Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 18 - GIUGNO 1996


OSSERVATORIO INTERNAZIONALE
a cura di Giovanni Valdrè
 

L'Onu ammonisce: "salvate il Mediterraneo"
L'Onu ha richiamato i Paesi interessati ad una interpretazione globale del sistema marino mediterraneo e ad una disciplina coordinata e generale di tutte le attività umane che interessano il bacino.
Pertanto, allo scopo di estendere gli effetti della Convenzione di Barcellona del 1995 per la tutela del Mediterraneo, stipulata fra i soli Paesi europei, l'Unep - Programma per l'ambiente delle Nazioni Unite - si è fatto promotore della Conferenza di Siracusa, 6-7 marzo 1996, dei plenipotenziari di tutti i Paesi interessati per la ratifica di un protocollo relativo alla protezione del Mare Mediterraneo contro l'inquinamento tellurico.
Sono state riviste, corrette, migliorate molte delle norme della Convenzione di Barcellona, in relazione alle realtà ed alle peculiarità dei Paesi extraeuropei. La Conferenza è stata preparata dal Segretariato dell'Unità di coordinamento del piano d'azione per il Mediterraneo e vi hanno partecipato i plenipotenziari dell'Albania, Cipro, Comunità Europea, Croazia, Egitto, Spagna, Francia, Grecia, Israele, Italia, Libia, Malta, Marocco, Monaco, Slovenia,Tunisia e Turchia. Questo nuovo trattato per la tutela del sistema marino mediterraneo riveste un grande interesse per il sistema dei parchi e delle riserve marine interessate, in quanto era attesa da tempo l'adozione di un'efficace disciplina delle attività umane del bacino che assicurasse la sopravvivenza dei più importanti ecosistemi marini, oggi gravemente minacciati dal progressivo inquinamento del mare.
E' difficile valutare fin da ora se il nuovo trattato di Siracusa potrà avere gli effetti sperati e se i singoli Stati si sentiranno in dovere per una sua puntuale applicazione; quello che si può notare è che a Siracusa i rappresentanti dei Paesi partecipanti hanno enfatizzato un desiderio unanime di salvare il Mediterraneo, approvando una serie di severe disposizioni sull'uso delle risorse non riproducibili e per una precisa valutazione di impatto sull'ambiente marino.
Per contro, tali propositi sono stati condizionati dalla difesa degli enormi interessi economici dei Paesi industriali o petrolieri e dall'attesa di soddisfazione di bisogni primari degli Stati sottosviluppati.
Inoltre, i rapporti conflittuali tra alcuni Paesi partecipanti hanno spesso alterato la comunione degli intenti fino ad arrivare all'inserimento in calce al testo del protocollo d'intesa di dichiarazioni ufficiali prodotte dalla Turchia, Cipro e Grecia con il coinvolgimento di Israele e la Libia, nelle quali si sostengono reciproche accuse di illegalità e violenze.
Comunque il protocollo d'intesa per la protezione del Mediterraneo prevede, come azione prioritaria, la lotta "alla minaccia dell'ambiente marino, alle sue risorse biologiche, alla salute umana, causata dall'inquinamento prodotto da attività situate a terra e ai gravi problemi che ne risultano per la grande quantità di acque costiere e fluviali che scaricano in mare rifiuti domestici o industriali non trattati, o insufficientemente trattati, e contenenti sostanze tossiche persistenti e suscettibili di bioaccumulazione".
Ciò che a Siracusa non si è tenuto conto, e chi vi scrive rimpiange di non aver sollevato in quella sede il problema, sono gli effetti disastrosi della catastrofe ecologica prodotta dall' esplosione demografica in atto nei Paesi africani e medio-orientali mediterranei. Questa pressione demografica avrà certamente delle conseguenze, ancora non valutabili, ma certamente rilevanti, sull'efficacia del piano di difesa del Mediterraneo e minaccerà sicuramente le aree dei parchi costieri, che saranno visti come possibili territori di insediamento umano o destinati ad attività produttive. Per tutto ciò non è ancora il momento degli ottimismi: l'azione di protezione del nostro mare sarà lunga ed incerta. L'unica cosa che possiamo sperare è che, in attesa di tempi migliori, il degrado in atto non assuma forme di irreversibilità.