Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista Parchi:
tutti i numeri online
Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 8 - FEBBARIO 1993


Editoriale
C'è attesa per l'esito della legge 394, scrivevamo nell'editoriale dell ultimo numero del 92.
In questo primo numero del 93 registriamo le prime delusioni e preoccupazioni per i ritardi che, a poco più di un anno dal varo della legge, sono andati accumulandosi.
E' tuttavia, anche a fronte di una situazione innegabilmente insoddisfacente che sembra dar ragione a coloro che fin dalla prima ora avevano manifestato scetticismo sulle prospettive della legge, noi pensiamo che qualcosa di importante sta cambiando; anzi, sia già cambiato.
Si tratta di qualcosa che non va ricercato tanto negli adempimenti rispettati o negli atti compiuti, per quanto importanti, bensì nella più diffusa consapevolezza che, ad esempio, (come abbiamo chiaramente percepito nel convegno di Pisa) ormai si è entrati in una nuova fase della politica delle aree protette.
Si è probabilmente chiusa infatti quella che potremmo definire la fase in cui la denuncia era funzionale all'affermazione del diritto dei parchi ad esistere. In quella nuova che si è aperta deve invece affermarsi il diritto-dovere di tutti i parchi a funzionare secondo una visione ed un sistema nazionale e regionale.
E dunque un momento di svolta di cui dobbiamo saper cogliere lucidamente tutte le implicazioni perchè ora i problemi del confronto politico e culturale si spostano ad un livello più alto e impegnativo.
Oggi non è più tanto importante accapigliarsi per stabilire se è preferibile che un parco sia nazionale o regionale, anche se non mancano i nostalgici di un' epoca di controversie ormai al tramonto.
Oggi quel che conta davvero per tutti e a tutti i livelli istituzionali e operativi è sapere rispondere alla domanda: come deve funzionare un parco, con quali progetti, con quali risorse, con quale personale e per quale disegno, inteso appunto come strategia di una politica della protezione.
L'interesse ed anche la preoccupazione per le difficoltà che ancora si registrano nel far funzionare le strutture centrali e quelle regionali e degli Enti locali previste dalla legge 394, ma anche da altre leggi, scaturisce da qui, non certo dalla volontà di riaprire vecchie o nuove diatribe.
Si pensi, solo per fare qualche esempio, a cosa significa in concreto oggi fare di un parco una occasione e non un catalogo di vincoli.
C'è da ripensare e sperimentare una politica economica che non consideri più l'ambiente un fardello di cui liberarsi specie nei momenti di crisi come proprio ora sta accadendo; vedi i tagli operati dalla legge finanziaria alle spese ambientali.
Ma per questo non sarà sicuramente sufficiente affidarsi come finora è avvenuto agli effetti di mera ricaduta sul territorio protetto di alcune attività certo significative ma assolutamente non tali da intaccare e incidere profondamente sui processi economico - sociali. Eppure se prendiamo ad esempio l agricoltura non è difficile scorgere le prospettive che possono aprirsi in ambito non solo nazionale ad una sperimentazione che proprio nelle aree protette può indicare nuove strade da battere dopo gli eccessi "produttivistici" che oggi mostrano chiaramente i loro limiti, sia sotto il profilo economico che ambientale. Ma una politica che si lasci alle spalle una gestione incentrata essenzialmente sui vincoli richiede un concerto di programmi e indirizzi ed anche un'efficienza e una professionalità degli apparati e delle strutture amministrative da cui siamo ancora purtroppo lontani.
In un libro dedicato a "Industria e Ambiente" recentemente pubblicato da il Mulino è documentata la stretta connessione tra una legislazione che privilegia i vincoli e le disfunzioni e l impreparazione degli apparati pubblici che nella rigidità delle norme nascondono la loro inadeguatezza, svolgendo funzioni prevalentemente di polizia".
Ecco, è a questo livello che va oggi affrontata e vinta la sfida della protezione, specialmente in quelle aree che non riguardano solo, ma certamente in maniera prevalente, il sud del Paese, dove l' istituzione di un parco crea grandi aspettative di sviluppo e di occupazione alle quali si può rispondere soltanto con una rinnovata capacità e professionalità delle istituzioni e dei loro apparati.
E questa la condizione indispensabile anche per dare fiducia alla iniziativa dei privati dopo i clamorosi fallimenti e sperperi di una politica "assistenziale" che ha tolto spesso ogni credibilità ai poteri pubblici.
Su questa lunghezza d'onda si è mosso e intende muoversi il Coordinamento dei parchi e la Rivista che non a caso stanno dotandosi direttamente, ma ancor più in stretta e proficua collaborazione con centri studi e di ricerca istituzionali, come il Centro studi del Bondone della Provincia autonoma di Trento e il Centro de "Le Vallere" della Regione Piemonte, di strumenti idonei per mettere a confronto esperienze e posizioni per quanto riguarda, ad esempio, i parchi alpini o la pianificazione.
Solo così sarà possibile costruire un sistema di aree protette nazionale e regionale, solo così sarà possibile qualificare gli operatori dei parchi con appositi e diversificati corsi e seminari interdisciplinari, superando visioni datate tipo quelle che riducono le strutture di un parco alla mera vigilanza, magari a mezzadria.
Come si vede oggi tutto si tiene dagli organi ministeriali, alle Regioni, agli Enti locali, agli Enti parco, perchè una politica capace di dare le risposte giuste e convincenti ai temi ricordati può essere soltanto il risultato di un eccezionale sforzo congiunto di livelli istituzionali e strutture, che debbono imparare insieme a collaborare, dopo avere a lungo non bene operato separatamente .