Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 13 - OTTOBRE 1994


Val Grande: il parco selvaggio d'Italia
Franca Olmi

Com'è nato il Parco nazionale della Val Grande, in breve

La Val Grande è chiusa tra le montagne dell'Ossola, il bacino del Lago Maggiore e la Valle Cannobina e presenta una estensione di 11.733 ettari. Si ritiene che sia stata abitata fin dalla preistoria, ma non si hanno elementi certi. Storicamente provata la presenza dei pastori in transumanza dal 1300. Alla fine dell'Ottocento la Valle subì un forte disboscamento che si protrasse per vari decenni.
La piccola capitale di Cicogna offriva allora, oltre agli altri servizi, una scuola elementare.
Con la fine della seconda guerra mondiale, boscaioli e alpigiani abbandonarono la Valle, e il bosco riprese il sopravvento.
Oggi i residenti fissi sono solo 20, prevalentemente anziani, che vivono a Cicogna.
Nel giro di 50 anni la Val Grande ha assunto un aspetto così impervio e selvaggio che è stata individuata dall'Associazione italiana per la Wilderness come una delle aree del settore più interessanti a livello internazionale.
Rimangono, tuttavia, testimonianze della presenza dell'uomo come alpeggi abbandonati e baite parzialmente diroccate.
L' idea di istituire un parco naturale risale al primo dopo guerra e fu allora sostenuta dal sen. Raffaele Cadoma e dall'on. Natale Menotti.
L'idea fu ripresa nel 1963 dal professore Mario Pavan dell'Università di Pavia.
L'Azienda di Stato delle foreste demaniali istituì, nel 1971, dopo aver acquistato molte proprietà comunali e private, la Riserva naturale integrale del Pedum e la Riserva naturale orientata del Mottac, per un territorio complessivo di circa 3.400 ettari.
Nel 1974 nel programma della Sezione novarese di Italia Nostra compare un'articolata proposta per la costituzione di "un parco naturale di Val Grande", che avrebbe dovuto conglobare anche la Valle Cannobina e raggiungere il confine di Stato tra l'Italia e la Svizzera. Di questo parco veniva auspicato l'allargamento al territorio svizzero
Nel 1982 il consigliere regionale Nino Carazzoni presentava una proposta legislativa per "l'istituzione di un parco naturale della Val Grande". In questo periodo l'Associazione italiana Wilderness, nella persona del suo presidente, Franco Zunino, sosteneva, a livello internazionale, che era necessario salvaguardare la Val Grande come area Wildemess.
Nel libro "Val Grande, ultimo Paradiso", pubblicato nel 1985, Teresio Valsesia riprendeva l'idea del parco.
Nel 1985, in occasione del convegno sul turismo integrato, organizzato dal Comprensorio Verbano-Cusio-Ossola e tenutosi a Verbania, gli amministratori della Valle fecero propria l'iniziativa di istituire il parco, e precisamente un parco nazionale.
Nel 1987 con il convegno "Val Grande, ultimo Paradiso", organizzato dagli enti locali, venne costituito un Comitato promotore per l'istituzione del parco, formato dai Comuni, dalle Comunità montane, dalla Regione Piemonte e dalle associazioni ambientaliste, che dette vita ad una commissione paritetica ministeriale.
Ci vollero cinque anni per raggiungere l'obiettivo. In questo periodo fu importante e decisivo l'interessamento dell'allora ministro dell'ambiente Giorgio Ruffolo, del presidente della commissione ambiente della Camera on. Giuseppe Cerutti e degli assessori regionali ai parchi Bianca Vetrino e Enrico Nerviani.
Il Parco nazionale Val Grande veniva istituito il 2 marzo 1992 dal ministro dell'ambiente Valdo Spini.
L'ente parco è stato insediato il 16 maggio 1994.

La fase di avvio dell'ente

Ho avuto occasione di leggere sulla rivista
Parchi del giugno 1994 un articolo del professore Lasèn, presidente del Parco nazionale delle Dolomiti Bellunesi, e ho apprezzato il tono pacato con cui metteva in rilievo le anomalie che accompagnano il difficile avvio di un ente parco. In verità, si tratta di una faticosa esperienza di tipo pionieristico con dei risvolti così imprevedibili e, talvolta, assurdi, che viene fatto di pensare che chi non ha provato, non può capire.
Infatti, nella fase iniziale, l'ente, completamente sfornito di mezzi economici, di strutture e di personale ed affidato alla buona volontà ed allo spirito di iniziativa degli amministratori, deve assolvere ad una serie di adempimenti di legge, alcuni dei quali, come il bilancio e la pianta organica del personale, sono presupposti indispensabili di ogni attività operativa. E per assolvere a questi adempimenti, i tempi tecnici non sono brevi.
Ma non basta: a questi problemi si sommano quelli di ordine pratico, che sono in verità molti e i più disparati.
Unica nota positiva la solidarietà e, per quanto di competenza, la collaborazione dei Comuni, delle Comunità montane e del Ministero dell'ambiente. Per l'avvio del Parco Val Grande si sono aggiunte, a quelle sopraindicate, altre difficoltà, connesse alla sua peculiarità di area selvaggia.
Infatti, in nome della tutela di questo importante valore, le associazioni ambientaliste (malgrado l'ente parco avesse stabilito con esse, da subito, rapporti improntati alla massima chiarezza, trasparenza e collaborazione) hanno perfino contestato la programmazione, all'interno del piano triennale, dei più semplici ed essenziali interventi di ripristino dei sentieri, che risultano, invece, necessari per motivi di sicurezza, ed hanno formalmente richiesto che qualsiasi intervento fosse rinviato all'approvazione del piano del parco, precisando che lo stesso doveva essere predisposto entro sei mesi dall'insediamento dell'ente.
E' vero che l'art. 12 c. 3 della legge 394/91 fissa i termini della predisposizione del piano entro sei mesi dall'insediamento dell'ente, ma è altrettanto vero che l'articolo di legge non tiene conto dei tempi tecnici per la nomina del Collegio dei revisori dei conti, per la predisposizione e l'approvazione del bilancio da parte dei Ministeri competenti e per il successivo accreditamento dei fondi, ed è altrettanto vero che questi adempimenti burocratici condizionano l'avvio di ogni e qualsiasi procedura di affidamento di incarichi per la predisposizione del piano. Mentre gli ambientalisti spingevano in tal senso, gli abitanti dei Comuni che gravitano sul territorio del parco si ritenevano mortificati e penalizzati dalle misure di salvaguardia, reputate severe, e dai vincoli di legge, ritenuti restrittivi, che, in questa fase iniziale, non potevano certo essere compensati da iniziative promozionali di interesse socio-economico.
In questa situazione di contrasto che avrebbe potuto appannare l'immagine del parco e pregiudicarne il significato vero, chiudendolo in una visione statica di puri divieti, l'ente ha dovuto impegnarsi anche su questo fronte, cercando di superare le divergenze, nella convinzione che vincoli e posizioni preconcette non possono e non devono togliere né alle associazioni né alle comunità locali la volontà di collaborazione e l'entusiasmo, fattori indispensabili per poter pensare concretamente alla valorizzazione e allo sviluppo del parco e all'ampliamento dei suoi confini.

Un'ipotesi di valorizzazione

Per la valorizzazione di un'area protetta impervia e selvaggia risulta quanto mai difficile trovare il punto d'incontro tra protezione ambientale e promozione socio-economica.
Dato che la ricaduta positiva delle attività promosse e gestite nei parchi riguardano particolarmente il turismo, dobbiamo chiederci quale forma di turismo si può prevedere in Val Grande senza compromettere la sua particolarità di area selvaggia. Anche perché questa peculiarità è stata per la Val Grande la ragione stessa della sua promozione a parco nazionale e ne ha fatto, sotto il profilo ambientale, una zona di grande interesse a livello internazionale. Essere selvaggia e, in parte, inaccessibile, costituisce il suo fascino ed è al tempo stesso motivo di grande richiamo: desta curiosità, risveglia la fantasia, dà il senso del mistero.
Evidentemente il mantenimento di questa peculiarità impone un'attenta tutela e ne limita la fruizione.
A questo proposito è opportuno ricordare che l'idea di istituire il parco si sviluppò e prese consistenza in un Convegno organizzato nel 1995 dal Comitato comprensoriale V.C.O. e finalizzato al turismo integrato nel Verbano-Cusio-Ossola, area nella quale, nel raggio di 50 chilometri, sono presenti, oltre alla Val Grande, il Monte Rosa, il Sempione, il Lago Maggiore e la montagna ossolana, e dove è possibile offrire al turista un interessante pacchetto di itinerari e panorami sostanzialmente diversi.
La proposta di istituire un parco nazionale all'interno di questa realtà significò porre in primo piano il volto più autentico dell'intera zona che è costituito dalla tutela e dalla valorizzazione delle bellezze naturali nella loro varietà.
Da questa premessa avanza l'ipotesi che la valorizzazione del parco nazionale della Val Grande possa essere vista all'interno di un ecosistema ambientale-turistico dove sono presenti e si integrano gli aspetti più suggestivi e più diversi della natura come il lago, la collina e la montagna.
In questo territorio è incastonata, come pietra preziosa, una valle selvaggia, solitaria, immersa nei silenzi, racchiusa tra montagne aspre e rocciose, invasa dal bosco, nel quale occhieggiano alpeggi abbandonati e, in parte, diroccati, ricordo di un passato che la vide, nel lungo scorrere dei secoli, abitata da pastori in transumanza.
In altri termini l'area protetta può porsi al centro di un turismo integrato che, valorizzando, nel rispetto delle diverse realtà l'intera zona del Verbano-Cusio-Ossola, la ponga in rilievo come area totalmente diversa.
Sarebbe come ipotizzare un sistema di valorizzazione reciproca, a più voci, all'interno del quale può porsi come essenziale la tutela dell'area protetta.
La Val Grande è espressione autentica di biodiversità: i suoi silenzi e la sua solitudine sono in forte contrasto con il bacino del Lago Maggiore e dell'Ossola che presentano invece alta densità abitativa, turismo consolidato, qualificate strutture ricettive e che, all'inizio del secolo, hanno raggiunto l'apice dello sviluppo industriale.
Il concetto della biodiversità del parco può diventare argomento di presa di un centro di educazione ambientale a livello nazionale che si avvalga di settori universitari specialistici, articolato negli undici Comuni che sono dislocati nell'area contigua e sul cui territorio l'area protetta insiste. Possono essere nel contempo valorizzate le testimonianze di una civiltà contadino-montana e ridenti luoghi di indubbio valore naturalistico alle porte del parco e può essere favorito e parimenti regolamentato l'accesso al parco con l'individuazione di sentieri didattici di varia difficoltà in modo da permettere, anche agli escursionisti meno esperti, di avere un contatto diretto con la realtà della Valle e di viverne la suggestione.
E' questo un turismo inteso come personale riscoperta della bellezza del paesaggio e della cultura locale e come arricchimento interiore.
Si apre così il capitolo del turismo di scoperta, del turismo del minore, che può essere congeniale per la Val Grande, filtrato dalle zone contigue, e che sarà argomento di un prossimo articolo, unitamente all'individuazione di una politica di valorizzazione del parco che preveda un coordinamento tra Regione, Provincia, Enti e associazioni di categoria ed ambientalisti, anche per quanto riguarda il problema dell'indotto e dei posti di lavoro. E sullo sfondo del turismo di scoperta si può prevedere un parco letterario che raccolga i vari aspetti storico-culturali dell'area con particolare spazio per studi scientifici e composizioni letterarie che il fascino della Val Grande non può non ispirare.

* Presidente del Parco nazionale
della Val Grande