Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 17 - FEBBRAIO 1996


Gargano: il parco prima del parco
Vincenzo De Stefano *

Da sempre e dappertutto il paesaggio agrario e l'ambiente naturale hanno subito modificazioni più o meno significative in conseguenza delle vicende connesse alla storia dell'agricoltura, delle scelte produttive e colturali, ma, più in generale, della storia economica e dei rapporti di potere e di forza dei ceti e dei gruppi organizzati. Perfino il giardino dell'Eden può essere riguardato come lo scenario primordiale, ancestrale, che registra il primo gesto e reca il primo segno modificatore ad opera dell'uomo; gesto premonitore e originario della condanna all'ansia, alla lotta quotidiana per la sopravvivenza, per la conquista del cibo e delle risorse alimentari.
Cambiati lo sfondo e il contesto, da mitico-simbolico-religioso a realistico, vanno in scena le vicende straordinarie che accompagnano il rapporto o, meglio, le modalità del rapporto uomo-natura-ambiente. Vicende che diventano o riguardano la cultura (le culture) degli uomini, le loro idee, quelle dominanti perché dei ceti egemoni, quelle cosiddette subalterne e quelle diffuse; la storia delle une e delle altre; le convinzioni profonde e i comportamenti individuali e collettivi.
Così è stato, come è ovvio, anche per quell'area storico-geografica, culturale e amministrativa che è la Provincia di Foggia e che è andata e va tuttora sotto il nome, alternativamente, di Daunia o di Capitanata. Un'area che, tuttavia, salvo ricorrenti ma marginali ritocchi, ha sempre coinciso con quella complessa realtà che comprende il Tavoliere (la "Puglia piana / la Magna Capitana" di Re Enzo, le prime propaggini) i Monti della Daunia dell'Appennino Meridionale e il Gargano.
Uno dei fenomeni che ha segnato per secoli al di là della sua formalizzazione istituzionale, realizzata nel 1447 con l'ufficializzazione della Dogana della mena delle pecore di Foggia - le questioni relative ai rispettivi ruoli produttivi economici politici e sociali di queste diverse aree è stata la transumanza, vicenda duratura e complessa che ha coinvolto lungo molti secoli centinaia di migliaia di uomini, risorse economiche e finanziarie immense, territori pianeggianti, collinari e montani, pascoli, boschi e aree coltivate in un confronto-scontro dai toni epocali.
Pur riguardando il fenomeno accennato, soprattutto le zone pianeggianti della Capitanata, il Gargano non fu preservato da devastanti disboscamenti, indipendenti per la verità spesso dal fenomeno stesso, ma sempre comunque finalizzate, quelle spoliazioni del territorio, alla conquista di spazi da destinare o a pascoli o, soprattutto dopo la soppressione della Dogana, intervenuta nel 1806, "a grano".
E' difficile decifrare le connessioni dirette che collegano i processi economici e sociali di lungo periodo alla storia delle idee, alle mitologie e alle culture popolari, ai comportamenti diffusi. Ciò non toglie che esse esistano e che siano visibili, avvertibili, anche al di là di indagini rigorose e minuziose.
Nel caso del Gargano è indubbio che le vicende plurisecolari che hanno caratterizzato, nell'ambito più generale della Capitanata e in epoca moderna (1400-1800) in quello del Regno di Napoli, la dialettica agricoltura - silvicultura - pastorizia abbiano lasciato tracce profonde e affiorino visibilmente nelle diverse epoche e con modalità diverse proprio sul terreno dei comportamenti collettivi, magari più emozionali e irriflessi.
La connessione è tanto più evidente in quanto ritrova un motivo di rafforzamento nelle condizioni geografiche, fisico-ambientali "oggettive" di quelle vicende.
Se è vero che per secoli il mare ha rappresentato per molta parte del promontorio garganico una via di comunicazione e di attività economica, è altrettanto vero che quella stessa via hanno costantemente percorso pericoli e minacce per le sue popolazioni, sotto forma di scorrerie feroci e occupazionali.
Il bosco, a sua volta, diventa insieme la fonte di materie prime per l'approntamento delle imbarcazioni - legname, pece, nerofumo - ma anche la via di fuga, il riparo rispetto ai pericoli provenienti da un mare sempre guardingamente "spiato" dalle torri che ancora oggi punteggiano la costa.
E' proprio nei confronti delle aree boschive collinari che si addensano le contraddizioni e i contrasti: tra beneficiari del legnatico, porcari e pastori, raccoglitori di manna, produttori di pece e nerofumo e aspiranti coltivatori, rappresentanti, questi ultimi, degli accresciuti bisogni alimentari dei ceti urbani.
Ma il bosco è anche il luogo del ricovero dei briganti e degli abigeatari e delle insidie di un terreno carsico disseminato di grave e inghiottitoi, vere trappole per pastori, greggi e raccoglitori.
Il bosco e il mare rappresentano in una qualche misura i due poli di quell'odio-amore che (co)stringe i garganici alla loro terra, percepita per secoli soprattutto nella sua asprezza, fonte primaria di indigenza, arretratezza, isolamento. Il che non ha impedito che fossero realizzati nei secoli interventi e trasformazioni colturali anche radicali, in grado di incidere profondamente sul paesaggio agrario e sull'ambiente. Basti pensare al succedersi e alternarsi di vite e olivo quali colture prevalenti; o all'impianto e allo sviluppo rigoglioso tra '700 e '800 degli agrumeti nella zona compresa tra Ischitella, Vico e Rodi.
Ai garganici è spettato, insomma, il duro compito di collocare all'interno di una sorta di isola emergente dal mare e da una sterminata pianura sforzi benefici e malefici della lotta per la sopravvivenza. Ad altri sarebbe spettato cogliere l'incanto, l'amenità del luogo, la sua gentile asprezza e quella della sua gente.
Non ai pellegrini al Gargano, che per 1500 anni almeno hanno sperimentato l'implacabile durezza di un percorso, di un itinerario obbligato del corpo verso la meta, la Grotta dell'Angelo, approdo della fede e dello spirito. Ma ai viaggiatori italiani e stranieri sarebbe spettato quel compito, che soprattutto tra '800 e '900 "raggiungeranno", è il caso di dire, il Gargano, viaggiando nel Mezzogiomo d'Italia, in Puglia e in Capitanata: il compito e il privilegio della meraviglia, dello stupore per una scoperta inattesa, per quell'incantevole e profumata mescolanza di sensazioni forti e pacificatrici, dolci e violente che il Gargano trasmette al visitatore.
Emblematiche le pagine scritte, agli inizi di questo secolo, dal Beltramelli in quello che può essere definito un reportage colto, recentemente ristampato: Nel Gargano. Annotazioni e immagini combinano il godimento estetico e la coscienza dolente di una condizione umana prevalentemente ferma a livello di pura sopravvivenza o indigenza.
A partire da quegli stessi anni, mentre continua la battaglia per vincere l'isolamento, per una linea ferroviaria che colleghi il Gargano al resto della Puglia - cosa che avverrà sul finire degli anni '20 - studiosi, intellettuali e benestanti locali, anche sull'onda dei giudizi di predecessori illustri, raccontano e esaltano il fascino e la bellezza della loro terra. Scrivono, intrecciano corrispondenze, diramano inviti, fotografano, intensificano gli studi o riscoprono quelli già realizzati sui diversi aspetti della storia, della cultura, dell'ambiente fisico.
E' a partire dai primi anni di questo secolo che prende corpo timidamente una prima utilizzazione turistico-balneare, testimoniata da abitazioni e ville che si affacciano sulla costa tra Rodi e S. Menaio.
Come è facile immaginare, ancora una volta, il fenomeno riguarda ristrettissime élites economiche e intellettuali. In generale permane una sostanziale estraneità-ostilità dei garganici, combinata con un fortissimo spirito di appartenenza, al luogo. Una ambivalenza, una forma così profonda di radicamento e ripulsa, che è propria prevalentemente degli isolani.
La balneazione popolare è, fino al secondo dopoguerra, fenomeno del tutto marginale, ristretto ad aree circoscritte o, addirittura, ad eventi stagionali. Come è il caso della lavatura degli animali prima della tosatura e in coincidenza con la festa patronale, funestata spesso, data la scarsissima dimestichezza con il mare, da annegamenti e, perciò, ormai accompagnata da un esplicito divieto-voto di balneazione.
Con il secondo dopoguerra, intomo agli anni '50, prende l'avvio quel fenomeno che caratterizzerà tutta la successiva storia turistico-balneare del Gargano: il suo svolgersi su due livelli, uno élitario e uno di massa. Il primo prenderà le mosse e si radicherà in Siponto, saldandosi al fenomeno già in atto nella zona di Rodi - S. Menaio e ai primi arrivi "esterni". L'altro prenderà la strada del pendolarismo e della casa in affitto rinsaldando, in molti casi, legami intrecciati in occasione dello "sfollamento" dal capoluogo bombardato oppure, in tempi più recenti, in conseguenza dell'inurbamento e della fuga dalle campagne e dalle zone interne.
In quegli stessi anni sorgono associazioni e comitati "per la rinascita garganica". Si moltiplicano le forze e le iniziative per non lasciare, ancora una volta, il promontorio ai margini del processo di sviluppo che sembra profilarsi all'orizzonte della società italiana.
Negli anni '50 la direzione delle scelte sembra univoca, obbligata. Nella relazione di base di un convegno tenutosi nel 1952 a S. Nicandro Garganico, si leggono paragrafi così intitolati: "Alla base della miseria vi è l'arretratezza dell'agricoltura". "Occorrono massicci investimenti per il rimboschimento". E negli atti del "Convegno di studi sui problemi del turismo meridionale", tenutosi a Foggia nel 1957: "Guardate la Daunia... E' un paese al quale stiamo dedicando da anni le nostre cure; eppure siamo consci di non essere riusciti ancora a svelare tutte le bellezze e le ricchezze riposte del Promontorio garganico".
Di circa dieci anni successivo uno "Studio sui collegamenti stradali del Comprensorio turistico garganico" dell'amministrazione provinciale di Foggia, prodotto indiretto dello "Studio del piano comprensoriale di sviluppo turistico del Gargano e delle isole Tremiti", commissionato dalla Cassa per il Mezzogiomo e noto come "Piano Pitigliani", preceduti entrambi da uno dei "Contributi alla conservazione del paesaggio costiero", dedicato a "La penisola del Gargano" e redatto da un'équipe guidata da Italo Insolera per conto di Italia Nostra.
Del 1964 (non del 1864!) è una "Inchiesta sull'alimentazione dei braccianti agricoli di Puglia e Lucania", condotta da Franco Batini e Silvio Morena, in cui si legge, a proposito del Gargano: "Il quadro alimentare di questa zona è veramente sconcertante. L'apporto calorico si discosta notevolmente da quello minimo e sufficiente per un lavoro pesante... Dall'esame della dieta del bracciante agricolo del Gargano si può facilmente arguire quali possano essere le ripercussioni sul fisico e sulla salute del lavoratore addetto ai lavori pesanti in _ ambiente per di più inospitale" (sottolineatura mia).
Un piccolo, ma significativo squarcio delle contraddizioni che il Gargano vive nel pieno della sua definitiva consacrazione alle correnti turistiche. Quella élitaria che si disperde in tanti interventi isolati - ma via via sempre più numerosi - contando, così, di camuffare, in tempi di scarsa vigilanza ambientalistica, l'impatto sull'ambiente. Quella"pubblica" dovuta, cioè, all'intervento di aziende di Stato (Eni), che cerca di conservare le caratteristiche mimetiche della prima, ma prorompendo in una cementificazione pesante, che, di fatto, legittima quello che potremo chiamare il "terzo livello": la bidonvillizzazione e la campeggizzazione di massa di gran parte della costa. Mentre, nel contempo, una parte di questa, la porta stessa del Gargano - Manfredonia - sceglie di consegnarsi a un futuro industriale, creduto permanente e irreversibile.
I cambiamenti in atto in quegli anni, per molti versi profondissimi, richiamano sul Gargano l'attenzione di studiosi, come i sociologi Eisemmann e Acquaviva, autori, nel 1965, di una famosa inchiesta, pubblicata nel 1971 con il titolo "La Montagna del sole"; e, come si è già visto, di pianificatori, di sparuti e timidi gruppi ambientalistici, oltre che di masse sempre più numerose di turisti.
Negli anni '70 e '80 il boom turistico si consolida, insieme alle debolezze e alle contraddizioni strutturali ormai evidenti e note: prime tra tutte la stagionalità breve e l'impatto ambientale ormai pesantissimo.
Ma prende finalmente l'avvio anche la fase decisiva di un percorso che avrebbe condotto all'istituzione, attraverso la tappa della legge 394 del 1991, dell'Ente parco nazionale del Gargano (dpr del 5-6-1995).
E' una fase che risulta più comprensibile se collegata al prima - raccontato brevemente nelle pagine di questo contributo - e al dopo - l'itinerario normativo e istituzionale - che, pure, dovrà essere ripercorso e sarà meglio compreso e illuminato, soprattutto sul versante delle contrastanti reazioni, della forte dialettica che l'ha accompagnato.
Le tappe della maturazione di un'ipotesi organica e formalizzata sono numerose. Ne citiamo alcune particolarmente significative.
La relazione di Franco Tassi al "Primo simposio nazionale sulla conservazione della natura" dell'aprile 1971, relazione che reca l'esplicito titolo: "Proposta per un parco regionale del Gargano", registra il ripiegamento dall'idea di parco nazionale.
Lo Studio preliminare del piano territoriale paesistico del Gargano, a firma Magnani Missori per conto della Soprintendenza ai monumenti della Puglia, su commissione della Cassa per il Mezzogiomo, auspica, con un apparente disarmante candore: quella mentalità speculativa "che oggi dilaga, qui, dovrebbe arrendersi anche per opportunità e per una più lungimirante convenienza".
Nel 1977 un'accelerazione viene da una serie di prese di posizione - sotto forma di articoli giornalistici - di Sabino Acquaviva. Si dipanano da queste altri interventi, prima, ancora una volta, di carattere culturale, quindi sul piano politico-amministrativo.
E' del maggio 1980 un convegno promosso dalla Provincia di Foggia a Manfredonia: "Tutela dell'ambiente e sviluppo del Gargano", protagonista principale ancora Sabino Acquaviva. A partire da questa data si susseguono, a coprire molti anni, convegni, seminari, iniziative: di Regione, Comunità montana, Enti locali, associazioni ambientalistiche.
Il dibattito è, a dir poco, vivace, pur svolgendosi sui piani dal teorico al culturale dell'ipotesi istituzionale e normativa.
E' una vivacità che è solo l'annuncio della conflittualità che esploderà - apparentemente improvvisa e inattesa - al momento della concreta realizzazione di quelle ipotesi.
Ripercorrerle, insieme alla loro concreta realizzazione, è passaggio indispensabile alla descrizione e alla comprensione di quei conflitti, in forte contraddizione con i dati di un sondaggio (Acquaviva) del 1988, che dava un campione pressoché unanimemente schierato a favore del parco.
Ma erano gli anni del boom della cultura ambientalista, largamente diffusa se non egemone. Cultura ed egemonia che finivano con il trasmettere a ogni indagine, a ogni intervista sull'argomento, soprattutto se fondate su ipotesi, un carattere suggestivo e orientante.
Il percorso sarebbe stato ben altrimenti difficile e irto di ostacoli. Averli superati è un buon viatico per affrontare quelli futuri.
Le difficoltà che si sono manifestate a partire dal 1991 hanno rappresentato, infatti, un campionario significativo, storicamente definibile come rappresentativo dello scenario che fa da sfondo a situazioni del genere.
E infatti si sono manifestati: il particolarismo degli interessi e la scarsa sensibilità a quelli collettivi; una cultura dell'ambiente - almeno quella ampiamente diffusa a livello di senso comune - ferma alla superficialità tipica della comunicazione di massa e televisiva, pronta, perciò, a essere spazzata al primo stormire di una minaccia reale o presunta al tornaconto individuale o di categoria; una sostanziale e diffusa ignoranza dello specifico problema parco e, quindi, dei termini reali in cui porre il rapporto costi/benefici, divieti/opportunità.
Il tutto può essere ricondotto a un grave difetto di informazione nel merito e ad una sostanziale separatezza dei due universi: quello degli ambientalisti convinti e degli assertori del parco come grande opportunità, oltre che come esigenza; quello dei non informati, dei tiepidi, degli agnostici.
Conquistare attraverso l'informazione e la conoscenza dei termini generali e specifici la battaglia per il parco, come nodo centrale di uno sviluppo possibile, compatibile e duraturo del Gargano, ha rappresentato il terreno fondamentale del confronto e, infine, la carta vincente.
E' stato qui che si è ridotto il margine di manovra di chi, portatore di interessi speculativi forti e peraltro mai esplicitamente e direttamente dichiarati, agitava strumentalmente lo spauracchio parco davanti al futuro di quanti erano su un piano di pura e semplice difesa di posti di lavoro stagionali o di attività marginali e precarie.
Il progressivo radicarsi, negli ultimi anni, del convincimento che il territorio va considerato e gestito non più come risorsa indistruttibile da saccheggiare, ma come patrimonio da conservare e gestire, punto di riferimento centrale di un'ipotesi e di un processo innovativo di sviluppo; l'aver fatto riconoscere il parco come lo strumento regolatore-autoregolatore dello stesso; l'aver percepito quell'ipotesi come alternativa ad altre che proprio in questi anni, qui, hanno drammaticamente mostrato la carta: è stato tutto questo che ha reso possibile la conclusione positiva di una vicenda in certe fasi intricata e convulsa.
Ma questo risultato non sarebbe stato possibile se il Gargano in quanto tale- ambiente, paesaggio, storia, cultura, monumenti, centri storici - non avesse fatto, non avesse potuto fare la sua parte, offrendosi come un luogo da preservare, da valorizzare e consegnare alla conoscenza e all'ammirazione di quanti amano o vogliono amare o tomare ad amare gli ambienti naturali in cui l'uomo ha vissuto e vive, ma, insieme la sua storia, le forme che ha costruito e che ha dato alla sua cultura.
Perché il Gargano è, tuttora, tutto questo.
E tutto questo ha giustificato, imposto la costituzione di un parco nazionale.
Si può ben dire che i limiti, le caratteristiche stesse dei flussi turistici di massa che lo hanno investito hanno impedito che i danni andassero oltre certi limiti.
Il carattere imitativo e consumistico di quei flussi, infatti, ha convogliato e concentrato i fenomeni di cementificazione e distruttivi esclusivamente lungo certe aree costiere, risparmiando le più inaccessibili e selvagge e, pressoché totalmente, tutte le zone più interne, quelle collinari e boscose.
E oggi il promontorio garganico si offre in tutta la sua ricchezza e ancor più si offrirà domani grazie al parco e alle attività di valorizzazione e di promozione, oltre che di salvaguardia e di restauro ambientale. Con la sua varietà di paesaggi e di ambienti naturali racchiusa e a inseguirsi in pochi chilometri. Con specie animali e vegetali tipiche anche dell'altra sponda dell'Adriatico e transitate di qua in epoche remotissime, quando il Gargano era collegata a quella. Con lembi di laghi costieri come Lesina e Varano, fascia pedagarganica e zone umide costiere; isole (le Tremiti), scogli, faraglioni e coste a falesia abbaglianti, strapiombanti e ricamate di grotte, su un mare trasparente. Con boschi e foreste collinari, radure assolate e verdeggianti e i vistosi fenomeni del carsismo: affioramenti rocciosi, grotte, grave e doline (la Pozzatine, tra tutte, profonda 150 metri, con un diametro vicino ai 1000). E poi ancora una flora ricchissima, che comprende specie proprie dell'Appennino o dell'Europa centrale e quelle caratteristiche del Mediterraneo; numerosi endemismi e la straordinaria gamma di orchidee (ne sono state accertate oltre 50 specie).
Altrettanto variata la fauna, grazie alla coesistenza e contiguità di diversi ambienti naturali. Resistono alcuni esemplari di capriolo e poi ancora il gatto selvatico, il tasso, la volpe, la martora, la faina, il ghiro; e quindi cinque specie di picchi, la poiana, il falco pellegrino, lo sparviero e lanario, la gallina prataiola; oltre quaranta specie di acquatici, che nidificano nelle zone umide, dove è possibile osservare milioni di uccelli scesi a svernare.
E infine borghi, chiese romaniche, centri medioevali, torri, castelli, santuari millenari, masserie fortificate, siti archeologici; tradizioni culturali e produttive agro-silvo-pastorali remote da riscoprire, come l'artigianato comune collegato alle attività prevalenti e quello prezioso dell'ebanisteria e dell'oreficeria; una cucina che è un vero crogiolo della ricchezza delle risorse naturali e della storia, che danno vita ad una tavola diversificata e genuina.
Insomma, il Parco nazionale del Gargano, non è il tradizionale insieme ambiente naturale paesaggio da proteggere quasi sempre "a parte" rispetto ai percorsi e alle vicende dell'uomo. Al contrario, si tratta di una sfida che pretende di guardare al territorio garganico come a un contenitore complesso, in cui è possibile progettare uno sviluppo compatibile, in grado di far convivere, come risorse da impiegare, difendere e valorizzare, natura e cultura, ambiente e lavoro umano.
Legge istitutiva dei nuovi parchi nazionali n. 394/12/1991, decreto ministeriale di perimetrazione provvisoria 4/11/1993: le tappe iniziali di un dibattito, di un confronto tra forze politiche e culturali, categorie economiche e associazionismo, che ha attinto toni accesi, contrapponendo i due schieramenti fino alla mobilitazione di piazza.
I Comuni, in prima linea rispetto agli interessi e alle spinte contrapposte, hanno cavalcato posizioni scopertamente ostili, possibiliste con riserva o - proprio quelli esclusi - favorevoli. La Regione, dopo la fase dell'incertezza e del temporeggiamento e della dilazione, durante tutti gli anni '80, ha successivamente svolto jn ruolo significativamente attivo.
Una funzione decisiva, di mediazione, ma partendo da una posizione nettamente favorevole all'istituzione del parco, è stata costantemente svolta dall'amministrazione provinciale.
Attraverso una sorte di tavolo permanente di discussione l'Ente Provincia ha garantito che il confronto fosse sempre aperto, sul versante delle comunità locali, dei gruppi ambientalistici, degli apparati ministeriali nonostante i ricorsi amministrativi, le ipotesi di perimetrazione e riperimetrazione contrapposte.
Salvo residui polemici e attardate posizioni particolaristiche il Parco nazionale del Gargano è una realtà, ufficializzata dalla Costituzione dell'Ente parco, che si accinge a divenire concretamente operativa attraverso gli organi previsti e il fondamentale strumento del "piano triennale".
Un piano che traccia le linee e il percorso che consentiranno al parco di diventare parte integrante e strumento di sviluppo dell'area garganica.
Programma triennale per la tutela ambientale 1994-1996.
Un'occasione di sviluppo per il Gargano
L'Ente parco nazionale del Gargano ha provveduto alla redazione del programma per la tutela ambientale 1994-96 utilizzando i finanziamenti previsti dal capoverso D dell'articolo 4 e dal capoverso 5° dell'articolo 38 della legge-quadro 6-12-1991 n. 394 e della delibera Cipe 21-10-1993. Detto programma è stato approvato con deliberazione del Comitato di gestione provvisoria in data 17-10-1995. Su di esso la Comunità del parco ha espresso parere favorevole in data 30-10-1995.
Il programma, attualmente all'approvazione del Ministero dell'ambiente, si articola su dieci diversi interventi che possono essere così raggruppati:
Attività di studio
Intervento n. 1 ad oggetto "Definizione del piano previsto dall'articolo 12 della legge 394/91 e prima fase di acquisizione di competenze e di strumenti territoriali" - spesa di lire 3 miliardi.
L'intervento tende all'acquisizione degli strumenti di base per la stesura del piano e precisamente:

  • a) piano di rilevazione aerofotografico
  • b) acquisizione dei PRG dei Comuni del parco e loro sovrapposizione con la cartografia di base
  • c) acquisizione dei fogli di mappa e sovrapposizione della citata cartografia di base.
All'acquisizione, inoltre, degli strumenti primari per la definizione del piano e precisamente censimento:
  • a) delle specie botaniche, silvicole e faunistiche
  • b) delle emergenze naturalistiche
  • c)delle caratteristiche geomorfologiche ed idrogeologiche
  • d) delle aree archeologiche.

L'acquisizione degli strumenti di base e degli strumenti primari consentirà la stesura del piano del parco con l'individuazione delle strategie di sviluppo, delle risorse e la conseguente pianificazione temporale e finanziaria delle attività oltre che alla redazione di uno studio socio-economico comprendente l'economia, l'occupazione, il turismo, l'artigianato, il commercio, eccetera.
Attività di recupero e conservazione
Intervento n. 2 ad oggetto "Analisi, pianificazione e programmazione di un piano di interventi antincendio "spesa di lire 2 miliardi 772 milioni consistente in:

  • a) studio del soprassuolo dell'intero territorio del parco
  • b) studio e misurazione dei venti
  • c) realizzazione di uno strumento informatico per la pianificazione e la previsione degli interventi antincendio
  • d) studio sul coordinamento delle forze antincendio presenti nel territorio
  • e) formazione del personale
  • f) acquisto di attrezzature
  • g) installazione di ripetitori e di unità radiomobili per la copertura radio dell'intero territorio del parco

Intervento n. 3 nel comparto agro-ambientale cofinanziato dai Ministeri dell'ambiente e delle risorse agricole spesa di lire 2 miliardi 665 milioni con i seguenti obiettivi:

  • a) acquisire competenze in relazione alle specie vegetali minacciate
  • b) promuovere il miglioramento della razza podolica, della capra garganica e degli ovini
  • c) promuovere la produzione dell'olio del Gargano attraverso l'introduzione di tecniche di produzione compatibili con la tutela dell'ambiente.
Intervento n 4 ad oggetto "Attività nei centri storici del parco" per la spesa di lire 2 miliardi e 100 milioni.
L'attività si prefigge gli scopi di recuperare il decoro ambientale sostituendo porte e finestre in anticorodal con infissi in legno, anche per dare lavoro alle imprese artigianali locali e di realizzare sottotraccia linee aree telefoniche ed elettriche.
Intervento n. 8 di manutenzione forestale spesa di lire 4 miliardi articolato su:
  • a) attività di bonifica e manutenzione: potatura, taglio, raccolta e carico del materiale
  • b) raccolta, trasporto e scarico del materiale presso le aziende di trasformazione e di utilizzazione del legno esistenti nel territorio del parco.

L'intervento ha lo scopo sociale di utilizzazione della manodopera locale.
Intervento n. 9 ad oggetto "Recupero del patrimonio edile rurale presente nel parco e nelle zone contigue" spesa di lire 2 miliardi 150 milioni
Gli obiettivi sono consistenti in:

  • a) recupero del patrimonio rurale per finalità turistico-naturali
  • b) favorire la presenza umana (pastori agricoltori, eccetera, nelle aree interne
  • c) organizzare un'offerta turistica credibile (agriturismo e turismo rurale)
  • d) utilizzazione di edifici recuperati come centri e laboratori di educazione ambientale

Intervento n. 10 ad oggetto "Recupero trenino ex-carbonai" spesa di lire1 miliardo 350 milioni.
L'attività prevede il recupero di una vecchia tratta a scartamento ridotto che operava nel cuore del Gargano per trasportare tronchi di legno dalla Foresta Umbra agli impianti della falegnameria Mandrione (di proprietà regionale).
Il trenino riattato permetterà ai turisti e specialmente ai portatori di handicap e loro famiglie di visitare le zone interne del parco in modo autonomo.
Attività di inforrnazione
Intervento n. 5 ad oggetto "Rete di sentieri nel Parco nazionale del Gargano" spesa di lire 1 miliardo 100 milioni. L'attività consiste in:

  • a) identificazione e ripristino di mulattiere, carrarecce e percorsi sterrati già esistenti
  • b) installazione di apposita segnaletica indicativa e educativa dell'inizio e fine dei percorsi, dei punti di sosta e delle postazioni di avvistamento degli animali selvatici
  • c) manutenzione, pulizia ed allontanamento dei rifiuti da tutti gli ingressi dei sentieri
  • d) costruzione e recupero di fontanelle in corrispondenza di sorgenti naturali.

Intervento n. 6 ad oggetto "Realizzazione di n. 18 infosportelli in tutti i Comuni del parco" spesa di lire 2 miliardi 163 milioni. Si tratta della rete necessaria per l'erogazione di servizi informatici ai visitatori del parco e del raccordo naturale di tutte le attività ambientali, turistiche ed educative dell'Ente parco.
Verrà realizzata una rete telematica che consentirà ad ogni singolo Comune di accedere a tutte le informazioni esistenti presso gli altri Comuni. Gli sportelli saranno ubicati principalmente presso le sedi comunali o in locali di proprietà comunali di dimensioni di mq 30/40.
Intervento n. 7 ad oggetto "acquisto sede dell'Ente parco e realizzazione di 4 centri visita e di educazione ambientale" spesa di lire 4 miliardi 800 milioni.
L'obiettivo consiste nella realizzazione di almeno 4 strutture, posizionate strategicamente, da destinare a servizi di:

  • ospitalità
  • ristorazione
  • offerta di servizi per i visitatori
  • attività didattico-ambientale
  • attività didattica per agricoltura eco-compatibile
  • attività economiche ed escursionistiche.

Il circuito dovrà sostenersi in autonomia finanziaria, vendendo beni e servizi, nella logica dell'imprenditorialità privata. I centri saranno localizzati nelle zone umide a nord e sud del parco, sul litorale e sull'itinerario storico-religioso della Via Langobardorum dal Comune di S. Marco in Lamis, per S. Giovanni Rotondo fino alla Basilica-grotta di S. Michele Arcangelo di Monte Sant'Angelo. Si tratta, come pare evidente, di un quadro di interventi ben articolato e distribuito sul territorio, come prima risposta alle attese dei molti garganici che vedono nel parco solo la sovrapposizione, a quelli già esistenti, di altri vincoli e divieti e, quindi, la creazione di un freno, imposto dall'alto allo sviluppo sociale ed economico del promontorio. Gli interventi del piano triennale, del primo piano triennale, che si esaurisce con l'esercizio 1996, cui faranno seguito gli interventi che saranno previsti nel 2° piano triennale 1997-99, contribuiranno certamente a superare le residue resistenze degli oppositori oltranzisti del parco per realizzare finalmente, con e non contro, le popolazioni garganiche, quel modello di conservazione attiva del territorio, che pone al primo posto l'esigenza di conciliare la salvaguardia dell'ambiente naturale con lo sviluppo socio-economico delle popolazioni locali in un'ottica compatibile e sostenibile.

* Collaboratore Ente parco del Gargano