Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 12 - GIUGNO 1994


Il salvataggio delle migrazioni di anfibi nella Val Cavallina
Giovanni Giovine *

Le aree di rilevanza ambientale

Le aree di rilevanza ambientale istituite dalla Regione Lombardia con legge regionale 30/11/ 1983 n. 86, sono delle zone più o meno ampie caratterizzate da emergenze ambientali di pregio, meritevoli di studio ed ulteriore valorizzazione. In queste aree agiscono le apposite Commissioni provinciali per l'ambiente naturale che hanno il compito di promuovere l'analisi del patrimonio naturale, proporre le aree da destinare a nuove riserve, individuare i monumenti naturali ed indicare interventi e misure per la tutela e il recupero ambientale.
La Provincia di Bergamo è interessata da ben quattro aree di rilevanza ambientale: il corso superiore del fiume Oglio (parte), il corso superiore del fiume Serio, il Monte Canto e la Val Cavallina-Sebino. Queste presentano caratteristiche diverse: le prime due sono formate da ambienti fluviali incassati tra i rilievi, il Monte Canto è un' area collinare aperta verso la pianura, mentre l'ultima è la più varia, comprendendo laghi, montagne e acquitrini. L'area di rilevanza ambientale Val Cavallina-Sebino è formata, infatti, principalmente da una vallata lunga circa 30 km contenente due laghi (Endine e Piangaiano) e da manifeste testimonianze dell'attività glaciale quaternaria. Verso la testata della valle spicca la Riserva naturale della Valle del Freddo caratterizzata da vegetazione relitta microterma alpina situata a circa 400 m. di quota (Furlanetto D., 1986). Le parti restanti di quest'area di rilevanza ambientale sono costituite da complessi montuosi prospicienti il lago di Iseo. Su queste montagne si trovano animali di un certo pregio come il cervo (Cervus elaphus), il gufo reale (Bubo bubo), varie specie di mustelidi ed interessanti popolazioni di anfibi.
Sono proprio gli anfibi i protagonisti di questo articolo. Troppo spesso poco considerati, poco conosciuti, colpiti dall'inquinamento e dall'azione dell'uomo costituiscono un'importante classe di vertebrati sia dal punto di vista evolutivo che da quello ecologico.
Questo articolo vuole essere stimolo e spunto per i gestori di aree protette nel riconsiderare globalmente la protezione della fauna, soprattutto quella "minore", che costituisce la base delle catene alimentari.

Perché proteggere gli anfibi
La protezione degli anfibi non ha una funzione solamente etica ma scientifica ed ovviamente anche ecologica. Diverse specie di anuri ed urodeli appartengono alla fauna italiana (34, forse qualcuna in più), tra cui alcuni endemismi che andrebbero maggiormente tutelati come ad esempio: Rana latastei, Triturus italicus, le 6 specie di Speleomantes (Bruno S., 1983) o Salamandra lanzai. In Italia purtroppo numerose specie corrono il pericolo di estinguersi a livello locale perché le alterazioni ambientali, l'inquinamento, le distruzioni ambientali contribuiscono a ridurre il numero delle specie, la loro consistenza numerica e la variabilità genetica. Anche la morte per investimento stradale è un fattore di estinzione delle popolazioni di anfibi, soprattutto quelle migranti (Bruno S., 1973).
Già da diversi anni la protezione degli anfibi migranti è oggetto di operazioni di conservazione in tutta Europa. Numerosi esempi ci giungono dalla vicina Svizzera (Canton Ticino - Fossati A. litt.). Nel 1992 sono partite in contemporanea in numerose zone della Lombardia azioni tese alla salvaguardia delle popolazioni di anfibi migranti. I primi esempi concreti si sono avuti in provincia di Bergamo, in Val Cavallina e lungo il lago d'Iseo.
Anche la legge regionale n. 33/77, se applicata, è un valido strumento di protezione degli anfibi: in essa sono completamente protetti i rospi (principale specie migrante).

Le migrazioni degli anfibi
Le migrazioni nel mondo animale sono un fenomeno ben conosciuto. Le più note sono quelle degli uccelli, ormai molto studiate; meno lo sono quelle degli anfibi.
Il rospo (Bufo bufo) ad esempio compie durante il corso dell'anno diversi movimenti: il primo- e più vistoso-è quello che avviene verso i luoghi di riproduzione (a marzo e ad aprile), il secondo verso i quartieri di nutrimento, il terzo verso i quartieri di estivazione e il quarto verso i quartieri di svernamento (Sinsch U., 1990).
Nel caso della zona studiata alcune specie di anfibi attraversano, durante la fase migratoria riproduttiva, la strada provinciale che collega le località di Monasterolo, S. Felice ed Endine e qui vengono travolti dagli autoveicoli in transito. Le specie coinvolte nella migrazione sono le seguenti: rospo (Bufo bufo), rana agile (Rana dalmatina), rana di Lataste (Rana latastei), rana dei fossi (Rana lessonae), rana verde minore (Rana kl. esculenta), tritone punteggiato (Triturus vulgaris), tritone crestato (Triturus carnifex). L'unico anfibio non migrante, che si trova accidentalmente lungo la strada, è la salamandra pezzata (Salamandra salamandra) dalle abitudini sedentarie. Tutte le altre con l'arrivo della primavera si dirigono in massa verso l'unico corpo idrico presente nella zona, cioè il lago di Endine (o Spinone), attraversando boschi, campi e strade.

Metodologie
Il fenomeno dell'investimento degli anfibi lungo la strada che costeggia il lago di Endine è noto ormai da diversi anni; in seguito ad una serie di denunce effettuate attraverso i giornali nel 1991 e 1992 dalla Sezione WWF di Bergamo, la Comunità Montana di Val Cavallina, grazie anche ad un funzionario regionale, cominciò ad interessarsi al problema.
Le metodologie operative attuate nel 1992 e nel 1993 sono diverse ma consequenziali. Nel 1992 si è seguita una metodica d'individuazione delle zone interessate, mentre nel 1993 si è eseguita una metodologia più operativa.
In entrambi gli anni, la strategia è stata duplice: da una parte c'è stata la fase operativa, dall'altra quella divulgativa. La divulgazione è sempre un'arma efficace ed importante per la riuscita delle operazioni riguardanti la conservazione delle specie.
Nel 1992 si è cercato di individuare i punti di maggior transito degli anfibi, utilizzando le cartine sulle quali sono state localizzate le fasce dove venivano visti attraversare o dove venivano schiacciati. Nella parte terminale del lago (verso Valmaggiore) erano state poste in via sperimentale circa 500 metri di barriere in polietilene (che venivano svuotate ogni sera dai volontari), mentre lungo tutta la strada erano stati posizionati dei cartelli per segnalare la migrazione. Inoltre la raccolta di dati numerici ha dato un'idea dell'importanza di questo fenomeno.
Nel 1993, grazie alle informazioni raccolte durante l'anno precedente, le barriere (costituite da un telo di polietilene trasparente alto 50 cm., sostenuto da picchetti metallici e tenuto schiacciato al suolo, nel lembo inferiore, da forcelle e tiranti) sono state poste per circa 2,5 km. Lungo la strada nella zona di maggior passaggio. Analogamente a quanto fatto nel 1992, sono stati installati dei cartelli, mentre il Comune di Endine, in seguito a richiesta della Questura, ha emesso un'ordinanza nella quale veniva imposto il limite di velocità di 30 km./h. La raccolta dei dati a carattere scientifico è stata concomitante all'operazione di salvataggio. La zona è stata suddivisa in sei settori in cui operavano in media due o tre volontari per ogni suddivisione settoriale. I parametri sono i seguenti: rospi verso monte, verso lago, maschi e femmine, morti, altre specie di anfibi, condizioni atmosferiche e temperatura. Tutte queste informazioni sono state raccolte su tre tipi di schede, di cui quella relativa al settore presenta sul retro un promemoria per il riconoscimento delle specie e per avere una legenda operativa. Sono state raccolte informazioni a carattere scientifico riguardanti il peso, la lunghezza, eccetera.

Risultati e conclusioni
Nel 1992 l'operazione è durata dal 23 marzo al 20 aprile: i rospi conteggiati sono stati 3.500 verso lago (mortalità del 15%); nel 1993 l'operazione è durata dal 18 marzo al 22 aprile: i ro-
spi conteggiati verso lago sono stati 5.600 (mortalità del 12%). La popolazione di rospi stimata dovrebbe essere di circa 10.000 unità. La differenza tra i due anni deriva da una maggiore copertura avvenuta nel '93. La mortalità ancora relativamente elevata dell'ultimo anno è dovuta alla posa ritardata delle barriere sistemate una settimana dopo l'inizio della migrazione, periodo durante il quale il 57% dei rospi è transitato verso il lago. A causa della lunghezza del tratto interessato, che è di circa 5 km., si propone, nelle aree di minore importanza per la migrazione, di compiere un trasferimento delle popolazioni di anfibi (che rischiano di estinguersi) dalle zone dove è impossibile tutelarle alla zona delle barriere. E di vitale importanza, inoltre, effettuare più dettagliati studi scientifici per conoscere meglio la fauna della zona e i suoi rapporti con l'ambiente. Già dallo scorso anno sono stati raccolti numerosi dati scientifici al riguardo di questa popolazione di anfibi, che saranno pubblicati su riviste specializzate. Ultimo e decisivo passo, per la salvaguardia delle popolazioni di anfibi, sarà quello di realizzare in modo definitivo delle barriere fisse con relativi tunnel sottostradali che consentiranno una più adeguata protezione.
Più interessante, per lo scopo di questo articolo, è l'evidenziare l'aspetto di tutela e conoscenza della fauna anfibia in rapporto con le aree protette. Spesso nella loro gestione si tende a privilegiare un solo aspetto, come la tutela di una sola specie (già rara) o di un altro aspetto particolare: in realtà le innumerevoli specie della cosiddetta "fauna minore" spesso non sono neanche prese in considerazione. Oggi questo settore della nostra fauna non va trascurato anche alla luce di più recenti indagini sullo status degli anfibi che risultano proporzionalmente tra le specie più minacciate d'estinzione in tutta Europa.
In Italia esistono scarsi studi sull'argomento che, purtroppo, non ci danno un quadro preciso sulle specie minacciate anche se è giocoforza che quelle ad areale ridotto subiscano una minaccia maggiore. Tra queste ricordo tutte le specie endemiche, e per le Alpi sicuramente ci sono significative riduzioni areali per la salamandra nera, il tritone alpestre, l'ululone dal ventre giallo e la lucertola vivipara.
E importante per la sopravvivenza degli anfibi, nelle aree prealpine, ricorrere a questi tipi di interventi qui elencati che, però, possono essere attuati nelle aree che godono di efficace tutela ambientale.
1) Censimento delle aree riproduttive degli anfibi: questo tipo d'intervento è assolutamente prioritario se si vuole conoscere lo status di una specie; ben più importante di un semplice censimento in grado di dare informazioni sulla distribuzione ma non sulla situazione reale e sulle eventuali possibilità riproduttive. 2) Conservazione e ripristino delle pozze di alpeggio soprattutto nelle aree calcaree, dove la presenza di fenomeni carsici riduce la presenza di laghetti e zone umide.
3) Divulgazione: questo è un aspetto importante in quanto è proprio la scarsa conoscenza degli anfibi che fa sottovalutare le problematiche ad essi connesse.
Come conseguenza logica di questo tipo di azione l'ente gestore dell'area protetta dovrebbe agire in modo operativo individuando nell'area protetta una zonizzazione che preveda (nei biotopi riproduttivi più importanti) forme di tutela come la costituzione di riserve biogenetiche per anfibi. Qualora risultassero di importanza vitale per una o più specie, aree ormai depauperate, anche se potenzialmente idonee, non resta che operare una reintroduzione, rimuovendo prima le cause che hanno provocato la rarefazione.
La tutela delle rotte di migrazione degli anfibi, come già ribadito, è un altro aspetto importante di protezione.
Esperienze utili in tal senso provengono dalla vicina Svizzera dove ormai da decenni sono note le rotte di migrazione degli anfibi e i biotopi riproduttivi più importanti grazie ad un censimento su scala nazionale.
Quel che è importante però è che per ogni opera da eseguire negli immediati dintorni del biotopo venga consultato il comitato scientifico, che giudichi l'impatto del manufatto sulle popolazioni di anfibi. A tal riguardo, nelle nostre zone protette, sarebbe interessante (ed oltretutto importante) che nelle aree di recupero ambientale prevedano oltre che i normali lavori di piantumazione e risistemazione, anche la realizzazione di piccole fasce umide per gli anfibi.
Nelle montagne, in cui il territorio è stato meno manomesso dall'uomo, è preferibile conservare
le zone in cui sussistono pozze d'alpeggio in quantità accettabile; viceversa è problematico tutelare una zona umida isolata di piccole dimensioni per evidenti motivi di carattere genetico.
L'area di rilevanza ambientale Val Cavallina-Sebino costituisce un importante esempio di salvaguardia ambientale, un progetto pilota nell'ambito delle aree protette, un'importante indicazione di come risolvere il problema delle migrazioni animali attraverso le strade.

Bibliografia

- Bruno S., Problemi di conservazione nel campo delI'erpetologia, Atti del 3° simp. naz. Cons. Nat., Bari, pp. 117-226, 1973.
- Bruno S., Lista rossa degli anfibi italiani, Riv. Piem. St. Nat., pp. 5-48, 1983.
- Furlanetto D., La valle del Freddo, Prov. di Bergamo, pp. 52, 1986.
- Sinsch U., Migration and orientation in anuran amphibians, Ethology, Ecology & Evolution, pp. 65-79, 1990.

* Dottore in Scienze naturali