Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 10 - NOVEMBRE 1993


Le praterie del grande nord piemontese
Enrico Borghi *

Si potrebbe sintetizzare così, con questa frase ad effetto, la realtà di questi due alpeggi ossolani, collocati nell'estremo lembo settentrionale del Piemonte e istituiti Parchi regionali rispettivamente nel 1978 e nel 1 990.
Sono parecchie, infatti, le caratteristiche peculiari di questo territorio che hanno portato alla realizzazione in zona di una vasta area protetta che si estende per oltre diecimila ettari. Alpeggi utilizzati da millenni, e quindi plasmati nella loro attuale conformazione dall'intervento dell'uomo, Veglia e Devero costituiscono il distretto mineralogico più interessante dell'intera Europa, e sono considerati due autentici gioielli del mondo alpino.

Terra di confine

Per quanto ricadenti sotto giurisdizioni diverse (Veglia è territorio del Comune di Varzo, Devero di quello di Baceno) i due alpeggi hanno in comune la storia, che si riassume nel territorio di vicinato fra gli svizzeri e coloro che si alternarono alla guida dei possedimenti delle terre ossolane, le quali legarono la propria sorte al Ducato di Milano per essere poi inglobate - nel 1748 - nei domini dei Savoia.
Per la verità, l'Alpe Veglia possiede una particolarità rispetto all'alpeggio gemello, peculiarità che conferma il ruolo da esso svolto di sostentamento delle popolazioni locali. Qui, infatti, alcuni ricercatori delI'Università di Ferrara hanno ritrovato dei frammenti di quarzo lavorati, e sulla base di questa scoperta hanno avviato - con il contributo della Regione Piemonte e dell'Ente parco - una campagna di scavi che prosegue da cinque anni e che ha consentito di far riaffiorare reperti archeologici risalenti al periodo del Mesolitico, circa 9.000 anni fa. I ritrovamenti (costituiti essenzialmente in cristallo di roccia di quarzo lavorati da mano umana) hanno consentito di far risalire molto indietro nel tempo il periodo di prima fruizione di queste terre alpine. Le quali hanno poi seguito il corso che la storia ha loro assegnato divenendo di volta in volta punto di contatto e di confronto, a volte di conflitto, fra popoli e culture diverse.
Due episodi, della secolare storia di Veglia e Devero, illustrano quanto assunto.
Il primo, relativo a Devero, riguarda il ruolo di "cerniera" svolto da queste aree. Qui infatti si spinse il popolo dei Walser, partito dal canton Vallese, nei suoi insediamenti urbani; l'alpe Devero costituiva in pratica l'ultimo avamposto di questo popolo dall'idioma tedesco, che appena scesa dalI'alpeggio in direzione sud diceva di essere entrato nella terra di "Lombardi", l'Italia.
Il secondo, legato a Veglia, testimonia invece quanto preziose venissero considerate queste zone a cavallo fra Italia e Svizzera. Proprio perché pascolo fra i migliori - e quindi più prezioso per il sostentamento di popolazioni come quelle ossolane e vallesana che solo con la fine del secolo scorso hanno abbandonato lo sviluppo economico su base agricola - Veglia fu oggetto di periodiche guerre fra il Ducato di Milano e i vallesani di Sion per oltre due secoli, dal 1300 al 1500, con frequenti scontri, ruberie di bestiame e saccheggi. Un trattato dal 1495 - che la tradizione vuole stipulato in Alpe Veglia al Pian del Scricc (Piano dello Scritto) - pose fine alla questione assegnando Veglia all'Ossola e quindi all'ltalia. Due episodi che si innestano su una tradizione millenaria di questi alpeggi, centro del pascolo, della transumanza e dell'agricoltura delle vallate Divedro e Antigorio.

Aree protette

L'emergere della società industriale e il progressivo arretramento delle economie fondate sull'agricoltura provocò una modificazione anche di Veglia e Devero.
Da un lato, infatti, si cominciò a registrare una progressiva diminuzione sia dei capi inalpati che degli addetti all'agricoltura; dall'altro, però, iniziò a sorgere attorno a queste zone un particolare interesse per la loro peculiarità naturalistica.
Questo interesse culminò sul finire degli anni '60, quando la proposta avanzata dall'Enel di trasformare l'Alpe Veglia in un grosso invaso artificiale registrò un'autentica levata di scudi da parte delle popolazioni locali - che già si erano opposte quarantanni prima ad un analogo progetto della Dinamo - e delle associazioni "Italia Nostra" e "Lions Club".
Nel 1971 la Regione Piemonte riconobbe la necessità di porre precisi vincoli conservativi per l'Alpe Veglia, e tre anni più tardi questo venne inserito fra i territori soggetti a protezione delle bellezze naturali. Nel 1978 venne infine istituito il Parco naturale dell'Alpe Veglia, che si estende su una superficie di 4.120 ettari.
Un analogo - anche se meno accelerato processo conobbe l'Alpe Devero, per il quale già nel 1905 era sorta la "Pro Devero" con compiti di valorizzazione delle bellezze naturalistiche dell'alpe. Per quanto riguarda Devero - istituito in Parco naturale regionale dell'Alpe Devero nel 1990 - c'è da rilevare anche la presenza di una vasta area di salvaguardia (nella quale rientrano pressochè tutti gli insediamenti di tipo urbano dell'alpeggio) che porta la superficie complessivamente sottoposta a tutela a 6.635 ettari.

Una strada segnata

Veglia e Devero hanno, quindi, una strada comune già segnata da percorrere nei prossimi decenni: quello dello sviluppo e della crescita fondata sulla tutela dell'ambiente, la conservazione delle caratteristiche naturali ed architettoniche e la valorizzazione delle attività di tipo agro-silvo-pastorale.
Al fondo di questa strada c'è la qualificazione delle condizioni di vita e di lavoro delle popolazioni locali, così come detta la legge istitutiva dei parchi.
Il percorso è comunque appena iniziato, e quindi ancora in presenza di ostacoli.
Al fondo di ciò c'è la difficoltà del passaggio culturale fra una concezione di sviluppo economico fondata sullo sfruttamento del territorio e un'idea di sviluppo basata sulla tutela dell'ambiente.
Indubbiamente, nel breve periodo la prima strada porta al conseguimento di una ricchezza immediata, la quale è comunque concentrata attorno a pochi capisaldi (proprietari di terreni, costruttori e immobiliaristi, tanto per rendere l'idea) e non ridistribuita sul territorio, il quale poi rischia di offrire sempre meno man mano che la sua peculiarità viene intaccata.
La seconda, invece, è una strada più lunga ma - forse proprio per questo - più duratura e in grado di avere ricadute di tipo economico più globali e più interessanti l'intera comunità.
Su questa strada opera l'Ente di gestione dei Parchi naturali Alpe Veglia - e Devero, partito pressochè da zero visto che il Parco del Devero è da poco costituito e quello del Veglia è uscito solo nel 1992 da un periodo commissariale, dopo un decennio di inconcludenti amministrazioni.
Il compito di questa e delle future amministrazioni sarà quindi quello di far decollare realmente il Parco, di renderlo operativo, di farne qualcosa di vivo e di aderente alla realtà circostante, così che si possa realizzare compiutamente quel processo di reale e spontanea adesione al Parco delle popolazioni locali come già avvenuto in altre parti d'Italia. Processo del quale, fortunatamente, si comincia ad avvertire i primi avvii. Se la strada è segnata, il cammino si presenta - se non irto - almeno in salita.
In questa situazione, l'Ente parco ha iniziato a svolgere con entusiasmo e convinzione l'opera di "traghettamento" verso il futuro, convinto in ciò di proseguire una storia suggestiva avviata millenni fa che merita d'essere continuata.

* Presidente Ente parco Veglia e Devero