Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 19 - OTTOBRE 1996


La protezione dell'ambiente costiero °
Silvano Riggio *
 

Un breve discorso sulla Sicilia. La tipologia costiera e l'istituzione di riserve marine
Un discorso particolare può farsi per la Sicilia, destinataria di S parchi marini sui 20 previsti dalla legge-quadro per la protezione del mare. Questi comprendono gli arcipelaghi delle Eolie, Egadi e Pelàgie, l'isola di Ustica e gli scogli dei Ciclopi con la costa antistante. Recentemente sono stati aggiunti all'elenco anche il promontorio di Capo Gallo con l'isola delle Femmine (o isola di Fuori) e la laguna marina dello Stagnone di Marsala. Non si sa bene perché sia stata lasciata fuori dall'elenco la Riserva dello Zingaro, che è una riserva marina di fatto, se non di diritto.
La Sicilia si presta più di altre regioni ad un discorso sulla protezione dell'ambiente marino. Gli oltre mille chilometri del suo perimetro costiero mostrano caratteristiche ambientali molto varie, in relazione alla varia morfologia e natura geologica dell'isola, e sono potenzialmente adatti ad una colonizzazione biotica molto diversificata, direttamente correlata alla stabilità e diversità morfologica dei substrati. Le notevoli differenze esistenti fra il versante jonico, il versante tirrenico e quello meridionale non consentono un approccio univoco al riconoscimento della "vocazione" dei siti. Gran parte dei fondali circostanti la Sicilia hanno soprattutto un interesse produttivo, o sono già talmente compromessi dall'antropizzazione da non prospettare alcun provvedimento di tutela, ma semmai da esigere interventi di recupero.
Procedendo ad una rassegna analitica della materia, gli ecosistemi sommersi più belli ed interessanti, che rientrano pertanto fra quelli inclusi in (a), sono localizzati in tre fasce litoranee decorrenti lungo i tre vertici della Trinacria, oltre che, beninteso, negli arcipelaghi circumsiciliani. Fra questi ultimi, si ritiene di dover citare in particolare le isole Egadi.
La massima ricchezza biologica, unitamente ad una grande varietà di microhabitat, caratterizza i substrati calcarenitici quatemari e le dolomie intensamente fessurate della Sicilia nord-occidentale, particolarmente lungo la fascia compresa fra Capo Zafferano e le isole Egadi, che in gran parte è costituita da un'alternanza di alte falesie di dolomie triassiche e di basse piattaforme calcarenitiche quaternarie. Anche le temperature medie, il grado di trofismo delle acque e i patterns delle correnti nella Sicilia nord-occidentale concorrono ad esaltare la ricchezza delle biocenosi concrezionanti. Le popolazioni marinare si concentrano soprattutto intorno alle tre cuspidi dell'isola, in accordo con la figura della trinacria. Le due estremità occidentale e sud-occidentale sono di natura calcareo dolomitica e vantano un alto numero di porti naturali e di fondali pescosi. I fondali costieri sono ricoperti dalla foresta a Posidonia oceanica, la nursery ittica più importante del Mediterraneo. L'estremità nord-orientale è direttamente influenzata dallo Stretto di Messina, vera arteria pulsante che esalta la produttività biologica e le rese della piccola pesca. Le zone costiere intermedie, invece, sono poco articolate, prive o quasi di porti naturali, e la piccola pesca è un'attività del tutto secondaria.
Il litorale fra Trapani e il Capo Lilibeo è una bassa piattaforma calcarenitica, lungo la quale si sviluppano spiagge sabbiose e ambienti lagunari, che nella parte nord sono state trasformate in saline. E' ben noto l'interesse biologico e paesaggistico dell'intera fascia costiera. In tale fascia si prospetta la costituzione del Parco marino dello Stagnone di Marsala e delle riserve costiere delle Saline trapanesi: entrambe sono aree di interesse biologico e paesaggistico eccezionale (Riggio et al., 1983; Riggio e Chemello, 1986; 1992; Sparla et al., 1993). Vincoli di tipo paeasaggistico e costiero vanno previsti per la costa fra Petrosino (dove tuttavia esiste un grande impianto per l'ittiocoltura con grosso potenziale inquinante) e Capo Feto, per il quale va prevista l'istituzione di una riserva costiera, al fine di proteggere - previo restauro ambientale - le aree umide residue e la vasta prateria a Posidonia oceanica, integrate con l'area umida.
La cuspide iblèa presenta caratteristiche ambientali molto simili a quelle della Sicilia occidentale, anche se le acque sud orientali sono certamente meno trasparenti e caratterizzate da una certa eutrofizzazione. Anche qui si prospetta la creazione di parchi marini all'isola dei Porri e all'isola delle Correnti, l'istituzione di un parco costiero nell'area umida costiera di Vendìcari (oggi riserva naturale gestita dall'Azienda delle foreste demaniali), il ripristino delle dune di Capo Passero e dei Macconi di Scoglitti con la creazione di oasi litoranee, eccetera (Riggio e Massa, 1975).
La costa nord-occidentale e sud-orientale sono in conclusione le aree più vocate per l'istituzione di riserve marine. E' in queste due aree che la prateria a Posidonia oceanica mostra la maggiore continuità (Toccaceli e Riggio, 1987). I fondali compresi fra lo Stagnone di Marsala e Capo Feto sono probabilmente quelli dove la prateria ha il suo maggior rigoglio, con formazioni (atolli, tiger-reef, récif-barrière) di grandissimo interesse. Lungo la costa meridionale essa è limitata a due fasce ristrette, rispettivamente ad ovest di Capo San Marco e ad est della foce dell'Irminio.
I fondali del versante tirrenico centro-orientale, compresi cioè fra Termini Imerese e il Golfo di Patti, hanno una bassa diversità biologica e scarso interesse naturalistico. Le acque sono soggette a consistenti apporti tellurici che ne riducono grandemente la trasparenza. All'estremità orientale del Golfo di Patti, Capo Milazzo è un biotopo di grande diversità ed eterogeneità ambientale, già segnalato da Bombace (Bombace, 1969; 1970); biotopi interessanti sono anche lo scoglio del Cefalo e le lagune di Tindari. Sono queste le uniche aree della costa tirrenica orientale per le quali si raccomanda una tutela ambientale. Va tuttavia segnalato l'elevato valore paesaggistico di gran parte della costa, nella quale si riscontrano tratti ricoperti da una lussureggiante macchia e foresta sempreverde, ed ancora in discrete condizioni.
Lo Stretto di Messina presenta caratteristiche idrologiche ed idrodinamiche uniche, alle quali sono legati fenomeni eccezionali, primo fra tutti lo spiaggiamento di pesci abissali sul litorale presso Capo Faro. Di particolare interesse sono le aree umide costiere di Capo Peloro, per le quali sono previste forme di tutela, che tuttavia devono prendere in considerazione il grado parossistico di antropizzazione, l'uso produttivo e l'inquinamento. I fondali dello Stretto sono popolati dalle bellissime foreste di Laminarie (Giaccone, 1969) ed ospitano biocenosi con caratteri molto particolari, che fortunatamente non corrono seri pericoli, a causa dell'elevatissima turbolenza.
La costa jonica a sud dello Stretto di Messina è una fascia rocciosa molto ristretta, che scende a strapiombo, fortemente influenzata dalle correnti turbinose. I ristretti fondali a sud di Messina sono ricoperti da chiazze discontinue di Posidonia oceanica, localizzata sulle lenti sabbiose e su roccia. Al limite fra i Peloritani e il massiccio Etneo, Capo Taormina, investito dalle correnti discendenti dallo Stretto, è un biotopo di eccezionale interesse biologico, giustamente proposto per l'istituzione di una riserva marina. Una notevole ricchezza biologica caratterizza anche le isole dei Ciclopi e la costa antistante, che tuttavia è devastata dall'edilizia ed eutrofizzata dalla miriade di scarichi domestici ed industriali. Lo spostamento del parco marino in corrispondenza della Timpa di Acireale è motivato da principi di opportunità.
Il Golfo di Catania è una distesa fangosa priva di particolarità biologiche degne di nota, sottoposta alla continua azione dello strascico. La foce del Simeto ha interesse in quanto "zona umida costiera" e luogo di concentrazione dell'avifauna, in gran parte snaturata dalla caotica proliferazione edilizia.
La costa agrigentina presenta scorci di grande interesse paesaggistico, a causa dell'andamento scosceso delle alture gessose, solcate da profonde incisioni calanchive, che incombono sulla strettissima fascia litoranea. La speculazione edilizia ha deturpato gran parte della fascia costiera, distruggendo biotopi di grandissimo interesse come Capo Rossello e la Scala dei Turchi, la foce del Belice, eccetera (Seminara, 1988). Alcuni biotopi superstiti - per esempio la Foce del Platani (che però è fortemente inquinata) meritano protezione, anche se i fondali non mostrano particolarità di rilievo. Di interesse paesaggistico più che biologico è il tratto di mare antistante la costa di Siculiana Marina, dove da decenni si lotta per sottrarre alla speculazione l'area litoranea, una delle pochissime libere da insediamenti.
 



Le isole circumsiciliane
Sono giustamente rinomate fra i luoghi più belli ed interessanti del Mediterraneo, con caratteristiche ambientali e socio-culturali che le differenziano profondamente, e sono espressione delle diverse etnie che hanno creato l'annuale popolazione della Sicilia.
Per ogni gruppo di esse è prevista l'istituzione di una riserva marina, che si è realizzata soltanto per Ustica e, in parte, per le Egadi. Ad onor del vero sono queste le isole più interessanti dal punto di vista biologico.
Ustica è particolarmente ricca di vita, probabilmente per la sua posizione in un'area critica del basso Tirreno e per l'impatto con il ramo ascendente della corrente atlantica. I suoi fondali più belli si ritrovano sul versante meridionale e su quello occidentale. Particolarmente ricchi ed interessanti sono i substrati del Banco Apollo, popolati da fittissimi banchi di laminariales a partire da ~5 metri (Giaccone, 1967).
Le Egadi raggiungono probabilmente il massimo della biodiversità e dell'eterogeneità possibili nell'isola di Maréttimo, grazie all'enorme carsismo subacqueo che ne amplifica l'area di interfaccia terra-mare.
Meno interessanti dal punto di vista biologico sono certamente le Eolie, che tuttavia compensano tale "deficit" con la ridondanza dei fenomeni geofisici e geochimici e coi loro paesaggi spettacolari. Pantelleria riveste un interesse per le sue facies bionomiche tipicamente oceaniche, derivate dall'impatto della corrente atlantica (Giaccone, 1990).
Le isole Pelàgie sono un esempio di convivenza tra le associazioni del Mediterraneo meridionale e quelle tipiche delle acque levantine (Chemello & Riggio, 1995): il popolamento dei substrati superficiali fino a quelli dell'infralitorale è decisamente povero e monotono, sia per cause biogeografiche originarie che per l'elevato ritmo sedimentario aggravato dalla risospensione di materiali fini particolari. Ne è testimonianza, soprattutto a Linosa, la frequenza dell'Halopteris scoparia, specie algale tipica di aree a silting accelerato, e la riduzione delle piattaforme a vermeti a Lampedusa. Significativa è anche l'assenza delle grandi colonie di antozoi del coralligeno profondo (ad esempio delle Paramuricea), mentre è frequentissimo, specie a Linosa negli anfratti più riparati, 1'Astroides calycularis, che nel Secchitello, sotto i ~ metri, raggiunge densità di ricoprimento insuperate.
Altre caratteristiche decisamente subtropicali, indicatrici di una situazione biogeografica unica nel Mediterraneo centro-meridionale, sono ravvisabili in alcune biocenosi e/o facies bionomiche che sembrano limitate alle Pelàgie.
Fra queste vanno segnalate:

  • l'invasività della Caulerpa racemosa a Lampedusa, dove l'alga ricopre interamente gli spazi liberi dei fondi superficiali compresi fra i posidonieti ed il Caulerpo-cymodocetum
  • l'enorme sviluppo a Linosa, in particolare ai "Fili", di colonie gigantesche del madreporario Cladocora caespitosa, che verosimilmente ha habitus ermatipico per la presenza di zooxantelle simbionti nei polipi e tappezzanti gli scheletri calcarei
  • la presenza a Linosa, sui fondali lavici in prossimità della Pozzolana di Levante, di un popolamento continuo del madreporario solitario Balanophyllia italica, che in alcuni tratti supera la densità di 100 individui / 100 cm2, formando minuscoli reefs. In questi ultimi gli individui mostrano un'epibiosi accentuata e si accrescono l'uno sull'altro con andamento tridimensionale, spesso fondendo parzialmente gli scheletri. Ne risultano formazioni pulvinari, tanto più simili alle barriere coralline tropicali, in quanto mescolati o fusi con i concrezionamenti della Cladocora caespitosa e con i talli calcarei di alghe rosse incrostanti sulla superficie del basamento lavico.

Altre particolarità riguardano la crescita delle mattes a Posidonia oceanica su pareti rocciose, spesso a pendenza subverticale, e la propagazione della pianta attraverso la diffusione "attiva" di propaguli rizomatosi originati da rizomi ortotropi "predisposti". Queste caratteristiche, come le altre osservate, e quelle riguardanti le aree lagunari, indicano l'esistenza di una bionomia bentonica dei bacini meridionali ben diversa da quella classicamente studiata nel nord del Mediterraneo, e che aspetta ancora di essere scoperta ed indagata. Da una sua approfondita conoscenza ci si attende la comprensione di problemi che riguardano non solo il Mediterraneo, ma aspetti di primo piano della vita e colonizzazione degli ambienti marini.

 



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* Istituto di zoologia dell' Università di Palermo