Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 17 - FEBBRAIO 1996


La caccia ed i parchi in Francia
Paul Havet *

Convegno sul tema: "I danni da selvatici nelle zone agricole dei parchi naturali"
26 ottobre 1995 - Villa Medicea di Coltano (Pisa)

Malgrado l'identità del vocabolo "Parco nazionale", vi è, nel mondo, una grande diversità dei regolamenti che li governano. La posizione della caccia vi è molto variabile, da un Paese all'altro, addirittura anche da un parco all'altro; strettamente proibita in numerosi Paesi, limitata a dei tiri di "regolazione" o detti anche "scientifici" in altri, o addirittura incoraggiata in certe nazioni come il Canada.
E' possibile formulare così la domanda che si pone a questo soggetto: "Qual è il posto della caccia nella conservazione e la messa in valore delle risorse naturali?" e più precisamente "qual è il suo ruolo nelle politiche di protezione spaziale della natura?"
Si tratta certamente di una questione d'attualità. La pressione crescente dei movimenti di opinione in favore della protezione della natura, che in gran numero si dichiarano apertamente ostili alla caccia, inasprisce il dibattito: "bisogna mantenere la caccia (e se sì, sotto quale forma?) negli spazi protetti? Ma, per altro, non ignoriamo che i nuovi concetti di sviluppo duraturo sostenibile e di utilizzazione razionale ("wise use") sono adesso le pietre angolari delle recenti convenzioni internazionali. Lo scopo di questa comunicazione è di presentare succintamente l'esempio francese, per aprire in seguito un dibattito.

1. Gli strumenti giuridici di protezione spaziale della natura in Francia

Non si può ancora parlare propriamente di diritto dell'ambiente in Francia. Questo è risolto in molti codici, soprattutto il Codice rurale ed il Codice forestale, che regolano gli usi agricoli e forestali delle specie, dopo la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale.
Questi strumenti regolamentari, sempre più influenzati dalla regolamentazione europea, possono essere classificati in funzione degli obiettivi prioritari che sono loro assegnati.

  • 1. Salvaguardare vasti ambienti naturali, poco modificati dalle attività umane, e particolarmente interessanti sul piano patrimoniale e paesaggistico: parco nazionale.
  • 2. Protezione di ecosistemi di valore o che ospitano specie di valore: riserva naturale.
    I "Decreti di protezione del biotopo", presi in scala locale e non più nazionale, possono essere ricollegati a questo obiettivo, ma non offrono le stesse garanzie.
  • 3. Protezione dei paesaggi di valore sui piani paesaggistici e culturali: luoghi classificati ed iscritti.
  • 4. Sviluppo duraturo, che assicura in particolare una buona salvaguardia dell'ambiente: parco naturale regionale.
  • 5. Protezione di certe specie animali rare, in via d'estinzione o prestigiose, e quelle del loro habitat: riserva nazionale di caccia e di fauna selvatica.
  • 6. Gestione a vantaggio della collettività pubblica di spazi naturali di valore, eccelsi ed ambiti: il possesso fondiario (demanio dello Stato, conservatori nazionali e regionali).

Questi diversi strumenti sono sottoposti a profitto per creare una rete coerente, armonizzata dalle direttive habitat, la rete Natura 2000.

2. Il posto delle attività umane tra cui la caccia, nei differenti tipi di spazi protetti

Parchi nazionali
Sono stati creati su zone molto vaste rimaste molto naturali, e raggruppanti più tipi di ambienti naturali, vale a dire (escluso il Parco nazionale delle Cevennes) poco modificati dalle attività umane. E' perciò che li si ritrova soprattutto in montagna, o in ambienti marini preservati. Bisogna notare che in Francia l'antichità e l'intensità della pressione umana sono tali che non ci sono ambienti totalmente al riparo da una perturbazione umana: l'attività turistica si è considerevolmente sviluppata e certe attività di conduzione tradizionali (pastorale, forestale) vi sono mantenute. Salvo che nel Parco nazionale delle Cevennes, dove la caccia è autorizzata ma inquadrata (restrizione del numero di specie, piani di caccia, durata), su 78.000 ettari di un territorio che è complessivamente di 91.500 ettari ( da Kermabon, 1992), e dei dispositivi di tiri detti "scientifici" soprattutto nel Parco delle Ecrins (a Villar D'Arene) la caccia è, come regola molto generale, proibita. Dei tiri sanitari sono stati autorizzati in occasione delle recenti epizoozie.

Riserve naturali (e assimilate)
Esse non concernono, in generale, che ecosistemi di valore dove riparano specie di fauna e di flora di valore, se non addirittura formazioni geologiche o paleontologiche.
L'essenziale della regolamentazione interviene per adattare le attività umane agli obiettivi e la caccia non vi è proibita, o più strettamente regolamentata che altrove, solo se è provato che essa nuoce agli obiettivi, direttamente o indirettamente (disturbo).
Bisogna notare che vi sono sempre più pressioni per sopprimere la caccia in questi spazi.

Riserve nazionali di caccia e di fauna selvatica
Per favorire lo sviluppo di certe specie ben identificate, queste riserve poggiano maggiormente sui luoghi di superficie media sui quali la caccia è proibita in regola generale, ma dove altre misure di regolamentazione degli usi sono necessarie per favorire la fauna. Dei tiri di regolamentazione vi possono essere autorizzati.

Parchi naturali regionali
Si tratta, in generale, di luoghi molto vasti, interessanti sui piani naturali, paesaggistici e culturali. La regolamentazione non è uniforme ma deriva da una carta preparata e approvata dalle collettività locali, garantita dallo Stato. E' molto raro che la caccia vi sia più regolamentata.

Altri strumenti giuridici
Il possesso fondiario, non avendo unicamente come funzione di assicurare la protezione ma anche la gestione, la caccia vi è generalmente consentita, mediante un capitolato più o meno restrittivo.

3. Posto della caccia nella storia dei parchi nazionali

La caccia rappresenta una delle forme più antiche di valorizzazione della fauna selvatica. Essa è dunque ricca di tutta una storia e di tradizioni fortemente ancorate nelle popolazioni rurali. Queste culture costituiscono una valvola importante del patrimonio culturale rurale che la collettività ha l'obbligo di salvaguardare e di gestire.
L'attaccamento del cacciatore alla propria selvaggina li ha spinti da molti anni a valutare i loro prelevamenti per non mettere in pericolo le specie. I migliori cacciatori e i loro responsabili hanno dunque, dopo l'ultima grande guerra, creato numerose e talora prestigiose "riserve di caccia", con la proibizione volontaria della caccia.
E' a partire da queste antiche iniziative del mondo della caccia che sono state messe in opera molti parchi nazionali e altri grandi spazi protetti. Le Mercantour, il Parco nazionale dei Pirenei, la Vanoise, gli Ecrins ed anche la Camargue devono molto a queste prime misure di protezione messe in opera dai cacciatori. E' dunque legittimo cercare di sviluppare questo contributo cinegetico nello spirito dei nuovi concetti sopra citati, trascritti nella fattispecie nelle convenzioni di Rio. Questi territori ricchi sono stati d'altra parte dei luoghi privilegiati di studio e di ricerca, ed il mondo della caccia si inorgoglisce per aver incoraggiato finanziariamente e materialmente la ricerca applicata alla fauna.
Il responsabile di un parco nazionale si trova dunque di fronte all'obbligo di gestire simultaneamente i patrimoni biologici e culturali locali per il miglior vantaggio delle generazioni attuali e future.

4. Problematiche della gestione delle specie animali selvatiche negli spazi protetti: i limiti del concetto di riserva nella gestione della fauna

La proibizione di cacciare in una riserva ha per scopo di assicurare:

  • lo sviluppo degli effettivi delle specie stanziali, a vantaggio dei cacciatori delle zone periferiche
  • la cattura eventuale di animali vivi per delle operazioni di reintroduzione, perfino d'introduzione
  • la salvaguardia di specie di valore, per le quali conviene allora completare le misure di proibizione dei prelievi con misure di restaurazione degli habitats
  • la sosta, in tutta tranquillità, degli uccelli migratori perché queste specie, finite in riserve, sono state oggetto di numerosi ed importanti lavori scientifici e tecnici.

Questi territori si sono visti talora destinatari di un obiettivo complementare: "diventare un modello di gestione della fauna selvatica e dei suoi habitats".

Importanza della nozione di popolazione
La gestione della fauna selvatica non si concepisce se non in scala di popolazioni, insieme di individui di una stessa specie, uniti tra loro da legami genetici e sociali.
In vista della gestione, si parla di popolazione quando la specie occupa un dato perimetro (spazio vitale della popolazione), in seno al quale gli effettivi sono sufficienti perché tutte le classi di età e di sesso siano ben rappresentate al fine di assicurare un funzionamento interno e un buono sviluppo demografico.
Gli scambi tra gli individui di una stessa popolazione sono più elevati che tra due popolazioni vicine là dove non intervengono che dei fenomeni di emigrazione-immigrazione. La probabilità di trovare un compagno per la riproduzione è più elevato in seno alla popolazione.
Nella pratica quotidiana della gestione, si delimitano delle unità di gestione i cui contorni spostano le barriere naturali o artificiali, identificando gruppi d'individui con effettivi sufficienti. I limiti, delle zone centrali dei parchi nazionali essendo spesso stati fissati in funzione delle attività umane, è frequente che le popolazioni siano a cavallo tra la zona centrale (protetta in termini di caccia) e la zona periferica (zona cacciata). E' per esempio il caso in cui il limite del parco passa sul limite superiore della foresta. In montagna una popolazione di camosci può benissimo passare l'estate nel parco, ma venire a passare l'inverno in zona periferica.

Importanza della nozione di spazio vitale delle popolazioni e degli spostamenti
In linea diretta da ciò che è stato segnalato, è importante conoscere l'insieme delle zone geografiche occupate in tutti i periodi dell'anno da una stessa popolazione. Le differenti classi di età e di sesso non utilizzano lo spazio nella stessa maniera.
Si è costretti a constatare che spesso non si è tenuto conto di queste esigenze biologiche quando è stato fissato il perimetro del parco. Non vi è dunque sempre indipendenza delle popolazioni animali rispetto alla pressione umana e in particolare cinegetica, che si esercita in periferia. Le specie animali presenti nei parchi nazionali saranno influenzate qualitativamente e quantitativamente.

Importanza delle interferenze tra le popolazioni animali dei parchi e le attività umane
La fauna selvatica è responsabile dei danni alle attività pastorali (danni da orso, lupo, lince ai tropici, soprattutto di ovini), agricole (distruzione di raccolti), forestali (impedimento al ricaccio) sia che queste attività persistano nelle zone centrali, o che gi esercitino unicamente in periferia.
Per contro gli usi dell'ambiente modificano gli habitats (distruzione dei luoghi di nidificazione per il pascolo non controllato) o i parametri demografici (influenza della patologia degli animali domestici che si trasmette agli animali selvatici e viceversa).
Il problema maggiore è posto dal disturbo creato dalla crescente presenza turistica nei parchi. Benché certe specie si adattino a queste nuove perturbazioni, altre finiscono per abbandonare i settori frequentati oppure subiscono maggiori perdite (consumo ripetuto di energie per fuggire che squilibrano il bilancio delle riserve energetiche).

5. Le soluzioni ai problemi specifici: insuccessi e riuscite - Raccomandazioni

I tipi di gestione possibile (cfr. grafico - omissis)
La cinetica degli effettivi di una popolazione che si sviluppano in un nuovo ambiente segue la curva allegata nella quale si distingue una fase di accrescimento esponenziale, una inflessione della crescita, un rallentamento di questi tassi di accrescimento progressivo, fino a diventare nullo, prima di una caduta brutale degli effettivi precedente alle oscillazioni relativamente periodiche attomo alla capacità di recezione.

E' possibile rappresentare su questo grafico i differenti tipi di obiettivi di gestione.

  • a) Una gestione nulla, con l'obiettivo puramente scientifico d ' osservazione senza intervento
    Il valore dei lavori scientifici dipenderà, ben inteso, dall'indipendenza totale della popolazione dai fattori umani.
    E' perché l'isolamento (a fini scientifici) di una popolazione dagli effetti dell'attività umana resta un obiettivo principale, raramente raggiunto nei parchi, ma il cui interesse "d'osservatorio" è immenso.
  • b) Una gestione cosiddetta sanitaria
    Questa ha per scopo di intervenire, con abbattimenti, quando compaiono i primi casi di mortalità. Un duplice obiettivo è fissato: in primo luogo, di evitare la propagazione delle malattie sopprimendo le fonti di contaminazione; e in un secondo tempo di evitare che i turisti scoprano troppi animali morti.
    Questi abbattimenti sanitari sono sempre più contestati perché si rilevano spesso incapaci di bloccare epizoozie e perché essi sono qualche volta visti come una richiesta puramente cinegetica.
    Il valore del primo argomento sembra confermarsi, di studio in studio, ma il valore del secondo è contestabile e inciterebbe a verificare le relazioni di dipendenza tra patologie infettive e densità, se non addirittura struttura della popolazione, attraverso lo stato di salute generale.
  • c) La gestione cosiddetta di precauzione
    Essa ha per scopo di evitare alla popolazione di rientrare nella zona a rischio di fluttuazione, per evitare l'emergenza delle epizoozie, limitandone la densità.
    In questo campo, conviene ricordare l'importanza delle contaminazioni parassitologiche e il loro effetto sulla sanità della selvaggina, in relazione con la frequentazione dell'ambiente da parte delle greggi domestiche e con il loro livello d'infestazione.
  • d) La gestione cosiddetta cinegetica
    Questa si pone come obiettivo di mantenere, attraverso il piano di caccia, gli effettivi ad un livello corrispondente al punto d'inflessione della prima fase "in S", al fine di beneficiare di un rapporto tasso di crescita/densità ottimale. Tanto sul piano quantitativo, che qualitativo, questo obiettivo è effettivamente interessante per i cacciatori.
  • e) La gestione integrata in rapporto agli obiettivi economici
    Questa scaturisce dal fatto che la nozione di capacità territoriale integra i rischi dei danni alle attività umane, soprattutto agricole e forestali. La difficoltà consiste spesso nell'assenza di un bilancio socio-economico e di una manipolazione erronea degli argomenti dei differenti protagonisti. Il bilancio socio-economico esige la conoscenza delle basi giuridiche locali che fissano i diritti di ciascuno.

Le esperienze in corso o terminate
In Francia, l'obiettivo d'osservare la crescita di una popolazione non sottomessa all'attività umana sembrerebbe al sicuro.
I risultati delle politiche sanitarie nei parchi, sia nelle Alpi che nei Pirenei, hanno dimostrato che l'intervento umano non era molto efficace.
Di contro, l'esperienza degli abbattimenti effettuati dai ricercatori per ragioni di organico, caccia qualificata da parte dei ricercatori scientifici per ragioni di organico, realizzate nel Parco nazionale dell'Ecrins, ha dato dei risultati interessanti sul piano scientifico e sociologico.
La messa in atto di una gestione integrata nel Parco nazionale delle Cevennes cozza contro grandi difficoltà. La fortissima crescita dei danni prova la necessità di rivedere tanto le politiche delle "riserve fuori caccia" che quella dei lanci, come pure quella delle politiche agricole e forestali. Si tratta anche di intervenire su scala più globale possibile con gruppi scientifici e tecnici multidisciplinari.

Conclusioni
Patrimonio culturale, fonte di equilibrio sociologico e risorsa economica partecipante allo sviluppo locale, la caccia deve oggi essere gestita in una prospettiva di sviluppo durevole e globale. La proibizione della caccia nel territorio si giustifica fondamentalmente:

  • 1 ) per delle ragioni di sicurezza pubblica quando i rischi d'incidenti sono elevati
  • 2) per delle ragioni scientifiche: conservazione del territorio al riparo delle pressioni umane per conoscere i meccanismi di funzionamento. In questo caso, bisogna fissare il perimetro di protezione su una conoscenza precisa delle specie e degli ecosistemi da proteggere
  • 3) per contribuire alla diminuzione delle perturbazioni che colpiscono la fauna, particolarmente la fauna migratoria. Si tratta di stimare e di stabilire le priorità delle parti di perturbazione da regolamentare.

Al di fuori di questi casi particolari, la caccia deve essere mantenuta nel suo principio, ma regolamentata dai poteri pubblici in funzione degli obiettivi socio-economici fissati localmente dopo concertazione con la totalità dei detentori dei diversi e degli utilizzatori. La gestione integrata è la sola strada possibile. La valutazione regolare dei risultati è indispensabile per far evolvere tutto un sistema d'organizzazione dagli usi dello spazio la cui virtù principale è la flessibilità. La comunità cinegetica, in questa prospettiva, è chiamata, nel suo interesse immediato, a strutturarsi e deve definire nel suo interno un codice di etica rigoroso.

* Direction de l'Evaluation et de la Prospective (Dep) de l'Office National de la Chasse (Onc)