Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista Parchi:
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Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 9 - GIUGNO 1993


Le aree protette nella Valle d'Aosta
Roberto Nicco*

Cercherò di delineare brevemente il quadro generale in cui si inserisce nella Valle d'Aosta la questione delle aree naturali protette e di esporre le linee lungo le quali si sta muovendo la Regione.
Credo che ci troviamo nel pieno di una fase fondamentale di transizione e di ristrutturazione sul piano economico.

  • Industria: nell'ultimo decennio, a causa del drastico ridimensionamento e della ristrutturazione dei comparti chimico, tessile e siderurgico, si sono persi circa 5.000 posti di lavoro, equivalenti al 10% di tutti gli occupati; complessivamente il settore contribuiva negli anni Sessanta alla formazione di oltre il 60% del valore aggiunto regionale, oggi per meno di un terzo.
  • Agricoltura: nel 1961 il contributo dell'agricoltura alla formazione del valore aggiunto era pari all'8,5%; nel 1972 il suo peso è già sceso al 4,1%, nell'88 è al 3%. In termini monetari, nel 1991 può essere stimato in 100 miliardi, a fronte di oneri a carico del bilancio regionale, per le sole spese di investimento, superiori ai 90 miliardi.
  • Nella spinta alla terziarizzazione che da ciò è derivata, uno spazio importante è stato assunto dal turismo, da un certo tipo di turismo identificato nelle grandi stazioni: Breuil, Courmayeur, Pila, eccetera, che tuttavia sta oggi mostrando tutti i suoi limiti, tanto che nell ultimo triennio si è registrata sia una riduzione degli arrivi, - 9,3%, sia delle presenze, -9,5%.

Se questo, schematicamente, è il quadro di riferimento, quale è la direttrice sulla quale la Valle d'Aosta può promuovere una nuova e diversa fase di sviluppo? Credo che ve ne sia una sola. L'unica vera, grande, insostituibile e durevole risorsa che la Valle ha è il suo territorio, per quante ferite e sfregi gli siano stati inferti. Territorio inteso come insieme inscindibile di ambiente naturale, di risorse paesaggistiche e di cultura materiale. Quale è lo stato di questo settore? Alcune aree particolarmente sensibili e che più di altre avrebbero avuto bisogno di misure di salvaguardia, a causa del tipo di sviluppo turistico che si è realizzato, risultano oggi fortemente compromesse. Ciò sia per gli effetti della prima e convulsa fase di espansione, gli anni 60, che ha portato ad un assalto edilizio indiscriminato, che ha trasformato siti straordinari ai piedi del Monte Bianco o del Cervino in qualcosa di troppo simile a qualche disgraziata periferia cittadina, sia per gli effetti di quella successiva, delle stazioni integrate, con i casi emblematici dell'Alpila e di Cielo Alto, propagandate, tout court, come forme di investimento immobiliare tra le più sicure. Il risultato di tutto ciò, oltre ai devastanti effetti sul territorio, è stato, come è noto, il trasferimento di intere parti di territorio dal controllo, dalla proprietà della popolazione locale, al controllo, alla proprietà di gruppi economici che nulla avevano a che fare con la nostra Regione. Ora quale situazione peggiore, per un popolo come il nostro che fonda il suo essere su concetti quale l'autodeterminazione e l'autogoverno, che non poter più disporre della propria terra, che essere straniero, quando non servo, là dove per generazioni era stato incontrastato dominus.
Alcuni tipi di infrastrutture hanno segnato profondamente il territorio.

  • a. Una rete viaria principale, mi riferisco soprattutto al tratto autostradale nella Bassa e Media Valle, che, per il modo in cui è stata realizzata, ha provocato danni irreversibili a quel territorio, tagliandolo in due con un colpo di lama. Oggi più nessuno accetterebbe una simile struttura e credo nessuno oserebbe nemmeno proporla. Ma oggi questa c'è e drammatica è soprattutto la situazione di Hone, letteralmente spaccato in due, e del borgo di Montjovet, addirittura sovrastato dalla struttura viaria.
  • b. Una rete viaria minore, soprattutto quella locale, in specie le piste di vario tipo che costituiscono oggi una estesa ragnatela che copre larga parte del territorio regionale, troppo spesso disegnata sotto la spinta di interessi particolari la cui sommatoria ha certamente prodotto un quadro complessivo che non può non indurci a qualche riflessione critica.
    A me pare che la mancanza di un disegno organico abbia generato frutti avvelenati: da un lato vi è stata, ed in parte vi è ancora, una aspettativa illimitata di intervento da parte dell'Amministrazione regionale. Ogni area, ogni edificio, anche il più sperduto, doveva essere raggiunto da una pista interpoderale, da una pista tagliafuoco, da una trattorabile, eccetera, in una logica in cui i costi, il rapporto tra risorse necessarie e benefici sono dei dettagli marginali. Dall'altra si è sviluppata una ripulsa di principio di ogni tipo di intervento. Il solo comparire di una ruspa provoca sintomi barricadieri Vi è un certo tipo di cittadino che ha disegnato con la sua fantasia un mondo agreste di tipo arcadico che non esiste e non è mai esistito. Un certo tipo di "cittadino' che non conosce minimamente la situazione in cui ancora oggi è costretta a vivere nei mesi estivi una parte della popolazione che si dedica all attività agricola, situazione di fatica e di disagio a volte al limite dell'umano, situazione che egli, cittadino', non accetterebbe e non sopporterebbe per un solo giorno .
    Questo è il risultato della mancanza di un quadro organico di riferimento in cui siano individuate le aree a vocazione agricola che devono essere adeguatamente infrastrutturate e le aree che per le loro caratteristiche naturalistiche vanno invece salvaguardate nella loro integrità.
  • c. E ancora, non possiamo non ricordare una regimazione dei corsi d'acqua spinta talvolta all'eccesso o attuata con criteri discutibili. Una politica che ha prodotto anche qui una contrapposizione manichea. Una politica in cui hanno certamente pesato consistenti interessi economici e che è stata condizionata dai meccanismi perversi che legano progettazione ed esecuzione delle opere pubbliche. Più l'opera è faraonica, più la parcella sale, poi ci sono la direzione dei lavori, il collaudo e via dicendo. Quale strategia è possibile in tale situazione? E quale ruolo può giocare la protezione del territorio?
    Occorre dotarsi degli strumenti necessari per proseguire nella correzione della rotta. Strumenti sia di ordine generale, sia specifici.
    Tra i primi collochiamo il Piano territoriale e paesistico e la legge sulla valutazione di impatto ambientale.
    • a. Il PTP riprende e sviluppa le fondamentali intuizioni della legge 28 aprile 1960. Come è noto, con l'art. I il territorio della Valle d'Aosta era dichiarato bellezza naturale di pubblico interesse', articolo che malauguratamente fu dichiarato incostituzionale (Corte Costituzionale, sentenza 22 febbraio 1962, n. 13), e con l'art. 5 già si individuava in un piano regionale lo strumento fondamentale per disciplinare l attività edificatoria e lo sviluppo urbanistico e per effettuare la tutela del paesaggio. In questi ultimi anni, anche in applicazione della legge 431/1985 (legge Galasso), gli studi per la redazione di un piano territoriale paesistico sono stati ripresi, dal 1987, e siamo oggi nella fase di predisposizione del testo che dovrà essere sottoposto, presumibilmente a partire da gennaio, ai Comuni e alle Comunità montane in applicazione della legge 142/1990 di riforma delle autonomie locali e della cosiddetta legge sulle procedure, recentemente approvata dal Consiglio regionale per disciplinare il complesso iter attraverso il quale il piano dovrà diventare espressione e patrimonio di tutta la comunità valdostana.

Siamo certamente ad un passaggio essenziale, in cui si può effettivamente ridisegnare il futuro della nostra Regione. Tutto dipenderà dal coraggio delle nostre scelte; valorizzare l'identità regionale, le sue risorse e la capacità di autogestirle, o essere succubi di nuovi disegni di sfruttamento e di modelli culturali che tendono ad uniformare, appiattire, inglobare ogni cosa all'interno di strategie il cui unico fine è il conseguimento del massimo utile economico? Collocare più saldamente la Valle d'Aosta al centro dell'Europa, con una sua precisa connotazione, naturalistica e culturale, o accettare il triste destino di continuare ad essere un corridoio di transito internazionale con le merci?
Sul piano degli strumenti di carattere generale un ruolo significativo può svolgere, e direi che sta svolgendo, l'applicazione della legge sulla valutazione di impatto ambientale, legge regionale 4 marzo 1991, n. 6. Legge che certo è perfettibile, di cui si discuterà in un apposita giornata di studi, ma che costituisce un passo essenziale per la tutela preventiva dell'ambiente, richiedendo per tutti i piani e i progetti di qualche rilievo l'attenta valutazione degli effetti 'diretti ed indiretti, a breve e lungo termine, singoli e cumulativi che detti piani e progetti hanno sull'ambiente inteso come sistema complesso delle risorse naturali ed umane e delle loro interazioni (art. 2). E tanto più è efficace questa legge, quando, come oggi avviene, i pareri del Comitato scientifico per l'ambiente e degli altri organi tecnici che concorrono alla valutazione di impatto, vengono tenuti in attenta considerazione dall'organo che poi deve assumere la decisione conclusiva, e cioè la Giunta regionale.
Per quanto concerne gli strumenti specifici direttamente rivolti all'ambiente stiamo seguendo tre direttrici fondamentali.
1. Salvaguardia di aree naturali di particolare rilievo e sensibilità.
Sulla base della legge regionale 30 luglio 1991, n. 30, norme per l'istituzione di aree naturali protette, stiamo operando:

  • a. Per l'istituzione di alcune riserve naturali
  • b. Per la redazione del primo piano regionale dei parchi naturali.
Per quanto concerne le riserve naturali le aree individuate sono una decina. Si tratta di alcune zone umide in particolare, del lago di Villa a Challand-Saint-Victor, della zona di Saint-Marcel, per la cui salvaguardia sin dal 1983 il Consiglio regionale ha approvato una mozione; della conca di Lolair, ad Arvier; dello stagno di Holay, a Pont-Saint Martin. Di aree xero-termiche, quali la Cote de Gargantua, a Gressan, caratteristica testimonianza dei depositi dei ghiacciai wurmiani, e la collina di Tzatelet, tra Aosta e Saint-Christophe. Di aree rilevanti sotto altri aspetti naturalistici e paesaggistici: l'alto vallone del Vargno, ai piedi del Mont Mars, in Comune di Fontainemore, area che le amministrazioni comunali e regionali intendono acquistare in parte per farne la sede dei campi natura estivi della Bassa Valle; le gorges del torrente Fer, a Donnas, uno dei più interessanti esempi di erosione fluviale; l'area delle cascate a La-Thuile, con alcuni straordinari valloni che fanno da corona.
Per alcune di queste aree già la Giunta regionale ha avanzato formale proposta di istituzione di riserva naturale ai Comuni territorialmente interessati.
Infine, con l'amministrazione comunale di Aymavilles si sta predisponendo il 'progetto Pondel', il cui scopo è di salvaguardare e valorizzare il patrimonio geologico, naturalistico, storico ed architettonico, particolarmente ricco, compreso tra il ponte di Chevril, nella media Valle di Cogne, e lo sbocco della Grand'Eyvia nella vallata centrale.
E, nel contempo, in corso di realizzazione uno studio preliminare per la redazione del primo piano regionale dei parchi naturali, studio che contempla sia un considerevole ampliamento dell'esistente Parco del Mont Avic, lungo la dorsale centrale Avic-Monte Emilius, poco antropizzata, anzi ancora in gran parte selvaggia, sia due altre aree, quella dell alta Valpelline e quella costituita dai valloni che fanno capo al Mont-Nery, tra la valle di Gressoney e la Valle d'Ayas, area quest'ultima che si segnala anche per il rilevante patrimonio architettonico, credo unico per ampiezza e stato di conservazione. Ovviamente, anche in questo caso è stata avviata un'ampia consultazione con gli Enti locali interessati.
Voglio sottolineare, per fugare dei dubbi insiti talvolta ad arte, che la citata legge regionale 30 luglio 1991, n. 30, che disciplina le riserve ed i parchi, contiene precise norme di salvaguardia per la proprietà, agli articoli 21 e 28, e per l'attività agricola, agli articoli 3 e 25.
Ricordo ancora che questa legge, come è noto, dovrà essere prossimamente adeguata alla legge-quadro nazionale 6 dicembre 1991, n. 394. Potrà essere questa l'occasione anche per una riflessione più generale sulla stessa e per eventuali integrazioni e modificazioni in relazione ai problemi emersi nel corso del primo anno di applicazione.
La nostra attenzione è poi evidentemente puntata sul PNGP e sull'Espace Mont-Blanc. Per quanto concerne il PNGP, ritengo che, pur in un contesto caratterizzato da notevole e deleteria conflittualità tra Ente gestore e Comunità locali, con responsabilità che credo possano essere individuate su differenti versanti, il parco abbia comunque svolto una essenziale, fondamentale opera di salvaguardia di uno dei territori più interessanti sotto l'aspetto paesaggistico e naturalistico dell'intera Valle d'Aosta, e che sia un concreto esempio di come salvaguardia significhi, nello stesso tempo, valorizzazione, e valorizzazione non solo per l'area direttamente interessata, ma per l'intera Regione, che oggi è conosciuta in Italia e nel mondo anche perchè qui c'è il PNGP.
Con il PNGP questa amministrazione intende quindi stabilire dei rapporti di piena e fattiva collaborazione In questo quadro si inseriscono:
  • a. La decisione di collaborare con l'Ente parco per i I convegno del 17/ 18 dicembre in cui, in occasione del settantesimo dell'istituzione del Parco, se ne studieranno gli aspetti storici, scientifici, culturali;
  • b. La realizzazione di iniziative di carattere scientifico che saranno prossimamente organizzate congiuntamente dal Parco naturale del Mont-Avic e dal PNGP;
  • c. Lo studio della questione dei centri visita, promosso assieme da Regione, Ente parco e Comunità montana.

Sull'Espace Mont-Blanc si sono confrontate in questi anni posizioni differenti, anche assai differenti Da un lato chi ha posto l'accento sulla necessità di salvaguardare un luogo straordinario, un luogo che ha un valore simbolico il Monte Bianco è la Montagna; dall'altra chi ha parlato di "produit Mont-Blanc' e di campagne de marketing'. Credo che il recente incontro tra i ministri dell'Ambiente di Francia, Svizzera ed Italia abbia contribuito ad indicare una direzione sufficientemente chiara:

  • a. Con la riaffermazione nel comunicato congiunto della "signification exceptionnelle du Mont-Blanc, sur le plan de l'environnement et de la culture', e sul 'role de l'Espace Mont-Blanc, coeur d'un domaine écologique d'un grand intéret éuropéen .
  • b. Con l'individuazione, ancora nel comunicato congiunto, di alcuni progetti sui quali operare nel corso del 1993, in particolare "une stratégie commune pour les transports internationaux privilégiant le trafic combiné rail-route'; actions communes pour la sauvegarde des milieux sensibles, promotion du tourisme extensif doux'. E questa una linea di azione per la quale la delegazione Valle d'Aosta-ltalia della Conferenza Transfrontaliera ha lavorato e sulla quale intendiamo proseguire la nostra azione.

Ritengo che occorrerà pensare ad una struttura in grado di coordinare tutto ciò: riserve, parchi, PNGP, Espace Mont-Blanc. Un preciso punto di riferimento per la gestione di ciò che a mano a mano si andrà costituendo sul territorio (nessuno si illude, credo, e meno che mai questo assessore, che i tempi saranno brevi), per il coordinamento delle attività scientifiche, per lo sviluppo delle iniziative didattiche, per il raccordo con ciò che avviene altrove, in Italia ed in Europa, in questo campo, ed anche un centro che faccia della promozione qualificata, che sappia rivolgersi ad un'utenza che non ha come fine il consumo, ma la comprensione di una realtà complessa costituita spesso dall'intreccio di aspetti naturalistici, storici, culturali. Già ho avuto modo di dire, e lo ripeto qui, che la sede di questa struttura potrebbe opportunamente essere individuata nel forte di Bard. Come è noto, non sono mancate altre proposte per l'utilizzo di questa fortezza, le più disparate: da Mediapolis, ovvero "fabbrica di comunicazione del livello intermedio, attraverso cui la Valle d'Aosta dovrebbe assumere un ruolo guida nell'area nord-occidentale italiana (testuale), a sede di una "fondazione che abbia come obiettivo la diffusione fra i propri membri degli sviluppi della ricerca farmacologica nel mondo'. lo credo che né la fortezza di Bard, né il territorio che la circondano abbiano bisogno di ciò. E questa un'area ricca, ricchissima di storia e posta al centro di uno scenario che la natura ha voluto straordinario, uno scenario che racchiude inoltre particolarità geologiche eccezionali ed oggi assai poco conosciute. Quale luogo migliore per farne la sede della struttura a cui ho accennato. E quale posizione migliore: all'imbocco stesso della valle, di una valle che ha scelto, se questa sarà la scelta, di porre al centro della sua attenzione la risorsa ambiente.

2. La seconda direttrice è quella del recupero di aree e di situazioni di degrado ambientale.
Anche in questo campo abbiamo mosso qualche passo. Alcune iniziative sono forse sembrate velleitarie: Superphoenix e diga di Beauregard. In realtà si è trattato di riaffermare che questi sono dei problemi reali. I piloni del Superphoenix, questi giganti d'acciaio che raggiungono i 75 metri di altezza, con braccia di 20 metri, veri e propri simboli di un certo tipo di sviluppo, sono lì a ricordarcelo, stagliandosi sui crinali, o incombendo, addirittura in doppia fila, sulla valle centrale. Ed è lì anche la diga, costruita per contenere 70 milioni di mc. e desolatamente vuota, a dimostrare che anche l'uomo moderno può essere costretto a piegarsi quando non è sufficientemente previdente. E d'altronde, esiste una Convenzione delle Alpi, a cui la Giunta regionale si è espressamente richiamata, in cui le parti contraenti, gli Stati, tra cui l'Italia, affermano di voler prendere misure adeguate al fine di proteggere, tutelare e, se necessario, ripristinare l'ambiente naturale e il paesaggio, ed ancora di "operare per forme di produzione, distribuzione e utilizzazione dell'energia che rispettino la natura ed il paesaggio'.
Ma vi sono poi altre iniziative che voglio ricordare:

  • la decisione di predisporre un piano di recupero ambientale dell area di imbocco della Val Veny, oggi simbolo, con le sue discariche di materiale inerte, con le sue cave, con una strada percorsa da mezzi pesanti tracciata lungo l'alveo stesso della Dora e che lambisce il ghiacciaio della Brenva, simbolo dicevo di una politica dissennata in materia ambientale; - la progettazione, in corso, per il recupero dell'area adiacente la diga di Place-Moulin in Valpelline;
  • le trattative con l'ENEL per l'eliminazione di alcune linee aeree in Bassa Valle;
  • l'intenzione di promuovere, in accordo con l'amministrazione comunale di Saint Marcel, il recupero e la valorizzazione dell'area mineraria che va da Druges a Praborna, una delle più importanti storicamente della Valle d'Aosta.

3. Ed infine, terza ed ultima, ma non meno importante direttrice, l'educazione ambientale.
Educazione verso gli adulti, e questo è il senso, per esempio dell'iniziativa sviluppatasi in questo mese, denominata "Incontri ambiente", ma soprattutto educazione indirizzata in modo mirato alle scuole. E questo uno dei settori a cui intendiamo dedicare particolare attenzione, potenziando l'École buissonière. Non nel senso proprio del termine evidentemente, ovvero di marinare la scuola', ma in quello che gli hanno attribuito, giocando sulle parole, i nostri operatori: fare davvero la scuola nei cespugli, portare la scuola nella natura, o anche la natura nella scuola. Ed è ciò che, credo, con crescente successo si sta facendo. Sempre più sono le scuole, materne e, soprattutto, elementari, che chiedono di mettere a disposizione materiale, strutture e personale per "faire l'école buissonnière'. La speranza è che quei bimbi, raggiunta l'età della cosiddetta maturità, possano mantenere in sé un poco di quella sensibilità, di quella delicatezza, di quello stupore, di quella gioia con cui hanno saputo guardarsi attorno quando facevano l'école buissonnière. Allora, forse, quella partita a scacchi che è rappresentata nel manifesto di questo convegno, partita per certi versi drammatica e decisiva, non sarà una partita persa.

*Assessore all'Ambiente
della Regione Valle d'Aosta