Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 17 - FEBBRAIO 1996


La relazione di Bino Li Calsi * a Firenze

Cari amici, desidero anzitutto porgervi il ringraziamento per la vostra partecipazione alla nostra assemblea, che, come evidenziano i manifesti in questa sala, è dedicata ad un tema assai sentito al nostro interno: "Costruiamo insieme il sistema delle aree protette".
Ed al ringraziamento vorrei aggiungere il saluto cordiale a nome del Coordinamento, di questa nostra associazione che ha una sua particolare specificità che intendo sottolineare per alcune fondamentali motivazioni.La nostra è un'associazione per i parchi, ma non è un'associazione ambientalista nell'accezione comune del termine, senza con ciò voler diminuire la valenza delle associazioni ambientaliste. Infatti, mente in queste ultime i soggetti, "i soci" sono i singoli cittadini che intendono partecipare alla difesa e alla tutela della natura, nel Coordinamento i soci sono gli Enti gestori dei parchi ed i soggetti istituzionali quali Regioni, Province e Comuni.
Da questa specificità derivano, quindi, alcune connotazioni distintive. La prima è che noi intendiamo privilegiare il rapporto con le Regioni ed anche con le Province, soggetti deputati per legge all'istituzione dei parchi, nel convincimento che la politica dei parchi non può prescindere da una stretta sinergia con le autonomie regionali, anche in considerazione dei valori di "scala" da tenere presente nella programmazione territoriale.
Con questo nostro atteggiamento noi corrispondiamo, o ci sforziamo di corrispondere, ad una precisa indicazione della legge-quadro, che ha individuato nel comitato Stato-Regioni l'organo massimo deputato alla politica delle aree protette.
Ci meravigliano, anche se non ci sorprendono, alcune dichiarazioni di burocrati ministeriali, rese proprio qui a Firenze in una recente occasione, che si vantano di essersi adoperati perché non venisse convocato il Comitato con la motivazione risibile che così come è composto non funziona.
Ci sembra questa una presunzione ed un'arroganza da parte di chi, essendo "tenuto" a lavorare per la concreta attuazione della legge-quadro, usa ed abusa di competenze attribuite per sviarne le grandi finalità.
Ci sorprendono, invece, ma non ci meravigliano, avendo ben chiare le metodologie da sempre utilizzate, le dichiarazioni, provenienti sempre dalla medesima fonte, che per risolvere i problemi del "consenso" debba istituirsi un filo diretto tra Ministero e Comuni interessati ai parchi, interferendo in tal modo in un rapporto che deve svolgersi correttamente tra enti gestori ed enti locali interessati.
Si privilegiano i parchi nazionali, non per la loro valenza, ma per una più facile ingerenza del Ministero che li considera non enti dotati di grande autonomia come prescrive la legge, ma uffici periferici cui si impartiscono disposizioni e divieti. Rivelando, in tal modo, una concezione centralistica e paternalistica e di conseguenza antidemocratica e datata.
Da tutto ciò, la conclusione che ne traiamo è che non si sono comprese affatto le grandi "novità" della legge-quadro che, sancendo la necessità di un "sistema nazionale di aree protette", non poteva che distribuire le competenze tra Stato e Regioni in ossequio al principio della "leale cooperazione" più volte indicato ed auspicato dalla Corte costituzionale.
Ma dalla nostra specificità deriva anche una seconda connotazione: l'obbligo, il dovere di assistenza ai "soci", che sono appunto i parchi, per sorreggerli adeguatamente nell'avvio e nella prosecuzione delle peculiari attività.
Ecco perché, con decisione unanime nell'assemblea di Pisa del giugno 1994, abbiamo istituito "l'Agenzia dei servizi" che qualcuno, a torto, ha criticato.
Uno strumento, assolutamente conseguenziale al nostro modo di essere associazione, imprescindibilmente necessario, nel quale devono lavorare, secondo i nostri intendimenti, soggetti organici ai parchi stessi. Ed è questo il nostro disegno nel medio tempo: far assurgere la nostra agenzia a strumento operativo dello Stato, così come avviene in Francia, non in base a "concessioni" ma in seguito a disposizioni legislative.
Altre forme ipotizzate di assistenza ai parchi ci appaiono estremamente anomale, maldestri tentativi di surroga ad inefficienze ministeriali, che invece vanno eliminate con provvedimenti tempestivi e non con improvvide supplenze.
Per avere infatti un'agenzia funzionale e funzionante occorre che vi sia un Servizio della conservazione della natura altrettanto funzionale e funzionante: infatti i due strumenti devono essere complementari e non alternativi.
In questo ambizioso disegno intendiamo sottolineare la nostra più ampia disponibilità a qualsivoglia collaborazione, non avendo mai avuto pretese di monopoli di rappresentanze ed esclusive di attività.
Forse per questa nostra linea non godiamo le simpatia del Ministero che pur dovrebbe propendere ad utilizzare la nostra struttura, la nostra organizzazione, la nostra esperienza anziché ricercare rapporti di comodo, a seconda delle circostanze.
Per tradizione ormai consolidata, il Coordinamento ha preferito trattare problematiche di alto spessore, unendo alle assemblee annuali, sempre pervase da autentica democrazia, momenti di riflessione, aperti al contributo di quanti operano nel settore - e la vostra presenza qui ne è un'evidenze riprova - su temi molto impegnativi.
Quest'anno abbiamo ritenuto di porre l'accento sul tema "Costruiamo insieme il sistema nazionale delle aree protette" che con la dizione utilizzata vuol esprimere l'auspicio di una sinergia tra mondo istituzionale, mondo della cultura e della scienza e mondo ambientalista perché l'indicazione del legislatore trovi concreta e completa attuazione.
Dopo il dibattito generale, che prenderà l'avvio subito dopo questa mia introduzione, l'assemblea si dividerà in due commissioni, con libera facoltà di scelta da parte degli intervenuti, che affronteranno due temi di grande attualità: il ruolo dei parchi e la pianificazione nei parchi, per poi riferirne, domani, alla ripresa dei lavori e costruire, sui risultati e sull'ulteriore discussione generale, alcune linee operative.
Soltanto un rapido cenno ai temi prescelti per le due commissioni.
Il ruolo degli enti è in nuce racchiuso in un principio enunciato dalla legge-quadro che è quello dell'intento di "garantire e promuovere" e quindi di conservare e valorizzare.
Non solo, quindi, conservare l'esistente ma anche valorizzare correttamente la natura: la legge vuole che questa sia intesa come un sistema che non va turbato nei suoi equilibri ma serva a soddisfare anche i bisogni della persona.
Non a caso il legislatore ha usato il termine "patrimonio naturale del Paese", nel quale sono presenti i due concetti: quello oggettivo del bene e quello soggettivo dell'appartenenza.
Valore, quindi, delle natura e valore dell'utilità che la natura offre all'uomo: la conservazione, che è e resta il fine primario, e, come si suol oggi chiamare, lo sviluppo sostenibile.
Sono queste le finalità precipue di un ente gestore di area protetta e per queste va giocato il proprio ruolo.
Il secondo tema scelto è quello della pianificazione, che deve costituire la base per una seria e fondata programmazione economica.
Mi pare superfluo soffermarmi sulla necessità della pianificazione in un parco, sull'efficienza e sull'efficacia dei piani. Desidero soltanto accennare a due aspetti: il primo, richiamato dal professore Gambino, del pericolo di "insularizzazione del parco", cioè del parco come oasi in un contesto assolutamente diverso; ed il secondo che concerne l'ipotesi dello sviluppo che, strettamente collegati alla pianificazione, devono essere inseriti correttamente in processi di valorizzazione senza rischio di compromissione delle risorse naturali; e che, inoltre, l'impulso alle attività tradizionali deve essere progettato in modo da non aggravare ma semmai alleggerire la pressione sui beni naturali.
Occorre anche modellare i piani tenendo fermo il principio che la domanda di sviluppo non propone mai valori assoluti, ma esigenze variabili, diverse da luogo a luogo e collegate alle caratteristiche strutturali delle aree protette ed al ruolo specifico che essere svolgono nel territorio.
Non modelli unici, quindi, ma modelli differenziati collegati alle risorse naturali esistenti nella specifica area protetta. E' per queste considerazioni che non amiamo molto le esportazioni di modelli assoluti e generalizzati. Sin dagli albori della nostra costituzione andiamo dicendo che vogliamo essere comunicatori di esperienze che, adeguate e modificate, possano servire alle esigenze di altri.
Ma torniamo al tema centrale della nostra assemblea.
Una politica seria ed efficace di costruzione di sistema di aree protette non la si costruisce sommando casualmente tante situazioni e realtà, privilegiandone una porzione od un comparto, come accade attualmente.
Ed anche in questo caso si procede in senso opposto alle indicazioni del legislatore che si ripromette di "garantire e promuovere in forma coordinata".
Indicazione, come è stato felicemente osservato, che ha valenza polemica nei confronti del passato e programmatica per l'avvenire.
Ne deriva una sentita e riaffermata esigenza che gli interventi a favore della natura siano omogenei in tutto il territorio nazionale e fra di essi integrati e coordinati.
Tutto questo, però, non sembra aver valenza alcuna per il Ministero, che continua ad operare come per il passato.
Quando, infatti, vediamo programmare, all'insaputa di chiunque - la legge sulla trasparenza si applica su tutto il territorio nazionale con esclusione dell'isola del Ministero dell'ambiente - mostre nazionali riservate ai soli parchi nazionali, od affidare al Censis banche dati anch'esse riservate ai parchi nazionali c'è da chiedersi se i responsabili della politica ministeriale hanno compreso, e, se sì, se condividono l'assunto della legge-quadro.
E' possibile che oggi qualcuno pensi che sia di qualche utilità monitorare, per esempio, in Piemonte il Parco della Val Grande e del Gran Paradiso e non le decine di parchi regionali e provinciali?
Se le aree protette devono svolgere quel ruolo nuovo che la legge affida loro, di laboratorio di politiche sostenibili nei vari settori, dall'agricoltura al turismo, dall'artigianato alla ricerca, esse devono muoversi nell'ambito di una politica in cui non vi è posto né per gerarchie o livelli privilegiati né per settori dimenticati. Continuando, invece, su stantii binari, non si vince quella concezione, dura a morire, che i parchi tutti, e specialmente se nazionali, in qualche modo espropriano, penalizzano le istituzioni regionali e locali.
E la riprova di ciò l'abbiamo avuta, pochi giorni or sono, effettuando un sopraluogo ed un'audizione, come Consulta tecnica per le aree protette, nel Delta del Po.
Solo con una netta inversione di marcia potranno rendersi chiari i "vantaggi" per l'insieme delle aree protette e del sistema istituzionale.
Vantaggi derivanti da una seria politica di programmazione, da una corretta ed oculata ripartizione di risorse, da un'effettiva e leale collaborazione, di cui al momento non ci è dato di intravedere l'avvio.
Il ministro Baratta in diverse occasioni ha ribadito la sua chiara determinazione in favore dei parchi, sostenendo, con grande nostro compiacimento, che l'ambiente, come la moneta e la salute, non può essere oggetto di contrattazione politica, e noi l'abbiamo apprezzata per quel che merita, ben consci dei danni arrecati dal suo predecessore.
Dobbiamo, però, amaramente constatare che a queste positive dichiarazioni non segue la disponibilità delle strutture ministeriali a percorrere queste nuove strade che esigono una collaborazione che non è affatto ricercata ed è, anzi, ignorata quando viene offerta.
Ci preoccupano, in questa fase di attuazione della 394, i perduranti ritardi, le troppe situazioni che si trascinano senza intravedere sbocchi ravvicinati, la "sordità" alle innovazioni culturali della legge-quadro.
Se le vicende dei nuovi parchi nazionali della penultima ed ultima generazione evidenziano il perdurare di una situazione insoddisfacente e neppure sempre spiegabile con le abusatissime ed omnicomprensive categorie delle macchinosità burocratiche, non meno sconcertante appare la situazione dei parchi nazionali storici. Tra l'altro ad essi sarebbe stato dovuto un particolare riguardo dopo le recenti celebrazioni che ne hanno ricordato, nel caso del Gran Paradiso e dell'Abruzzo, i settanta anni di vita. Ed invece per il Gran Paradiso siamo allo stallo e non parliamo dello Stelvio smembrato, in netto contrasto con il parere della Consulta, ed in questi giorni quasi "scomparso" per via di convenzioni non reiterate.
Ai nuovi abbiamo fatto cenno e qui avremo modo di ascoltare quanto sia lungo l'elenco delle cose che non vanno: dall'approvazione degli statuti e delle piante organiche alle nomine dei direttori, dalla dipendenza funzionale del personale forestale alla funzionalità degli organi, al piano triennale i cui finanziamenti sembrano essersi dissolti nella nebbia che avvolge in questi giorni gran parte della penisola. A ciò va aggiunto, per onestà e correttezza di informazione, la situazione non certamente confortante delle Regioni le quali, anche se alcune hanno legiferato in materia per adeguarsi alle norme di legge-quadro, in numero consistente non hanno ancora una propria legislazione, e tra queste ultime quasi tutte quelle a statuto speciale.
Nell'ambito regionale ci preoccupa in modo particolare la situazione di alcune Regioni nelle quali prendono consistenza pericolose posizioni al punto di rimettere in discussione parchi come quello del Ticino lombardo o che vagheggiano per i parchi sconcertanti progetti turistici come in Piemonte.
A fronte di queste situazioni ci siamo limitati a tratteggiare in termini sintetici alcuni problemi che il dibattito sicuramente arricchirà.
Vogliamo però ribadire che vi sono dei traguardi posti dalla legge-quadro che non sono rinviabili a tempi lontani con il pretesto di fronteggiare le emergenze. A nostro avviso, queste ultime esistono per la mancanza di obiettivi chiari e convintamente perseguiti.
Se il piano triennale non produce i suoi decantati effetti, se il Comitato Stato-Regioni è ignorato, se la Consulta tecnica è mal sopportata, se gli enti "speciali", che sono gli Enti parco, vengono trattati come qualsiasi altro ente, è chiaro che le situazioni sono destinate ad incancrenirsi.
Su questi problemi non nuovi e dei quali discutemmo ampiamente e puntualmente nell'incontro di Roma del novembre 1994, che segnò un momento significativo del nostro impegno, delle associazioni e delle istituzioni in difesa dei parchi, risorsa per il Paese, vorremmo tornare con una mobilitazione più diffusa capace di impegnare tutti i parchi in uno sforzo più che di denuncia e di protesta, pur doverosa e legittima, di informazione e di dibattito.
Vorremmo che i parchi, che devono spesso subire campagne "contro" e che vengono presentati come "fonti di tutti i mali", riuscissero con le istituzioni locali, provinciali e regionali, con le associazioni ambientaliste, con la scuola, con i sindacati a organizzare una serie di iniziative che dovrebbero poi trovare la conclusione in una "festa del parco".
Una festa nella quale al divertimento ed allo svago si accompagnino mostre, dibattiti e quant'altro può presentare il parco nella sua giusta luce con le sue ricchezze, le sue bellezze, i suoi prodotti, i suoi programmi in stretto rapporto con la gente.
Una festa, che dovrebbe nei nostri intendimenti diventare un appuntamento annuale per costruire un'immagine del parco e far giustizia dei giudizi messi artatamente in circolazione.
E la prima di queste manifestazioni vorremmo celebrarla nella tenuta presidenziale di San Rossore, che fà parte del Parco regionale di Migliarino ed alla quale desidereremmo che presenziasse il presidente della Repubblica, a sottolineare la valenza di una vera politica dei parchi per un Paese moderno. Abbiamo già inviato in tal senso una petizione al Capo dello Stato per ottenere questa ambita disponibilità, avendo già acquisito quella del parco ed anche quella della Regione Toscana.
C'è in questa scelta la precisa volontà di non limitarci, come coordinamento, ad una pur doverosa necessaria azione di stimolo, di critica ed anche di proposta; vogliamo essere un'associazione sempre più in grado di sorreggere i parchi nella loro attività, nelle loro iniziative. Ciò comporterà sforzi e responsabilità non comuni: ma ci impegneremo con tutte le nostre forze certi di poter contare anche sul sostegno delle istituzioni e delle associazioni e di quanti operano in questo settore.
Sarà il segno e la connotazione del nostro impegno, che guarda con molta attenzione al sud del nostro Paese, nel quale i parchi insistenti in quell'area devono giocare un ruolo importante per una rinascita culturale, economica e sociale del Mezzogiorno.

* Presidente del Coordinamento