Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 19 - OTTOBRE 1996


Nuovo stop del Governo alla Regione Lombardia
Alberto Tenconi *



Nel novembre del 1993 firmavo sulle pagine di questa stessa rivista un articolo dedicato alle difficoltà della Regione Lombardia di adeguare la propria legislazione sulle aree protette alle nuove disposizioni della legge-quadro statale, con particolare riguardo al problema dell'estensione del divieto di caccia all'intero territorio dei parchi naturali regionali ("I parchi e la caccia in Lombardia: un adeguamento impossibile?", Parchi n. 10/93).
Nell'articolo venivano esposte le ragioni che determinavano la lamentata difficoltà di recepire le disposizioni vincolistiche della legge 394/91 e si denunciava la miopia degli organi di controllo che avevano negato, quello stesso anno, l'assenso governativo ad una prima proposta di legge di adeguamento approvata dalla Regione nel giugno dello stesso anno.
A quella prima proposta ne era succeduta una seconda, licenziata dal Consiglio regionale nel marzo del 1995, che riproponeva la soluzione indicata dal precedente provvedimento, ma adeguandone i contenuti ai rilievi formulati dal Governo, per renderla anche formalmente più aderente al dettato della legge-quadro.
Nonostante ciò, e benché il nuovo testo fosse stato concordato alla lettera con gli uffici ministeriali, il commissario di Governo ha rinviato anche questa proposta, con motivazioni che sono parse ancora più cavillose e pretestuose di quelle addotte nel precedente rinvio.
Si ricorda che le due leggi in questione si proponevano di garantire l'integrità del sistema dei parchi regionali, già definito con la l.r. 86/93, la cui dimensione, già ora superiore al 20% del territorio regionale, non consente ragionevolmente l'applicazione estensiva del divieto di caccia previsto dalla legge 394/91.
Per ovviare a tale problema, le due leggi regionali prevedevano una graduale, ma rigorosa applicazione di quanto disposto dall'articolo 21, comma 1, lettera b) della legge 157/92, al fine di riperimetrare le aree a parco naturale ed individuare le relative aree contigue, da sottoporre comunque all'autorità gestionale e pianificatoria dell'Ente responsabile del parco, demandandone l'identificazione e la disciplina ai relativi piani territoriali di coordinamento.
L'insuccesso di questa iniziativa ha indotto quindi la Regione Lombardia a modificare il proprio orientamento, per trovare una soluzione alternativa che le consentisse di uscire dall'impasse e di arginare il processo di destabilizzazione dei propri parchi, innescato dalle bordate governative, abilmente sostenute ed assecondate da una sempre più forte coalizione tra vecchi e nuovi nemici delle aree protette.
Anche le prospettive di una più ampia e necessaria riforma della legislazione regionale in materia di difesa della natura e del paesaggio, già annunciata dalla Giunta regionale (si veda in proposito lo "Speciale Regioni" pubblicato in allegato al n. 17/96 di Parchi), sono apparse subordinate alla risoluzione di questo problema, da cui dipendono la fisionomia delle aree protette della Lombardia e l'assetto complessivo della politica regionale in materia, caratterizzata, come noto, da una forte integrazione con la pianificazione territoriale e paesistica.
Le riflessioni conseguenti al duplice rinvio governativo hanno indotto a riconsiderare il problema in termini differenti, prospettando una soluzione basata sulla riclassificazione dell'attuale sistema dei parchi naturali regionali, che non ne pregiudicasse comunque la fisionomia, la dimensione e la funzione strategica nella politica ambientale e territoriale della Regione, salvaguardando gli equilibri conseguiti dalla vigente legislazione regionale.
Attraverso tale riclassificazione, peraltro, si voleva cogliere l'occasione per una più puntuale determinazione delle specifiche finalità di ciascun parco, in relazione ai peculiari caratteri ambientali e socio-economici di ogni area protetta.
E' stata quindi confezionata una nuova proposta di legge, attraverso la quale sono state apportate alcune significative modifiche alla legge regionale del 1983 che definisce e disciplina il piano regionale delle aree protette.
La principale modifica riguarda l'articolo 1 della l.r. 86/93, che definisce il regime di tutela delle diverse categorie di aree protette regionali. Con tale modifica viene eliminata la precedente distinzione tra "parchi naturali" e "parchi di cintura metropolitana", in luogo della quale viene individuata, accanto alla categoria dei "parchi naturali", corrispondente a quella prevista dalla legge-quadro statale sulle aree protette (legge 394/91), la nuova categoria dei "parchi regionali".
La nuova categoria dei "parchi regionali" mantiene la definizione già assegnata dalla l.r. 86/93 ai parchi naturali e precisamente: "zone che, costituendo generale riferimento per la comunità lombarda, sono organizzate in modo unitario, con preminente riguardo alle esigenze di protezione della natura e dell'ambiente e di uso culturale e ricreativo, nonché con riguardo allo sviluppo delle attività agricole, silvicole e pastorali e delle altre attività tradizionali atte a favorire la crescita economica, sociale e culturale delle comunità residenti".
I "parchi naturali" ed i "parchi di cintura metropolitana", già individuati dal piano generale delle aree protette della l.r. 86/93, sono stati tutti ricompresi, con questa modifica di legge, nella nuova categoria dei "parchi regionali", confermandone peraltro la denominazione e la perimetrazione previgenti.
Gli stessi parchi regionali, inoltre, sono stati sottoposti ad un'ulteriore classificazione, secondo la quale, in relazione ai rispettivi caratteri ambientali e territoriali, sono stati classificati come "parchi fluviali", "parchi montani", "parchi agricoli", "parchi forestali", "parchi di cintura metropolitana".
A ogni parco regionale individuato dal piano regionale delle aree protette, infatti, la legge in questione assegna una o più classificazioni tra quelle sopra indicate. Ad ogni classificazione corrisponde la determinazione di finalità specifiche, che integrano quelle indicate dalla definizione generale dei parchi regionali contenuta nell'articolo 1.
Questo accorgimento è parso particolarmente utile, per identificare con maggiore chiarezza le funzioni strategiche assegnate ai diversi parchi nell'ambito del sistema definito dal piano regionale, superando così equivoci e diffidenze derivanti dall'attuale classificazione, ritenuta troppo omogenea per descrivere le finalità di aree tanto diverse per dimensione e caratteristiche ambientali.
La nuova classificazione fornisce, in primo luogo, un più puntuale indirizzo alle scelte di pianificazione di ogni parco e facilita, anche da parte delle popolazioni interessate, una più immediata e comprensibile interpretazione delle finalità istitutive dell'area protetta;
Alla maggior parte dei parchi regionali è stata attribuita più di una classificazione. Nel caso particolare del Parco lombardo della Valle del Ticino, la riclassificazione tiene conto dell'eccezionale complessità ambientale e territoriale dell'area protetta, in sintonia con la più recente evoluzione della sua pianificazione, prevedendo l'assegnazione di diverse funzioni strategiche: questo parco è stato dunque complessivamente riclassificato come parco regionale "fluviale", "forestale", "agricolo" e "di cintura metropolitana".
Di importante valore strategico è, in proposito, l'attribuzione della classificazione di "parco di cintura metropolitana" a tutti i parchi regionali ricadenti, anche parzialmente, nell'ambito dell'area metropolitana milanese (coincidente, in prima approssimazione, con i confini della Provincia di Milano), con la quale se ne vuole sottolineare la funzione di capisaldi per la formazione di un grande sistema connesso di aree verdi, a contorno del nucleo urbanizzato del capoluogo lombardo.
Si noterà, dunque, come la nuova legge tenda a confermare e rafforzare il ruolo strategico dei parchi nella politica territoriale regionale, descrivendo un sistema molto articolato, ma coerente ed organico, che ne favorisce l'integrazione nel contesto ambientale e socio-economico locale.
E' bene precisare che, nonostante la ridefinizione e la riclassificazione qui descritte, i parchi regionali continuano ad essere sottoposti alla tutela paesistica ai sensi della legge 431/95 ed alla già vigente disciplina della l.r. 86/93. Sono fatte salve, inoltre, le previsioni contenute nelle relative leggi istitutive e nei vigenti piani territoriali di coordinamento.
A seguito della ridefinizione, tuttavia, i parchi regionali non sarebbero annoverabili, secondo il legislatore regionale, nell'elenco delle "aree naturali protette" previsto dalla legge 394/91.
Tale determinazione avrebbe, tra l'altro, l'effetto di non sottoporre i "parchi regionali", così ridefiniti dalla legge, al regime previsto dalla legge-quadro statale.
D'altra parte tale soluzione, seppur dolorosa, rispecchia l'attuale orientamento del Ministero per l'ambiente, che, applicando criteri affatto discutibili, ha ricompreso nell'elenco ufficiale delle aree naturali protette solo una parte delle aree a parco della Lombardia, corrispondenti alle sole superfici nelle quali è attualmente in vigore il divieto di caccia, escludendo così tutte le altre, benché legittimamente costituite e disciplinate dalla Regione, dai benefici economici della legge 394/91.
La Regione, comunque, ha previsto di ampliare progressivamente tale superficie, mediante la nuova costituzione di aree a riserva naturale ed a parco naturale, corrispondenti, per caratteristiche e regime di tutela, a quanto previsto dalla legge 394/91.
In particolare, la nuova proposta di legge regionale prevede di individuare, su proposta dei relativi Enti gestori, gli ambiti di ciascun parco regionale che, sulla base di riconosciute esigenze di tutela naturalistica, possano essere ancora classificati come "parco naturale", ai sensi della legge-quadro statale.
I "parchi naturali", infatti, sono stati ridefiniti dall'articolo 1 della proposta di legge, la quale stabilisce che abbiano i requisiti previsti dall'articolo 2, comma 2, della legge 394/91 e che corrispondano ad aree "caratterizzate da un elevato grado di naturalità e comunque destinate a funzioni prevalentemente di conservazione e ripristino dei caratteri naturali".
Tali aree, tuttavia, non sono individuate dal piano regionale delle aree protette, ma ne è prevista la successiva identificazione, con apposito perimetro, all'interno dei confini attuali dei parchi regionali, da effettuare mediante i relativi piani territoriali di coordinamento: la legge regionale di approvazione di ciascun piano costituisce quindi, secondo la proposta di legge in esame, l'atto istitutivo del "parco naturale" così identificato.
La scelta di demandare a questa procedura l'identificazione e la costituzione dei parchi naturali discende dalla necessità di non pregiudicare, nella fase di adeguamento, i risultati e gli equilibri finora conseguiti dalla Regione, senza smentire, tra l'altro, gli orientamenti culturali e metodologici che hanno guidato per un ventennio la politica dei parchi della Lombardia, che appaiono tutt'ora validi e funzionali alla specifica realtà territoriale e socio-economica della Regione.
In primo luogo, infatti, si mantiene in vigore l'efficacia della pianificazione territoriale e paesistica sull'intera superficie delle aree attualmente protette, senza operare drastiche ed arbitrarie riduzioni di perimetro, che ne snaturerebbero la fisionomia e ne pregiudicherebbero la funzione strategica nell'assetto complessivo del territorio regionale.
In secondo luogo, si ribadisce la centralità del processo di pianificazione, come unico strumento atto a garantire i necessari presupposti di scientificità, di trasparenza e di democratica partecipazione nella formazione delle scelte inerenti la perimetrazione ed il regime di tutela da attribuire, in modo differenziato, alle diverse realtà territoriali che attualmente sono ricomprese entro i confini dei parchi regionali.
Senza questi presupposti, l'alternativa di riperimetrare da subito le attuali aree di parco, come sembra suggerire il Govemo in applicazione della legge 157/92, rischierebbe di avvenire in modo assolutamente arbitrario e con esiti probabilmente devastanti sull'intero sistema delle aree protette regionali, determinando comunque una drastica riduzione delle superfici protette, che sottrarrebbe senz'altro la maggior parte delle aree all'attuale regime di tutela.
La nuova legge, inoltre, ha introdotto altri significativi miglioramenti alla vigente normativa regionale, tra cui, in particolare, la costituzione di due nuovi parchi, la proroga delle salvaguardie scadute in molte zone protette, importanti vincoli alla pianificazione faunistico-venatoria delle Province.
Queste considerazioni, tuttavia, non sono state evidentemente comprese dalla componente più oltranzista del mondo ambientalista, che ha guidato un'accesa opposizione alla nuova legge regionale, animata da pregiudiziali ideologiche e dalla prospettiva utopica di ottenere con ciò l'estensione del divieto di caccia sull'intero territorio dei parchi regionali.
Benché la legge sia stata approvata quasi all'unanimità dal Consiglio regionale e con la piena adesione di tutti gli Enti gestori dei parchi, la campagna di disinformazione promossa dai suoi improvvidi oppositori ha creato nella pubblica opinione la convinzione che l'iniziativa regionale costituisse invece una minaccia per la salvaguardia dei parchi regionali, frutto di una sciagurata collusione tra le forze politiche ostili alla tutela ambientale e la potente lobby dei cacciatori.
In realtà, l'approvazione della nuova normativa può essere considerata un risultato politico straordinario a favore dei parchi della Lombardia, dal momento che la sua emanazione consentirebbe di stabilizzare e rilanciare la politica regionale sulle aree protette, in un momento certo poco propizio per iniziative di tutela ambientale nella nostra Regione, ed allontanerebbe così la prospettiva di iniziative alternative destabilizzanti, già preannunciate, favorite dallo stato di incertezza conseguente all'entrata in vigore della legge-quadro.
Queste ragioni parevano giustificare un certo ottimismo sulla possibilità di un assenso del Govemo alla proposta di adeguamento della Lombardia, dando atto, peraltro, che la nuova normativa prevedeva, per i parchi naturali legittimamente classificati e permetrati dalla Regione, un regime pienamente conforme ai principi stabiliti dalla legge 394/91, ivi compreso, ovviamente, il divieto di caccia.
Tuttavia, presumibilmente influenzato dai segnali allarmistici dei più intransigenti protezionisti, il Govemo ha negato l'assenso anche a questo provvedimento, formulando rilievi che sembrano derivare da una scarsa comprensione delle norme proposte e da un'interpretazione distorta della situazione a cui le stesse si riferiscono.
Questo ennesimo rifiuto del Govemo non ha comunque dissuaso la Regione Lombardia, che ha dunque confermato la propria determinazione, contestando i rilievi ministeriali e riproponendo l'approvazione integrale della stessa proposta di legge, anche nella prospettiva di ottenere un pronunciamento da parte della Corte costituzionale.
Qualunque sarà l'esito finale della vertenza, la vicenda che riguarda la Regione Lombardia ripropone drammaticamente l'urgenza di riaprire, nell'interesse generale, il dibattito sulle pericolose conseguenze dell'eccessiva rigidità della legge statale, o perlomeno di una sua ottusa interpretazione, che anziché favorire ed incentivare la ricchezza e l'originalità dell'iniziativa regionale, ne deprimono l'autonomia propositiva e ne compromettono i risultati già conseguiti nel corso di decenni.
Questa preoccupazione ha già stimolato l'intelligenza e le coscienze di gran parte degli intellettuali e dei politici più responsabili ed attenti alle reali problematiche delle aree protette, non solo in Lombardia, ed ha favorito riflessioni più mature e responsabili anche all'interno delle associazioni ambientaliste, con particolare riguardo a quelle che agiscono concretamente all'interno delle aree protette e si misurano quotidianamente con le loro effettive difficoltà (evidentemente non sono quelle che sensibilizzano gli ambienti ministeriali).
I tempi appaiono maturi, quindi, per un ampliamento ed un approfondimento di tali riflessioni, da cui possano scaturire proposte ed iniziative concrete che rivalutino l'esperienza e l'autonomia delle Regioni e degli Enti locali nella progettazione e nella realizzazione delle aree protette, in alternativa all'inquietante e perversa pretesa di centralizzazione ed omologazione delle aree protette, perseguita tenacemente dal Ministero dell'ambiente, attraverso un'applicazione strumentale e dispotica della legge-quadro.
La Regione Lombardia intende, con buone ragioni, rendersi protagonista e promotrice di tali iniziative, nella convinzione che una revisione legislativa della materia sia sempre più urgente, non solo per risolvere definitivamente i propri problemi di adeguamento, ma anche per rispondere in modo costruttivo ad un più generale e diffuso interesse, soprattutto da parte delle Regioni e degli Enti locali, ad assumere un ruolo più autonomo ed incisivo nella politica nazionale delle aree protette, in sintonia con la prevista riforma dello Stato in senso federalista.
La Regione si è già impegnata in questa direzione, annunciando l'intenzione di adoperarsi, in primo luogo, per la predisposizione delle opportune modifiche ed integrazioni alla legge-quadro statale, anche nella prospettiva di avvalersi della prerogativa regionale di iniziativa legislativa in Parlamento, e di promuovere, nel contempo, ogni utile intervento per la sensibilizzazione delle forze politiche e sociali, del mondo della cultura e dell'opinione pubblica a sostegno di tale iniziativa.

* Servizio tutela ambiente naturale e parchi della Regione Lombardia