Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 18 - GIUGNO 1996


Sardegna: i parchi non decollano.
di Salvatore Brandanu
Presidente Icimar (Istituto delle Civiltà del Mare)

Nel cuore del Mediterraneo occidentale, una superficie di 24.090 chilometri quadrati, oltre 1.800 chilometri di coste (circa 1/4 dello sviluppo costiero dell'intera Italia), bellissime ma or mai sempre più a rischio, e ancora nemmeno un metro quadrato di territorio protetto. Questo il quadro incredibile e mortificante della situazione naturalistico-ambientale della Sardegna. Si fosse trattato di regione industrializzata e fortemente popolata la cosa avrebbe potuto avere qualche attenuante; ma considerata la situazione antropica ed economica dell'isola, questi ritardi, questa disattenzione per i problemi vitali degli equilibri ecologici appaiono molto gravi e preoccupanti. Non che manchino leggi, proposte di legge, studi, piani di massima e piani ese cutivi, ché di materiale cartaceo e, a dire il vero, spesso assolutamente inutile, sono pieni gli ar chivi. Semplicemente è mancata finora la volontà di avviare nel concreto una politica di attiva ed efficace difesa del territorio: non sono stati adottati e utilizzati, per incuria o per scelta politica, gli strumenti operativi di protezione e valorizzazione degli ambienti naturali più fragili e di maggior pregio. La cultura e la sensibilità per i problemi del l'ambiente, lo sappiamo tutti, non si improvvisano; dacché il cosiddetto progresso tecnologico ha incrinato e spesso interrotto il filo diretto uomo-natura, la coscienza ambientalista per ogni popolo "civile" è stata ed è una conquista lunga, laboriosa, graduale. Le gravi carenze palesate in questo settore, i ritardi nell'approntamento di misure adeguate di salvaguardia degli ambienti più a rischio, che pongono la Sardegna all'ultimo posto tra le Regioni italiane, ci avvertono purtroppo che solo una minoranza di sardi ha finora recepito in maniera adeguata il problema, problema che si pone ormai in termini di estrema perentorietà ed urgenza. Probabilmente da parte dei politici e degli amministratori locali c'è stata per lunghi anni una incomprensione delle potenzialità anche economiche della "risorsa ambiente", e quindi una sottovalutazione del problema della sua tutela. Presi da varie emergenze, hanno finito col privilegiare altri settori d'intervento trascurando dunque quella che è sicuramente la risorsa più importante dell'isola. Così la Sardegna, che almeno fino agli anni Cinquanta è stata una delle regioni italiane col territorio relativamente più integro, ha visto gradualmente scemare il suo patrimonio ambientale che ora, per l'insipienza della classe politica ed anche per l'apatia della gente, appare seriamente compromesso quando non definitivamente perduto. Per lungo tempo, del resto, l'azione di sensibilizzazione e di denuncia delle associazioni ambientaliste è caduta nel vuoto; spesso è stata avversata e disturbata anche e soprattutto da chi avrebbe avuto tutto l'interesse di sorreggerla e incoraggiarla. Ora la situazione è indubbiamente migliorata, i rapporti delle associazioni di protezione ambientale con la Regione e gli Enti locali si sono fatti più frequenti, anche se per motivi talvolta complessi non riescono ad essere sufficientemente produttivi. In questi ultimi mesi, a seguito di campagne assidue e martellanti di stampa e dietro la spinta dell'opinione pubblica nazionale ed internazionale sconcertata dall'atteggiamento abulico e passivo della Regione di fronte ai grandi temi della tutela ambientale, qualcosa comincia a muoversi anche se l'esperienza passata non induce al facile ottimismo. Proprio di recente, l'assessore regionale alla difesa dell'ambiente Antonio Saba, chìudendo ad Alghero le manifestazioni promosse nel quadro delle celebrazioni della VI settimana della cultura scientifica del l'Università di Sassari, dedicata quest'anno in particolare all'ambiente marino, ha annunciato che entro aprile sarebbe stata formalizzata l'istituzione del Parco marino di Tavolara - Capo Codacavallo e che nel giro di qualche mese si sarebbe dato il via a quello della Maddalena (bloccato attualmente da un'aspra e irriducibile contesa tra La Maddalena e i Comuni vicini), mentre l'attesa dovrà essere forzatamente più lunga per il Parco dell'Asinara. Entro giugno dovrebbe essere anche firmato il decreto per il Parco nazionale del Gennargentu, ma la situazione è di stallo; in pratica non è stato fatto nessun passo avanti rispetto allo scorso anno; anzi, a seguire la cronaca e i dibattiti, dal momento in cui fu siglato l'accordo di massima tra Ministero dell'Ambiente e il presidente della Regione Palomba, le cose si sono complicate parecchio. Per quanto riguarda i parchi regionali, le prospettive potrebbero essere migliori; ci sono però ancora da superare non poche difficoltà e i tempi saranno sicuramente lunghi anche se l'assessore Saba ha assicurato l'impegno della Giunta regionale per l'istituzione, entro un ragionevole periodo di tempo, di una o due aree protette. Naturalmente ci auguriamo che ciò possa avvenire presto ma sinceramente, dopo aver sperimentato l'immobilismo patologico dell'apparato burocratico regionale e l'insufficienza di cultura ambientale che contraddistingue ancora non solo la gran parte dei politici ma anche, e certamente in misura non minore, la classe dirigente, ci sembra azzardato cullare eccessive speranze.

 

Alcuni cenni sull'ambiente naturale in Sardegna

Attraverso una rapida lettura degli storici, geografi, naturalisti che si occuparono in passato dell'isola e ancor più dai resoconti degli illustri viaggiatori del secolo scorso possiamo ricostruire, in maniera sufficientemente fedele, gli aspetti del paesaggio naturale dell'isola, la varietà della sua flora e la ricchezza della sua fauna. Oggi quel paradiso non esiste più, il cervo sardo e il muflone, diffusissimi in tutta l'isola, sopravvivono, non senza rischi, solo in pochi areali ristretti o nelle oasi create e gestite dal Wwf. Era quasi del tutto scomparso anche il grifone, salvato di recente da sicura estinzione con numerosi esemplari importati dalla Spagna. Il patrimonio boschivo che, intorno alla metà del secolo scorso, nonostante la piaga endemica degli incendi legati alla pratica dell'agricoltura e, più spesso, della pastorizia, occupava ancora oltre un sesto della superficie totale, dopo l'unità d'Italia e, in particolare, a partire dal 1880, ha subito aggressioni irresponsabili.
Le condizioni dell'isola erano di estrema miseria e i governi succedutisi avevano fatto ben poco per alleviarla. Occorreva denaro allo Stato unitario per la politica di "grande potenza", occorrevano finanziamenti per le opere pubbliche e i Comuni, poverissimi e indebitati, vendevano quel che avevano, terre e boschi, agli speculatori forestieri; servivano traversine per le ferrovie in costruzione, legname per l'edilizia, carbone per il riscaldamento e le foreste secolari della Sardegna fecero le spese di tutto. Purtroppo il taglio dei boschi non si limitò alle essenze le cui ceppaie rigettano, ma anche a varietà arboree come il ginepro, la sabina, il tasso che coll'abbattimento muoiono. Nel giro di qualche decennio gran parte del patrimonio forestale dell'isola venne annientato con conseguenze gravissime sugli equilibri ecologici, idrogeologici e climatici. Intorno agli anni Cinquanta i maggiori pericoli per l'ambiente vengono dagli interventi di bonifica e dai progetti di miglioramento fondiario, portati avanti con pressappochismo, con tecniche d'importazione, senza un'adeguata conoscenza storica, culturale, pedologica, ecologica delle aree d'intervento. I danni che ha subito il territorio, lo si comìncia a comprendere a distanza, sono stati di gran lunga superiori ai benefici.
Oggi i rischi maggiori per gli equilibri ambientali della Sardegna, oltreché dagli incendi estivi e dall'inquinamento urbano (quello industriale ha un impatto modesto per il fatto che di industrie ce ne sono poche) sono rappresentati soprattutto dal turismo o, per essere più precisi, dall'edilizia turistica. E poiché le aree più appetibili si trovano tutte sul mare, è proprio sulle coste che va ravvisato il punto di più accentuata fragilità nei confronti della speculazione edilizia. Considerato lo sviluppo dei Comuni costieri veramente imponente, e calcolate le volumetrie disponibili nei piani urbanistici di tali Comuni, gli ambientalisti hanno drammaticamente ipotizzato la nascita di un'unica città lineare lungo l'intero perimetro costiero dell'isola con conseguenze ben immaginabili. Naturalmente è uno scenario "virtuale", ma la provocazione non è del tutto ingiustificata ed è senz'altro lecito nutrire qualche preoccupazione sul futuro delle coste, anche se i piani paesistici territoriali di recente approvati e i Puc (piani urbanistici comunali), in via di definizione, tagliano del 50% le volumetrie previste sulla fascia di rispetto, e quest'ultima risulta ora adeguatamente ampliata.

 

La legislazione regionale in materia di ambiente

Cosa resta oggi del patrimonio ambientale del l'isola? Certamente poco rispetto al passato, e tuttavia ancora abbastanza, non solo per giustificare ma anzi per sollecitare ed esigere l'istituzione dei parchi nazionali previsti dalla legge 394/91 e dalla legge regionale n. 31/89 sul sistema regionale dei parchi e delle riserve naturali. La legge-quadro n. 31 del 7 giugno 1989 è lo strumento (ma mancano ancora i piani attuativi) che regolamenta la materia ambientale in Sardegna; essa in particolare definisce il concetto di parco di riserva e di monumento naturale (articoli 1, 2, 3, 4) e indica, col supporto di studi, rilevamenti, censimenti già predisposti, le aree di particolare interesse e che andranno a formare il sistema regionale dei parchi. L'elenco dei beni riportati dalla legge regionale n. 31 contiene 9 parchi naturali, 60 riserve naturali, 24 monumenti naturali e 16 aree di rilevante interesse naturalistico: un patrimonio imponente che richiede interventi urgenti e non più derogabili se non si vuole che si arrivi alle misure di tutela troppo tardi, quando non ci sarà più niente da proteggere. Ma quanti di questi "parchi di carta" diventeranno parchi veri, operanti, fruibili? Come si è detto, la legge regionale 31 è una legge "quadro" (o "cornice"): essa detta perciò soltanto norme di carattere generale mentre rinvia a non meglio definiti atti legislativi 1 'istituzione effettiva, la delimitazione e la classificazione delle aree protette. E l'istituzione comunque dovrà avvenire solo dopo aver ottenuto l'assenso delle comunità interessate concordando forme, modi e tempi. Mentre l'istituzione dei monumenti naturali è demandata all'assessore regionale della difesa dell'ambiente, che vi provvede con proprio decreto, l'iter appare dunque piuttosto laborioso e complesso per l'istituzione di parchi e riserve naturali. La proposta istitutiva in questo caso spetta alla Giunta Regionale su iniziativa del l'assessore alla difesa dell'ambiente, previa analisi d'impatto economico e quindi dei vantaggi per il territorio interessato. Il documento passa quindi ai Comuni, alle Comunità montane e alle Province per le osservazioni di competenza. La Giunta, successivamente, sentito il parere del Comitato tecnico consultivo per l'ambiente naturale, formula la proposta istitutiva definitiva che trasmette per competenza al Consiglio regionale che, con legge, "stabilisce" l'organismo a cui viene affidata la gestione, la delimitazione dell'area e le strutture di direzione tecnica, "le forme di partecipazione delle associazioni culturali, naturalistiche, ambientalistiche e ricreative, nonché delle associazioni e categorie economiche che propongono di svolgere attività connesse alla vita del parco". Stabilisce inoltre le modalità di finanziamento delle attività collegate al parco, e le norme provvisorie di salvaguardia. Sono previsti consorzi di gestione e il collegamento fra parchi contigui. L'organismo di gestione elabora il regolamento del parco e predispone programmi d'intervento annuali e poliennali, inoltre esprime pareri in materia urbanistica (piani urbanistici comunali e provin ciali), su quelli agricoli e su quelli di forestazione. E queste competenze possono creare molto presto possibili motivi di attrito con gli altri enti oltre che con i privati cittadini. Finora in Sardegna si sono avviati gli studi per l'iter istitutivo dei parchi naturali regionali del Limbara, in Gallura, di Monte Linas - Marganai - Oridda, del Marghine - Goceano, del Monte Arci, del Montiferru - Sinis e della Giara di Gesturi. Per alcuni di questi i lavori sono molto avanzati. Potrebbero partire in tempi ragionevoli le aree protette del Limbara e del Monte Linas - Marganai, ma occorrerà fare i conti oltre che con la burocrazia anche con l'ostilità dei pastori e le pretese delle potenti lobby dei cacciatori. Del Parco del Gennargentu si è cominciato a parlare già negli anni Venti, e a settant'anni di distanza è ancora tutto da fare.

 

Parchi marini

Il 31 dicembre 1982 veniva emanata, dietro raccomandazione della Cee, la legge n. 979 sulla difesa del mare che, oltre a dettare norme contro gli inquinamenti, prevedeva l'istituzione di 20 riserve marine. Di queste, ben 4 sono state individuate in Sardegna: Tavolara - Capo Codacavallo; Golfo di Orosei - Capo Monte Santu; Penisola del Sinis - Isola di Mal di Ventre; Capo Caccia - Isola Piana. Fra il 1985 e il 1986, il Ministero della marina mercantile, allora competente in materia, affidò la predisposizione degli studi di fattibilità. I lavori, per varie ragioni, non ultima l'insufficienza dei fondi a disposizione, proseguirono con grande lentezza e frequenti interruzioni sicché gli studi di fattibilità giunsero all'esame della Consulta del mare con grande ritardo, a cui si aggiunsero gli inconvenienti dell'instabilità del quadro governativo e la forzata inerzia degli organi tecnico-consultivi. Nel frattempo, con l'istituzione del Ministero dell'ambiente e il varo della legge-quadro 6 dicembre 1991, n. 394, le competenze dei parchi marini vennero trasferite a questo Ministero che, sempre in forza della citata legge, ha predisposto gli atti per la creazione del Parco nazionale dell'Arcipelago della Maddalena ed ha previsto il Parco dell'Asinara, la cui attuazione pratica sarà ritardata di almeno 4 anni per problemi legati alla presenza sull'isola della ben nota struttura penitenziaria. Questa forzata situazione di stallo, che delude le attesa dei cittadini, sta creando forti malumori e vibrate proteste. Il Parco dell'Arcipelago della Maddalena, una volta entrato a regime, contribuirà alla tutela e alla valorizzazione di uno degli ambienti marini e terrestri più interessanti sotto l'aspetto geologico, biologico ed ambientale. Fa parte del parco anche la bellissima isola di Budelli, universalmente nota per la sua "spiaggia rosa". L'area, inoltre, assieme alle coste vicine della Sardegna e alle isole francesi di Lavezzi andrà a costituire il Parco internazionale delle Bocche di Bonifacio, deciso il 31 ottobre 1992 ad Aosta dai ministri dell'ambiente di Francia e Italia e meglio formalizzato nel gennaio 1993. E' un parco a cui la Regione Sardegna tiene particolarmente non solo per ragioni di protezione ma anche per le notevoli ricadute finanziarie previste dal Programma Europeo Interreg 1. Invece il Parco del Sinis - Isola di Mal di Ventre verrà probabilmente incluso fra le aree protette naturali da istituirsi ai sensi della legge regiona le n. 31. Il Sinis (in Provincia di Oristano) rappresenta una delle aree più pittoresche e di maggiore interesse ambientale e culturale della costa occidentale.
Ancora in fase di studi preliminari è a tutt'oggi il Parco di Capo Caccia (Alghero) che, se si farà, rientrerà, ormai è certo, nelle competenze regionali. Non resta dunque che fare qualche cenno al Parco nazionale marino di Tavolara - Capo Codacavallo, sulla costa nord-orientale dell'isola. Il parco fu "ideato" circa 25 anni fa a San Teodoro, a protezione dello splendido promontorio di Capo Codacavallo e del tratto di mare circostante con le vicine isole di Tavolara, Molara, Proratora, Isola Rossa, Molarotto. In seguito il discorso si allargò fino a comprendere tutto il tratto marino costiero che va da Capo Ceraso (Olbia) a L'Isulédda (San Teodoro). L'area, riconosciuta di grande valenza ambientale, venne inclusa tra le 20 riserve naturali marine nazionali previste dalla 979/82. Nel 1985 il Ministero della marina mercantile ne affidò lo studio di fattibilità all'Enea che consegnò gli elaborati conclusivi nel febbraio 1991. Per negligenza del governo centrale, nonostante i solleciti e l'azione propulsiva dell'Icimar (Istituto delle civiltà del mare), si bruciano ancora quattro anni; finalmente nell'ottobre del 1995 la Consulta del mare esamina lo studio e, con qualche correzione, ne approva la zonazione e la perimetrazione. Nella riunione del 14 dicembre 1995, presieduta dal ministro dell'ambiente Baratta, viene decisa l'istituzione dell'area protetta marina di Tavolara - Capo Codacavallo e inserita nella finanzia ria 94/ 96 per le spese di avvio. A tutt'oggi manca però la firma del decreto istitutivo, dato ormai per imminente. Il parco occupa una superficie di 4.410 ettari, di cui 655 di riserva integrale (zona A); 1889 ettari di riserva parziale (zona B) e 1866 ettari di riserva generale regolamentata (zona C). Restano provvisoriamente fuori gli specchi lagunari sulla costa di San Teodoro, che però risultano protetti dalla legge 431 e dalla legge regionale n. 31 di salvaguardia degli ambienti di particolare importanza ecologica e culturale. Il modello di parco proposto, di tipo dinamico, si inserisce perfettamente nel contesto ambientale e culturale del territorio circostante, ponendosi come strumento di protezione e valorizzazione attiva di uno degli ambienti marini costieri più importanti del Mediterraneo occidentale.