Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 13 - OTTOBRE 1994


Primo contributo alla conoscenza degli anfibi e dei rettili delle Foreste Casentinesi
Giancarlo Tedaldi * e Dino Scaravelli **

Introduzione
Uno dei ruoli primari di cui sono investite le aree protette è senza dubbio la ricerca naturalistica. La conoscenza degli elementi strutturali degli ecosistemi è fondamentale d'altro canto per la formulazione di adeguati piani di conservazione e gestione del patrimonio naturale. In particolare lo studio della composizione faunistica, dell'ecologia delle specie indicatrici di precise situazioni e ancor più delle specie rare o da tutelare sono tra i momenti di maggior importanza per i parchi naturali.
In un'ottica di questo tipo si è iniziata nel 1993 una ricerca nell'area del Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, del Monte Falterona e di Campigna volto ad ampliare le attuali conoscenze sull'erpetofauna di questa porzione appenninica tosco-romagnola. Gli anfibi ed i rettili infatti costituiscono elementi di grande interesse biogeografico e risultano sensibili indicatori dei mutamenti occorsi agli ecosistemi.
Non a caso in molto parchi italiani hanno avuto inizio ricerche sull'erpetofauna che, nel nostro Paese, rappresenta un complesso sistema ancora in buona parte da esplorare.
Lo studio è coordinato, sotto l'egida del parco, dagli Autori, e si avvale della preziosa opera di diversi operatori che collaborano alla ricerca in campo.
Se pur dopo breve tempo dall'inizio della ricerca e mentre continua la raccolta delle informazioni, si possono comunque già redigere alcuni appunti sulle presenze di anfibi e rettili nel parco.

Area di studio
Il Parco nazionale delle Foreste Casentine è stato istituito nel 1989 e si estende per circa 36000 ettari nelle province di Forlì-Cesena, Firenze ed Arezzo.
Talune porzioni di questa area appenninica erano già da tempo tutelate attraverso il riconoscimento a riserva biogenetiche dello Stato: nel 1959 la foresta di Sassofratino, nel versante romagnolo del parco, fu dichiarata prima riserva integrale italiana.
A partire dal 1988 prendeva corpo il Parco regionale del Crinale Romagnolo, premessa efficace per il successivo riconoscimento del parco nazionale avvenuto con la legge di ratifica n. 394 del 1991.
L'area considerata comprende un tratto dell'Appennino Tosco-Romagnolo molto vario sotto il profilo naturalistico e paesaggistico e che raccoglie una notevole biodiversità derivante dal congiungersi di elementi mediterranei con presenze boreo-alpine.
Le cime più alte sono raggiunte dalle vette del Monte Falco (1658 metri) e del Monte Falterona (1054 metri) dalle cui pendici meridionali nasce il fiume Arno.
L'orografia è scandita, soprattutto nel versante romagnolo, da valli pressoché parallele fra loro che prendono origine dal crinale principale che ha andamento Nord-Ovest, Sud-Est e solo di rado si abbassa ad altitudini di poco inferiori ai 1000 metri.
Fitta è la rete idrografica a prevalente carattere torrentizio; gli specchi d'acqua di origine naturale sono rappresentati da modesti acquitrini per lo più a carattere temporaneo, mentre laghetti e bacini sono dovuti esclusivamente all'opera dell'uomo.
La formazione geologica della "marnoso arenacea" domina la porzione forlivese del territorio del parco; il versante toscano è geologicamente più diversificato e morfologicamente più complesso: le rocce del suolo sono il macigno del Mugello e quello del Chianti; la scaglia toscana è presente in limitati affioramenti. Di modesta estensione è l'area occupata da un calcare alloctono che si rinviene nella porzione Sud orientale dell'area e che dà origine al MontePenna (1283 metri) o Sasso della Verna, rupe precipitante a settentrione per centinaia di metri e ricca di caverne ed anfratti.
I tipi vegetazionali che si possono osservare in questa area protetta sono quelli correlati al piano collinare e sub-montano (zona fitoclimatica del Castanetum) e a quello propriamente montano (zona del Fagelum).
Fino agli 800-900 metri di altitudine vegetano boschi di latifoglie decidue a prevalenza di querce come il cerro (Quercus cerris) e la roverella (Quercus pubescens), alle quali si associano, nelle compagini più fresche, essenze mesofile come il frassino minore (Fraxinus ornus), gli aceri (Acer opalus e Acer campestre), i sorbi (Sorbus spp), i carpini (Carpinus betullis e Ostrya carpinifolia) e il nocciolo (Corylus avellana).
Comuni soprattutto ai margini degli ex coltivi, nei pascoli abbandonati e nei boschi maggiormente degradati le specie a portamento arbustivo, tendenzialmente eliofile e pioniere come il ginepro comune (Juniperus communis), il biancospino (Crataegus monogyna), le ginestre (Spartium junceum e Cytisus scoparius) e il pruno selvatico (Prunus spinosa).
Il piano montano si estende in una fascia altitudinale compresa tra gli 800-900 metri e il crinale (1500 metri ed oltre).
In esso sono ampiamente distribuite le fustaie a dominanza di faggio (Fagus sylvatica) misto a latifoglie nobili quali gli aceri (Acer platanoides e Acer pseudoplatanus) l'olmo montano (Ulmus glabra) e il frassino maggiore (Fraxinus excelsior) ed il tiglio (Tilia platyphyllos).
L'abete bianco (Abies alba) è comune nel parco e forma boschi puri (abetine) di origine artificiale o si associa spontaneamente al faggio e ad altre caducifoglie. Sulle rupi e sui pianori culminali di Monte Falco vegetano delle specie erbacee che raggiungono in questa stazione rispettivamente il limite meridionale della loro distribuzione in Italia (Vaccinium vitis-idaea) o quello settentrionale (Viola eugeniae).
Imponente è stata, nel passato, l'opera di rimboschimento delle aree maggiormente degradate utilizzando essenze estranee alla flora locale come il pino nero (Pinus nigra) e l'abete rosso (Picco obies).

Materiali e metodi
Per questa ricerca è utilizzato, quale sistema cartografico di riferimento, il reticolato chilometrico Utm che rappresenta lo standard europeo per i rilevamenti faunistici. Lo studio ha vagliato in primo luogo i dati pregressi sia museali che bibliografici; successivamente sono state condotte specifiche campagne di ricerca.
Le presenze valutate come attuali sono state quelle posteriori al 1980. Sono stati considerati utili tutti i dati e le osservazioni effettuate all'intemo del parco come pure quelle relative a siti di poco esterni alla perimetrazione dello stesso.
Per ogni specie è stata redatta una scheda con il numero dei siti attualmente conosciuti e la relativa quota altimetrica e, quando possibile, indicazioni ecologiche di base dedotte dalle osservazioni in campo.

Risultati
Attualmente per l'area del parco nazionale è stata accertata la presenza di 12 specie di anfibi e 11 specie di rettili.
Il tritone appenninico (Triturus alpestris) è presente solamente nel laghetto dell'Eremo di Camaldoli (1080 metri s.l.m.) dove fu rinvenuto da Lanza (1965); tale bacino artificiale si è ultimamente prosciugato in varie occasioni e si teme per la sopravvivenza della popolazione in quanto essa era costituita in maggior parte da individui branchiati (Vanni in verbis) e al tritone punteggiato (Triturus vulgaris) (Vanni e Lanza 1982).
Il tritone crestato è presente nel parco in 4 siti mentre il tritone punteggiato è stato rinvenuto in 6 stazioni.
La salamandra pezzata (Salamandra salamandra), conosciuta per 13 siti, pare legata esclusivamente a talune faggete del piano montano; tali boschi sono quasi sempre ben strutturati e
complessi ed offrono un habitat elettivo per la specie: essa trova riparo nella densa lettiera di foglie in decomposizione e si riproduce in prossimità di ruscelli a lento corso e a portata costante.
La salamandrina dagli occhiali (Salamandrina terdigitata) è distribuita più di quanto si supponeva nel passato ed è stata contattata in 14 località; essa è senza dubbio maggiommente adattabile rispetto alla salamandra pezzata nella scelta dell'habitat.
Il geotritone (Speleomantes italicus) risulta essere presente in 10 stazioni e queste sono per lo più rappresentate da ambienti ipogei nella fommazione mamoso-arenacea (grotte, inghiottitoi e voragini), ma è stato osservato anche sotto le scorze di alberi marcescenti o in prossimità di cumuli di detrito litico dove trova rifugio ed è garantito un giusto tenore di umidità ambientale.
L'ululone dal ventre giallo (Bombina pachypus) è stato rinvenuto in 12 siti rappresentati frequentemente da vasche in cemento per l'abbeverata del bestiame e tombini di raccolta dell'acqua di scolo delle strade.
Il rospo comune (Bufo bufo) è probabilmente l'anfibio più comune del parco ed è già conosciuto per 25 località.
La rana montana (Rana temporaria) è stata rinvenuta in 4 siti, in ambienti di alta quota, mai inferiori ai 700 metri di altitudine.
La rana appenninica (Rana italica) apparirebbe più distribuita (12 siti) della rana agile (Rana dalmatina) (4 stazioni), maper quest'ultima le conoscenze sono ancora scarse.
Le rane verdi (Rana sinklepton esculenta) sono per ora date presenti in alcune pozze pemmanenti (3 stazioni) fino ad un massimo di 1000 metri, ma si suppongono maggiommente diffuse.
L'orbettino (Anguis fragilis) è per ora noto solo per 10 siti mentre la lucertola muraiola (Podarcia muralis) è il rettile maggiommente distribuito con 21 siti di osservazione. Similmente il ramarro (Lacerta viridis) è ampiamente rappresentato in 22 stazioni.
La lucertola campestre (Podarcia sicula) è attualmente conosciuta solo per Castagno d'Andrea (700 metri) grazie ad una segnalazione gentilmente fornita da C. Corti e S. Vanni del Museo fiorentino della"Specola".
Tra i serpenti la natrice o biscia dal collare (Natrix natrix) è nota per 10 siti, mentre la biscia tassellata (Natrix tessellata) per una sola località; il biacco o frustone (Coluber viridiflavus) è noto per 15 siti mentre il colubro di Esculapio o saettone (Elaphe longissima) per 10 stazioni.
Il colubro liscio (Coronella austriaca) è conosciuto per 4 siti mentre il colubro di Riccioli (Coronella girondica) è stato rinvenuto in una località di poco estema ai confini del parco, non lontano dall ' abitato di Premilcuore (Scaravelli in stampa).
La vipera comune o aspide (Vipera aspis) è stata osservata in 17 località.
Al confronto con altri ambiti protetti italiani il Parco nazionale delle Foreste Casentinesi mostra una fondamentale componente di specie appenniniche anche se si deve ricordare che l'assenza di alcune entità quali la raganella (Hyla sp.), il rospo smeraldino (Bufo viridis) e la luscengola (Chalcides chalcides) è dovuta soprattutto a carenza di ricerca ed è probabile che tali specie possano essere rinvenute nel futuro.
Se anche le specie sopra citate venissero accertate, l'area del parco si presenterebbe come una delle più ricche del panorama italiano.
Dal punto di vista biogeografico è importante il contributo delle specie a distribuzione appenninico-italica (Salamandrina terdigitata, Speleomantes italicus, Bombina pachypus e Rana italica) sebbene non manchino varie componenti europee-asiatiche (Triturus alpestris, Salamandra salamandra, Bufo bufo, Rana temporaria, Anguis fragilis, Coronella austriaca); risultano scarse le specie più propriamente mediterranee (Podarcia sicula).
Già da questa prima analisi l'erpetofauna del Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, del Monte Falterona e di Campigna si è mostrata ricca di specie e comunque ancora in buona parte da esplorare.
Non da ultimo viene il ruolo che spetta sia ai divulgatori che agli enti di sensibilizzare positivamente il pubblico nei confronti di questi gruppi animali che ancora sono troppo di frequente oggetto di persecuzioni o comunque di malcostumi. Soprattutto gli anfibi, infine, si prestano assai bene alla didattica ambientale e risultano essere soggetti estremamente graditi ai ragazzi che spesso si prodigano ben più degli adulti alla loro salvaguardia.
Ringraziamenti
Gli Autori desiderano ringraziare sentitamente la Presidenza ed il Comitato tecnico-scientifico del Parco nazionale, B. Lanza, M. Poggesi, C. Corti, S. Vanni e P. Agnelli del Museo di storia naturale "La Specola" di Firenze, N. Agostini, A. Barghi, S. Borchi, C. Ciani, S. Crudele, A. Domenichini, L. Landi, M. Lombini, M. Milandri, M. Sirotti e tutto il personale del Corpo forestale dello Stato.

Bibliografla

- Lanza B.,1I Triturus alpestris (Laurenti) e la Rana temporaia sull'Appennino, 1965.
- Mazzotti S. e Stagni G., Gli anfibi e i rettili dell'Emilia-Romagna. Quademi della Stazione di Ecologia del Civico Museo di Storia Naturale di Ferrara, 1993.
- Scaravelli 0., Coronella girondica. Segnalazioni faunistiche. Quademo St. Nat. Romagna, 3 (in stampa)
- Vanni S. e Lanza B., Note di erpetologia italiana: Salamandra, Triturus, Rana, Phyllodactylus, Podarcis, Coronella, Vipera. Soc. ital. Sci. nat. Museo div. Sto. nat. e Acquario civ. di Milano. 73 (1-2): 3-22, 1982.
- Zangheri P., Repertorio sistematico e topografico della flora e della fauna vivente e fossile della Romagna, Mem. (f.s.) n. 1 Mus. Civ. St. Nat. Verona tomo 4, Verona, 1969.

* Istituto per la conservazione e lo studio dei materiali naturalistici della Romagna

** Centro studi per la produzione di biomasse da colture legnose, I'ambiente e le foreste dell' Università di Bologna

 

Rassegna di legislazione e giurisprudenza ambientali
a cura di Nicola Assini * e Paolo Francalanci **

1. Disciplina comunitaria
Parlamento europeo 22 aprile 1993 - Risoluzione sulla politica comunitaria in materia di ambiente
Il tema della sessione di aprile 1993 del Parlamento europeo è stato l'ambiente. Nelle due sedute del 20 e 22 aprile 1993, il P.E. prendendo spunto dalla vicenda del centro divulgativo di Mullaghmore ha discusso e adottato una risoluzione sulla politica comunitaria in materia d'ambiente.
Tale risoluzione affronta un problema spinoso e tuttora irrisolto della politica comunitaria: l'integrazione della politica ambientale nell'insieme delle politiche comunitarie.
Il P.E., dopo aver condannato l'operato della Commissione relativamente al progettato centro a Mullaghmore, ha affermato che "il principio dello sviluppo sostenibile e dell'integrazione degli aspetti ambientali in tutte le politiche è essenziale per la protezione dell'ambiente delle comunità e del mondo e che quindi quello della sostenibilità deve essere un principio insito in tutte le politiche comunitarie, come già riconoscono il quinto programma di azione ambientale e il Trattato di Maastricht".
Il P.E. ha richiesto alla Commissione:

  • di pubblicare un "libro bianco sull'ambiente" definendo le misure concrete e un calendario per realizzare le finalità del quinto programma di azione ambientale;
  • di adottare tutte le iniziative per integrare efficacemente le considerazioni ambientali nelle altre politiche, ad esempio inserendo in tutte le direzioni generali persone responsabili per le questioni ambientali;
  • di conformarsi alla direttiva sugli habitats e alla Convenzione di Bema nelle decisioni di spesa nell'ambito dei fondi strutturali;
  • di applicare la direttiva 85/337/Cee sulla Via anche ai progetti eseguiti e finanziati dai fondi strutturali comunitari;
  • di presentare una proposta di direttiva per agevolare l'accesso dei singoli e delle organizzazioni alla Corte di giustizia europea.
2. Normativa statale
Decreto del presidente del Consiglio dei ministri 26 novembre 1993 - Adeguamento ai principi della legge-quadro sulle aree protette 6 dicembre 1991 n. 394, della disciplina dell'Ente autonomo Parco nazionale d'Abruzzo (in G.U. n. 35 del 121211994)
Il presente decreto non parla, come la prassi legislativa recente ci ha abituati, di nuove istituzioni di enti parco ma bensì di adeguamento dell'attività dell'Ente autonomo Parco nazionale d'Abruzzo alla legge 394/1991.
E in effetti, poiché l'Ente Parco nazionale d'Abruzzo risale al 1923, con alterne vicende di soppressione e successiva ricostituzione, da allora ad oggi è senz'altro cambiato il modo con cui si intende operare per la tutela della natura. Nei primi decenni del secolo, infatti, la concezione del territorio, della natura e del paesaggio era puramente estetizzante ed il parco, adeguandosi a quel tipo di impostazione culturale, era una vera e propria oasi incontaminata ed incontaminabile che doveva essere soltanto conservata. In verità il regime conservativo non è estraneo né alla legge-quadro (L. n. 394 del 1991) né ai dd.P.R. attuativi, sebbene tale nozione sia intesa in modo diverso soprattutto in relazione agli individui che lo abitano (si vedano: il Dpr 6/8/1993 sulla istituzione dell'Ente Parco dei Monti Sibillini; il Dpr 15/11/1993 sulla istituzione dell'Ente Parco nazionale del Pollino; Dpr 14/1/1994 sull'Istituzione dell'Ente Parco nazionale delI 'Aspromonte) .
Il Dpr in epigrafe specifica quindi:
  • la sede dell'Ente che è localizzata sia a Roma, sia, tramite un ufficio operativo, a Pescasseroli nel parco (art. 1);
  • gli organi dell 'Ente parco: il presidente del Consiglio direttivo, la Giunta esecutiva, il Collegio dei revisori, la Comunità del parco (art. 2);
  • le funzioni della Comunità del parco, sia propositive che consultive, volte a fornire pareri e suggerimenti affinché nella gestione del parco si tengano nel debito conto le esigenze delle popolazioni locali (art. 3);
  • le attività dell'Ente, che opera per garantire "la promozione economica e sociale del parco" attraverso una attività di controllo che si concretizza nel rilascio di autorizzazioni e nulla-osta.
    In quest'ultimo profilo si ravvisa chiaramente una concezione più moderna e dinamica rispetto alla concezione statico-conservativa caratteristica della prima fase di vita del parco.

Deliberazione Cipe 21 dicembre 1993 Programma triennale 199411996 per la tutela ambientale (in Suppl. ord. n. 44 alla SG n. 58 dell ' 111311994)
Il programma triennale per la tutela ambientale, nell'intento di semplificare le procedure, di rendere certi i tempi di attuazione e di precisare i ruoli e le competenze specifiche, individua gli obiettivi generali e le priorità dell'azione pubblica ambientale, demandando all'esclusiva competenza delle Regioni l'individuazione degli obiettivi specifici sul proprio territorio e degli interventi per realizzarli.
Costituiscono obiettivi generali del programma di azione ambientale:

  • a) il risanamento delle aree particolarmente degradate ed inquinate;
  • b) l'eliminazione delle situazioni di grave rischio ambientale con particolare riferimento al rischio industriale;
  • c) la salvaguardia e la fruizione del patrimonio naturale del Paese con particolare riferimento al sistema delle aree naturali protette;
    d) la promozione, l'attivazione e lo sviluppo dei servizi pubblici operanti per finalità ambientali, ed in via prioritaria quelli previsti dall'art. 2 della legge 23 novembre 1992 n. 498 (acquedotto, fognatura, depurazione, raccolta, riciclo e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e industriali).
    Il Ministero dell'ambiente, oltre a progettare e realizzare specifiche iniziative prioritarie, promuove programmi, studi e ricerche finalizzate allo sviluppo di strategie e politiche ambientali, con particolare attenzione all'ottimizzazione delle risorse finanziarie.
    Infatti le risorse sono ripartite sulla base di riferimenti strategici territoriali denominati "Aree programmate d'intervento" articolate in:
  • 1) bacini idrografici e mare Adriatico;
  • 2) aree urbane;
  • 3) aree ad elevato rischio di crisi ambientale;
  • 4) aree naturali protette;
  • 5) aree di sviluppo occupazionale ambientale nel Mezzogiomo;
  • 6) area nazionale.
    Per le aree naturali protette, di cui al punto 4, è previsto uno speciale regime di tutela e di gestione allo scopo di perseguire:
    • la conservazione di specie biologiche, di habitat, di biotopi, di singolarità geomorfologiche e paleontologiche, di equilibri bio-geochimici e di valori paesaggistici;
    • la fruibilità ambientale;
    • la conoscenza, la formazione e l'informazione ambientale;
    • i metodi di gestione idonei ad una più arnpia conservazione naturale.
      I singoli interventi del settore delle aree protette sono quelli individuati dal programma triennale per le aree protette ex art. 4 legge n. 394 del 1991 adottato con deliberazione 21 dicembre 1993 dal Comitato per le aree protette e riguardano in particolare:
    • redazione degli strumenti di pianificazione, programmazione e gestione dei parchi nazionali;
    • elaborazione del piano del parco (art. 12 legge n. 394/1991);
    • redazione del piano pluriennale economico e sociale per la promozione delle attività compatibili (art.14 legge n. 394/1991);
    • ricorso agli strumenti dell'esproprio, della localizzazione, dell'acquisto, dell'indennizzo e del compenso (art. 15 legge n. 394/1991) con riferimento alle infrastrutture e servizi dell'Ente parco e al recupero di edifici di valore storico e culturale; all'attività agrosilvo-pastorale e alla fauna selvatica, alla gestione delle aree inserite nella zona di massima tutela;
    • la delimitazione e tabellazione del perimetro esterno e delle zone interne nonché l'applicazione delle misure di salvaguardia;
    • prevenzione incendi, progettazione di servizi di monitoraggio, manutenzione e sorveglianza;
    • individuazione, sistemazione o realizzazione di sentieri pedonali ai fini della corretta fruizione dell'ambiente naturale anche da parte di persone disabili;
    • promozione di attività culturali, agriturismo e attività sportive compatibili nei campi di interesse del parco.

Legge 4 gennaio 1994 n. 10 - Istituzione del Parco nazionale dell'Arcipelago de La Maddalena e altre disposizioni in materia di parchi nazionali (in G.U. n. 6 del 10 gennaio 1994)
La legge n. 394/1991, legge-quadro sulle aree protette, prevede, all'art.2, co.7, che la classificazione e l'istituzione dei parchi e delle riserve naturali statali, qualora rientrino nel territorio delle Regioni a Statuto speciale, vengono effettuate d'intesa con le stesse secondo le procedure previste nel rispettivo statuto d'autonomia.
Sull'opportunità della istituzione del parco in oggetto il ministro dell'ambiente ha dovuto raggiungere un'intesa col presidente della Giunta regionale sarda mentre non si fa cenno al ministro della marina mercantile, che pure sarebbe dovuto intervenire nel pro-
cedimento istitutivo, trattandosi di un parco comprendente aree marine circostanti I ' arcipelago per una distanza di almeno 1 km dalla costa.
Compete al ministro dell'ambiente, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge (18 luglio 1994), provvedere alla delimitazione provvisoria del parco - che comprende le isole e gli isolotti appartenenti al territorio del Comune de La Maddalena nonché tratti di mare circostanti - e adottare le misure di salvaguardia necessarie per garantire la conservazione dello stato dei luoghi, sentiti la Regione e gli enti locali interessati, tenendo altresì conto dell'istituendo Parco internazionale marino delle Bocche di Bonifacio.
La gestione provvisoria del Parco dell'arcipelago de La Maddalena è affidato, fino alla costituzione dell'ente parco ai sensi dell'art. 9 legge 394/1991, ad un apposito Comitato di gestione.
Legge 5 gennaio 1994 n. 37 - Norme per la tutela ambientale delle aree demaniali dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle altre acque pubbliche (Suppl. ord. G.U. n. 14 del 19 gennaio 1994)
La legge n.37/1994 in oggetto stabilisce principi volti a favorire I ' acquisizione, al demanio pubblico, dei terreni abbandonati dalle acque (vedi Codice civile, artt. 942, 946, 947) ed introduce l'obbligo di valutazioni preventive d'impatto sul regime delle acque preliminari al rilascio di provvedimenti che autorizzino interventi per il regolamento del corso dei fiumi e di terreni, di bonifica, di estrazione dei materiali litoidi.
Le commissioni provinciali per I ' incremento delle coltivazioni arboree sulle pertinenze demaniali dei corsi di acqua pubblica, costituite ai sensi del R.D.L. n. 1338/1936, trasmettono annualmente alle autorità di bacino e alle Regioni competenti gli elenchi delle pertinenze idrauliche demaniali da destinare prevalentemente a colture arboree in sede di elaborazione dei piani di bacino di rilievo nazionale, internazionale e regionale (artt. 5 e 6).
Decreto del ministro dell'ambiente 19 gennaio 1994 - Disposizioni concernenti la continuità dell'azione amministrativa in materia di tutela e difesa dell'ambiente marino (in G.U. n. 27 del 31211994)
La legge 24 dicembre 1993, n. 537, "Interventi correttivi di finanza pubblica", all'art. 1, c. 8, ha disposto la soppressione del Ministero dei trasporti e di quello della marina mercantile. Quanto era di pertinenza
dei due dicasteri è stato fatto confluire nell'ambito di un Ministero di nuova istituzione che ha preso il nome di Ministero dei trasporti e della navigazione (art. 1, c. 9, stessa legge).
A seguito di tale operazione riorganizzativa, l'Ispettorato centrale per la difesa del mare, già operante all'interno del soppresso Ministero della marina mercantile, è stato trasferito alle dipendenze del Ministero dell'ambiente.
Per evitare una situazione transitoria di possibile discontinuità e interferenza amministrativa in materia di tutela e difesa dell'ambiente marino, si è ritenuto di mantenere il suddetto Ispettorato funzionale ed efficiente a partire dal 1° gennaio 1994 e fino alla emanazione del decreto di individuazione e trasferimento delle risorse finanziarie, del personale e di quant'altro dal soppresso Ministero a quello dell'ambiente.
Fatta questa premessa introduttiva che serve a chiarire il contesto legislativo più generale nel quale si colloca l'articolo unico del decreto oggetto di esame, il Ministero dell'ambiente si è attivato con proprio decreto del 19 gennaio 1994 per garantire continuità al servizio svolto dall'Ispettorato di cui trattasi. Il ministro dell'ambiente ha infatti disposto e puntualizzato che, in attesa del citato decreto interministeriale, l'Ispettorato dovrà continuare a curare l'ordinaria amministrazione delle problematiche attinenti alla salvaguardia dell'ambiente marino a partire dal 1° gennaio 1994.

Decreto del presidente della Repubblica 14 gennaio 1994 - Istituzione dell'Ente Parco nazionale dell 'Aspromonte (in G. U. n. 73 del 291311994)
Viene istituito, con personalità di diritto pubblico, I'Ente Parco nazionale dell'Aspromonte, sottoposto alla vigilanza del Ministero dell'ambiente.
Il territorio del parco è delimitato, in via definitiva, nella perimetrazione depositata in origine presso il Ministero dell'ambiente e allegata al presente decreto (del quale peraltro costituisce parte integrante) limitatamente al quadro d'unione in scala 1 :50.000.
I1 territorio del parco è suddiviso in due ambiti, secondo il criterio del maggiore o minor grado di antropizzazione, così come nella zonizzazione riportata nella suddetta cartografia che rimarrà in vigore fino all'adozione del piano del parco ai sensi dell'art. 12 legge n. 394/1991.
Si distinguono:

  • a) le zone 1: si tratta di aree di rilevante interesse naturalistico, paesaggistico e culturale con limitato o inesistente grado di antropizzazione;
  • b) le zone 2: sono aree di valore naturalistico, paesaggistico e culturale con maggior grado di antropizzazione.
Legge 14 febbraio 1994 n. 124 - Ratifica ed esecuzione della convenzione sulla biodiversità, con annessi, fatta a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992 (in G.U. n. 44 del 231211994, Suppl. ord. n. 33)
Gli obiettivi della convenzione di Rio, da perseguire in conformità con le disposizioni pertinenti, riguardano la convenzione della diversità biologica, l'uso durevole dei suoi componenti e la ripartizione giusta ed equa dei benefici derivanti dalla utilizzazione delle risorse genetiche. E' noto che l'espressione "diversità biologica" indica la variabilità degli organismi viventi di ogni origine, compresi, interalia, gli ecosistemi terrestri, marini ed altri ecosistemi acquatici, ed i complessi ecologici di cui fanno parte; ciò include la diversità nell'ambito delle specie, e tra le specie degli ecosistemi. Ciascuna parte contraente, mediante la ratifica della convenzione di Rio, effettuata dall'Italia con la legge in oggetto, si impegna a promuovere un sistema di strategia di sviluppo, di conservazione e di cooperazione che si fonda essenzialmente sulle seguenti azioni e politiche ambientali:
  • a) individuare i componenti della diversità biologica che hanno rilevanza ai fini della conservazione e dell'uso durevole di quest'ultima.
  • b) adottare provvedimenti per la conservazione ex-situ dei componenti della diversità biologica, di preferenza nel Paese di origine di tali componenti;
  • c) istituire un sistema di zone protette o di zone dove misure speciali devono essere adottate per conservare la diversità biologica;
  • d) promuovere uno sviluppo durevole ed ecologicamente razionale nelle zone adiacenti alle zone protette per rafforzare la protezione;
  • e) vietare l'introduzione di specie esotiche che minacciano gli ecosistemi, gli habitat o le specie;
  • f) tenere conto della conservazione e dell'uso durevole delle risorse biologiche nei processi decisionali nazionali;
  • g) adottare provvedimenti con cementi l'uso delle risorse biologiche per evitare o minimizzare gli impatti negativi sulla diversità biologica;
  • h) proteggere ed incoraggiare l'uso delle risorse biologiche in conformità con le prassi culturali tradizionali compatibili con i criteri prescritti per la conservazione o il loro uso durevole.

3. Normativa regionale

Abruzzo
Legge regionale 26 febbraio 1993, n. 14 - Divieto di usare volatili di allevamento per il tipo al volo. L.R. 26 febbraio 1992, n. 14 (B.U.R. 12/3/1993 n. 9).

Basilicata
Legge regionale 17 gennaio 1994, n.3 - Piano di risanamento delle acque, tutela uso e risanamento delle risorse idriche (B.U.R. 22/1/1994 n. 4).

Emilia-Romagna
Legge regionale 29 marzo 1993 n.14 - Istituzione dell'autorità dei bacini regionali (B.U.R.1/4/1993 n.29). Legge regionale 29 marzo 1993 n. 29 - Soppressione dell'azienda regionale delle foreste (B.U.R. 1/4/1993 n. 29).

Friuli Venezia Giulia
Deliberazione della Giunta regionale 28 gennaio 1994 n.193 - Regolamento Cee 2080/1992. Avvio del programma pluriennale regionale di imboschimento 1994-1998 approvato con D.G.R. n. 1793 del 1993 e approvazione di alcune sue modifiche attuative (B.U.R. 28 febbraio 1994 n. 8, Suppl. straord. n. 12).
Si richiama, nel preambolo della deliberazione, il decreto del Ministero agricoltura e foreste denominato "Relazione di accompagnamento e di sintesi dei programmi regionali attuativi del Regolamento Cee n. 2080/93" del luglio 1993 e si dà atto che la citata relazione di accompagnamento stabilisce procedure amministrative dirette da parte dello Stato italiano in parte diverse da quelle previste nel programma pluriennale regionale di attuazione.
Si dà altresì atto che la Comunità europea, tramite i funzionari dipendenti dalla Commissione, ha comunicato, per le vie brevi, agli uffici della Direzione regionale delle foreste e dei parchi, competenti per l'attuazione del programma regionale, che lo stesso è conforme alle disposizioni comunitarie stabilire dal Reg. Cee n. 2080/92 e che è in corso di approvazione, ma che tale determinazione non potrà essere presa prima della metà del mese di febbraio 1994.
Sulla base delle considerazioni e dei riferimenti svolti si delibera di dare avvio e attuazione, già fin dal febbraio 1994, al programma pluriennale regionale di imboschimento in applicazione del Reg. Cee n. 2080/1992 approvato con D.G.R. n. 1739 dell'8 aprile 1992. Le domande complete della documentazione prescritta dal suddetto piano (di cui agli allegati 14 e 15 della deliberazione in oggetto) devono pervenire agli ispettorati ripartimentali delle foreste e alle Comunità montane competenti nel periodo compreso
tra il 1 ° maggio e il 31 agosto di ogni anno. Al fine di consentire i primi impianti già nell'inverno-primavera 1994, eccezionalmente le richieste possono presentarsi nel periodo 1° febbraio-31 marzo 1994 presso gli uffici sopracitati.
Si disciplina quindi il procedimento di presentazione ed esame delle domande, dando atto che la liquidazione delle anticipazioni dei contributi di imboschimento, di miglioramenti e dei premi sarà effettuata dall'A.I.M.A., previo accertamento di avvenuta esecuzione dei lavori e/o degli acquisti eseguito dagli Ispettori ripartimentali delle foreste e dalle Comunità montane per le rispettive competenze.

Lazio
Legge regionale 15 novembre 1993, n. 62 - Modifica della L.R.2 dicembre 1988 n.79 concemente l'istituzione della Riserva parziale naturale Monterano nel territorio del Comune di Canale Monterano (B.U.R. n. 33 del 1993).

Lombardia
Legge regionale 9 marzo 1994 n. 124 bis - Piano territoriale di coordinamento del Parco naturale Campo dei Fiori (B.U.R. 15/3/1994 n. 62).
Con la presente legge viene approvato il piano territoriale di coordinamento del Parco naturale regionale Campo dei Fiori che ha natura ed effetti di piano territoriale regionale ai sensi degli artt. 4 e 7 della legge regionale 15/4/1975 n.51 ed assume anche i contenuti di piano territoriale paesistico ai sensi della legge regionale 27/5/1985 n. 57 e successive modificazioni e integrazioni.
Il piano territoriale si compone dei seguenti elaborati:

  • norme tecniche d'attuazione;
  • inquadramento territoriale e sistema viario in scala 1: 100.000 (tav. 1 - omissis).
    I Comuni, il cui territorio ricade, in tutto o in parte, entro il perimetro del parco, devono apportare, entro 60 gg. dall'entrata in vigore del presente P.T.C., tutte le correzioni conseguenti relativamente alle aree comprese nel territorio del parco, con apposita variante allo strumento urbanistico generale, recependo il perimetro e la zonizzazione del P.T.C.; entro due anni i Comuni medesimi provvedono all'aggiornamento dei propri strumenti urbanistici anche relativamente alle aree esterne al perimetro del parco tenendo conto degli indirizzi derivanti dal P.T.C.

 

Molise
Legge regionale 2 aprile 1993 n.9 - Modifica alla legge regionale 3 luglio 1991, n. 10: "Normativa in materia di bonifica". L.R.2 aprile 103, n.9 (B.U.R.16/4/1993
Sardegna Legge regionale 7 maggio 1993 n. 23 - Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45, recante: "Norme per l'uso e la tutela del territorio regionale. L.R. 7 maggio 1993, n. 23 (B.U.R. 11/5/1993 n. 17). Legge regionale 8 luglio 1993 n. 28 - Interventi in materia urbanistica (B.U.R. 15/7/1993 n. 27). Legge regionale 10 settembre 1993 n.38 - Istituzione di una Commissione speciale per una indagine conoscitiva sulla consistenza e sulla gestione del patrimonio minerario della Regione (B .U.R.15/9/1993 n.35).
Valle d'Aosta Legge regionale 26 marzo 1993 n. 16 - Contributi ai Comuni e ai consorzi di Comuni per la progettazione e la realizzazione di interventi di manutenzione straordinaria sugli impianti di depurazione delle acque reflue, nonché per la progettazione di impianti di depurazione e dei relativi collettori fognari (B.U.R. 6/4/1993 n. 15). Legge regionale 24 dicembre 1993 n.90 - Concessione di contributi per la realizzazione di iniziative di interesse naturalistico ed ambientale (B.U.R. 30 dicembre 1993 n. 56, ediz. straord.). La legge in oggetto intende perseguire le seguenti finalità di carattere culturale ed educativo: a) diffondere la conoscenza del patrimonio ambientale della Valle d'Aosta nei suoi aspetti naturalistico, paesaggistico e storico-culturale per incentivarne lo studio e la tutela; b) promuovere una maggiore sensibilità dei cittadini verso la salvaguardia dell ' ambiente naturale e del proprio habitat e diffondere le tematiche di educazione ambientale. A tal fine la Regione concede contributi i cui beneficiari possono essere: a) enti locali della Regione Valle d'Aosta e loro forme associative; b) enti privati con sede in Valle d'Aosta e ivi operanti; c) associazioni e fondazioni con sede in Valle d'Aosta e ivi operanti; d) istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado funzionanti nel territorio regionale; e) enti, associazioni e fondazioni operanti sul territorio nazionale o in ambito internazionale, con specifiche iniziative per la Valle d'Aosta.

Veneto
Legge e giornale 22 giugno 1993 n. 19 - Modifiche e integrazioni alla legge regionale 31 marzo 1993 n. 14 "Disciplina della viabilità silvo-pastorale" (B.U.R. 25/6/1993 n. 53).
4. Giurisprudenza
T.A.R.Campania, Napoli, sez.1, 25 gennaio 1993 n. 31
Ai sensi dell'art.82, co. 9, DPR 24 luglio 1977 n.616 (con le modificazioni apportate dalla legge 8 agosto 1985 n. 431),1'omessa pronuncia della Regione sull'istanza per l'autorizzazione di cui all'art.7 legge 29 giugno 1939 n. 1497 al fine di realizzare attività edilizie in area assoggettata a vincolo paesistico implica esclusivamente la facoltà del trasferimento della domanda all'autorità statale.
Pertanto, ricorrendo tale ipotesi, non è configurabile la formazione del silenzio-assenso, tesi del resto che trova anche fondamento negli art. 16, 3S!.oS. c., 17, 2S!.oS. c., 19,4S!.oS. c., legge 7 agosto 1990 n. 241. L'annullamento del nulla-osta ambientale regionale ex art. 7 legge 29 giugno 1939 n. 1497 disposto dal Ministero per i beni culturali ed ambientali non è atto recettizio, pertanto è irrilevante la data di comunicazione all'interessato, ai fini della sua tempestività.
Nella fattispecie il Ministero per i beni culturali e ambientali annullava un' autorizzazione ex art.7 legge n. 1597/1939 per lavori di ristrutturazione di un fabbricato in area paesisticamente vincolata; il ricorrente impugnava l'atto di annullamento ritenendo erroneamente che si fosse formato il silenzio-assenso sulla domanda di nulla-osta paesistico.
Cassazione Penale, 111 sez., 8 aprile 1993 n. 3426 - Conferma App. Venezia 7 ottobre 1992)
La Corte di appello di Venezia, con sentenza in data 7 ottobre 1992, alla luce dei risultati del sopralluogo, della perizia di ufficio, nonché dei documenti acquisiti e delle testimonianze dibattimentali, riteneva provato che gli imputati avevano distrutto un bosco di robinie, dell'età di 10 anni (con tagli a raso per circa mq 2000 e con eliminazione di ceppaie per circa mq 3000) ricadente nell'area sia della miniera che della vicina cava, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico ed a vincolo idrogeologico, senza autorizzazione delle autorità competenti.
Osservava la Corte che sussisteva anche l'elemento psicologico del reato per entrambi gli imputati per mancanza di concreta vigilanza.
Avverso questa sentenza hanno proposto ricorso per Cassazione gli imputati stessi.
La Corte, nel ritenere infondato il ricorso, osserva che in base a dati di interpretazione sistematica fomiti dal legislatore con una molteplicità di leggi diverse succedutesi nel tempo, il concetto di "bosco" deve essere riguardato come patrimonio naturale con una propria individualità, quale ecosistema completo, comprendente tutte le componenti quali suolo e sottosuolo, acque superficiali e sotterranee, aria, clima e microclima, formazioni vegetali (non solo alberi di alto fusto, di una o più specie, ma anche erbe e sottobosco), fauna e microfauna, nelle loro reciproche profonde interrelazioni, e quindi non solo l'aspetto estetico paesaggistico di più immediata percezione del comune sentimento.
Secondo una innegabile evoluzione culturale e giuridica il bosco oggi è considerato una realtà naturale vivente, ossia qualcosa di più di una proiezione estetica.
La materia forestale è interessata dalla ancora vigente legge 3267 del 1923 sul vincolo idrogeologico, ispirata al principio di impedire forme di utilizzazione che possano "con danno pubblico" determinare "denudazione", perdita di "stabilità", turbamento del "regime delle acque"; dalla legislazione urbanistica a partire dalla legge 1150 del 1942 fino alla recente L. 47/85, dalla legge di difesa del suolo e sui bacini idrografici, n. 183/88; dalla legge sulle aree protette n. 394/91; dalle normative su flora e fauna, ed. L. 157/92; dalle leggi su bellezze naturali e paesaggio (L. 149/39; art. 9 Cost., L. 431/85); dalle norme sull'impatto ambientale ex direttiva Cee 337/85 e norme di attuazione; dalla legge 349/86 sul Ministero dell'ambiente e sul danno ambientale.
Nel caso di specie il taglio di piante e perfino l'eliminazione di ceppaie, che come è noto servono alla riproduzione del bosco, sono stati giustamente ritenuti integranti, illecito non solo ai fini idrogeologici, ma anche ai fini paesaggistici (conf. Cass. Sez. III 30 maggio 1989, n. 7781, Vallucci).
I territori coperti da boschi e foreste e quelli sottoposti a vincoli di rimboschimento sono soggetti a vincolo paesaggistico ex art. 1 L. 431/85 e su di essi è consentito soltanto il taglio colturale, la forestazione ed altre opere conservative (Cass. Sez. III, 29 dicembre 1988, n. 12974, Poletto).
A questi principi si sono attenuti i giudici di merito, sicché la sentenza impugnata non è stata ritenuta suscettibile di censura.
Il fatto che fosse terminata l'attività mineraria e di cava imponeva la ricomposizione ambientale, che non poteva certamente realizzarsi attraverso il taglio del bosco esistente.
E' appena il caso di rilevare che allorché la sentenza individua il bosco come ecosistema, ossia come ambiente biologico o naturalistico, fomisce una definizione assolutamente pertinente al sistema di tutela costruito dalla L. 8 agosto 1985, n. 431.
Questa concezione del bosco si differenzia decisamente dalla considerazione che del bosco aveva la pregressa legislazione, fondata sul vincolo idrogeologico, disciplinato dal r.d. 30 dicembre 1923, n. 3267, e sul vincolo paesistico, previsto dalla L. 29 giugno 1939, n. 1497.
Nel primo caso il bosco era, anzi è - considerato che si tratta di normativa tuttora in vigore - strumentale alla difesa del suolo, tant'è che il vincolo interessa i territori boscati di montagna e di collina e, solo eccezionalmente, per la loro scarsa rilevanza strategica, i boschi situati in pianura.
Nel secondo caso, la superficie boscata viene in rilievo per gli aspetti estetici caratterizzanti un determinato comprensorio del quale è parte integrante, oppure diviene rilevante in quanto sia tipizzata, essa stessa, da peculiare bellezza.
La legge n. 431 travalica questi aspetti funzionali a determinati risultati e considera il bosco sotto il profilo ecosistemico e cioè in quanto tale, per tutti i servizi - e non solo per una parte - che esso offre alla collettività: climatici, igienici, ricreativi, eccetera, oltre i servizi estetico-visivi ed idrogeologici già pre.senti nella legislazione.

Pretura di Gorizia, sentenza 26 aprile 1993
La sentenza in oggetto riguarda l'attività di modificazione dello stato dei luoghi in zona vincolata dalla legge n. 431 del 1985, attività che risulta autorizzata precedentemente alla data di entrata in vigore della legge citata ma che comporta una aggressione rilevante all'ambito paesaggistico (come nel caso di espansione di una cava).
Il pretore di Gorizia si pone in contrasto con la decisione delle Sezioni Unite penali della Cassazione n. 6/1992, affermando che l'attività che può legittimamente proseguire è solo quella relativa alle aree in cui risultano già compromessi i valori ambientali che il vincolo intende tutelare.
L'orientamento della pretura di Gorizia viene confermato anche da una successiva decisione delle sezioni unite della Corte del 25 marzo 1993 secondo la quale la compromissione del paesaggio può essere diversa "a seconda dello stadio in cui si trova l'opera in corso di esecuzione" e il suo apprezzamento concreto non può che essere rimesso alla P.A. e ai suoi poteri di revoca della precedente autorizzazione.
Al giudice penale sarebbe riservato invece l'accertamento in ordine alla valutazione se l'opera iniziata abbia già conseguito un'apprezzabile compromissione estetica dell'ambiente, rispetto alla quale non vi sarebbe più spazio per ritenere la zona ancora conciliabile con una determinata gestione del vincolo. Si veda, comunque, per una più ampia disamina delle problematiche giuridiche sul tema F. Navarese, La disciplina delle case all'esame delle Sezioni Unite
penali della Cassazione, nota a Cass. Pen., sez. III, 14/4/1993 n. 735 bis, in Consulenza ambiente 1993, 11, p. 74.

Consiglio di Stato, Roma, sez. Vl, 13 ottobre 1993, n. 713
I parchi regionali non si possono confondere con i piani territoriali paesistici...
Pretore di Cuneo in due distinti procedimenti penali (poi riuniti) in relazione all'art. 11 lett. a) della legge regionale Piemonte 3 aprile 1989 n. 20, che detta norme in materia di beni culturali, ambientali e paesistici.
La norma de qua prevede che siano sottoposte a vincolo paesaggistico le categorie di beni indicati dall ' art. 82, 5° co., del Dpr 616/1977, tra i quali i corsi d'acqua e le relative sponde per una fascia di 150 metri ciascuna. Tale vincolo è escluso, al comma successivo, per le zone interessate da agglomerati urbani storici o già parzialmente edificate (zone A e B ex art. 2 DM 2 aprile 1968 n. 1444) e per quelle non ancora edificate ma destinate ad espansione edilizia in quanto comprese nei piani pluriennali di attuazione.
La sottrazione del vincolo è estesa anche alle zone assimilate a quelle A e B del DM 2 aprile 1968 n. 1444 e cioè nei centri edificati, nei nuclei minori, nelle aree sia residuali che produttive a capacità insediativa esaurita o residua e in quelle di completamento così definite nei piani regolatori approvati ai sensi del titolo 9 della legge n.56/1977 e successive modifiche ed integrazioni. La Corte ha ritenuto che l'art.11, lett. a) della legge regionale Piemonte n. 20 del 1989 muti sostanzialmente, estendendolo, l'ambito territoriale delle zone di particolare interesse ambientale sottratte al vincolo paesaggistico previsto dalla legge n.1497 del 1939. Detta estensione comporta, secondo l'interpretazione della Corte, una disciplina difforme dai principi fondamentali della legislazione statale, in contrasto con gli artt. 117 e 25 Cost. La suprema Corte ne dichiara pertanto l'illegittimità nella parte in cui prevede che non si applica il vincolo posto dall'art.1 della legge n.431 del 1985 "nelle zone assimilate alle zone A e B del DM 1444/1968". Limitatamente a questa parte la norma regionale in esame deve essere ritenuta incostituzionale.

* Ordinario di diritto amministrativo, titolare della cattedra di diritto e legislazione urbanistica nell' Università di Firenze

** Dottorando di ricerca in diritto urbanistico e dell' ambiente nell'Università di Firenze