Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 19 - OTTOBRE 1996


E' l'ora dei parchi
Abbiamo voluto riprendere per questo editoriale il titolo di un incontro di qualche anno fa a Firenze che rilanciò l'iniziativa e l'impegno a sostegno della legge quadro.
Ci rendiamo conto ovviamente che considerare questa l'ora dei parchi, mentre da tante parti l'istituzione di un'area protetta suscita ancora turbolenza e ostilità, il Parlamento continua a effettuare tagli alle già misere risorse destinate ai parchi, può sembrare se non provocatorio, incongruo o al limite della stravaganza. Ma a nostro giudizio é proprio in considerazione anche di questi fatti, di cui abbiamo naturalmente piena consapevolezza, che la scelta ha un senso preciso.
Cosa ci dicono infatti questi segnali negativi di cui ci siamo occupati tante volte e di cui ovviamente continueremo puntualmente ad occuparci ? Ci dicono innanzitutto che avere istituito una diffusa rete di parchi nazionali e regionali, i quali ricoprono ormai quasi il dieci per cento del territorio nazionale, servirà a poco se la loro gestione e il loro ruolo non cambierà.
E non ci riferiamo soltanto alle magre risorse, ai ritardi nella loro erogazione, e a tutti i noti inconvenienti di cui il lettore troverà più di una conferma anche in questo numero della rivista. Intendiamo riferirci ad una visione che non sappiamo quanto inconsapevolmente tenda a ricondurre (ed a ridurre) la vicenda dei parchi a qualche adempimento amministrativo, ad "atti dovuti " come si dice con linguaggio gelidamente burocratico. Certo non mancano le citazioni encomiastiche per i traguardi raggiunti, per il numero dei parchi istituiti, le superfici perimetrate.
I parchi, si sa, sono un fiore all'occhiello molto apprezzato nelle sedi internazionali e inorgoglisce, dopo essere stati per tanti anni la pecora nera, poterci presentare oggi con le carte (più) in regola.
Ma tutto questo, lo si vede ad occhio nudo, malgrado le confortanti statistiche non fa ancora dei parchi del nostro Paese un punto di riferimento significativo e qualificante per le politiche nazionali e comunitarie.
Intendiamoci, nessuno (o quasi) negherà che i parchi favoriscono ad esempio il turismo. Magari aggiungerà cauteloso che comunque bisogna stare molto attenti ai vincoli, eccetera. Ma di una variante di valico o altro si discute sui mezzi di informazione, nel Consiglio dei ministri, nelle assemblee regionali e locali; sui vantaggi e svantaggi si mobilitano esperti, categorie, si fanno conti e quant'altro.
Perché finora non si è riusciti a mettere insieme una proposta, anzi un pacchetto di proposte, di progetti attraverso i quali il Governo nazionale, le Regioni, gli Enti locali si impegnano a realizzare interventi "programmati" nelle aree protette, che abbiano la portata, anche sotto il profilo dell'immagine, dell'alta velocità o altro. Si dirà: ma qui si tratta di infrastrutture, di interventi a dimensione nazionale e internazionale non commensurabili con ciò che è possibile fare per un parco o più parchi. E qui sta l'errore. Al sud, dove si continuano a presentare elenchi di opere pubbliche (anche urgenti certo), perché non si può fare altrettanto per interventi coordinati nei parchi e che riguardino agricoltura, turismo, ricerca dando così anche concretezza e credibilità ai progetti per l'occupazione giovanile che altrimenti, piaccia o non piaccia, resteranno poco più di un argomento di discussione.
Al Consiglio dei ministri di parchi finora si è discusso solo quando si è trattato di varare i decreti istitutivi. Sarà un bel giorno quello in cui il Governo metterà all'ordine del giorno dei suoi lavori programmi e progetti intersettoriali, anche sperimentali, da effettuarsi nei parchi secondo una programmazione che sino a questo momento è mancata, a meno che si consideri programmazione assembleare un po' di progetti privi di un qualsiasi filo conduttore.
Ecco in che senso riteniamo sia giunto il momento di parlare realisticamente di " l'ora dei parchi ". Illudersi che a chi protesta contro i parchi o è semplicemente scettico sul loro ruolo basti dare qualche generica assicurazione (mentre si tagliano alla chetichella i soldi) più che un imperdonabile errore è un segno di leggerezza o di miopia.
Il nuovo Governo che a davanti a se un tempo non breve può dare alla sua azione questo respiro, uscendo anche per i parchi da un esasperante e mortificante tran tran amministrativo.Certo, per farlo, dovrà rimpinguare le poste di bilancio ma noi pensiamo che sia un errore considerare risorse destinate ai parchi soltanto quelle scritte nei capitoli del Ministero dell'ambiente.
Vanno considerate risorse anche per i parchi quelle iscritte nel bilancio del Ministero dell'agricoltura (senza dimenticare il corpo forestale dello Stato che rimane in lista d'attesa), del lavoro, della scuola, del turismo e che possono riguardare interventi da effettuare a vario titolo nelle aree protette.
Per coordinare questi Ministeri è sufficiente naturalmente l'impegno del ministro e del Ministero dell'ambiente.
Quello che il Ministero dell'ambiente può e deve fare però è muoversi con questo obiettivo, che non è quello di ricondurre ad un'unica sede ciò che oggi è ripartito tra tanti Ministeri. Ma di impegnare il consiglio dei Ministri e le Regioni a muoversi con questa visione e con la necessaria collegialità, la stessa che è stata giustamente richiesta per la variante de valico.
Se per quest'ultima c'è bisogno di una conferenza dei trasporti, per i parchi serve ugualmente una conferenza nazionale che impegni collegialmente il Governo, perché il presidente del Consiglio dinanzi al Parlamento si è impegnato a voltar pagina per quanto riguarda le politiche ambientali.
In passato per stimolare le forze politiche che di parchi non gradivano sentir parlare abbiamo sentito spesso citare, portare come esempio il New Deal americano, i grandi progetti ambientali che connotarono un'indimenticata presidenza e che sono rimasti nell'immaginario dell'opinione pubblica mondiale quale testimonianza di una visione coraggiosa e nuova.
Senza alcuna retorica ed enfasi possiamo dire che oggi al nuovo Governo e al presidente del Consiglio, che ha parlato del nostro sud come di una potenziale "California", compete di mettere mano in "grande" a questi problemi.
E noi questo ci aspettiamo.