Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista Parchi:
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Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 7 - NOVEMBRE 1992


La classificazione delle aree protette
Stefano Cavalli*

Le fondamenta della teoria della conservazione, con specifico riferimento alla sistematica delle aree protette, furono gettate negli anni Trenta in occasione di alcune Convenzioni internazionali (Londra, 1933 e Washington, 1940) nel corso delle quali venne delineato, in una prima versione, cosa fossero un parco nazionale e le finalità di gestione dello stesso. Le riflessioni sulla semantica e la tipologia dei parchi seguirono quindi a grande distanza di tempo le prime realizzazioni pratiche; e qui è d'obbligo la consueta citazione della data di fondazione del primo parco nazionale (Yellowstone,1872). La teoria delle definizioni non si tradusse subito in una classificazione vera e propria delle aree protette: questa fase si svilupperà successivamente con il moltiplicarsi di parchi e riserve in tutto il mondo. E solo dopo il l 948, anno di fondazione della Uicn (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura), che fu avviato un programma organico di studio delle aree protette, di quelle esistenti, ma anche delle regole per promuoverne di nuove e definire i criteri per la gestione di queste (1). La proto-classificazione delle aree protette fu elaborata dalla Uicn e vide la luce nel 1956, secondo uno schema dove i parchi nazionali sono genericamente considerati come una forma di riserva naturale in analogia schematica con le riserve integrali e quelle orientate.
Questa impostazione ebbe un momento di fortuna anche in Italia. Ad essa si ispirò una stagione di lavoro in campo protezionistico caratterizzato dalla istituzione delle più importanti e prestigiose riserve statali, istituite con decreti ministeriali nel periodo compreso tra il 1968 eil 1977 (2).
Uno schema di classificazione di questo tipo non poteva sopravvivere ad una fase pionieristica della conservazione. Con l'avvento dei parchi regionali furono introdotti concetti nuovi di valutazione delle aree protette con maggiore attenzione per le relazioni tra i paesaggi umani e le caratteristiche dell'ambiente naturale (3).
La classificazione del 1956 presentava una "rigidità" concettuale ed applicativa con una forte accentuazione settoriale; i biomi protetti venivano valutati monotematicamente, sottovalutando la complessità della tutela degli ecosistemi delle interazioni tra i molteplici fattori ambientali. Nella sua apparente semplicità era una classificazione che difficilmente consentiva di collocare le aree protette, spesso proprio per lo scarso peso dato alla componente antropica ed alla sua influenza storica, sociale ed economica che ha contribuito alla formazione di ambienti di pregio, non di rado inseriti nel perimetro di parchi e riserve.
L'unico riferimento presente alle azioni dell uomo era riscontrabile nella categoria riserve antropologiche", ove il collegamento con le azioni umane veniva dato alla presenza di testimonianze "morte" (giacimenti preistorici, arte rupestre) più che alla conservazione di forme di uso corretto del territorio in equilibrio con le risorse dell ambiente. Questo tipo di inquadramento escludeva le aree protette concepite con criteri più innovativi come i parchi francesi.
La classificazione del 1956 non poteva rimanere tale senza subire l'influsso miglioratore delle esperienze che venivano maturando nel mondo sia in campo tecnico-scientifico che sul versante politico. Sebbene i lavori si siano svolti lentamente, la Uicn non ha mai interrotto la sua ricerca sulla classificazione; anzi, l argomento è stato considerato di strategica importanza, così da meritare l'istituzione di un gruppo di lavoro specifico definito come Commissione per i Parchi Nazionali e le Aree Protette (Cnppa) (4), con compiti di promozione e monitoraggio delle aree protette sparse in tutto il mondo, nonchè da costituire un supporto permanente per la loro gestione e mantenimento. Grazie al lavoro della Cnppa, con frequenza quinquennale, viene pubblicato l'elenco delle aree protette di tutto il pianeta. La lista è stata fatta propria dalle Nazioni Unite.
La prima stesura di questo elenco è del 1967 a cura di J. P. Harroy. Alla Conferenza di Nuova Delhi, nel 1969, il dibattito sui parchi riguardò il problema della classificazione con l'esordio del concetto di riserva analoga". Il termine venne coniato al fine di inserire nella lista quelle aree protette che, sebbene non rispondessero al rigido profilo delineato dalla classificazione della Uicn, non potevano essere escluse per evidenti meriti territoriali o gestionali (5). Sulle ambiguità del termine di riserva analoga Giacomini e Romani (1982) danno un efficace giudizio, che a distanza di dieci anni trova ampie conferme. l tentativi di dare costrutto alle classificazioni, in parallelo alla crescita numerica delle aree protette, non ebbero molta fortuna nè a Delhi, ove furono scomunicate le esperienze francesi, inglesi e tedesche, ma neppure nel duplice simposio di Strasburgo (1970 e 1971) ed in quello di Vienna (1973).
Al decimo meeting della Uicn, tenutosi a Kinshasa nel 1974, la Cnppa propose una classificazione delle aree protette mondiali. l lavori, proseguiti nel corso 12° meeting della Cnppa tenutosi in Portogallo nel 1978, si conclusero nel 1980 con la pubblicazione di un documento basato su dieci categorie, contenute in tre gruppi.
Nel primo gruppo furono inserite quelle tipologie di aree protette in cui la Cnppa si assumeva la responsabilità di controllare lo stato di funzionamento e, ove richiesta, offrire consulenza. In questo gruppo vennero inserite:

I - Riserve integrali
Istituto creato per proteggere la natura (comunità e specie) e mantenere i processi naturali in uno stato indisturbato, per ottenere esempi ecologicamente rappresentativi dell'ambiente naturale disponibile per gli studi scientifici, il monitoraggio ambientale, l'educazione e per il mantenimento delle risorse genetiche in uno stato dinamico ed evolutivo.

2 - Parchi nazionali
Istituto creato per tutelare ambienti naturali e paesaggistici di livello nazionale o internazionale per uso scientifico, educativo e ricreativo. L'area dovrebbe perpetuare, in una situazione naturale, esempi di regioni fisiografiche, comunità biotiche, risorse genetiche e specie in pericolo di estinzione, al fine di assicurare stabilità e diversità ecologica.

3 Monumenti naturali
Istituto creato per tutelare aspetti e fattezze naturali che siano importanti a livello nazionale.

4 - Riserve orientate
Istituto che comprende aree naturali necessarie alla protezione delle specie che risultino importanti a livello nazionale, o di gruppi di specie, di comunità biologiche, di ambienti fisici ove sia possibile perpetuare la presenza di queste ultime solo mediante appositi interventi da parte dell'uomo. La ricerca scientifica, il monitoraggio ambientale e le finalità educative sono le attività primarie di questa categoria.

5 - Paesaggi protetti
Aree naturali significative a livello nazionale, che siano notevoli per l interazione armoniosa fra uomo e territorio e che al tempo stesso siano in grado di assicurare risorse ambientali per la fruizione pubblica di tipo ricreativo e turistico, da realizzarsi entro il tradizionale stile di vita e la normale attività economica del luogo.
Nel secondo gruppo trovavano collocazione i tipi di aree protette di notevole importanza per la Uicn, ma che non erano considerate essenziali dalla Cnppa. Queste sono:

6 - Riserve di risorse
Risorse naturali da proteggere per usi futuri con previsione di contenere le attività di sviluppo che possano riguardarle, essendo tuttora indecisa la definizione di obiettivi stabiliti, fondati su conoscenze e piani adeguati.

7 Riserve antropologiche
Zone ove convivono modi di vita delle società in armonia con l'ambiente, in modo che questo non subisca disturbi da parte della tecnologia moderna. Le ricerche sull'evoluzione dell'uomo e sulla sua interazione con il territorio possono costituire un obiettivo secondario.

8 - Aree di gestione a fini multipli

Zone ove è importante assicurare la produzione duratura di acqua, legname, fauna, foraggio, ricreazione all'aria aperta e, al tempo stesso, garantire il soddisfacimento a lungo termine delle necessità economiche, sociali e culturali .
Infine al terzo gruppo afferivano le aree protette parte di programmi internazionali con specifica rilevanza per la conservazione della natura. In esse la Cnppa poteva essere invitata a controllare il funzionamento e lo stato di conservazione fornendo esperienze qualificate.

9 - Riserve della biosfera
Comunità biotiche di piante e animali entro gli ecosistemi naturali, da salvaguardare per assicurarne l uso presente e futuro e conservarne la diversità biologica e l'integrità. Tra i siti del patrimonio mondiale sono presenti anche alcune località nelle quali la fusione tra elementi naturali ed opera dell'uomo ha creato degli "unicum" divenuti patrimonio mondiale della cultura. Tra le località più note citiamo: Mont St. Michel (Francia), Pamukkale (Turchia), Kotor (Jugoslavia), Monte Athos e Meteore (Grecia).

10 Sito del patrimonio mondiale naturale Aree di primario interesse naturalistico con valore planetario, che è necessario proteggere.
In seno a questa classificazione sono compresi 651.467.597 ettari di superficie in tutto il mondo, ripartiti in 6.940 aree protette. Ciascuna categoria incide diversamente sul totale; la più ampia risulta essere la IV, con il 42,4% della superficie globale, seguita dalla categoria V con il 23,4%, dalla categoria 11 con il 21,1%, dalla categoria I con il 9,5% e, infine, dalla categoria 111 con il 4,6% (6).
Anche le aree protette marine trovano collocazione in una classificazione elaborata dalla IUCN, anche in questo caso le categorie sono dieci (Salm, 1984):

  • I - riserva marina
  • II - parco nazionale marino
  • III - aree di interesse naturalistico
  • IV- santuario marino
  • V - paesaggio protetto
  • VI - riserva di risorse
  • VII - riserva antropologica
  • VIII - riserva polivalente
  • IX - riserva della biosfera
  • X- riserva storica naturalistica L'opera di revisione della classificazione ha preso il via nel 1984, in occasione della riunione dell'Assemblea Generale della Uicn tenutasi a Madrid con il tema "Protezione delle risorse e dei valori del wilderness . In quella occasione venne istituita in seno alla Cnppa una "task force" alla quale fu affidato il compito di lavorare alla revisione della classificazione del 1980. Anche questa volta i lavori si protrassero a lungo e solo con il convegno di Perth, nel novembre del 1990, fu definita la nuova classificazione, approvata dall'Assemblea Generale della Uicn.

Il nuovo assetto della sistematica delle aree protette risulta essere il seguente:

  • Categoria 1 - Riserve scientifiche e aree wilderness
    Aree ove si persegue il mantenimento dei processi ecologici e la conservazione della diversità biologica costituenti esempi rappresentativi dell'ambiente naturale nel quale praticare studi scientifici, il monitoraggio dell'ambiente, la didattica e per mantenere le risorse genetiche in uno stato di evoluzione dinamica. Le aree selvagge (wilderness) sono zone naturali protette da legislazione e di sufficiente ampiezza per tutelare l'ambiente naturale. Sono aree dove le tracce del passaggio dell'uomo sono nulle o scarse, cosicchè i processi naturali hanno luogo non influenzati dall'uomo.
  • Categoria 2 - Parchi nazionali e riserve analoghe Il parco nazionale è un'area sufficientemente grande, gestita da un'autorità nazionale per proteggere l'integrità ecologica di uno o più ecosistemi per le attuali e future generazioni e per eliminare ogni sfruttamento od occupazione intensivi dell'area e per fornire un fondamento ad opportunità educative, scientifiche e turistiche.
  • Categoria 3 Monumenti naturali
    Un elemento naturale, o culturale, che rappresenta un'area di notevole valore per le sue caratteristiche.
  • Categoria 4 -Aree digestione degli habitat e della natura
    Gli habitat e le aree selvagge gestite sono zone soggette ad interventi umani, che sono basati sulla ricerca dei motivi di nidificazione, crescita e sopravvivenza di particolari specie. Una funzione di queste aree è quella di garantire l'auto-mantenimento di comunità biotiche, come pure quello di proteggere specie rare minacciate.
  • Categoria 5 Paesaggi protetti
    Aree dove avvengono armoniche interazioni tra popolazione umana e natura. Possono palesare elementi culturali come l'organizazione sociale e culturale che si manifestano nelle modalità d'uso.
    Aree esteticamente importanti o modelli unici di insediamento umano; sono presenti pratiche colturali agricole, della pesca e del pascolo.
  • Categoria 6 - Siti mondiali della natura
    Aree le cui caratteristiche naturali sono di eccezionale importanza sì da farle considerare patrimonio mondiale. In esse si proteggono gli elementi naturali e culturali, e contemporaneamente si provvede ad una diffusione a livello mondiale della informazione e alla ricerca e monitoraggio ambientali.
  • Categoria 7 - Aree Convenzione di Ramsar Zone umide censite e catalogate secondo le norme della Convenzione di Ramsar, presenti lungo i litorali, in zone continentali, nei deserti, in aree montuose o in depressioni, ad ogni latitudine. Si suddividono in: paludi, lande, pianure alluvionali, acquitrini.
  • Categoria 8 Riserve della biosfera
Sono aree protette riconosciute a livello internazionaleegestiteperl'importanzadellaconservazione di ecosistemi. L'obiettivo della gestione di queste aree è l'integrazione di funzioni diverse come la ricerca scientifica, il controllo, l'amministrazione delle risorse, la formazione professionale e l'istruzione per la soluzione di problemi a livello locale, nazionale ed internazionale.
In molti casi le attività antropiche rappresentano un elemento fondamentale nella vita stessa della riserva della biosfera.
Nel documento di Perth le categorie vengono quindi ridotte ad otto; le modifiche riguardano soprattutto le tipologie dal n. 6 al n. 10, mentre entro le prime cinque si apportano ritocchi alle definizioni. Le modifiche elevano a rango di categorie le zone umide riconosciute dalla Convenzione di Ramsar (Iran) del 1971, lista che peraltro era già collegata alle classificazioni precedenti ed ampiamente citata. Scompaiono le riserve di risorse, le riserve antropologiche e le aree gestite a fini multipli. Le tre definizioni, infatti, mal si rapportano con le restanti e possono essere assorbite o comprese tra queste.
Con riferimento settoriale alle zone umide, va ricordato un significativo esempio di classificazione redatto dall'IWRB (Ufficio internazionale per le ricerche sugli uccelli acquatici).
Tale strumento di analisi territoriale è reso pubblico nel 1987 e sviluppa una classificazione delle zone umide del pianeta suddivise in 22 tipologie, secondo indici esclusivamente geografico-ambientali (7).
Anche il Consiglio d'Europa si è interessato della classificazione delle aree protette. Sebbene il lavoro per giungere alla definizione di punti di riferimento abbia avuto tempi più ridotti ed i risultati raggiunti abbiano un maggiore schematismo rispetto a quelli della Uicn, la "griglia" proposta dall'organismo europeo sembra presentare caratteristiche di migliore applicabilità alla realtà del vecchio continente. Il risultato deve sorprendere fino ad un certo punto. Il lavoro della Uicn sembra infatti essere caratterizzato da una evoluzione estremamente lenta, dove le sollecitazioni esterne hanno avuto un ruolo importante.
Il Consiglio d'Europa ha proposto una classificazione basata su tre tipologie fondamentali.
  • I ) Zone naturali ove prevalgono i valori naturalistici, ma è presente l'uomo con le sue attività produttive. In esse sono sviluppate attività di didattica, informazione e ricerca scientifica. La definizione comprende quindi i parchi nazionali in senso stretto.
  • 2) Aree dove l'attività rurale dell'uomo è rilevata su un territorio di elevato valore paesaggistico e naturale. Rientrano in questa categoria i parchi regionali francesi e tedeschi nonchè quelli inglesi, sebbene siano inquadrati come nazionali.
  • 3) Aree di eccezionale valore scientifico, nelle quali l esigenza di una tutela delle biocenosi è prevalente, al fine di assicurare la conservazione degli ecosistemi e dei patrimoni genetici. Il pubblico, sebbene ammesso, deve sottostare a particolari restrizioni, diverse in funzione della tipologia e degli scopi istitutivi della riserva. Si concepisce la tutela di ambienti limitati e ben individuati con strumenti che generalmente riguardano aree ridotte o luoghi già precedentemente a bassa pressione antropica.

Nell'ultimo schema proposto dalla Uicn, circa le definizioni attribuite alle prime cinque categorie dopo la Convenzione di Perth (1990) non sembrano però essersi dissolte le principali zone d'ombra e le incertezze emerse nelle precedenti classificazioni. E indubbiamente difficile raggiungere una "sistematica delle aree protette che sia egualmente efficace in tutti i continenti. Tuttavia il nuovo assetto della classificazione sembra non risolvere il problema dell'inquadramento delle aree protette di quei Paesi, come quelli europei, ove la densità abitativa e le trasformazioni subite dall'ambiente naturale da secoli di storia, impongono una valutazione particolare degli obiettivi e delle caratteristiche delle aree protette ivi presenti.
La maggior parte dei parchi europei trova collocazione obbligata nella categoria V (paesaggi protetti) oppure nella categoria IV, nel caso delle riserve naturali; eppure molti vengono definiti come parchi nazionali, e quindi potenziali "ospiti" della 11 categoria. La classe V diviene quindi il "contenitore" per tutte le aree protette non classificabili correttamente nelle precedenti, solamente perchè i "paesaggi protetti" (la quinta categoria, appunto) è l'unica classe che prevede le interferenze tra uomo e natura, una condizione prevalente non solo in tutta 1' Europa, ma in molte regioni extra-europee. Ne deriva un incoerente raggruppamento di aree protette, genericamente e sommariamente accomunate, pur vantando identità e caratteristiche differenti.
La classificazione elaborata dal Consiglio d'Europa ha caratteristiche diverse, essendo impostata su dettami di grande semplicità. In pratica fornisce uno strumento con una classificazione coerente dove i dubbi interpretativi sono ridotti al minimo.
La legislazione europea ignora le disposizioni internazionali in materia, o le recepisce più formalmente che funzionalmente, e questo non rappresenta un buon risultato per il lungo lavoro svolto dalla Uicn. l limiti contenuti nelle formulazioni delle classificazioni sinora elaborate le rendono poco utilizzabili per una applicazione a livello normativo e di scarsa utilità a livello tecnico-scientifico. Occorre quindi porsi la domanda: serve classificare le aree protette?
Non è semplice rispondere, e comunque il dubbio non va esteso alla fase di censimento. Sulla base di quanto accaduto nella normativa regionale a proposito del termine di riserva naturale orientata" parrebbe che uno strumento di classificazione sia necessario, se non altro per svolgere una funzione informativa di base. E successo che con uno stesso termine, oltretutto non certo generico come la riserva naturale guidata", si siano dati significati diversissimi, anzi quasi opposti! Infatti nella normativa quadro della Regione Lazio (8) la r.n.o. è un'area per il restauro e la ricostituzione di ambienti od equilibri naturali alterati o degradati. Per la Regione Liguria (9) la stessa r.n.o. rappresenta una zona ove può essere consentito l'utilizzo del terreno per la coltivazione agricola e silvo-pastorale. Infine nel sistema delle aree protette della Regione Lombardia (10) si legge che la r.n.o. è l area ove si sorveglia e si orienta scientificamente l'evoluzione della natura.
Una buona classificazione contribuirebbe a chiarire molti equivoci che sorgono nell'ambito del dibattito sulle aree protette, definendo gli obiettivi e la natura di ciascuna in funzione delle caratteristiche ambientali, dello sviluppo compatibile, delle testimonianze storiche e culturali in essa presenti.
Le osservazioni critiche alla classificazione Uicn possono essere ricondotte a due nodi cruciali: il primo è l'incoerenza tassonomica delle classi, il secondo la scelta dei parametri. La classificazione Uicn letta come una legenda mostra dei salti" tematici nella scelta delle categorie ( limitiamoci alle prime cinque) . Non vi è coerenza infatti tra le definizioni ove si alternano titoli derivati da una valutazione normativa (i parchi nazionali, cat. II) a quelli definiti in base a criteri gestionali (aree di gestione degli habitat e della natura, cat. IV), a definizioni più generiche contenenti elementi descrittivi dei luoghi (paesaggi protetti, cat. V) Il principale elemento di turbativa sembra essere rappresentato dalla presenza dell aggettivo nazionale" (il discorso non cambia se sostituiamo il termine nazionale con regionale o provinciale). L'inserimento di questo termine sbilancia l'interpretazione sul versante amministrativo. Ad una maggiore coerenza tassonomica potrebbe seguire una più fine articolazione delle definizioni di categoria, sì da giungere a comprendere e classificare correttamente tutte le aree protette. L'importante è disinnescare il procedimento perverso di "classifica di merito" per cui una categoria sta "sopra" o "sotto" un'altra, e non "accanto .
La seconda modifica potrebbe riguardare la scelta dei parametri diversi dagli attuali, l'introduzione di indicatori più stabili e sui quali le incertezze interpretative, sebbene non annullabili, vengono ridimensionate al di sotto di soglie che consentano l'uso e la validità degli strumenti. Un'alternativa ad una paralizzante inapplicabilità delle classificazioni può essere l introduzione di parametri fisici, storici e biologici che attestino lo stato dell area in rapporto alla presenza di paesaggi naturali, dei paesaggi umani insiti nel territorio. Ovviamente la complessità dello strumento aumenta, ma la classificazione delle aree protette non è materia propedeutica per una cultura generale sui parchi o sull'ambiente. Se essa deve essere uno strumento di lavoro, è bene che lo diventi, anche se non di facilissima lettura; d'altronde l'inconsistente livello di applicazione raggiunto dai lavori svolti sinora non è un traguardo migliore.
La situazione italiana sembra fatta proprio per incoraggiare finalmente la realizzazione di uno strumento di classificazione efficace. Ai primi parchi nazionali è seguita una proliferazione di iniziative, sia statali che regionali, dove la mancanza di raccordo e collegamento sembra essere stato il vero filo conduttore.Sempre nella sfera di iniziative dello Stato rientrano le riserve naturali, aree, in genere, di piccole dimensioni ( I l ) spesso nate in zone del demanio forestale.
Alle riserve si aggiungono le riserve marine, istituite in base al dettato della legge 31.12.1982, n . 979 - Disposizioni per la difesa del mare ( 12). In tema di aree protette marine, dal 1965 è operativa una legge, la n. 693 del 14.7.1965, che, nel quadro delle norme di disciplina della pesca marittima, definisce le "zone di tutela biologica marina", individuandone tre ( 13).
In terra ferma vigono le disposizioni del D.P.R 13 marzo 1976, n. 448 sulla esecuzione della Convenzione di Ramsar sulle zone umide di importanza internazionale; secondo questo atto normativo, sono 45 le zone umide ricadenti sotto le disposizioni di tutela in esso previste (14).
La disciplina regionale, che ha inizio in questo settore nel 1974, ha contribuito non poco a variegare il panorama delle tipologie delle aree protette. Al parco regionale sono infatti seguite le riserve regionali, i parchi urbani, i parchi sub-urbani, i monumenti naturali, le aree protette, i parchi archeologici, le aree attrezzate, le aree di interesse naturalistico-ambientale, i parchi fluviali, le aree con qualità diffuse, il parco di cintura metropolitana, il parco territoriale attrezzato. A questo si aggiunge l'opera dei Comuni e delle Province, ancora pochi, invero, con iniziative autonome, e l'opera delle associazioni naturalistiche (Lipu, WWF, Fai, eccetera), che nella gestione di aree naturali hanno avuto un ruolo pionieristico nel nostro Paese, con la creazione di numerose oasi di protezione.
Le oasi, in genere di modesta estensione, sono state create e gestite per la tutela soprattutto delle ultime aree umide di vitale importanza per molte specie ornitiche, ed hanno rappresentato a lungo uno dei pochi esempi di tutela "attiva" delle risorse naturali.

  • 1 La Uicn è stata fondata nel 1948 a Fontainebleau sotto il patrocinio dell'UNESCO e del Governo francese La sede è in Svizzera, nella località di Gland.
  • 2 Sono 75 le riserve naturali istituite dallo Stato nel periodo dal 3 luglio 1968 al 20 dicembre 1977 Tra queste ricordiamo alcune tra le più importanti: Isola di Montecristo, Sassofratino, Campolino, Val Grande, Cime del Bondone, Valle dell'Orfento
  • 3 Sono 6940 i parchi e le riserve di protezione degli ambienti naturali censiti dalla United Nations List of National Parks and protected areas della Uicn, per un totale di 651,4 milioni di ettari
  • 4 Nell'ambito della Uicn operano sei commissioni: ecologia, educazione ed addestramento, politica ambientale, diritto e amministrazione, parchi nazionali e aree protette, sopravvivenza delle specie, sviluppo durevole
  • 5 Il Convegno tenutosi a Portoferraio (Isola d'Elba) il 26-27 settembre 1991 ha visto la partecipazione di studiosi francesi, americani, inglesi, bulgari
  • 6 L'analisi sui criteri ecologici delle aree protette sulla terra, pubblicata dalla Uicn con cadenza quinquennale, basata sulla suddivisione in biomi, riporta la seguente suddivisione e i dati relativi all'ultimo censimento (1990) e mostra la seguente situazione:
    Foreste umide-tropicali 9% · Foreste sub - tropicali 5% · Foreste caducifoglie temperate 7% · Foreste asciutte tropicali 12% · Foreste temperate 5% · Foreste sempreverdi di sclerofille 2% · Deserti caldi 14% · Deserti freddi 3% · Tundre 23%· Savane tropicali erbacee 2%
    Praterie temperate I % · Montagne 12% · Isole 4% Altre tipologie I %
  • 7 L'IWRB ha sede a Slimbridge (Inghilterra); tra le sue attività è quella di eseguire censimenti di avifauna acquatica dal 1963, nonchè di acquisire informazioni sulle aree umide del pianeta

Le categorie inserite nella classificazione sono:
I baie, stretti (profondità inferiore a m 6)-2 estuari, delta-3 piccole isole sotto costa-4 coste rocciose -5 spiagge marine-6 litorali fangosi e/o sabbiosi influenzati da episodi di maree con grandi escursioni -7 paludi e foreste di mangrovie-8 l'agunee paludi costiere salmastre-9 saline-10 laghetti-Il corsi d'acqua a scorrimento lento-12 corsi d'acqua a scorrimento veloce-13 anse e paludi fluviali-14 laghi d'acqua dolce e zone umide associate-15 specchi lacustri dolci (inferiori a 8 ha )-16 laghi salati e relative zone umide-17 invasi artificiali- 18 praterie e savane episodicamente sommerse-19 risaie-20 zone agricole allagate o irrigate-21 foreste-paludi o foreste stagionalmente allagate-22 torbiere

  • 8 L R n 46/1977 "Costituzione di un sistema di parchi regionali e riserve naturali"
  • 9 L R n 40/1977 "Norme per la salvaguardia dei valori naturali e per la promozione di parchi e riserve naturali in Liguria"
  • 10 L.R n.86/1983 "Piano regionale della aree regionali protette Norme per l'istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali, nonchè delle aree di particolare rilevanza naturale ed ambientale"
  • 11 Le più piccole sono la Riserva delle Dune di Porto Corsini (RA) e la Riserva di Pantaniello (AQ), di 2 ettari, mentre la più grande è la Riserva del Fiume Lao (CS), di 5 200 ettari
  • 12 Le riserve previste dalla legge sono 20, ma praticamente ne sono state istituite solo 2: la Riserva di Miramare (TS) e la Riserva di Ustica (PA)
  • 13 Le zone sono quelle di Montecristo e Portoferraio (Ll), S Maria di Castellabbate (SA) e Tor Paterno (RM)
  • 14 Le 45 zone umide sono disposte prevalentemente lungo le porzioni costiere della penisola e assommano ad oltre 41 000 ettari

Bibliografia

- AA. W., Annuario europeo dell'ambiente, Milano, Editore Giuffré, 1988.

- Barbieri G., Canigiani F., Le regioni dei parchi e l'Italia "protetta", Firenze, Atti Ist. Geografia. Quadernon. 15p.p., 1989.

- Documentazione per le commissioni parlamentari, Camera dei Deputati, X legislatura, n. 80, febbraio 1988, Roma, Dip. territorio e comunicazioni, Servizio studi, 1988.

- Cavalli S., Moschini R., Saini R., I parchi regionali in Italia, Roma, UPI, 1990.

- Giacomini V., Romani V., Uomini e parchi, Milano,Angeli, 1982.

- Testo della legge quadro sulle aree protette n.394 del 6.12.1991. G.U. n. 85, Parlamento della Repubblica, Roma, lst. Pol. dello Stato, 1991.

Pavan M., Le riserve naturali italiane, Roma, Collana Verde n. 31, M.A.F., 1973.

-Uicn.,1990U.N.List of National Parks and Protected Areas, Gland, 1990.

- Valdrè G., Osservatorio Internazionale, Pisa, Parchin.4, 1991.

*Redazione Parchi