Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 13 - OTTOBRE 1994


OSSERVATORIO INTERNAZIONALE
a cura di Giovanni Valdrè

Se questo è un parco
Si spacca la Commissione transfrontaliera per l'istituzione del Parco internazionale del Monte Bianco.
La componente ambientalista italo-franco-svizzera si dissocia dai progetti di "valorizzazione" del territorio e contesta anche gli enti locali.
Si è riunita separatamente a Morgex il 24-25 settembre scorso l'anima ambientalista del progetto del Parco internazionale del Monte Bianco per denunciare le pesanti pressioni delle organizzazioni produttive e finanziarie e delle amministrazioni locali nel tentativo di travisare e banalizzare le finalità di conservazione e recupero ambientale dell'istituendo parco.
A questa riunione di protesta c'erano tutti coloro che ritengono irrinunciabile una rigorosa politica di difesa dei valori ambientali, culturali, storici del massiccio più importante d'Europa. L'iniziativa è partita dal Ciapm - Comité international des Associations pour la protection du Mont-Blanc, al quale aderiscono i Club alpini d'Italia, Francia, Svizzera, la Lega svizzera per la protezione della natura, la Federazione francese della montagna, i Mountain Wildemess di Francia e d'Italia e il WWF, ma anche l'Uicn Unione per la natura ha fatto sentire la sua autorevole voce chiedendo ai Governi interessati di soprassedere a tutti i progetti dannosi per l'ambiente montano o comunque in contrasto con un progetto globale di conservazione.
Così questa storia senza fine del Parco internazionale del Monte Bianco si arricchisce di un altro episodio e di un nuovo motivo di dissidio profondo che vede da una parte gli operatori economici, le categorie produttive e le amministrazioni locali che di parco non vogliono neppure sentire parlare, preoccupati come sono delle conseguenze sull'economia e sullo sviluppo sociale e dall'altra gli ambientalisti che rifiutano un parco di facciata. Se proprio si deve fare un ente di gestione internazionale, sostengono i primi, non chiamiamolo neppure "parco", ma con il termine più rassicurante di "Espace Mont Blanc" e le sue finalità dovranno essere compatibili con lo sviluppo economico-sociale delle popolazioni locali e non viceversa.
Per contro gli ambientalisti temono che questo "espace" non sia altro che uno strumento di speculazione, di aggressione internazionale del territorio, con lo sviluppo sfrenato della speculazione edilizia, lo sfruttamento sconsiderato delle risorse naturali, la perdita di valori estetici, culturali, paesaggistici irripetibili. Propongono pertanto una zonazione della montagna sotto il controllo continuo dell'Unesco, un progetto di sviluppo sostenibile, compatibile con una strategia globale di conservazione.
Grosso modo, come si vede, i motivi del dissidio sono gli stessi che affliggono e paralizzano i progetti di istituzione di aree protette in tutta 1 'Europa mediterranea, ma in questo caso di fronte alle due intenzioni contrapposte di fare del Monte Bianco un "parco internazionale" o un "espace", sembra che a nessuno venga in mente che una legge dello Stato, la 394/91 ha stabilito all'art. 34 che il Monte Bianco debba essere un parco nazionale.

Uniti dalle oche
Dopo i parchi transfrontalieri e quelli internazionali ecco in Europa il gemellaggio di due aree protette lontane e diverse, ma unite da un flusso migratorio di palmipedi.
Alla metà di settembre la breve estate artica improvvisamente finisce, torna il grande gelo, la notte si fa sempre più lunga e un silenzio profondo si stende sulle immense, desolate terre del nord. E' il tempo in cui dall'isola Taimir, posta all'estremo settentrione della Siberia transuralica, decine di migliaia di oche della specie Branta leucopsis, Anser albifrons, Anser fabalis, lasciano i luoghi della nidificazione, si rimettono sulle
ali e dopo un volo di migliaia di miglia vanno a svernare negli acquitrini salmastri della costa frisona, che si estende, in un unico lunghissimo ecosistema, dall'isola di Texel in Olanda all'isola di Romo in Danimarca.
Ma è sulla costa del territorio del Parco nazionale tedesco del Watten Schleswig - Holstein che si concentra la parte più consistente di questo flusso migratorio.
Sono stati proprio i problemi di tutela di questa forte migrazione di palmipedi e la necessità di un più preciso monitoraggio che ha spinto i due parchi di capolinea, così lontani e diversi, ad adottare la pratica del gemellaggio fino ad oggi realizzato solitamente tra cittadine di Paesi europei quasi sempre sconosciute e dai nomi impossibili.
Fino ad oggi si sono realizzate intese gestionali tra parchi con territorio contiguo e con la conseguente uniformità di ecosistemi utilizzando le forme del parco transfrontaliero come quello del Pienin tra la Slovacchia e la Polonia, o del parco internazionale come quello della Pace tra l'ex Unione Sovietica e la Finlandia, o il parco a gestione coordinata come quello tra l'Argentera ed il Mercantur sulla frontiera italo-francese.
Questa singolare forma di unione tra due aree protette che hanno in comune solo un flusso migratorio di oche, conferma, ove ce ne fosse bisogno, la forte necessità che hanno i parchi di collegarsi e coordinarsi tra loro con comuni strategie gestionali che travalicano frontiere e ripartizioni amministrative, secondo l'evoluzione del concetto di parco che considera i valori naturalistici non tanto un bene locale, ma come parte del patrimonio universale.
Con questo gemellaggio i due parchi interessati da un delicato ed importante fenomeno naturale hanno potuto incontrarsi, realizzare un programma comune di rilevamenti, impostare un progetto di monitoraggio coordinato, di sviluppare una collaborazione scientifica sullo studio del flusso migratorio est-atlantico degli uccelli costieri.
E questi due parchi gemelli non hanno alcuna somiglianza ambientale, sociale, storica: uno è il classico parco germanico, severamente gestito, ma che durante l'estate accoglie decine di migliaia di bravi tedeschi attratti sia dallo spettacolo delle maree che fanno emergere e sommergere, ogni sei ore, la costa per una profondità di chilometri, sia per gustare cartocci di piccoli gustosi gamberi o di vassoi di saporite sogliole, offerti da fumose friggitorie sparse dovunque lungo la spiaggia.
Il parco russo è un sapovednik che è una classificazione di area protetta che non ha equivalente nel sistema dei parchi occidentali: potrebbe forse paragonarsi ad una immensa riserva naturale integrale se non fosse per l'attività venatoria che vi è consentita. Questo parco si chiama Taimir, come l'isola in cui si trova, posta in un grande lago che porta lo stesso nome, come omonimo è il fiume immissario; come pure Taimir si chiamano la penisola e la regione di appartenenza.
In effetti una varietà toponomastica servirebbe a poco in questa sperduta e desolata terra del mare di Kara, popolata l'estate da immense colonie di uccelli marini e costieri e dove d'inverno s'aggira qualche solitario orso bianco che arriva, attraversando il mare ghiacciato, da un non lontano arcipelago, che ovviamente si chiama Taimir.