostante la legge dell'82 alla quale la 394 rimanda, ad esempio, per l'istruttoria prevista dall'art. 26 della legge sul mare, la domanda è: cosa cambierà ora?

Giovanni Di Viacco

Concordo con quanto detto da Moschini e ritengo si debba tentare di rispondere a questa domanda, che tutti noi ci poniamo da anni, e di scoprire che cosa da noi non ha funzionato, od ha funzionato poco, o male, nella legge 979/82, per quanto riguarda in particolare l'istituzione di aree protette marine.
Le prime ' riserve marine" istituite sono state Miramare ed Ustica, grazie al fatto che l'area di Miramare è molto ridotta, limitata a qualche decina di ettari, in una zona in cui non esistono grossi problemi od interessi particolari e in cui da anni era presente un'oasi del WWF, con una conseguente esperienza pregressa di gestione. Ad Ustica, invece, da parecchi anni esiste un notevole interesse per le iniziative collegate al mare, grazie all'ormai famosa e prestigiosa rassegna internazionale delle attività subacquee, con un sempre maggiore interessamento degli Enti locali.
La legge 979, come sappiamo, porta la data del 31 dicembre 1982, per cui praticamente diventa operativa nel 1983. Inizialmente le competenze sono affidate al Ministero della Marina Mercantile, in quanto il Ministero dell'Ambiente viene istituito solo qualche anno più tardi, ma mancano ancora le strutture a livello ministeriale, per cui bisogna partire da zero.
Vengono dapprima istituite le riserve di Miramare e di Ustica, in quanto, come già visto, vi esistevano realtà locali abbastanza favorevoli, a differenza di molte altre aree. Nel frattempo nasce il Ministero dell'Ambiente, per cui la legge viene modificata per inserire anche le competenze di quest'ultimo per quanto riguarda l istituzione delle riserve marine, che sarà eseguita di concerto tra i due Ministeri.
L'iter legislativo prevede che la Consulta per la difesa del mare accerti la fattibilità delle riserve marine nelle 20 aree elencate; la Consulta può fare questo direttamente grazie alle competenze diversificate dei suoi membri, o avvalendosi di enti e di strutture di ricerca pubbliche e private.
I primi anni, comunque, sono stati anni di preparazione, di discussioni, perchè la legge fornisce linee generali, ma il settore delle aree protette è molto complesso e richiede approcci interdisciplinari e confronti di esperienze che in Italia, in quegli anni, non esistono ancora.
Si rivelava quindi fondamentale documentarsi all'estero, contattando esperti di altri Paesi in questo campo. Inoltre, inizialmente, sono occorse diverse riunioni della Consulta (e quindi molti mesi) per definire come dovevano essere impostati sia gli studi conoscitivi preliminari, sia quelli progettuali successivi: secondo alcuni, gli studi preliminari avrebbero dovuto essere molto esaustivi; secondo altri, si doveva trattare di studi a carattere più generale e bibliografico.
Bisogna ricordare, a questo punto, che la Consulta è formata da esperti sia interni, sia esterni all'Amministrazione, i quali si riuniscono periodicamente (circa 6-7 volte l'anno nell'ambito delle Sezioni e 4-5 volte l'anno in seduta plenaria). E però da più di un anno che la Consulta generale, all'interno della quale avvengono le deliberazioni finali, e che deve essere convocata e presieduta dal Ministro della Marina Mercantile o, in sua assenza, dal Vice Presidente, non viene più riunita.
Ritornando all'iter previsto ed alle azioni svolte in proposito, parte dei primi anni è stata impiegata per definire e per abbozzare il lavoro futuro. In alcuni casi, proprio per accelerare i tempi così lunghi, la Consulta, in base alle competenze conferite per legge, ha ritenuto di effettuare in proprio, sulla base dell'operato di suoi membri, studi conoscitivi su determinate aree, come ad esempio le Isole Ciclopi e le Egadi, in Sicilia, e le Tremiti in Puglia, oltre ad alcune aree previste inizialmente.
Alcuni consultori, o ricercatori esperti della situazione di tali zone, elaborarono relazioni abbastanza sintetiche, in cui veniva evidenziato l'interesse ambientale dei siti, ma quando, dopo alcuni mesi, i rapporti furono presentati alla Consulta, ci si accorse che essi erano incompleti per certi aspetti, e soprattutto per quelli antropici e socioeconomici. Vi si poteva scorgere qualche pagina sull'attività di pesca, altre sull'ambiente e sulla biologia marina, ma sulle attività umane locali e su eventuali conflittualità i dati erano molto carenti per riassumere le complesse problematiche legate alla gestione ambientale e territoriale, ad esempio, di un arcipelago come quello delle Egadi, eccetera. Di conseguenza furono chiesti approfondimenti all'lCRAP dalla Consulta e dall'lspettorato per la Difesa del Mare, purtroppo in maniera sempre speditiva ed in tempi molto stretti, nel tentativo di accelerare l'istituzione delle riserve.
Sulla base di tali relazioni sono state infine preparate le bozze dei decreti istitutivi, ovviamente non prima di aver ulteriormente discusso a livello centrale e sulla base di istanze locali, emerse via via nel corso dei mesi seguenti.
Se nei casi citati, per i quali si sperava in tempi molto rapidi, trascorsero diversi mesi, la successione fu ovviamente assai più problematica laddove gli studi vennero affidati ad enti ed istituzioni, sulla base di contratti veri e propri, con tutte le problematiche connesse. Bisognava infatti considerare i tempi per la scelta dell'ente, e per l'affidamento, per gli aspetti contabili-amministrativi, per l'esecuzione degli studi ( 1218 mesi), per l esame da parte delle commissioni e della Consulta, eccetera. Tenendo conto della somma di tutti i tempi citati e della frequenza delle riunioni della Consulta, si può comprendere perchè tra la proposta dello studio e la sua approvazione possano trascorrere anche tre anni.

A questo punto, con l'approvazione della fase conoscitiva, si può passare alla fase progettuale, comprensiva di vincoli, zona zione e proposte di gestione. La fase di progetto, conseguente a quella conoscitiva, rappresenta un momento molto delicato dovendo comprendere ed utilizzare al meglio tutti i dati raccolti, sulla situazione ambientale e su quella socioeconomica ed antropica, nonchè valutando tutte le esigenze emerse nel corso degli incontri con le realtà politiche, sociali ed economiche locali.
Finalmente, dopo l'approvazione della Consulta e dei Ministeri (ognuno di tali passi richiede diversi altri mesi), e dopo il parere espresso dagli Enti locali coinvolti, si giunge al momento della presentazione del decreto istitutivo. Quest'ultimo rappresenta una vittoria, il passo finale per il Ministro che lo firma, in quanto sancisce la nascita della riserva marina. In realtà non è così, perchè l area protetta esiste solo dal momento in cui funziona operativamente e tecnicamente, per cui il semplice decreto istitutivo rappresenta soltanto un punto di partenza. Ma un'area protetta funziona solamente dal momento in cui esiste un regolamento di gestione, che permetta all'Ente gestore di poter attuare tutte le attività previste, ed alla popolazione locale di poter svolgere tutte le attività compatibili con l'esistenza della riserva. Infatti i decreti istitutivi, considerati isolatamente, possono creare più problemi che vantaggi, per la presenza di soli vincoli e divieti, che le Capitanerie sono tenute a far rispettare, senza che esistano proposte concrete di valorizzazione ambientale, didattica, culturale, eccetera, con l'unico risultato delle sempre maggiori ostilità a livello locale.
Tornando al computo dei tempi necessari basti ricordare che per i regolamenti di Miramare ed Ustica sono stati necessari da due a tre anni dopo la data del decreto istitutivo. Tre anni per un atto che in teoria dovrebbe essere contestuale, o quasi, alI'istituzione stessa. Anche in questo caso le responsabilità sono da ricercarsi a vari livelli tra cui ad esempio nei contrasti politici locali e tra Comune, Provincia, Regione (Ustica) e nelle eccessive lungaggini ministeriali .
Ultima, ma non in ordine di importanza, tra le cause che ostacolano l'istituzione delle riserve marine è l'ostilità delle popolazioni locali, spesso non giustificata dalla presenza di presunte e non reali restrizioni e limitazioni nelle loro normali attività, bensì da una non corretta informazione e da forme di strumentalizzazione.

Sesto Rubino

Nel porgere il benvenuto a tutti i partecipanti dichiaro il grande interesse che l'Ente Regionale del Monte di Portofino ha per il problema che qui viene trattato.
Ritrovo in alcune norme, sia nella 979, cioè nella legge sulla difesa del mare, sia in questa legge, la 394, problemi e questioni che reputo debbano essere affrontate avuto riguardo più allo spirito che non alla lettera della legge. In tal modo si possono ottenere soluzioni che, se trattate analizzando unicamente la lettera della legge, probabilmente daranno luogo a quanto finora ho sentito, in particolare circa le difficoltà di far decollare le aree protette marine.
Credo che nell'adozione delle norme riguardanti la formazione dei nuovi enti e la individuazione delle nuove aree, quindi di nuovi interessi, occorra andare pragmaticamente per approssimazione, quindi, ad esempio, tenuto conto della serie di parchi terrestri esistenti (e lo dice lo stesso articolo 19 della legge 394), questi potrebbero cominciare ad operare nei riguardi dei parchi marini già individuati. Si avrebbe quindi una condizione molto favorevole: cioè quella di poter contare su di un ente che pur non essendosi finora occupato del mare, ha già una competenza ed una capacità di affrontare i problemi dell'organizzazione, della perimetrazione, della regolamentazione del parco marino. Avendo quindi come punto di riferimento nella costituzione delle aree protette marine gli enti che sono già preposti alla salvaguardia della parte terrestre, si può già avere un primo momento di verifica, un primo momento per affrontare i problemi per la costituzione ed il funzionamento dei parchi marini.
In questo senso, per esempio, I'interesse dell'Ente Regionale del Monte di Portofino si è già manifestato quando con il bilancio del presente anno l'Ente ha individuato in almeno due capitoli del bilancio la ricerca e lo studio della parte marina che è prospiciente al Monte di Portofino, quindi prospiciente all'area protetta cioè al Parco del quale ha pienamente la gestione.
In secondo luogo reputo che per dare una rapida attuazione alle norme per la costituzione dei parchi marini non si debba procedere immediatamente alla formazione di tutti gli organi preposti alla sua gestione ma si possa individuare un organo costituente che, d'intesa con il Ministero della Marina Mercantile ed il Ministero dell'Ambiente, cominci a lavorare per la costituzione del parco marino. Si potrebbe individuare un comitato costituente del parco, composto da poche persone che abbiano conoscenza specifica dei problemi del mare e di cosa significa una riserva marina, e coadiuvato da altre persone che abbiano la capacità di provvedere ad un'adeguata gestione amministrativa. Questo comitato ( ma potrebbe essere anche un commissario o più commissari) composto da pochi soggetti, dovrebbe avere il compito di verificare con le comunità e con gli Enti locali la situazione dell'istituendo parco marino per proporre poi l'esito di tale verifica alle amministrazioni competenti, cioè alle Regioni e ai Ministeri.
Se si attende invece che siano predisposte le norme di attuazione da parte degli organismi statali, probabilmente l'istituto dei parchi marini attenderà ancora molto tempo. Si pensi infatti che la legge 979 aveva già previsto l'istituzione delle riserve marine e solo oggi, a distanza di dieci anni, se ne riparla nella legge 394. D'altra parte il Ministero della Marina Mercantile è già sovraccarico di compiti ed ha dimostrato in passato di non poter svolgere con tempestività le proprie funzioni: se si pensa che il demanio marittimo avrebbe dovuto essere trasferito alle Regioni sin dal 1978 e a tutt'oggi lo Stato non è riuscito ad individuare le aree di interesse nazionale da sottrarre alla competenza regionale e quindi non si è potuto dare attuazione al disposto dell articolo 59 del D.P.R. 616/77, ci si rende conto come anche in presenza di disposizioni legislative o di attività già regolamentate, gli organi statali possono protrarre nel tempo l'attuazione delle auspicate riserve marine.

Stefano Massone

Cerchiamo di capire e di dare una risposta a questo interrogativo facendo ad esempio un raffronto tra parco marino e parco terrestre.
Facciamo un confronto a partire dagli obiettivi che presiedono all'istituzione di un parco che sono di norma quello della conservazione di un certo ambiente, quello della fruizione sociale e culturale di questo ambiente, quello anche di uno sviluppo economico e sociale delle realtà interessate. Vediamo se questo tipo di obiettivi sono anche quelli che presiedono all'istituzione di un parco marino e in tal caso quali problemi si incontrano nella loro realizzazione. L'obiettivo della conservazione è certamente te un obiettivo primario anche del parco marino; qui però bisogna distinguere e analizzare le componenti di tale ambiente, che risulta più composito, e quindi più complessi sono i problemi da affrontare. La conservazione di un ambiente marino vuol dire conservazione dei fondali, conservazione della costa e conservazione della qualità dell'ambiente marino vero e proprio, cioè delle acque del mare.
Perseguire quest'ultimo obiettivo diventa difficile in uno specchio acqueo comunque molto limitato, se non si cerca contemporaneamente di operare per un miglioramento dell'ambiente marino nel suo complesso, e quindi inserendo il parco marino in un programma più ampio di tutela ambientale, che coinvolga i vari soggetti interessati, dallo Stato alle Regioni e agli Enti locali, in un'azione più complessiva per la conservazione di questo ambiente. Tale azione va dalla pianificazione della costa, alla difesa del suolo, alla tutela dell'ambiente dagli inquinamenti e deve coinvolgere e responsabilizzare tutti i soggetti che in qualche modo scaricano in mare, o comunque interagiscono con questo ambiente.
L'altro obiettivo è quello della fruizione ed in proposito mi sembra che la fruizione di un parco marino sia ancora molto aleatoria e non ancora sufficientemente sviluppata. Mancano soprattutto degli esempi concreti e funzionanti di fruizione di un parco marino se si eccettua, come un'esperienza molto interessante e positiva, I'attività di educazione ambientale e l'attività didattica svolte ad esempio nel Parco di Miramare.
E quello di Miramare un esempio senz'altro significativo, dà già un'idea concreta di che cosa si possa intendere per fruizione didattica di un parco marino.
C'è poi il terzo obiettivo che è quello dello sviluppo economico e sociale che ha consentito o comunque a fatica cerca di consentire nei parchi terrestri lo sviluppo di iniziative economiche e la formazione di un consenso sociale attorno al parco. Ci sono esempi importanti da questo punto di vista, non solo il Parco d'Abruzzo, ma anche le molte realtà dei parchi regionali diffusi in tutto il Paese. E questo uno degli aspetti del problema su cui varrebbe la pena ragionare di più, analizzare le possibili voci attive del parco, da quelle legate all'attività di fruizione a quelle legate all'incremento ittico.
Il raggiungimento degli obiettivi del parco, sia della conservazione, ma soprattutto della fruizione e dello sviluppo economico e sociale, richiedono in ogni caso la presenza di un soggetto promotore e di un soggetto gestore che sia presente, capace, operativo. Anche l'esempio del parco marino affidato al Comune, o comunque all'Ente locale, non si è ancora rivelato efficace e del resto lo abbiamo verificato in molti casi per quanto riguarda i parchi terrestri: quando il Comune deve, oltre ai suoi compiti istituzionali, gestire anche la riserva e il parco, si trova in difficoltà.
In questo campo invece la soluzione che può dare i migliori risultati pare proprio quella dell'Ente di gestione del parco, ancora meglio se, come nel caso di Portofino, I'ente che gestisce il parco terrestre gestisce anche il parco marino, non solo per l integrazione fisica tra i due ambienti, ma proprio per la possibilità di integrare tutte queste attività.
Le attività di fruizione ad esempio sono accomunabili tra parco terrestre e parco marino: la sede, il centro visita o il centro di educazione ambientale del parco terrestre possono essere gli stessi del parco marino; le attività di studio e di ricerca sull'ambiente terrestre e sull'ambiente marino sono strettamente connesse. Non solo, ma anche le attività di tipo economico collegate alla fruizione del parco terrestre possono estendersi anche al parco marino, ad esempio le attività di visita, le guide, gli accompagnatori e tutte le restanti iniziative collaterali di questo tipo possono più agevolmente svilupparsi se integrate.
Per svolgere gli ulteriori compiti connessi alla gestione del parco marino l'ente dovrà essere certamente potenziato in termini quantitativi e qualitativi.

Lino Tirelli

Brevemente vorrei intervenire nella discussione portando un contributo di informazioni su quanto la Regione Liguria sta facendo in campo ambientale per la tutela delle acque marine costiere.
Com'è noto la differenza di temperatura e quindi di densità delle acque superficiali e di queste rispetto a quelle di profondità creano movimenti orizzontali, verticali e combinati delle masse d'acqua che condizionano fortemente la conservazione delle caratteristiche naturali del mare, dei fondali e delle pareti rocciose sommerse, che ospitano il mondo biologico marino. Il mantenimento delle condizioni vitali dell'ambiente marino è strettamente legato all'equilibrio con cui le diverse componenti del suo mondo naturale riescono a sopravvivere.
E' evidente che in mare finiscono, oltre che gli scarichi fognari diffusi direttamente o tramite condotte alle distanze e profondità di legge, tutte le sostanze che non si riescono a trattenere nei sistemi di smaltimento dei rifiuti solidi, liquidi o aereiformi. In caso di violente piogge finiscono in mare anche i rifiuti ingombranti abbandonati abusivamente in prossimità dei corsi d acqua o nei loro compluvi.
La conoscenza pertanto degli aspetti quantitativi e qualitativi delle sostanze che finiscono in mare, delle dinamiche delle masse d'acqua in movimento, delle variazioni che più o meno lentamente influenza la caretteristica biologica del mare, diventa un passaggio obbligato per affrontare una politica di tutela dell'inquinamento della risorse idrica marina che non è disgiunta da una politica di tutela della conservazione naturalistica di alcuni ambiti di spiccato interesse, non a caso individuati come "parchi sottomarini" da istituire.
Il confine tra acqua dolce e acqua salata è quasi impalpabile per i non addetti ai lavori, ma nette sono le differenze dei due mondi che vivono al di qua e al di là della frontiera che li separa. Ogni spostamento della linea di separazione influenza la vita a terra e l'uso delle risorse. Ma, come si diceva, tutte le attività a terra conferiscono all'acqua dolce che fluisce in mare una carica di inquinanti che ne alterano fortemente il proprio equilibrio.
Con questi obiettivi è nata l'iniziativa tendente a elaborare un progetto-ambiente.
Liguria" che si faccia carico del coordinamento delle attività di studio, di programmazione e di intervento cercando di non farsi sfuggire gli effetti globali sull'ambiente. Questa iniziativa è contenuta nella legge regionale n. 26 del 1991, in base alla quale il Consiglio regionale deve approvare le linee-guida" di tale progetto che sono ora in corso di elaborazione. Posso tentare tuttavia qualche anticipazione: tali linee presumibilmente si muoveranno secondo percorsi di integrazione tra il piano urbanistico-territoriale della costa, la programmazione delle attività economiche sotto il proprio turistico, di portistico, della pesca o del cabotaggio, la progettazione degli interventi di difesa tendendo a creare un sistema complesso di valutazione preventiva dell impatto ambientale e di monitoraggio permanente che sia orientato alla preservazione ottimale della riserva marina, minimizzandone le alterazioni, specie quelle irreversibili.
In tale contesto si prevederanno interventi integrati, finanziabili con la legge regionale 28 del 1992, di riqualificazione ambientale complessa che per le aree di cornice di Portofino e delle Cinque Terre potrebbero essere individuati come prioritari.
La eventuale formazione di questi parchi sottomarini richiede che nel Golfo Paradiso che raccorda e e l'urbana di Genova con Portofino, siano adottate forme coordinate di tutela degli scarichi fognari, di contenimento degli apporti inquinanti dei torrenti con rinaturalizzazione dei loro corsi e bonifica delle discariche abusive, nonchè di diversificazione degli accessi dalla città alla riviera con alternativi percorsi costieri, montani e marini. Analogo discorso potrebbe essere fatto per le Cinque Terre.
Le attività conoscitive che la tutela dell'ambiente dall'inquinamento ha messo in moto per le precedenti finalità riguardano:

  • a) lo studio degli effetti delle condotte a mare dei depuratori;
  • b) la ricerca di un modello prototipale della diffusione degli inquinanti nell'ambiente marino costiero;
  • c) lo studio degli effetti di eutrofizzazione nel golfo spezzino;
  • d) lo studio sperimentale della "vitalità" dei bivalvi in relazione all'inquinamento, specie da idrocarburi;
  • e) la caratterizzazione dei fondali del Golfo Paradiso in concomitanza con un intervento di pulizia e rinaturalizzazione (reimpianto delle praterie di poseidonee);
  • f) la collocazione sperimentale di una boa fissa tra Genova e la Riviera di Ponente per rilevamento in continuo dei dati;
  • g) la progettazione di una banca-dati marina nella quale inserire tutti i rilevamenti disponibili a diverso titolo (es. balneazione, censimento, corpi idrici, catasto scarichi, studi e ricerche vari, eccetera);
  • h) la stipula della convenzione con la Marina Mercantile per il rilevamento periodico dei dati su transetti costieri;
  • i) un programma pluriennale per la caratterizzazione attuale dei fondali marini costieri sotto il profilo naturalistico;
  • I) I'acquisizione dei dati forniti dall'intervento statale di bonifica dei fondali e di monitoraggio del mare a seguito dell'incidente della petroliera Haven; m) la promozione di studi, ricerche e interventi su programmi sostenuti dalla CEE per la riqualificazione ambientale costiera e marina, quali ad esempio Envireg, Life, Interreg, Fesr, e altri in collaborazione con diversi soggetti pubblici e privati. In particolare le iniziative elencate sotto le lettere a) e b) sono condotte, tramite apposita convenzione, dall'Enea, laboratorio di Santa Teresa a Lerici . Esse hanno due punti di applicazione sperimentale a Sturla (a levante di Genova tra l'ambito portuale e il Golfo Paradiso) e nel Golfo del Tigullio (a levante di Portofino). L'Ansaldo sta sviluppando l'attività della lettera c), I'lst e l'Università l'attività della lettera d), la Castalia e altre con finanziamento proprio e della CEE l'attività di cui alla lettera e), I'Elsag cura 1' iniziativa di cui alla lettera f), I'Università (Istituto di Scienze ambientali marine) la lettera i), mentre la banca-dati rientra, con l'Osservatorio permanente dei corpi idrici, studio Amga, nel sistema informativo Sina e sue iniziative collaterali, con progettazione di Datasiel, nell'ambito della programmazione ambientale ministeriale. La convenzione con la Marina Mercantile per l'attività elencata alla lettera h) deve essere ancora materialmente stipulata pur essendo stata già convenuta, e quindi non sono stati ancora affidati i relativi lavori.

Un'ulteriore attività connessa, ma non solo, al precedente punto riguarda la progettazione del battello ecologico, sul modello della esperienza emiliana della Dafne. Oltre alle attività di rilevamento e controllo con il battello ecologico saranno promosse iniziative eventualmente collaterali di educazione e informazione sulla tutela del mare nell'ambito dei programmi di educazione e informazione ambientale, Infea, coordinati dal Ministero dell'Ambiente tramite il programma triennale e attuati dalla Regione anche con propri fondi ordinari e speciali (vedi citata legge 28 del 1992). Tra l'altro rientra in questo programma il centro di educazione ambientale dell'isola Palmaria organizzato dal WWF che potrebbe costituire un preciso punto di riferimento per l accesso al parco delle Cinque Terre e per la sua conoscenza.

Renzo Moschini

Tutti quanti hanno sottolineato, anche al di là degli aspetti normativi e legislativi sulle responsabilità di più Ministeri, di più organi, di più enti, che comunque è impensabile affrontare la questione del mare o delle riserve marine separatamente dal resto.
Ora trovare il consenso all'idea del parco, è una difficoltà nota che riguarda tutte le aree protette. Però da quanto è stato detto mi pare di capire che per quanto riguarda in particolare i parchi marini questo elemento è, se possibile, reso più acuto dal fatto che risulta più difficile (mi ricollego a quanto diceva Massone) far capire anche i vantaggi e le contropartite che possono venire dalla istituzione di una riserva marina.
Tanto più se le cose vengono gestite - anche qui richiamo quello che diceva Di Viacco con la emanazione di decreti, che fissano solo i vincoli.
Da qui l'esigenza di quella unità di gestione tra terra e mare, che pone tra l'altro questioni di grande rilevanza gestionale alla luce anche, lo richiamava Rubino, delle nuove normative della legge 142, ma si potrebbe aggiungere anche della 183.
La domanda allora è: come si può in concreto affrontare unitariamente queste questioni. La legge 394 sembra risolverle dal momento che affida comunque a degli enti da istituire la gestione dei parchi.
Salvo poi vedere regione per regione quali enti possono essere istituiti. In concreto, cosa ci dice l esperienza fatta in questi anni in un territorio come le Cinque Terre?

Giovanni Figoli

In materia di parchi, ancorchè marini, le popolazioni residenziali sono elemento fondamentale e desiderano una cosa molto semplice: non vogliono scelte calate dalI'alto e quindi trovarsi in mezzo a divieti prima ancora di sapere che cosa siano diventati. Vogliono prendere coscienza e insieme decidere il da farsi. Le popolazioni che si sono evolute, soprattutto quelle che fanno una vita meno tumultuosa, più distaccata dalle grandi città, una vita di paese, tipica quella delle Cinque Terre, una cosa sicuramente la cominciano a soffrire: i tempi lunghi spesso dovuti ad un "eccesso di studio" e ad un "eccesso nel far troppo poco di conseguenza". La gente ti dice con una battuta che "si studia troppo e non si fa niente". Magari si studiasse davvero: il guaio è che spesso affidamenti per studi e approfondimenti se ne danno tanti, ma sono pochi quelli che realmente approfondiscono e studiano cercando di capire e avendo le idee chiare su che cosa si vuole.
Vengo alla domanda che credo emblematica e riconducibile ad una esperienza condotta su tutto il nostro litorale ma con particolare riferimento alla "capitale" delle Cinque Terre: Monterosso.
E un paese dove ancora i pescatori ci sono, quindi è ovvio che nel momento in cui si inizia a parlare di "parco marino" loro chiedono: "ma allora cosa significa? che noi non potremo più pescare?" ... Sono pescatori di professione, presenti da sempre e che vogliamo possano continuare la loro attività, magari migliorandola. Vi è poi quell'esercito in crescita dei pesca sportivi. Fino a che punto si può tollerare la pesca sportiva? Oggi sono sempre più numerose le gare in cui il pescato viene immediatamente rimesso in mare proprio perchè non avrebbe senso sottrarlo al suo ambiente. Riusciamo a far gare, anche a livello nazionale, in cui questa regola inizia ad essere coscientemente ben accetta.
Siamo riusciti a trasformare vecchi concorsi di pesca subacquea in concorsi di fotografia subacquea, chè poi la soddisfazione è la stessa, con la differenza che la fotografia ti resta e sai anche che rimane in vita quello che sei riuscito a vedere e fotografare. Quindi una vera e propria evoluzione in positivo in questi ultimissimi anni.
Possono sembrare piccole cose, ma sono fondamentali per capire che di strada ce n'è ancora tanta da fare, ma l'importante è iniziare e, possibilmente, dalla parte giusta.
Che fare se in una giornata bellissima in cui si vedevano i fondali in trasparenza dall'alto del Santuario di Soviore, si vede una draga che scarica, entro tre miglia dalla costa, davanti a Punta Mesco dove insistono particolari coralli, i fanghi rivenienti dal dragaggio del porto di La Spezia? Puoi scegliere due strade: o fai finta di niente, o fai qualcosa per porre fine allo scempio. Si è arrivati invece ad una soluzione discussa, sofferta, per scaricare più lontano dalla costa in una fossa a 16 miglia dall'isola del Tino. Siamo riusciti a salvare un qualcosa che altrimenti, il giorno che fossimo arrivati con il parco, sarebbe purtroppo stato troppo tardi.
A seguito di queste esperienze con i pescatori di Monterosso, con le schiere dei pescasportivi è nata ultimamente quella che in loco è stata coniata come spedizione blu, messa insieme con la volontà delle istituzioni locali ed il giornale La Nazione. Un battello si sposta lungo le nostre coste e tutti hanno la possibilità di avviare un contatto e di analizzare quello che stà succedendo nell'ambiente marino.
Ritengo indispensabile caratterizzare le nostre idee su cose che siano immediatamente percepibili anche dal comune cittadino, da colui che legge un giornale o ascolta un telegiornale.
Anche l'esperienza condotta nell'ambiente del Coordinamento dei parchi regionali e delle riserve naturali sta proprio a dimostrare come sia possibile organizzare e far conoscere quanto di buono si è avviato ai vari livelli locali nel nostro Paese.

Giovanni Di Viacco

Avrei da dire molte cose perchè nel corso degli interventi sono emerse questioni stimolanti la discussione .
Innanzi tutto, per quanto riguarda la domanda di Moschini sulle possibilità, con la nuova legge-quadro, di accelerare i tempi per l'istituzione delle aree protette marine, credo purtroppo che la situazione non cambierà molto. La legge-quadro, infatti, per le aree marine, riprende in gran parte quanto previsto dalla legge 979, con tutte le complessità dell'iter istitutivo, di cui abbiamo già parlato. Forse si potrà fare qualcosa di più a livello locale, regionale o provinciale, in cui si assiste ad una sempre maggiore sensibilizzazione. Sono ormai sempre più frequenti, presso le regioni costiere, uffici per la tutela dell'ambiente e per la gestione delle aree protette, ed iniziative di promozione di ricerche ambientali.
Mi sono limitato a considerare le azioni di Regioni e Province, in quanto spesso i Comuni, in particolare i piccoli Comuni, non possiedono le strutture idonee allo sviluppo di tali iniziative. In una situazione di opposizione e conflittualità generalizzata nei confronti delle aree protette sono lodevoli i buoni propositi di quei Comuni che chiedono di poterle gestire direttamente, ma la gestione di un parco non si improvvisa dall'oggi al domani. I piccoli Enti locali possono e devono invece partecipare alla gestione nel contesto di un idonea organizzazione e di un idoneo coordinamento.
Con Ustica ci si è resi conto dei problemi connessi con la gestione diretta da parte del Comune. Problemi sia giuridi conormativi, sia tecnico-pratici, dovuti all'assenza di un ente ad hoc", con propri responsabili, bilancio, personale, ed in cui la responsabilità di ogni azione ed iniziativa ricade sui membri di Consiglio e Giunta comunale, con ben altri compiti e competenze, e spesso in conflitto fra loro. Fortunatamente nella piccola isola siciliana il tradizionale interesse per le attività marinare e la nomina di una persona sensibile e capace ha permesso l'avvio, che si spera definitivo, delle attività connesse con la riserva.
Dopo tali premesse, e per il fatto che talvolta la gestione viene richiesta da Comuni e Regioni contemporaneamente, senza giungere ad un accordo e senza chiare proposte concrete e qualificate, che derivano solo da esperienza nel settore, il Ministero della Marina Mercantile ha affidato provvisoriamente (e spesso ciò che nasce provvisorio, nell'amministrazione pubblica diventa definitivo) la gestione delle ultime riserve istituite (tra cui le Isole Tremiti e Ciclopi) alle competenti Capitanerie di Porto.
Ora è noto che le Capitanerie di Porto, oltre ad avere molti altri compiti istituzionali, per i quali devono operare con uomini e mezzi in numero nettamente inferiore al necessario, con il risultato, tanto per fare un esempio, che lungo tutte le coste italiane la pesca illegale continua ad essere esercitata, ed oltre alla sorveglianza prevista in tutte le riserva marine attuali e future (oltre quaranta, considerando anche l'elenco della legge-quadro), non possiedono, non per loro colpa o responsabilità, ma semplicemente perchè non è loro compito, la competenza e l'esperienza per gestire un'area naturale protetta, con tutto ciò che tale gestione comporta (pianificazione territoriale, didattica, fruizione, ricerca, eccetera). Per fortuna in alcuni casi, tra cui rientra anche Portofino, esistono già aree protette costiere terrestri, nazionali o regionali, gestite da enti preposti, ai quali dovrebbe essere affidata la gestione dell'area marina antistante, non appena vi venga istituita la riserva.
L'affidamento della gestione della riserva marina all'Ente parco costituirebbe quindi la scelta più rapida e più appropriata tecnicamente.
Per facilitare la scelta è importante che Consulta e Ministeri vengano a conoscenza delle realtà locali e delle iniziative condotte dalla Regione e dall'Ente parco, oltre che dei programmi di promozione e valorizzazione ambientale e di ricerca scientifica. Parlando alla sezione riserve della Consulta Mercantile, del Ministero dell'Ambiente, anche i rapporti stabiliti, vedere se è possidelle riserve marine istituite (quella di bile,a quali condizioni,con quali scadenze Miramare e quella di Ustica) per proseguire andare ad un altro incontro che, perchè no, in altra sede e in altre forme anche meno potrebbe svolgersi qui, in Liguria.
Colloqui a li di questa l'approfondimento dei problemi trattati. Quindi potremmo, dati Parchi e riserve marine
La situazione aggiornata circa la istituzione delle riserve marine, gli studi preliminari ed il relativo iter procedurale per ciò che riguarda le venti aree di cui all art. 31 della legge 979/82, viene di seguito riepilogata in maniera sintetica.

· Riserve marine istituite:

- MIRAMARE (Golfo di Trieste) decreto 12.11.1986

- USTICA, decreto 12.11.1986

- ISOLE TREMITI, decreto 14.7.1989 - ISOLE CICLOPI, decreto 7.12.1989 - TORRE GUACETO, decreto 4.12.1991 - CAPO RIZZUTO, decreto 22.12.1991

- ISOLE EGADI, decreto 27.12.1991

Ad esclusione di Miramare (affidata in gestione al W\VF) e di Ustica (affidata in gestione al Comune), tutte le altre riserve marine sono direttamente gestite dal Ministero della Marina Mercantile - Ispettorato centrale difesa mare, tramite le Capitanerie di Porto competenti per territorio (legge 979/82, art.28). Per le sole riserve di Ustica e di Miramare, i programmi finanziari e di attività vengono approvati di concerto tra i due Ministeri.

  • Riserve marine per le quali la "Consulta per la difesa del mare" ha favorevolmente concluso l'istruttoria con la formulazione della proposta
  • PORTO CESAREO
  • SINIS MAL Dl VENTRE (stralcio di ipotesi più ampia e proposta di istituzione preliminare).
  • Per tali due aree si è in attesa dei pareri di legge di Regioni e Comuni interessati.
  • ARCIPELAGO TOSCANO: la relativa proposta preliminare di istituzione, relativa alle isole di Montecristo, Capraia, Gorgona e Giannutri, è stata recepita nel decreto di istituzione preliminare del Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano (decreto 21.7.1989 e decreto 26.7.1990).
  • Riserve Marine per le quali sono in corso di esame da parte della Consulta gli studi effettuati dal Ministero della Marina Mercantile:
  • CINQUE TERRE - GOLFO Dl OROSEI - PENISOLA SINIS-ISOLA MAL Dl VEN' (ipotesi estesa) - TAVOLARA - PUNTA CODA CAVALLO
  • Riserve marine per le quali è stata richiesta dalla Consulta un'integrazione agli studi preliminari già conclusi:
  • GOLFO Dl PORTOFINO - CAPO CACCIA - ISOLA PIANA - PUNTA CAPANELLA
  • Riserve marine per le quali debbono ancora concludersi gli studi affidati:
  • SECCHE DELLA MELORIA
  • ARCIPELAGO TOSCANO
  • ISOLE EOLIE
  • ISOLE PELAGIE
  • ISOLE PONTINE

Inoltre, in base a quanto previsto dalla legge 394/91 (artt.6e36),condecreto 29.7.1992, sono state stabilite misure di salvaguardia a mare per l'isola di Budelli nell'Arcipelago della Maddalena.
Per quanto riguarda le procedure istitutive di aree protette marine intervenute con l entrata in vigore della legge 394/91, ed in base a quanto previsto dagli articoli 4,18 e 36, ogni ulteriore adempimento istitutivo di tali aree, le eventuali priorità, nonchè la ripartizione delle spese conseguenti, dovranno essere indicati dal programma triennale per le aree naturali protette".
Circa le aree marine di reperimento di cui all'art.36, si rammenta che la "Consulta per la difesa del mare" può individuare ulteriori aree. Inoltre, l'art. l, comma 2, della 394/91 prevede che il "programma triennale ' venga redatto anche sulla base delle indicazioni del "piano generale per la difesa del mare" di cui all'art. I della legge 979/82.
Per quanto riguarda tale piano, la cui predisposizione è in atto da anni da parte del Ministero della Marina Mercantile e che dovrà essere definito ed approvato di concerto con il Ministero dell'Ambiente (legge 349/86, art. 2, comma 8), è stata redatta negli scorsi mesi una terza bozza, sulla quale il Servizio ha effettuato una puntuale ed approfondita analisi critica e predisposto un relativo documento di osservazioni e proposte (dicembre 1991).
Di recente sono riprese le consultazioni fra le due amministrazioni ai fini della predisposizione del piano medesimo.