Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 16 - OTTOBRE 1995


I Colli Euganei, un parco assediato
Federica Thomasset *

I coni di origine vulcanica che si ergono nella vasta pianura veneta costituiscono probabilmente il cuore del territorio padovano; la loro peculiarità geologica, ben rappresentata nella iconografia storica, ed i processi di strutturazione del territorio di pianura che li circonda, sedimentati nelle diverse fasi storiche, costituiscono i caratteri fondamentali del territorio euganeo. Un sistema di risorse articolato e meritevole di conservazione, ma soprattutto un luogo esemplare di conflitto nell'utilizzo delle risorse, testimoniato, tra l'altro, dal lungo cammino percorso per l'istituzione del parco. Il parco, infatti, fu istituito dalla Regione Veneto nel 1989, 20 anni dopo una lunga battaglia per la chiusura delle attività estrattive che li stanno divorando; cave di trachite, presenti fin dai tempi dei romani, e cave di calcare e marne, la cui attività ha lasciato enormi ferite lungo i versanti boscati. Senza contare la presenza di tre cementerie che coprono circa il 60% della produzione regionale, e che, oggi, utilizzano solo il 30% di materiale proveniente dai Colli, comportando, oltre ai problemi di impatto visivo, un notevole aggravio sul carico di traffico delle arterie che collegano le cementerie ai nuovi siti estrattivi (Monti Berici); situazione che induce alla realizzazione di nuove arterie e bretelle, spesso nefaste per il paesaggio agrario in particolare nei punti di accesso al parco. E' in relazione alle profonde alterazioni ed ai rischi prodotti da tali attività che si collocano le politiche di tutela dei Colli, a partire dalla L. 1097 del 1971 che, ponendo un freno all'attività estrattiva, mise le premesse per l'istituzione del parco. Al problema delle cave se ne sono aggiunti molti altri di non minore gravità, considerando che il parco, con i nuovi confini proposti dal piano ambientale, si estende per oltre 190 Kmq, comprende, in tutto o in parte, il territorio di 15 Comuni che contavano al 1991 oltre 170.000 abitanti.
I Colli rappresentano nell'area veneta un'oasi con una discreta varietà di biotopi e di entità floro-faunistiche, sebbene, sotto il profilo naturalistico, si sia rilevata una certa scarsità di strutture ecosistemiche dotate di adeguati livelli di naturalità e una eccessiva frammentazione dei siti di elevato pregio naturale, spesso disturbati dalle attività antropiche, meno compatibili. Particolarmente grave la situazione delle aree boscate sotto due profili: da una parte i problemi degli incendi, che ogni anno sottraggono al territorio boscato una quota considerevole di ettari; dall'altra la diffusione della robinia che ha conquistato più della metà delle zone boscate, passando dai 1000 ettari segnalati nel 1966 a più di 2800 ettari, e riducendo a poco più di 400 ettari le formazioni 'autoctone'. Il territorio agricolo, parte integrante del paesaggio dei Colli, caratterizzato dai versanti a vigneto (3250 ettari) e dalla piana occupata per lo più da monocolture (mais e soia), ha subito un notevole processo di abbandono: negli ultimi venti anni quasi tremila ettari di superficie agraria sono o abbandonati (15%) o trasformati per usi insediativi. La frammentazione delle aziende agricole, l'espansione urbana e turistica, in particolare delle aree termali (Abano e Montegrotto), stanno producendo profonde modificazione nel territorio agrario, che si manifestano non solo nella perdita dei caratteri tipici della struttura fondiaria tradizionale (i filari di olmi e aceri, i castagneti da frutto, i tradizionali terrazzamenti dei muri a secco, oltre alle tipiche siepi che delimitavano i coltivi segnando le "capezzagne"), ma in un impoverimento nutritivo del suolo sempre più bisognoso di apporti energetici. Appare evidente il ruolo centrale dell'attività agricolo-forestale in ordine anche alla stabilizzazione degli ecosistemi naturali, attraverso la trama minuta e complessa dei 'corridoi ecologici' .
Nel trentennio 1961/1991 vi è stato un incremento delle aree urbanizzate del 250%, con una dotazione stabilizzata nel decennio 1981/'91 di 222 mq. di suolo urbanizzato ad abitante, valore del tutto simile a quello medio della provincia di Padova. Lo sviluppo edilizio, per lo più localizzato nelle aree di bordo, è stato influenzato dalle pressioni della vicina Padova, dall'espansione delle attività termali (che contano 20.000 posti letto e 3 milioni di presenze annue) e dell'espansione di Este e Monselice, che raccolgono una significativa presenza di insediamenti produttivi. L'urbanizzazione diffusa (che ha i caratteri tipici del modello veneto) ha saturato e smantellato gran parte dello spazio rurale. Tale forma di crescita, assai male e poco controllata, sebbene in misura differenziata nei diversi Comuni, ha contribuito a pregiudicare il legame paesistico e storico della pianura con i colli, alterando in maniera irreversibile i principali varchi di accesso e la leggibilità delle relazioni storiche e visive tra i sistemi di risorse presenti nel parco e nelle aree ad esso contigue: l'asse storico di Montagnana - Este - Monselice - Padova, il sistema dei canali, le antiche trame dei canali della bonifica, il sistema dei castelli. Un contesto in cui appare particolarmente evidente la diffusione dei problemi di recupero e di riqualificazione, ma anche l'esigenza di reinvenzione di nuovi valori paesistici. Tema, questo, che emerge in particolare dall'analisi dei modelli morfologici dell'insediamento attuale, quasi sempre privo di luoghi dotati di valore di centralità e di servizi adeguati alle nuove dimensioni dei rapporti sociali, di rapporto con le preesistenze storiche, spesso irriconoscibili o alterate dal traffico, lacerato da discontinuità funzionali e paesistiche con il proprio contesto. D'altra parte nell'evoluzione della pianificazione locale, che nei piani di più recente formazione vede un contenimento dello sviluppo urbanizzativo ed una maggior attenzione agli aspetti storico-culturali ed ambientali, emerge come non siano tanto e solo le previsioni quantitative a preoccupare, quanto quelle concernenti le forme assunte ed il loro rapporto con il contesto (edifici di notevole altezza, grande occupazione di suolo, sviluppi insediativi arteriali, interventi sporadici).
Alle pressioni derivanti dall'assedio urbanizzativo ai bordi del parco si aggiungono quelle connesse al ruolo di 'parco urbano', che i colli svolgono con più di 900.000 visitatori annuali, per la massima parte concentrati nelle domeniche primaverili o autunnali (20.000 presenze giornaliere), provenienti dalle aree urbane di Padova e Rovigo, distanti meno di 20 km. Ruolo che se da una parte può consentire politiche di sviluppo locale, di parziale integrazione con le attività agricole (agroturismo) va, comunque, controllato ed articolato, in modo da valorizzare le ricchezze sul territorio, salvando al contempo i siti di maggior pregio da flussi non compatibili né con le condizioni ambientali, né con le esigenze di una fruizione appropriata dei luoghi e delle risorse.
I principali problemi che il piano ambientale dei Colli Euganei si è trovato a fronteggiare sono quelli di un complesso di risorse culturali, paesistiche e naturali tra loro storicamente, funzionalmente e paesisticamente interrelate, fortemente minacciate, con gravi danni pregressi a cui occorre porre rimedio. Ma nonostante le alterazioni subite, il ricco patrimonio esistente è ancora sufficientemente recuperabile, non solo nei suoi singoli beni, ma anche e soprattutto, in quanto sistemi di elementi (le vie d'acqua e le vie di terra; i castelli, le ville, i monasteri; i centri storici e l'insediamento diffuso; i crinali e le fasce boscate) in cui sono ancora riconoscibili le relazioni che legano i singoli beni tra loro. Una rete di risorse complementari, che non si arresta ai confini del parco, ma spesso coinvolge nodi esterni significativi o copre più vasti territori; essa conferisce al parco una potenzialità fruitiva e di immagine di grande rilevanza. L'alto livello di antropizzazione del territorio del parco (oltre il 20% della superficie interessata da aree urbanizzate e oltre il 50% utilizzata per 1 ' agricoltura) rende impossibile un'efficace politica di tutela della rete di risorse individuate che si affidasse solo ad azioni di vincolo o di mera conservazione delle risorse di maggior pregio, sempre più confinate e insediate dai fenomeni contrapposti di sviluppo e di abbandono.
Gli obiettivi del piano, in parte già espressi dalla legge istitutiva, mirano innanzitutto alla valorizzazione dell'identità, della riconoscibilità e della leggibilità del parco nella sua globalità, unitarietà e rappresentatività, con particolare riferimento alle relazioni con il suo contesto territoriale; alla promozione e all'organizzazione delle forme di fruizione in vista di una maggior integrazione delle risorse; alla promozione e all'organizzazione delle attività economiche coerenti e compatibili con le esigenze di tutela dei siti e delle risorse. Data la peculiarità del parco stesso, il piano cerca di andare oltre gli obiettivi di tutela posti dalla L. 394/1991, proponendo e motivando un insieme integrato di politiche di gestione in grado di affrontare in modo coordinato le problematiche emerse, influenzando sia il futuro assetto territoriale che quello paesistico - ambientale.
Da questa concezione del piano emergono le cinque strategie che hanno prodotto ed articolato la struttura del piano stesso:

  • la gestione del patrimonio naturale e culturale, orientata alla conservazione e valorizzazione delle risorse attraverso azioni di manutenzione, di ripristino e di integrazione funzionale e paesistica;
  • il controllo delle attività incompatibili, prevalentemente orientato al recupero paesistico dei siti estrattivi ed alla regolamentazione delle attività estrattive della trachite (per il materiale di pregio), oltre alla riduzione degli impatti derivanti dalla concentrazione degli impianti radio televisivi sulle sommità dei colli (confermati solo tre siti contro i 6/7 oggi esistenti);
  • la valorizzazione agro-forestale, in particolare rivolta alla formazione di servizi per le aziende al fine di orientarle ad una produzione ecocompatibile, ed economicamente sostenibile;
  • il controllo dell'urbanizzazione, prioritariamente attraverso il coordinamento delle politiche locali e la promozione di interventi di trasformazione e qualificazione delle aree più critiche (con particolare riferimento ai punti di accesso, le "porte del parco");
  • l'organizzazione della fruizione turistica, diretta ad incentivare l'uso delle risorse sottoutilizzate, in grado di fornire redditi integrativi, ed a orientare i flussi turistici.

Gli aspetti innovativi del piano

Il parco come nodo di una rete
Il piano ambientale, iniziato nel 1991 e adottato da parte dell'Ente nel 1994, ha riconosciuto il carattere non soltanto naturale del parco, definendo alcune opzioni di fondo che meritano attenzione nell'ambito dell'esperienza di pianificazione delle aree protette, con riferimento a quelle aree sottoposte a particolari pressioni esterne, condizione più che diffusa in Europa. Le ricerche sulla pianificazione nei parchi europei' dimostrano, anche all'interno di situazioni legislative differenziate nei vari Stati, come ci si stia avviando verso una pianificazione sempre più "integrata", ovvero capace di incidere non solo sulla gestione delle risorse naturali, ma anche sugli assetti territoriali, interni ed esterni al parco, in funzione delle maggiori o minori minacce esistenti. Particolare importanza è stata data al rapporto tra parco e contesto, nel senso di guardare oltre i confini del parco, per evitare i rischi di "insularizzazione" dell'area protetta, l'insorgere di conflitti non facilmente comprimibili, le tentazioni di gestioni compromissorie basate sulla decisione tra zone deputate allo sviluppo e zone deputate alla tutela, per superare il concetto di compensazione del 'danno', assai lontano dal concetto di sviluppo compatibile. Ricordiamo in questo senso i parchi alpini francesi, attorniati dalle grandi stazioni dello sci 'totale', dove il livello di pressione antropica delle aree pre-parco e comunque dei loro contesti naturali e paesistici rivela uno squilibrio territoriale e ambientale che pone in crisi l'istituzione stessa del parco, ormai confinato nelle aree sommitali'. Il rapporto parco/contesto nel Parco dei Colli Euganei si è evidenziato fin dalle prime analisi nell'ambito di una concezione del parco come nodo di una rete che si articola nell'intera regione veneta. L'unitarietà dei "colli" nei confronti del loro territorio non si manifesta solo attraverso la specifica situazione geomorfologica, ma è leggibile nei processi storici fin dagli insediamenti preistorici, in quelli monastici con l'avvio delle bonifiche delle paludi delle valli, nella nascita delle ville ai piedi dei colli connesse con il sistema dei canali; nel turismo termale che da secoli conferisce al luogo un carattere specifico anche in termini di sviluppo. A ciò si aggiunge l'immagine fruibile dall'esterno, che presenta i colli come un'isola nel mare della pianura veneta, accessibile con modalità che rendono la dinamica percettiva molto simile a quella di un approdo ad un'isola. D'altra parte è proprio questa relativa diversità storica e geografica del territorio euganeo dal contesto che ha favorito il mantenimento di un insediamento integrato con i caratteri di naturalità di alcuni ecosistemi relativamente rari.
L'attenzione del piano si è perciò spostata dal 'cuore' boscato del parco alla sua periferia, laddove si manifestano i problemi di maggior aggressione e di maggior conflittualità da risolvere per conservare le aree più vulnerabili; e al contempo dove maggiori sono le opportunità per migliorare la qualità fruitiva del parco, in particolare con la valorizzazione ed il recupero delle sue 'porte' e dei sistemi di accesso (Este, Monselice, Abano, Vò, Battaglia). Tale impostazione trova riscontro nelle nuove politiche affrontate anche a livello europeo2, e implica una maggior integrazione tra pianificazione specialistica (quella dei parchi) e pianificazione locale, ormai irrinunciabilmente diretta ad ottemperare anche ad esigenze di tutela ambientale. Nel territorio euganeo tale impostazione acquista maggior peso per la sua particolarità geografica; i Colli, come "un'isola nel mare", possono ritrovare e conservare la loro valenza paesistica solo a patto di ricostruire il rapporto con la piana, oggi in gran parte scardinato. Ed è in questo senso che il piano ha affrontato in modo particolare la salvaguardia e la valorizzazione del complesso sistema di relazioni che lega il parco al suo contesto: le connessioni ecologiche, che legano i Colli, quale sistema di aree di buona naturalità, con i i vicini Monti Berici, la laguna, la fascia fluviale del Brenta attraverso il complesso sistema dei canali e delle scoline (recuperando l'antico sistema delle siepi della pianura, i parchi storici e le 'isole boscate', ancora esistenti); le relazioni funzionali, che legano la struttura dell'insediamento euganeo con i centri storicamente di grande importanza (Padova e la "bassa padovana") appoggiate ad un doppio reticolo di infrastrutture, uno convergente verso Nord-Est e l'altro verso Sud; le vie d'acqua, strutturate su una tripla rete di insfrastrutture idrauliche, storicamente navigabili, che legano i Colli con tutta la pianura fino al mare; le relazione storiche, che connettono il complesso dei beni storici del parco ai centri di Montagnana, Este, Padova e Venezia, amplificandone la valenza fruitiva all'interno dei grandi circuiti turistici del Veneto; il sistema degli accessi, distribuiti lungo il circuito perimetrale dei Colli e segnati da importanti varchi di penetrazione.
Il riconoscimento di tali relazioni quale struttura fondamentale per la gestione del parco ha comportato alcune scelte fondamentali:

  • la proposta di allargamento dei confini del parco al fine di ricostruire le solidarietà ambientali necessarie alla salvaguardia delle aree interne e le unità paesistiche emerse dall'analisi (la proposta ha comportato un aumento di circa il 35% rispetto al perimetro della legge istitutiva);
  • l'estensione del disegno del piano in tutte le sue articolazioni, in termini di indirizzo normativo, al di fuori dell'area del parco, con lo scopo di coordinare le regole interne al parco con le previsioni dei piani regolatori comunali, smorzando controproducenti fratture gestionali in aree senza soluzioni di discontinuità, configurando una maggior integrazione nelle politiche locali ed eliminando situazioni di discriminazione tra chi abita all'interno del parco e chi abita all'esterno;
  • la proposta di 'zone contigue' o di 'pre-parco' al fine di assicurare in termini di indirizzo un insieme organico di misure di protezione, ma anche di estendere a queste zone le misure economiche di sostegno previste per i parchi.

Tali scelte hanno comportato un lunga discussione in particolare con i Comuni. Discussione che ha permesso, attraverso un confronto critico tra le previsioni dei piani regolatori dei Comuni e le analisi per il piano ambientale, di sdrammatizzare il problema dei confini a favore di una maggior omogeneità della disciplina sul territorio e l'avvio di alcune azioni operative su quelle aree di margine, strategiche per il piano, che necessitano di un impegno programmatico e operativo dei vari enti territoriali, in particolare la riqualificazione di parte della frangia urbana di Abano, la ricomposizione delle previsioni turistico-termali, il recupero del sistema dei canali e di alcune aree ad essi connesse, il recupero e la valorizzazione dei percorsi nelle loro connessioni anche con le aree esteme. Nella discussione un ruolo decisivo ha avuto l'individuazione e la chiarezza dei criteri paesistici, funzionali, ambientali ed urbanistici, adottati per definire la proposta di ampliamento ed in particolare il riconoscimento delle unità di paesaggio.

Le unità di paesaggio
Un secondo aspetto messo in evidenza dal piano è il rapporto tra le risorse ed il proprio contesto, inteso come riconoscimento non solo delle risorse in sé, ma soprattutto di quelle relazioni che le legano al loro intomo, che permettono di descrivere la peculiarità di un luogo, il suo carattere e ciò che lo distingue da un altro, dandogli valore e significatività. Si tratta di cogliere il sistema evolutivo delle risorse, la loro appartenenza ad ecosistemi complessi (a cui anche l'uomo appartiene) per poter indirizzare verso attività compatibili, ossia capaci di potenziare e valorizzare quelle strutture su cui si basa la conservazione complessiva del territorio, e soprattutto la sua riconoscibilità. La riconoscibilità e la leggibilità assumono particolare importanza nella gestione di un parco, il cui fine, oltre alla protezione delle risorse, è la conservazione dell'immagine e del significato nella storia dell'uomo di un contesto territoriale di particolare pregio. E' una sfida alle discipline prevalentemente orientate alla conservazione dei beni e delle risorse, riconosciute in funzione soprattutto di una loro omogeneità di condizione e/o specificità intrinseca (i boschi, le zone umide); e alla gestione settoriale del territorio, in cui spesso si rispecchiano le zonizzazioni dei piani e che rischiano una sottovalutazione delle dinamiche, sia naturali che sociali, che intervengono sul complesso delle politiche gestionali.
E' evidente infatti che le azioni per il mantenimento delle aree boscate non possono consistere solo in una corretta gestione forestale, capace di orientare l'evoluzione dell'ecosistema verso strutture in equilibrio ecologico con l'ambiente, aumentandone i fattori di stabilità e di resistenza verso le aggressioni dei parassiti, ma implicano anche il controllo dei fattori di perturbazione che provengono da attività e/o da modelli di gestione del territorio cointeressato (infrastrutture, rischi di incendi, sovraccarichi turistici o processi di abbandono). Di qui la rilevanza che il piano ha attribuito al paesaggio, quale momento di considerazione unitaria dei diversi fattori, naturali e storici, che compongono la struttura del territorio. Tale considerazione si è espressa sin dall'avvio della fase analitica, quando le analisi sul paesaggio, oltre ad assumere una loro connotazione specifica concorrendo a offrire una delle letture possibili del territorio, si sono sviluppate assumendo un ruolo di sintesi valutativa delle diverse letture settoriali. Le analisi paesistiche3, centrali nell'approccio integrato del piano, sono state condotte, infatti, su due versanti: quello percettivo, volto essenzialmente all'evidenziazione delle condizioni percettive (strutture, fattori e modalità di fruizione, fattori di detrazione) che incidono sulla leggibilità, riconoscibilità e caratterizzazione dei luoghi, sull'apprezzamento soggettivo del paesaggio e nei processi di identificazione delle popolazioni locali; e quello strutturale, volto essenzialmente all'identificazione e valutazione delle componenti oggettive, riconoscibili sotto i diversi profili di lettura (geomorfologici, ecologici, agricoli, vegetazionali, insediativi, storici-culturali, fruitivi) e dei sistemi di relazione che le legano strutturando il paesaggio alle varie scale. E' sul versante dell'analisi strutturale, che riconosce nel paesaggio l'espressione dei processi storici di strutturazione del territorio, assumendone anche l'inevitabile valenza dinamica, in relazione ai processi sociali ed economici, che si è configurato il passaggio dalle diverse letture disciplinari alle proposte di sintesi. Questo passaggio è ben illustrato dalla "griglia" interpretativa che mette in evidenza per ciascun assetto, ritenuto decisivo nella configurazione del paesaggio euganeo, le componenti ed i sistemi che svolgono un ruolo strutturale o di caratterizzazione o di qualificazione del territorio, nonché i fattori di criticità che conferiscono valenze differenziate alle diverse situazioni territoriali. La lettura sinottica del repertorio analitico indirizzato dalla "griglia" ha permesso il riconoscimento delle 26 unità di paesaggio, intese come luoghi specificatamente identificabili nell'insieme del paesaggio euganeo; o più precisamente, come ambiti territoriali distinti da propri sistemi di relazioni visive, ecologiche, funzionali o culturali, relativamente stabili (e perciò strutturanti), tra qualificate, sicuramente in gran parte da riscoprire, da reinventare e soprattutto da qualificare. Se da una parte, dunque, le indicazioni del piano definiscono i modelli gestionali finalizzati alla tutela differenziata delle singole risorse (le riserve naturali, i boschi, i centri storici e l'architettura rurale); dall'altra esso individua una serie articolata di interventi di recupero e riqualificazione, in parte consistenti anche in progetti di sostanziale modificazione (come per "l'atrio di Abano"), concorrenti a rafforzare la rete delle risorse, così come emersa dalle indagini, con il principale obiettivo di valorizzare quelle strutture latenti, minacciate e sottovalutate dai modelli di sviluppo attuale.
La rete di fruizione e di coesione delle risorse presenti nel parco si struttura su alcune direttrici principali, che hanno costituito lo schema di riferimento per l'elaborazione e la definizione dei progetti attuativi:

  • gli assi principali di fruizione (la ferrovia e le tangenziali) che lambiscono il parco e lo connettono con il territorio più vasto;
  • le direttrici viarie e gli accessi principali, ben caratterizzati dalle "porte e dagli atrii", segnalate dalle più importanti emergenze storiche (Arquà, Monselice, Battaglia, Este), lungo i quali risulta decisivo migliorare e salvaguardare la visibilità dei tragitti di avvicinamento;
  • il circuito perimetrale appoggiato sul sistema dei canali e delle strade di alzaia che 'avvolgono' i Colli, fornendo dei percorsi determinanti per la comprensione del paesaggio euganeo, consentendo un facile raccordo con piste ciclabili di innumerevoli siti da destinare alla fruizione (centri museali, percorsi escursionistici);
  • il circuito pedemontano, che si snoda al piede delle colline, toccando i principali centri storici, e funge da collettore tra i diversi sistemi di accesso e la rete dei sentieri interni, la cui fruibilità è spesso penalizzata da forti elementi di discontinuità e da siti da recuperare (cave, in particolare);
  • i varchi di penetrazione, la caratteristica struttura delle valli, corridoi naturali di fruizione all'interno dei colli, minacciate in parte dai modelli di urbanizzazione, e che permettono quella continuità funzionale e percettiva tra la piana e la collina;
  • le 'emergenze', quali nodi fondamentali della rete, costituite dai grandi complessi storico- culturali, che possono svolgere un'importante funzione per forme più qualificate di fruizione (l'Abazia di Praglia, il Cattaio, le Ville...)5.

La definizione della rete, se ha comportato da una parte il riconoscimento di quelle situazioni di particolare degrado ed impatto a cui porre rimedio con azioni di notevole impegno, dall'altra ha imposto come pregiudiziale un dialogo ed una interazione con i piani locali, sia perché i progetti di valorizzazione, quasi tutti localizzati nella fascia di frontiera del parco, non possono prescindere dagli interessi espressi dalle comunità locali, sia perché la loro traduzione in linee operative comporta comunque un coinvolgimento dei diversi enti. I vari progetti infatti tengono conto, da una parte, delle previsioni dei piani, ma anche delle problematiche ambientali, che questi si trovano ad affrontare, inserendo il parco in un ruolo attivo, promotore di processi trasformativi e garante di un utilizzo eco-compatibile delle risorse. E' così che le indicazioni progettuali per le cave, oltre a definire per ogni sito estrattivo livelli e modalità diversi di intervento (manutenzione, recupero, riqualificazione, miglioramento), in funzione del loro impatto sul paesaggio e della loro condizione di stabilità, propongono talora il riuso e la riconversione di tali aree in funzione di un potenziamento della rete ecologica (macchie boschive, zone umide, bacini di laminazione), talaltra il recupero in funzione educativa con la realizzazione di musei e sentieri didattici (cava Bomba), ed in altri casi ancora il potenziamento di attrezzature legate alla fruizione (punti di attestamento dei percorsi escursionistici, piccole attrezzature ludico-sportive e ricettive). Allo stesso modo le azioni riguardanti la valorizzazione del rilevante patrimonio di beni di interesse museale, articolate all'interno del 'Progetto Museo', sono state orientate alla formazione di un sistema museale, aperto ed equamente distribuito sull'intero territorio, tale da collegare ed integrare le risorse di maggior rilevanza con beni minori, ma ugualmente significativi per la comprensione delle strutture storiche. Il progetto aggrega così i nodi più significativi ai nodi minori della rete, tra cui ricordiamo il museo paleontologico di Cava Bomba ed il centro sul termalismo collegati con i monumenti naturali e le fonti calde; il museo Atestino collegato con i parchi archeologici variamente distribuiti; il Centro di documentazione sulla flora di Villa Beatrice collegato con una serie di orti botanici distribuiti in alcuni punti significativi; il Museo della navigabilità e del bacchiglione collegato con le più importanti opere idrauliche distribuite lungo i canali; il Museo della civiltà contadina collegato con gli innumerevoli insediamenti rappresentativi quali Villa Lando-Correr di Lozzo, Villa Contarini; il Centro di documentazione dei castelli a Valbona, collegato con il sistema complessivo delle fortificazioni; il Centro di documentazione delle ville, poggiato su un itinerario che raccoglie le testimonianze più significative delle ville venete presenti sul territorio. Naturalmente questo complesso di azioni rivolte alla valorizzazione culturale si connette e si appoggia ad un sistema articolato di percorsi ("Progetto percorsi") che prevede azioni dirette a strutturare l'accessibilità e la percorribilità del parco, collegata altresì ai percorsi esterni (le strade di alzaia lungo i canali e le ciclabili per Padova e Montagnana, eccetera), e strutturata su alcuni circuiti principali: il semianello delle vie d'acqua di cui si prevede la navigabilità; l'anello ciclabile di pianura che collega le porte del parco e queste con gli itinerari interni; il "grand tour ciclabile" collinare che permette la percorribilità interna con corsie protette; il percorso escursionistico d'attraversamento, attrezzato con punti di sosta, per la percorrenza a piedi o a cavallo, sulla dorsale principale da cui si snodano i percorsi escursionistici dei diversi colli, e le mete di interesse naturalistico e panoramico; i percorsi veicolari della pedecollinare, di ingresso e di avvicinamento su cui sono previsti i punti di attestamento ed informativi, oltreché i circuiti dei trasporti pubblici.
Questi ed altri progetti proposti mirano complessivamente a porre le condizioni di una maggior connettività del parco ed a proporre una maggiore fruibilità del complesso delle risorse, aumentandone le sinergie in termini educativi e culturali, ma anche di sviluppo delle opportunità di lavoro, di integrazione al reddito dell'agricoltura, conferendo una maggior distribuzione nell'utilizzo delle risorse, oggi concentrato prevalentemente sui centri termali. Ad essi si aggiungono alcune proposte di intervento di forte qualificazione: sono in particolare i "progetti integrati", per ambiti territoriali di notevole complessità e rilevanza ove si richiede la concertazione operativa di azioni che competono a soggetti pubblici e privati diversi, o l'utilizzo di fonti di finanziamento diverse o il coordinamento nella realizzazione di opere a diversa destinazione funzionale. Legati per lo più alla qualificazione delle porte del parco, insistono prevalentemente su quelle aree di bordo tra territorio agricolo e territorio urbanizzato, e sono diretti a valorizzare alcuni complessi storici, di particolare importanza, integrandoli alla peculiarità e alla fruibilità del parco nel suo complesso, cercando di rimediare ad alcune situazioni di degrado fisico ed ambientale.
In particolare, i progetti concernono:

  • la valorizzazione della Rocca di Monselice, importante riferimento storico e visivo, fortemente alterato negli anni recenti dall'attività estrattiva, su cui sono previsti interventi di recupero delle testimonianze storiche (la casa del parco), la qualificazione della cava con la formazione di un giardino e di un teatro all'aperto, il recupero degli approdi sul canale Bisatto;
  • una serie di interventi di valorizzazione degli accessi ad Este e delle connessioni di Este con il parco, al fine di recuperare il suo ruolo storico con i Colli nell'ambito dei modelli di fruizione proposti: le connessioni con il Museo Atestino, il recupero degli insediamenti storici di riviera, delle ville e degli insediamenti dell'archeologia industriale, la formazione di un parco pubblico, la ricomposizione delle aree periferiche con il ripristino delle geometrie del paesaggio agrario e delle connettività ecologiche ancora recuperabili;
  • la valorizzazione di Battaglia, uno dei più importanti nodi delle vie d'acqua attraverso il miglioramento della fruibilità dei canali e del complesso sistema delle opere idrauliche;
  • il recupero di una cava nei pressi di Arquà Petrarca finalizzato alla costituzione di un punto di attestamento alla città antica, senza deturpare il delicato impianto storico e morfologico;
  • la formazione dell'Atrio di Abano attraverso un insieme di interventi mirati alla riqualificazione del paesaggio tra la piana, il fronte urbanizzato ed i Colli, comprendenti la localizzazione di un parco disposto lungo l'asse nord-sud, che riprenda la cultura dei parchi storici, per ridisegnare il margine urbano e ricomporre il paesaggio agrario, in un sito completamente destrutturato da insediamenti artigianali; la localizzazione di una struttura a forte richiamo e dei servizi di supporto alla fruizione del parco; la separazione dei principali flussi di traffico veicolare su tracciati opportunamente disimpegnati; la realizzazione di ampi specchi d'acqua che si integrino nel disegno del giardino, in accordo con le sistemazioni idrauliche previste (punto di attestamento della navigabilità); la valorizzazione delle importanti emergenze storiche adiacenti attraverso il ripristino di alcuni percorsi e la conservazione delle visuali.
Le tre chiavi di lettura fin qui brevemente richiamate (il parco come "nodo di una rete" nel rapporto con il contesto; le unità di paesaggio come sintesi dei differenti assetti del territorio e dell'ambiente; il parco in quanto "rete di risorse") si rispecchiano nella struttura normativa del piano articolata in diversi livelli di determinazioni:
  • la disciplina per zone, aree omogenee per caratteri prevalenti degli ecosistemi presenti: le riserve diversamente orientate, le zone di protezione silvo-pastorale, le zone di protezione e di promozione agricola, le zone di urbanizzazione controllata (queste ultime, di prioritaria competenza dei Comuni, dove il piano si esprime prevalentemente per indirizzi);
  • la disciplina di indirizzo e prescrizione per settori di attività ed interventi, congruentemente a quanto stabilito analiticamente dalla legge istitutiva che già individuava i settori dove maggiori sono i conflitti (l'attività estrattiva, le antenne, l'agricoltura...);
  • la disciplina di indirizzo per le 26 unità di paesaggio dirette in particolare alla conservazione delle relazioni ecologiche, funzionali e visive;
    i progetti di attuazione suddivisi in "tematici", cioè legati a problematiche settoriali (cave, antenne, agricoltura, agriturismo, boschi, flora e fauna, animazione, percorsi, centri storici, ville, museo); "integrati" per ambiti territoriali complessi ed in situazione di degrado, in cui coagulare e concertare una pluralità di soggetti sia pubblici che privati; i "progetti di intervento unitario" per ambiti di minor complessità nei quali si richiede che l'attuazione degli interventi sia coordinata da forme di progettazione operativa al fine di garantirne l'unitarietà di concezione e di realizzazione, riferiti per lo più al recupero dei siti estrattivi e alla formazione dei nuovi complessi termali.

NOTE:

1. Ricerche che si stanno svolgendo nell'ambito del Centro di documentazione europeo dei parchi naturali (CED) che ha sede presso il Politecnico di Torino, e che sta raccogliendo ed elaborando informazioni sui modelli di pianificazione e gestione su più di 450 esperienze europee tra parchi nazionali e regionali.

2.1 Parchi Naturali Erlropei, R. Gambino, ed. La Nuova Italia Scientifica 1994.

3. Il Paesaggio Sensibile, rapporto conclusivo, maggio 1992, R. Gambino, P. Castelnovi, P. Ferrero, T. Rossi, PM Stanchi, F. Thomasset.

4. Riv. Padova e il suo territorio, anno IX, n. 50, agosto 1994.

5. Proposte per il piano di Gianni Sandon, editrice La Galivema, 1993.

6. I1 Documento programmatico preliminare, approvato dall'Ente nel novembre del 1991, costituisce la prima fase di avvio del piano, definisce gli obiettivi e le opzioni di fondo del piano ed individua già i principali progetti attuativi che il piano dovrà sviluppare.

* Architetto