Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 13 - OTTOBRE 1994


Un "viaggio" nei parchi: le Foreste casentinesi

Inizia con questo numero un "viaggio" all'interno dei parchi nazionali istituiti dalla legge 394/91. Abbiamo già avuto l'occasione di leggere nella rivista il giudizio sull'avvio dei nuovi enti da parte di alcuni dei presidenti e quindi ci è parso opportuno allargare il nostro angolo di visuale a diversi mesi di insediamento dei nuovi parchi - dando la parola ai presidenti della Comunità del parco, l'organismo previsto dall'art. 10 della legge 394 che raccoglie tutti i livelli amministrativi che governano e intervengono sui territori del parco, dalla Regione, alle Province, alle Comunità montane per finire ai Comuni.
La definizione dell'assetto operativo e programmatico di questo organismo non è facile anche se, a un primo impatto, l'errore da evitare è quello che la Comunità del parco diventi semplicemente la cassa di risonanza delle istanze e degli enti che la compongono puntando solo ad una vertenzialità continua con l'ente parco, con il rischio di creare veri e propri momenti di contropotere di cui non si sente affatto il bisogno, considerato che gli stessi mantengano precise competenze sul territorio.
Non è forse più opportuno che la Comunità del parco si strutturi come passaggio fondamentale di programmazione e di individuazione delle risorse per i territori del parco e per l'area contigua, zona privilegiata per lo stimolo alle economie locali?
Strumenti fondamentali per la gestione del parco come il piano di sviluppo socio-economico (di competenza della Comunità del parco), il piano territoriale e il regolamento (elaborati dall'ente parco) non possono non essere elaborati congiuntamente e resi operativi all'unisono. Come si vede gli elementi per definire un rapporto organico, nelle cose, fra Ente e Comunità del parco per evitare i conflitti di competenze e lo snaturamento dei ruoli esistono: la sperimentazione inizia.
Sperimentano dal vivo le loro idee e i loro progetti anche i rappresentanti delle maggiori associazioni ambientaliste nominati nei nuovi enti parco. Dalla protesta alla proposta, alla gestione diretta di aree protette di rilevanza nazionale è la sfida stimolante anche per gli ambientalisti pur se l'avvio lento e faticoso (la burocrazia e le regole amministrative non scherzano!) dei nuovi enti mette a dura prova le idee e le volontà dei nuovi consiglieri. Il "viaggio" inizia con le Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna e proseguirà con il Parco del Pollino.
Intervengono Ezio Bartolini (sindaco di Bibbiena e presidente della Comunità del parco), Francesco Corbetta (ordinario di botanica all'Università de L'Aquila ed esponente di punta della Federazione Nazionale Pro Natura) e Vito Mazzarone (operatore faunista ed esponente della Lega Ambiente). (Oscar Bandini)

  • 1) Per la prima volta le maggiori associazioni ambientaliste che hanno designato i loro rappresentanti negli enti parco a seguito della legge 394/91 sperimentano dal vivo la nuova legislazione nazionale sulle aree protette e il rapporto con le altre componenti (scientifiche della Comunità del parco) di questi nuovi organismi.
    Qual è il vostro primo giudizio dopo l'insediamento dell'ente parco?
  • 2) Quali sono le difficoltà maggiori che avete incontrato per fare emergere il punto di vista dell'ambientalismo nella quotidiana pratica amministrativa del parco?
  • 3) Il collegamento con le associazioni ambientaliste che vi hanno nominato è positivo o si individuano differenze di importazione ottiche diverse rispetto alle decisioni assunte dall'ente?

Il ruolo delle associazioni ambientaliste
Vito Mazzarone

Sicuramente il ruolo istituzionale attribuito alle associazioni di protezione ambientale entro il Consiglio direttivo degli enti parco nazionali rappresenta un notevole riconoscimento alle attività svolte dal movimento ambientalista in Italia ed al contributo che esse hanno saputo portare per l'avvio e la costituzione nel nostro Paese del sistema delle aree protette.
La legge 394/91, all'art. 9 ha infatti costituito un elemento di positiva novità rispetto al quadro normativo precedente sia attribuendo alle associazioni di protezione ambientale una sensibile possibilità decisionale (2 componenti su 13) sia indicando in modo chiaro i soggetti designatari degli altri componenti del Consiglio direttivo (Ministeri dell'ambiente e dell'ex agricoltura e foreste, Società Botanica Italiana, Unione Zoologica Italiana, Cnr, Università, Comunità del parco).
Ciò avrebbe necessariamente dovuto garantire che le scelte dei membri dei Consigli direttivi fossero esenti da logiche di sola convenienza locale, e soprattutto da una spartizione politica delle cariche sulla base delle scelte effettuate da gruppi di potere politico-economico. In effetti il giusto criterio di attribuire una predominanza numerica e di voto a componenti di nomina ministeriale e comunque ad associazioni ed istituzioni di carattere nazionale, aveva il fine di garantire autonomia decisionale dei singoli consiglieri ed oggettività nelle scelte programmatiche e di conservazione degli ambienti, in linea con l'importanza riconosciuta all'area protetta "parco nazionale" ed all'istituzione che essa rappresenta.
Anche la costituzione del Consiglio direttivo dell'Ente parco nazionale delle foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna è stata oggetto di aspettative positive in particolare da parte del mondo ambientalista, poiché esso avrebbe rappresentato il primo ente pubblico in larga parte svincolato dalle logiche politico-partitiche che a tutti i livelli avevano comunque caratterizzato l'amministrazione pubblica locale.
In particolare le attese si concentravano sulla possibilità di accomunare finalmente la gestione di un'area di rilevante valore ambientale quale quella delle Foreste Casentinesi, oggetto sino ad oggi di scelte operate da amministrazioni diverse, in relazione ai confini non naturali che la attraversano (di Comuni, Comunità montane, Provincie e Regioni).
Ciò attraverso un'istituzione in grado di svincolarsi dalle logiche gestionali precedenti, spesso non in grado di garantire la conservazione degli importanti sistemi naturali presenti entro l'attuale area protetta.
Al momento attuale (agosto '94), dopo circa 10 mesi dalla formale costituzione dell'ente, rimangono tuttavia ancora inattuate gran parte delle aspettative del mondo ambientalista. Chi scrive, in particolare, digiuno sino a questa nomina di esperienze dirette in politica amministrativa, ha constatato come sia difficoltoso il meccanismo di avviamento e primo funzionamento della macchina parco.
Volendo schematizzare, le difficoltà si possono riassumere nel modo seguente:

  • a) difficoltà di rapporto tra accordo con le politiche di programmazione intraprese da essi nel periodo precedente all'insediamento e nomina dell'ente parco: l'insediamento del Consiglio direttivo è stato preceduto, a partire dal decreto istitutivo, da una progettazione preliminare, riguardante argomenti fondamentali per la vita futura del parco affidati ad enti locali (Comuni, Comunità montane) ed oggetto di richieste cospicue di finanziamenti su vari programmi economici e di sviluppo. La revisione di questi progetti e piani di indirizzo - che hanno riguardato per esempio il numero, la dislocazione e le spese di costituzione dei centri visite e della sede legale ed amministrativa del parco e gli interventi forestali nelle aree demaniali (progetti Pronac) - in funzione di un aumento della funzionalità e razionalità degli interventi stessi, ha incontrato difficoltà praticamente insormontabili . Ciò sia in rela-
    zione alla scarsa sensibilità critica sull'argomento espressa a vari livelli entro gli organi dell'ente parco, sia a causa degli ostacoli messi dagli enti proponenti e dalle aspettative oramai presenti nelle popolazioni locali.
    In pratica, per esempio, i soldi relativi ai centri visite saranno frazionati in 10 interventi diversi, assolutamente eccessivi per le esigenze (e le finanze) del parco, posti, in 9 casi, in aree esterne ai confini dell ' area protetta e quindi al di fuori delle possibilità decisionali dirette dell'ente parco;
  • b) difficoltà di rapporto con il Ministero dell'ambiente: una volta arrivati all'istituzione del Parco nazionale ed alla nomina del Consiglio direttivo, il Ministero ha lasciato praticamente insolute numerose problematiche relative all'avvio ed al primo funzionamento degli enti parco. In particolare, per il Parco delle Foreste Casentinesi, mancano tuttora risposte certe riguardanti diversi argomenti fondamentali ed urgenti quali, ad esempio:
    • la nomina del direttore (che dovrebbe tra l'altro svolgere le funzioni fondamentali di segretario dell'ente);
    • la definizione in scala appropriata dei confini dell'area protetta (le tre copie della cartografia "ufficiale" del parco sono in una scala illeggibile, presentano difformità tra di loro ed incongruenze, non motivate, con le precedenti versioni);
    • la definizione certa, corretta ed equa del rapporto tra i consiglieri e l'ente parco dal punto di vista delle indennità di carica (per esempio nel caso di un consigliere che non sia dipendente di pubbliche amministrazioni non viene consentito il recupero del mancato reddito derivante dalle giornate impegnate in sedute di Consiglio, commissioni, eccetera);
    • l'impegno a definire la questione legata alla definizione delle aree contigue e delle contraddizioni rilevabili per esempio in materia di caccia tra la legge 157/92 e la 394/91.
      Sono soltanto alcuni degli aspetti più problematici relativi all ' attuazione e funzionamento a regime del parco; la situazione attuale deriva anche dalla mancanza di personale alle dirette dipendenze dell'ente e dai problemi burocratici che paiono avviluppare sin dall'inizio questo nuovo istituto. Nella situazione attuale, in assenza di pianta organica, la quasi totalità dei compiti, anche quelli puramente tecnici, devono essere svolti direttamente dai membri del Consiglio e la risoluzione dei problemi di maggiore urgenza (per esempio nulla-osta) blocca per il Consiglio medesimo la possibilità di addivenire in tempi rapidi alla formulazione dei più importanti documenti di programmazione (piano del parco, piano pluriennale economico e sociale, approvazione definitiva della pianta organica eccetera).

La sensibilità ambientale (intendendo con questa definizione la capacità di comprendere gli effetti di un determinato intervento sulla conservazione delle risorse ambientali) è variabile di soggetto in soggetto e probabilmente dipende dal suo grado culturale, dall'ambiente di formazione e dal suo carattere. In pratica, non essendo in quantità e qualità costante tra individuo ed individuo, è logico che anche all'interno delle persone che compongono l'ente parco, essa affiori in modo diversificato ed a volte... non affiori per niente.
In pratica, come rappresentante di una associazione di protezione ambientale (e non per questo necessariamente depositario unico della sensibilità di cui sopra), incontro le maggiori difficoltà di far valere il mio pensiero al momento in cui emergono proprio i compito di rappresentanza degli altri miei colleghi. Mi spiego: nella accezione in cui intendo personalmente il compito di amministrare un'area protetta parto sempre dal presupposto che qualsiasi ripercussione positiva (anche economico-sociale) che ne possa scaturire debba necessariamente iniziare da una politica di conservazione dei beni ambientali rappresentati nel parco. Se infatti non si tutela in modo efficace il bene ambientale rappresentato entro il parco da numerose componenti naturali (paesaggio, flora, fauna, acque, suolo, eccetera) viene a cadere in breve tempo anche la funzione attrattiva determinata dall'area protetta, capace attraverso il turismo e la qualificazione delle attività compatibili e dei prodotti derivati di creare un benessere economico per le stesse popolazioni umane, residenti e non.
La difficoltà è dunque quella, per un consigliere "ambientalista", di dialogare in modo costruttivo con le componenti presenti nell'ente parco ed al difuori di esso che ragionano in modo diverso, soltanto preoccupati di "vendere" il "prodotto parco", sensa curarsi prima di tutelarlo in modo idoneo e finalizzando le proprie energie solo per tutelare e promuovere gli interessi generati e non il capitale.
La scarsa sensibilità ambientale assume allora le sembianze di coloro che pongono al primo posto nella scala degli interventi e progetti da realizzare quelli inerenti alla fruizione del bene parco e non quelli della conservazione.
Gli esempi sono numerosi: lo sforzo di creare centri per i visitatori quando non si conosce in modo adeguato il contenuto dei messaggi che essi porteranno; lo sforzo di creare sentieri naturalistici senza conoscere l'impatto che le persone porteranno negli ambienti attraversati e senza procedere ad una preventiva pianificazione degli accessi turistici; la visione dei processi naturali considerando e privilegiandone solo una componente a discapito di altre; il concetto che tutto deve essere dovuto a chi ha intenzione di investire con attività produttive e turistiche entro i confini del parco (comprese le realizzazioni di tralicci per la corrente ed il telefono, di recinzioni che ostacolano il passaggio della fauna selvatica, eccetera); le iniziative di chi crede che il parco possa essere il promotore di gare ciclistiche in mountain bike, e così via.
L'art. 9 della legge 394/91, al comma 4, punto b), riporta che il Consiglio direttivo degli enti parco è formato, tra l'altro, da due componenti "su designazione delle associazioni di protezione ambientale... scelti tra esperti in materia naturalistico-ambientale". Il sottoscritto dunque non rappresenta in loco tutte le associazioni di protezione ambientale, ma è stato scelto quale rappresentante, prima di esperienza diretta in materia di gestione degli ambienti naturali e secondariamente quale portatore dei valori generali di rispetto e tutela dell'ambiente che caratterizzano la base comune e la filosofia della associazioni. Io provengo, come qualificazione "ambientalista", da Legambiente ma nel Consiglio del parco debbo necessariamente rappresentare soprattutto il ruolo "tecnico" di esperto. Ciò nel senso che, se anche in generale mantengo sinora ottimi rapporti con l'associazione che mi ha designato (e qui rispondo alla domanda postami), mi sento in dovere di ragionare e scegliere principalmente con la mia testa. Daltronde l"'universo ambientalista" deriva il suo nome proprio da una pluralità di vedute anche diverse tra associazione ed associazione, ed all'interno di esse. L'essere per esempio su un determinato argomento assolutamente d'accordo con tutte le associazioni di protezione ambientale e con le loro ulteriori diverse linee di pensiero è, credo, praticamente impossibile.

Francesco Corbetta
Il mio giudizio strettamente personale (e che pertanto non intende assolutamente rappresentare anche le altre istanze ambientaliste) è piuttosto negativo.
Infatti, in generale, il Consiglio direttivo è chiamato ad esprimersi su una pletora di argomenti che, nella massima parte dei casi, esigono e coinvolgono competenze di carattere squisitamente legale e burocratico nelle quali il naturalista piuttosto "puro" (quale il sottoscritto ritiene di essere) si trova sperduto e a mal partito.
Purtroppo i grandi temi della conservazione applicata alla pianificazione territoriale ancora non hanno avuto modo di emergere.
Le difficoltà che ho incontrato riguardano (e mi scuso se, forse, mi ripeto) non tanto (come dal l'esterno si potrebbe supporre) una ipotetica difficoltà di dialogo con la componente "politica" che, invece, mi sembra assai attenta e sensibile per questi problemi, quanto piuttosto la intrinseca difficoltà degli "affari " da trattare.
Debbo innanzitutto precisare che le trattative che portarono alla segnalazione, al Ministero dell'ambiente, dell'elenco dei nominativi espressi dalle Associazioni ambientaliste non furono per niente soddisfacenti, nel senso che vi fu chi fece la parte del leone e chi, invece, si dovette accontentare delle briciole. Inoltre, nell'ambito dell'arcipelago, le posizioni (ed anche la caratterialità) sono quanto mai eterogenee per cui penso che sia assai difficile (se non impossibile) per chiunque anche solo pensare di poterle rappresentare tutte. Comunque, almeno per quanto riguarda la Federazione nazionale pro natura, sinora non si è verificata alcuna significativa divergenza di vedute con le decisioni assunte dall'ente. Debbo poi segnalare che da parte di talune associazioni vi è, nei confronti dell'ente, un atteggiamento prevenuto che non trova oggettiva giustificazione nei fatti. L'ente viene "aggredito" con una pletora di richieste e rivendicazioni, alcune delle quali sinceramente irrilevanti, che finiscono per distogliere 1 ' attenzione da quel le che, effettivamente, ne meriterebbero la massima.
La Comunità del parco strumento di indirizzo e programmazione Ezio Bartolini
La Comunità del parco rappresenta uno strumento importante, individuato dalla legge-quadro, per collegare in modo funzionale il Consiglio di amministrazione dell'ente parco con gli enti locali e quindi con gli interessi diretti espressi dalla popolazione.
La nostra Comunità è molto vasta: infatti è formata dalle regioni Toscana ed Emilia-Romagna; da tre Province: Forlì Firenze, Arezzo; da 5 Comunità montane e da 12 Comuni.
Il rapporto con l'ente parco potrebbe essere paragonato, sia pure con elasticità, al rapporto che esiste tra il Consiglio e la Giunta esecutiva di un ente locale. Infatti la legge-quadro definisce compiti e funzioni integrate tra i due organismi. Il Consiglio di amministrazione dell'ente parco ha funzioni di tipo organizzativo e di gestione, mentre la Comunità del parco ha funzioni di indirizzo, programmazione, controllo, proposta.
Proprio per questo è necessaria una piena integrazione funzionale, una collaborazione senza riserve e un progetto di lavoro unico e globale.
Questo primo periodo è stato un periodo di transizione e di attesa: sperimentale. Stiamo infatti lavorando per costruire concretamente il parco, nella sua piena funzionalità, con le sue strutture operative ed i progetti che possono portare i primi risultati e che possono rispondere alle richieste della gente. Le scadenze che abbiamo di fronte sono importanti, direi fondamentali per la vita del futuro parco. Dobbiamo infatti impostare gli strumenti essenziali che condizioneranno il nostro futuro, penso soprattutto agli strumenti di pianificazione: il piano del parco, il piano di sviluppo socioeconomico e territoriale ed i relativi regolamenti.
Inoltre dobbiamo definire concretamente la pianta organica, i progetti definitivi relativi alla strutturazione e al collegamento dei Centri visita. Insomma stiamo lavorando per gettare quelle fondamenta sulle quali dovrà essere costruito l'edificio dei prossimi anni, che speriamo serva al rilancio delle nostre zone.
Un altro dei filoni importanti che stiamo seguendo è quello dei progetti legati alle normative comunitarie che possono permettere di utilizzare le priorità previste dalla Cee per le aree protette.
I prossimi mesi saranno comunque cruciali: l'ente parco infatti deve accelerare, darsi un assetto stabile, in grado di collegare funzionalmente i due versanti, darsi una organizzazione interna e collegarsi ancora più strettamente con le amministrazioni locali e con la popolazione che gravita sull'area protetta.
Dobbiamo riuscire a lavorare con serietà e serenità, soprattutto con equilibrio perché sarebbe impensabile costruire un parco sbilanciato, che sia soltanto un laboratorio privato nel quale pochi possono sperimentare le scienze naturali.
La caratteristica principale del nostro territorio è quella di essere un mix di natura, cultura e lavoro, di aver saputo coniugare la natura incontaminata con il lavoro, la creatività e la storia dell'uomo. E' questo il patrimonio che dobbiamo salvaguardare, che dobbiamo gelosamente proteggere; questa è la scommessa che dobbiamo riuscire a vincere.