Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista Parchi:
tutti i numeri online
Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 7 - NOVEMBRE 1992


I settanta anni del Gran Paradiso
Remo Guerra*

Il 3 dicembre il Parco nazionale Gran Paradiso compie 70 anni. Fu infatti istituito nel 1922 "allo scopo di conservare la fauna e la flora e di preservare le speciali formazioni geologiche, nonchè le bellezze del paesaggio Con quell'atto si concludeva il capitolo iniziato un secolo prima quando, nel 1821, il luogotenente di sua maestà conte Thaon di Revel firmò le "Regie patenti" che proibivano la caccia allo stambecco.
E infatti lo stambecco il simbolo del Gran Paradiso e la sua storia recente è strettamente legata al parco.
Intendiamoci, lo stambecco è presente sulla terra da almeno 14 milioni di anni, a dimostrare il suo magnifico adattamento: eppure nel 1700 veniva considerato praticamente scomparso e quando si decise di vietarne la caccia non doveva certo abbondare. Sicuramente alla fine della seconda guerra mondiale era ridotto a pochi esemplari rifugiatisi nelle cenge inaccessibili del Gran Paradiso.
L'ultimo censimento del settembre 92 ci ha detto che nel Parco nazionale ci sono più di 5 mila stambecchi e 7 mila camosci.
Infatti due volte l'anno, in primavera ed in autunno (ininterrottamente da 35 anni), si svolgono contemporaneamente su tutto il Parco i censimenti della fauna.
Settanta guardiaparco setacciano sistematicamente tutte le valli (le stesse che vigilano durante ogni giorno) e registrano i maschi, le femmine ed i piccoli avvistati con il binocolo.
Allora, al di là delle polemiche che ogni tanto emergono, è bene cominciare a dire che il Parco nazionale Gran Paradiso ha assolto in questi anni all'obiettivo principale per cui era stato creato: la salvezza della specie stambecco.
Non solo, ma tutti gli stambecchi oggi presenti sull'arco alpino dalla Francia alla Jugoslavia (si contano ormai 25 colonie) sono tutti figli del Gran Paradiso.
Gli amministratori del Parco hanno infatti scelto con lungimiranza di favorire l'attività di ripopolamento delle Alpi (solo per la Lombardia sono stati catturati e consegnati 90 esemplari ) per mettere lo stambecco al riparo dai pericoli di epidemie.
Oggi vi sono decine di migliaia di stambecchi che vivono su un milione di ettari di territori alpini protetti in Europa. Un avvenire più tranquillizzante per la specie.
Qualcuno a volte ironizza sul fatto che lo stambecco si sarebbe salvato comunque, anche senza il Parco: sarà, ma appare curioso che al di fuori dei confini dei Parchi non si vedono stambecchi, pur essendo vietata la caccia su tutto il territorio nazionale.

Scheda del Parco nazionale Gran Paradiso

  • Superficie: 70 mlaettari, metà in Piemonte metà in Valle d'Aosta . Cinque valli principali: Orco e Soana in Provincia di Torino; Cogne, Valsavaranche e Rhemes in Valle d'Aosta.
  • Seimila ettari di ghiacciai; 11 mila ettari di 60sco; 42 mila ettari di morene, rocce, corsi d'acqua, incolti; 1 I mila perpascoli, campi e prati.
  • Per il 39% è proprietà privata; il 28% comunale; il 5% demaniale; il 12% di proprietà del Parco.
  • Attualmente è gestito da un Consiglio di Amministrazione di 19 mem6ri di cui 14 espressi da Piemonte e Valle d'Aosta.
  • Sede: Torino cap. 10123, Via della Rocca, 47 - tel. (011) 8171187, fax (011) 8121305.
Ma il Parco non è solo ricchezza di fauna e vegetazione in un imponente paesaggio del sollo massiccio alpino interamente italiano che supera i 4 mila metri.
Il Gran Paradiso è l'unico Parco a possedere oltre 300 chilometri di mulattiere reali di caccia, che si sviluppano in tutte le cinque valli principali.
La storia del Parco è inizialmente intrecciata con quella di casa Savoia. Infatti il nucleo originario del Parco è rappresentato dalla riserva di caccia reale dove, a partire dal 1861, iniziarono i lavori per le mulattiere che consentivano al re di raggiungere i casotti di caccia in quota dove organizzare la caccia, sino al 1913. Il record spetta a Vittorio Emanuele 111 con 42 capi abbattuti in un solo giorno nel 1902.
Sta di fatto che le strutture create per scopi esclusivamente venatori (sentieri e casotti ) oggi rappresentano la più imponente struttura per la protezione, la vigilanza e le osservazioni scientifiche del primo parco nazionale italiano.
Ma a 70 anni dalla fondazione qualche verità si può anche dire, a cominciare da casa Savoia. In primo luogo non si tratta di "Re cacciatori", ma tutt'al più di "Re tiratori" come disse Renzo Videsott, primo direttore del Parco dopo la Liberazione. Quando una volta l'anno veniva il Re, ci pensava un imponente esercito di battitori a spingere gli animali verso la postazione del sovrano, cui, senza fatica, era sufficiente premere il grilletto. Ma c'è di più. Recenti studi presso l'Università di Torino hanno rilevato che la donazione dei terreni allo Stato da parte dei Savoia (su cui sorgerà poi il Parco) non avvennero per lungimiranza protezionistica, bensì per banali ragioni di bilancio. La manutenzione e gli stipendi per le guardie erano diventati troppo onerosi, così nel 1919, durante il ministero Nitti, venne fatta la proposta di donazione allo Stato.
L'importante è capirsi: quello che interessava ai Re d'ltalia era esercitare in esclusiva la caccia allo stambecco e, per questo motivo, lo proteggeva. Non così per aquile, gatti selvatici, linci, tutti considerati animali nocivi, il cui abbattimento era incentivato.
Oggi, dopo tanti anni di protezione, qualcosa sta cambiando: il gipeto è tornato a volare sul cielo del Parco, la lince non tarderà a fare capolino da oltre confine, e 12 coppie di aquile sono state individuate dai guardiaparco.
Dunque in 70 anni un bilancio totalmente positivo?
No. C'è stato il brutto periodo della gestione affidata alla milizia forestale, ma c'è stato un altro periodo, durato sino al 70, quando erano consentiti gli abbattimenti controllati all'interno del Parco. Erano abbattimenti a pagamento, fatti per sostenere le magre finanze del Parco; ma con l'andar del tempo l'abbattimento dello

Finalmente il nuovo direttore

Dopo oltre dieci anni in cui l'incarico non è stato ricoperto, dallo scorso settembre il Parco nazionale Gran Paradiso ha nuovamente un direttore 1~ il dottor Luciano Rota, torinese, 57 anni, laureato in scienze agrarie: ha diretto negli ultimi 11 anni il Parco regionale 'la Mandria", l ex riserva del Marchese Medici del Vascello, alle porte di Torino Lo ha selezionato una Commissione del Consiglio di Amministrazione, che ha esaminato oltre 400 candidati.
D. Come ha trovato il Parco dopo 10 anni di assenza di un direttore?
R. C'è un aspetto positivo: questa situazione ha sviluppato una grande capacità di lavorare autonomamente da parte dei vari servizi. E c è un aspetto negativo: la necessità di maggior coordinamento che consenta un quadro definito di competenze e responsabilità. Comunque, nonostante i suoi 70 anni, ho scoperto una "macchina" ancora molto giovanile.
D. Quali sono i prohlemi più urgenti su cui intervenire?
R. Innanzitutto adeguare la normativa alla legge-quadro sui parchi, salvaguardando un corpo di sorveglianza proprio del parco, sul modello attuale Poi occorre ricostruire con le comunità locali un rapporto di confronto sulle scelte fondamentali, dando loro risposte tempestive. Infine è bene intensificare il rapporto con l'Università per una collaborazione sulle ricerche scientifiche.
stambecco era diventato un "gadget" offerto da imprese straniere. Insomma per chi comprava quel prodotto era compreso nel prezzo l'abbattimento di un camoscio o di uno stambecco del Gran Paradiso. Ormai da 20 anni nel Parco non si effettuano più abbattimenti e i casotti in quota costruiti per ospitare i cacciatori sono diventati le basi per il servizio di sorveglianza.
Se oggi il Gran Paradiso può presentarsi con un certo orgoglio a livello internazionale, buona parte del merito va anche a tutte quelle persone che in questi anni hanno lavorato nel Parco e per il Parco, a cominciare dai periodi in cui il finanziamento dello Stato era incerto ed insufficiente.
In prima fila il mitico corpo delle guardie del Gran Paradiso.
Il Parco è mfatti diviso in 5 zone dl sorveglianza, ognuna affidata ad una o due guardie. Quasi tutte le zone possono disporre di un casotto in quota come base operativa. D'estate e durante l'apertura della caccia, l'orario di lavoro è dall'alba al tramonto, una dizione che neppure esiste nei contratti di lavoro e che mal si attaglia alle 36 ore settimanali del contratto del parastato o del corpo forestale dello Stato. Non solo, ma in grande maggioranza le guardie sono persone del luogo, che hanno una conoscenza ed un legame profondo con il loro territorio. In non pochi casi siamo ormai alla quarta generazione: il bisnonno, guardia reale, il milizia forestale, il padre e il figlio guardiaparco.
Ecco perchè occorre salvare un patrimonio di conoscenze e di professionalità.
Per questo il decreto legge (non un semplice decreto) applicativo della nuova legge-quadro per i parchi dovrà prevedere il mantenimento del "corpo di sorveglianza" del Gran Paradiso, e non una sovrapposizione di compiti con il corpo forestale dello Stato. Peraltro va assolutamente evitato il rischio di affidare la sorveglianza al corpo forestale regionale dellaValle d'Aosta, che sarebbe il primo passo per una divisione e regionalizzazione del Parco, sull'onda del cattivo esempio dello Stelvio.
Infine i fondi. Attualmente il contributo dello Stato è fermo da alcuni anni sui 5 miliardi. Otto decimi sono dedicati a spese obbligatorie (stipendi, affitti). Occorre saper scegliere, specialmente in periodi difficili per il nostro Paese, come investire al meglio le risorse. Sarebbe sbagliato e miope se il Governo decidesse di tagliare proprio le spese per l'ambiente e per i parchi funzionanti, in particolare.
Le spese per IL Gran Paradiso sono un investimento per un bene che è di tutta l'umanità, di cui l'ltalia può essere orgogliosa. Peraltro si apre una nuova stagione con l attuazione della legge-quadro: comunità del parco; regolamento del parco; piano del parco. Sono tutti momenti a cui il Gran Paradiso non arriva impreparato. Infatti sin dal 1987 è in atto una attività di pianificazione con una divisione del Parco in zone, a seconda delle diverse vocazioni. Questo piano non è mai stato adottato per l'opposizione della Valle d'Aosta.
Anche in questo caso le cose stanno cambiando. Sul versante piemontese da anni si è raggiunto un accordo con i Comuni e la Comunità montana; e per il versante aostano si sta percorrendo faticosamente la stessa via, sperando nella collaborazione del Ministero per l'Ambiente.
Buon compleanno Gran Paradiso, auguri per il futuro prossimo venturo.
"dipendente Regione Piemonte"

Il gruppo stambecco europa

Si chiama "gruppo stambecco europa", è nato nel 1987 per iniziativa del Parco nazionale Gran Paradiso e del Centro studi veterinari della fauna alpina di Noasca (Torino). Ha sede a Torino presso la direzione del Parco Gran Paradiso ed ha lo scopo di approfondire le conoscenze sulla presenza e sulla distribuzione dello stambecco alpino. Aderiscono ricercatori di tutti Paesi europei, dalla Francia alla Yugoslavia, che si occupano della conservazione di questa specie. 11 gruppo funge infatti da centro di raccolta di tutti i dati sulle molte colonie presenti sulle Alpi. Due volte l'anno il gruppo organizza degli incontri scientifici internazionali. Gli atti di questi incontri sono stampati nella collana scientifica del Parco nazionale Gran Paradiso.