Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 19 - OTTOBRE 1996


Il contributo della foresta alla mitigazione della vulnerabilità del territorio
Giancarlo Dalla Fontana*


Premessa
La stabilità fisica del territorio costituisce una premessa indispensabile per poter attuare una gestione delle sue risorse che abbia come obiettivo contemperare la presenza dell'uomo con il raggiungimento e il mantenimento di un certo grado di equilibrio nei sistemi naturali. Ciò è prioritario nelle aree protette, dove la stabilità fisica delle terre, più che a specifici interventi di difesa, andrebbe principalmente affidata al conseguimento di situazioni di equilibrio tra le varie componenti del sistema altrove difficilmente raggiungibili a causa della predominante presenza delle attività umane.
Con questa prospettiva può risultare utile soffermarsi su alcuni aspetti riguardanti le interazioni tra la foresta, ciclo dell'acqua e difesa del suolo. Il problema va correttamente affrontato a scala di bacino idrografico. Nel bacino idrografico, infatti, il ciclo dell'acqua e l'annesso ciclo erosivo si compiono in modo completo dando luogo ai deflussi che transitano lungo i collettori per convergere alla sezione di chiusura. Proprio al bacino idrografico fa ormai sempre più spesso riferimento anche la pianificazione forestale. Una tale prospettiva favorisce un'interpretazione più ampia del ruolo e del significato della foresta quale fattore di stabilità fisica nei bacini montani. Si cercherà quindi, sia pure nell'ambito e con i limiti di un'impostazione di carattere necessariamente concettuale e generale, di chiarire la natura di questo contributo con particolare riferimento agli attuali orientamenti nella gestione selvicolturale e all'impatto di usi del suolo alternativi a quello forestale.
 

Foresta e ciclo dell'acqua
L'interazione tra foresta e ciclo dell'acqua si manifesta in maniera differente nei diversi ambienti forestali e climatici e in relazione alla scala spaziale e temporale alla quale si analizzano i fenomeni. Non è comunque possibile, e in ogni caso non sarebbe utile, tentare di valutare l'influenza della copertura forestale sulle varie fasi del ciclo dell'acqua, senza inquadrarla nel contesto dell'insieme dei fattori, quali la morfometria, la geologia e il clima, che condizionano il comportamento idrologico dei bacini idrografici. Molte volte gli effetti della copertura forestale non hanno modo di manifestarsi nella direzione e con l'intensità attese perché compensati o mascherati da azioni di tipo opposto, dovute a una morfologia ed a una geologia sfavorevoli.
 

Efficienza idrologica della copertura forestale
Una classificazione della copertura forestale in termini di efficienza regimante ed antierosiva lascia ampi margini di incertezza e di soggettività. Tuttavia, con riferimento ai classici parametri selvicolturali di composizione, densità e struttura il massimo grado di efficienza idrologica e capacità protettiva potrebbe essere attribuito a popolamenti misti, disetanei, di densità elevate dotati di una certa complessità biologica in grado di assicurare lo sviluppo di un buon suolo forestale. Con riferimento a questo "optimum" possono essere individuate situazioni meno favorevoli in relazione al decadimento di uno o più dei citati parametri selvicolturali (popolamenti coetanei monospecifici di resinose, soprassuoli a densità rada, cedui, eccetera). Continuando su questa linea si possono individuare usi del suolo via via meno conservativi fino a giungere ai suoli nudi o alle superfici completamente impermeabili per cause naturali o antropiche che configurano la situazione peggiore rispettivamente per quanto concerne la suscettività all'erosione e la produzione di deflusso superficiale.
In ambedue i casi il bosco è collocato ai vertici della scala di efficienza che vede all'estremo opposto le superfici urbanizzate e il terreno nudo lavorato secondo le linee di massima pendenza. E' evidente che si tratta di indici piuttosto grezzi, soprattutto per il bosco del quale vengono colti solo alcuni aspetti macroscopici riconducibili al diverso grado di copertura riferito sia al suolo che alla lettiera, alla composizione, alla forma di governo.
Una più completa e realistica valutazione del grado di protezione assicurato dai diversi usi del suolo dovrebbe considerare il contesto ambientale nel quale questa azione si viene a sviluppare. In determinate circostanze, sfavorevoli da un punto di vista delle caratteristiche fisiche del territorio (forti pendenze, substrati geologici erodibili, quote elevate, eccetera), l'azione protettiva di un bosco anche se scadente secondo i parametri selvicolturali o di una copertura arbustiva o erbacea, può risultare particolarmente preziosa, mentre l'apporto di un bosco con pregevoli caratteristiche selvicolturali situato in un contesto ambientale favorevole può non essere altrettanto decisivo.
 



I meccanismi d'azione
L'interazione tra foresta e ciclo dell'acqua è riconducibile a due aspetti fondamentali:

  • gli effetti sui flussi di evaporazione
  • il controllo esercitato sulle caratteristiche idrologiche dei suoli.

Relativamente al primo aspetto è da sottolineare come tra le diverse forme d'uso del suolo la foresta è quella che consuma maggior quantità d'acqua sia per traspirazione, ma anche in considerazione dell'alta efficienza che assume per i popolamenti forestali l'evaporazione dell'acqua intercettata. Quest'ultimo aspetto, ormai sufficientemente suffragato da dati sperimentali, fa sì che alla presenza di estese coperture di conifere sia generalmente associata a parità di altri fattori una significativa riduzione dei deflussi.
Alle caratteristiche idrologiche dei suoli sono in buona parte legate le modalità di generazione dei deflussi: è acquisito che non tutti i suoli forestali sono di buone caratteristiche idrologiche e non tutti i suoli di buone caratteristiche idrologiche sono suoli forestali; nondimeno si può affermare che i suoli forestali evoluti sono in genere profondi, con una struttura equilibrata e una porosità equamente distribuita. Ne consegue un'infiltrabilità e una conducibilità idrica elevate che delineano caratteristiche favorevoli alla trattenuta di elevate quantità d'acqua e alla circolazione sottosuperficiale. Una sempre maggiore attenzione, nel quadro delle moderne teorie sulla generazione dei deflussi di piena, viene inoltre attribuita alla presenza di vie preferenziali di scorrimento sottosuperficiale delle acque di infiltrazione come quelle delineate dalla rete di canalicoli legati all'attività biologica. In tale struttura connessa il flusso avverrebbe con velocità elevate altrimenti non giustificabili per il moto in un ammasso poroso.

 

Gli effetti sulle risorse idriche
La crescente presenza di attività umane sul territorio determina consumi crescenti di acqua per usi urbani, agricoli e industriali. I bacini montani, nei quali pure si configura questo crescente andamento di consumi, costituiscono una fonte privilegiata di approvvigionamento cui sempre con maggior interesse si rivolgono le limitrofe aree di pianura o di fondovalle densamente urbanizzate. A fronte di una domanda crescente, in particolare di acqua di elevata qualità, la disponibilità idrica, peraltro legata alle oscillazioni stagionali, risulta limitata. Ne consegue la necessità di interventi di pianificazione volti ad ottimizzare la gestione delle risorse idriche. Tali interventi richiedono in misura sempre crescente strumenti per la valutazione quantitativa e qualitativa delle risorse idriche nei bacini montani.
La presenza della copertura forestale influenza i deflussi annui sia in termini di ammontare complessivo che di distribuzione stagionale. E' dimostrato, da una sintesi dei risultati ottenuti da un gran numero di bacini sperimentali in tutto il mondo, che riduzioni nella copertura forestale danno luogo ad aumenti nei volumi di deflusso, mentre l'instaurarsi di vegetazione forestale su aree precedentemente occupate da vegetazione rada o da formazioni arbustive od erbacee tende a diminuire le rese idriche.
A una prima valutazione questo fatto potrebbe indurre a ritenere l'effetto della foresta come negativo sulle potenziali disponibilità idriche di un bacino. In effetti una simile eventualità costituisce oggetto di discussione in zone semiaride con precipitazioni di alcune centinaia di mm all'anno; di certo in un contesto climatico come quello alpino, caratterizzato da piogge relativamente abbondanti e ben distribuite, l'ammontare d'acqua sottratto dalla foresta non può ritenersi significativo ai fini delle disponibilità idriche.
Di fatto la presenza di estese coperture forestali nei nostri bacini montani induce nel complesso effetti positivi sulla disponibilità d'acqua. La presenza di soprassuoli forestali, specie di conifere, ritarda la fusione della neve; pertanto unitamente alla grande variabilità di situazioni creare dalla differente altimetria ed esposizione conferisce al processo una maggiore gradualità che garantisce un lungo periodo di portate sostenute nei corsi d'acqua. Inoltre i terreni forestali favoriscono l'infiltrazione delle acque meteoriche e di fusione che contribuiscono in tal modo ad alimentare gli acquiferi e a mantenere elevate le portate nei collettori. Va tuttavia ribadito il ruolo, spesso preminente, del substrato litologico e della conformazione tettonica nel determinare la circolazione sotterranea e il regime delle sorgenti.
 

Gli effetti sulla qualità delle acque
La limitatezza della risorsa acqua è da intendersi non soltanto in senso quantitativo, ma sempre più spesso in senso qualitativo. La buona qualità che in genere caratterizza le acque nei bacini forestali è in primo luogo da ricondursi al notevole grado di "naturalità" dell'ambiente che caratterizza questo uso del suolo rispetto ad altri meno conservativi.
Gli studi sul ciclo dei nutritivi e sulle sostanze inquinanti nei bacini boscati sono in notevole sviluppo ed è sperabile che si potrà disporre in tempi futuri di una sufficiente mole di dati sperimentali che consenta di trarre conclusioni di carattere generale.
In sintesi l'azione della foresta si esplica a livello di soprassuolo mediante l'intercettazione degli agenti inquinanti e a livello di suolo favorendo l'infiltrazione delle acque e operando quindi una sorta di "filtraggio" cui contribuiscono meccanismi sia di natura chimico-biologica che fisica. Ne consegue che condizioni particolarmente favorevoli al mantenimento di una buona qualità delle acque sono associate alla presenza di suoli profondi e comunque ad una sviluppata circolazione sottosuperficiale. Particolarmente preziosa può risultare l'azione di "filtraggio" delle formazioni forestali degli ecosistemi di ripa nelle immediate adiacenze dei corsi d'acqua, che in definitiva possono risultare i più immediati veicoli delle sostanze inquinanti.
 

Gli effetti sugli eventi di piena
Alle piene sono spesso associati danni ingenti alle cose e perdite di vite umane. Si comprende quindi perché tanta attenzione sia stata e sia tuttora dedicata a questi eventi idrologici con l'intento di mitigarne la pericolosità. Anche l'azione della foresta sul ciclo dell'acqua è stata spesse volte identificata con l'azione regimante sui fenomeni di piena. A queste prerogative della foresta sono state affidate speranze risolutrici, non di rado smentite dai fatti. Anche in questo caso l'azione del bosco va inquadrata nell'ambito del bacino idrografico, tenendo conto di tutti gli altri fattori che condizionano la risposta del bacino ad eventi meteorici di elevata intensità.
L'evento di piena si sviluppa su un periodo di tempo ridotto. In tale situazione l'azione regimante della foresta si manifesta non tanto con la sottrazione d'acqua attraverso i flussi di evaporazione, quanto piuttosto con le favorevoli caratteristiche idrologiche che in genere caratterizzano i suoli forestali. L'azione mitigatrice sugli eventi di piena può eplicarsi sia attraverso una riduzione dei volumi di deflusso superficiale sia attraverso un allungamento dei tempi di risposta del bacino. Ambedue le azioni concorrono a una riduzione dei valori al colmo.
Un discorso a parte per la rilevanza di carattere idraulico e i risvolti selvicolturali meriterebbe il problema della gestione della vegetazione in alveo e nelle aree ripariali e golenali. Si dovrebbero in questo caso contemperare le esigenze di naturalità degli alvei con quelle di carattere sistematorio volte a garantire l'efficienza idraulica delle sezioni di deflusso. Mai come in questo caso la vegetazione andrebbe "gestita" in modo da favorire quelle specie forestali e quelle forme di trattamento in grado di conferire ai popolamenti la capacità di sopportare la dinamica del fiume riducendo il grave pericolo costituito dal legname divelto e fluitato durante gli eventi di piena.
 

Erosione e trasporto solido
Le interazioni tra il ciclo dell'acqua e il ciclo erosivo sono intuitive essendo l'acqua il principale agente erosivo nonché vettore del materiale asportato. L'azione protettiva della copertura vegetale si manifesta oltre che attraverso un'efficace azione di intercettazione della pioggia anche con il contenimento dei deflussi superficiali. Ciò limita drasticamente la perdita di suolo diffusa sui versanti. Risultati sperimentali ottenuti su parcelle in ambiente alpino confermano che la perdita di suolo dai versanti boscati, specie se confrontata con quella di altre forme d'uso del suolo, a parità di altri fattori, è del tutto trascurabile. E' un fatto che le grandi quantità di materiale trasportato dai torrenti alpini sono imputabili prevalentemente a fenomeni di erosione lungo gli alvei o in zone circoscritte caratterizzate da elevati indici di convogliamento quali ad esempio le aree in dissesto.
 

Effetti dei mutamenti d'uso del suolo sulla stabilità fisica del territorio
Nell'ambito di un bacino idrografico la morfologia, la geologia ed il clima risultano scarsamente influenzabili mentre la copertura forestale e più in generale gli usi del suolo costituiscono il risultato di un intenso e continuo modellamento ad opera dell'uomo. Ciò conferisce all'uso del suolo un interesse particolare: si tratta infatti di un fattore importante sul quale l'uomo può agire in tempi brevi provocando mutamenti anche drastici. Gli usi del suolo nei riguardi della loro azione stabilizzatrice possono essere schematicamente suddivisi in "conservativi" e "non conservativi". Gli usi del suolo "conservativi" (esempio: foresta, vegetazione arbustiva, vegetazione erbacea) consentono la formazione e il mantenimento di suoli dalle buone caratteristiche idrologiche e garantiscono un'adeguata protezione al terreno. Essi implicano, in genere, la presenza di una copertura vegetale permanente, il cui livello di efficienza può essere valutato in termini di biomassa, densità e complessità strutturale. Gli usi "non conservativi" (esempio: coltivi, aree in dissesto, aree urbane) comportano in genere la denudazione dei suoli o l'impermeabilizzazione delle superfici. La copertura vegetale è del tutto assente o è presente in maniera saltuaria. Il grado di stabilità di queste forme d'uso del suolo è in genere legato alla messa in atto di interventi artificiali di ripristino e manutenzione. Tra i mutamenti d'uso del suolo non conservativi assumono particolare interesse quelli direttamente riconducibili all'attività antropica (dissodamenti, incendi, infrastrutture viarie, piste da sci, infrastrutture turistico-ricreative, eccetera). Essi si configurano infatti come interventi potenzialmente in grado di aumentare la vulnerabilità del territorio nei riguardi di piene e inondazioni, erosione, frane, veicolazione di sedimenti e di inquinanti.
Gli effetti delle pratiche selvicolturali sull'idrologia del bacino meritano una precisazione ulteriore. I criteri di gestione delle foreste ispirati alla "selvicoltura naturalistica" tendono ad un recupero di "naturalità" dei soprassuoli con interventi di modesta entità diffusi sul territorio. Una simile selvicoltura, anche se altera, non necessariamente con conseguenze negative, il ciclo dell'acqua, dei sedimenti e dei nutrienti sulle superfici interessate dalle utilizzazioni, non è in grado di lasciare tracce significative sull'idrologia dei bacini idrografici di una certa dimensione come del resto è ormai ampiamente documentato nella letteratura internazionale.
L'unico intervento legato alla gestione selvicolturale potenzialmente in grado di generare situazioni di pericolo è costituito dalla realizzazione delle infrastrutture viarie. In linea generale le strade forestali, se realizzate secondo un piano coordinato e nel rispetto delle più appropriate tecniche costruttive, non pongono particolari problemi dal punto di vista idrologico e della stabilità del territorio. I problemi sorgono quando la strada, in concomitanza con eventi di precipitazione, si comporta come una linea preferenziale di drenaggio superficiale delle acque. Ciò accade in genere quando il manufatto è realizzato su versanti di pendenza elevata con terreni superficiali e prevalentemente impermeabili. In tale situazione i deflussi di versante vengono catturati e convogliati al reticolo idrografico per via superficiale e quindi più veloce lungo la strada. Inoltre in presenza di forti concentrazio ni di deflusso aumenta considerevolmente il pericolo di innesco di potenziali fenomeni di erosione e dissesto. Se la strada interessa invece morfologie poco accentuate con terreni profondi e di buone caratteristiche idrologiche la sua presenza non comporta in genere particolari problemi.
In ogni caso molti dei potenziali inconvenienti possono essere evitati, oltre che da una oculata scelta del tracciato, mediante la realizzazione di manufatti idraulici in grado di evitare i pericolosi fenomeni di concentrazione dei deflussi.
 

Valutazione degli effetti idrologici dei mutamenti non conservativi
Nel valutare gli effetti dei mutamenti d'uso del suolo non si può prescindere da considerazioni di scala. Gli effetti locali, circoscritti nell'immediato intorno delle aree interessate dagli interventi, pur determinanti ai fini delle singole scelte, vanno inquadrati in un contesto territoriale più vasto che è quello del bacino idrografico.
Un'interpretazione riduttiva degli effetti di questi interventi sull'idrologia e sulla stabilità del territorio, riconduce tutto all'area interessata dagli stessi. Secondo tale ragionamento l'esiguità delle aree interessate in rapporto alla superficie complessiva dei bacini idrografici è tale da far ritenere trascurabile l'influenza di queste alterazioni sulla stabilità e sul comportamento idrologico del sistema.
Non vi è dubbio che analizzando il fenomeno alla scala delle unità idrografiche di una certa estensio,ne risulta estremamente difficile evidenziare una relazione di qualche tipo tra la costruzione di una pista da sci che interessa qualche decina di ettari e il regime idrologico o il grado di stabilità di un bacino di alcune decine o centinaia di chilometri quadrati. Tuttavia questa interpretazione appare un po' troppo semplicistica; vi sono infatti altri aspetti che non è possibile trascurare quali la "qualità delle aree" interessate e l'elevata complessità e l'alto grado di interdipendenza tra i processi che caratterizza i sistemi naturali. Va innanzitutto osservato come la "qualità delle aree" non sia omogenea sul bacino; in altre parole non tutte le aree sono sensibili allo stesso modo a un intervento perturbatore, ma per alcune più che per altre la combinazione di vari fattori sfavorevoli concorre a determinare situazioni potenzialmente pericolose. Nei riguardi dell'idrologia dei bacini idrografici si dimostrano in genere zone particolarmente sensibili quelle interessate dal reticolo idrografico, da intendersi fin nelle sue ramificazioni più minute che si attivano solo in caso di deflussi di piena. La rete idrografica di un bacino costituisce la delicata interconnessione tra le diverse parti del sistema; attraverso di essa si propagano, oltre ai deflussi liquidi, anche quelli solidi e gli inquinanti. A tal proposito va ricordato come proprio i deflussi solidi e il carico di inquinanti siano molto più influenzati da sorgenti puntuali di disturbo di quanto non lo sia l'entità dei deflussi liquidi, per i quali in effetti prevale un forte legame con l'area interessata dagli interventi. Andrebbero inoltre considerati, quando si valutano le eventuali ripercussioni di natura idrologica derivanti da mutamenti "non conservativi", l'estrema complessità e l'elevato grado di interdipendenza tra le diverse componenti del sistema. Se l'effetto di un singolo intervento perturbatore può essere considerato modesto o trascurabile, non con altrettanta sicurezza si può affermare ciò riferendosi all'insieme dei molteplici fattori di disturbo derivanti dalle azioni passate, presenti e future che insieme possono interagire portando a un "effetto cumulativo" tutt'altro che trascurabile e in grado di indebolire complessivamente il sistema.
Purtroppo non vi sono ancora strumenti e indicatori collaudati in grado di segnalare questi livelli di soglia oltre i quali l'equilibrio del bacino può risultare seriamente compromesso; tuttavia interessanti e concrete prospettive si ravvisano nella gestione distribuita delle informazioni territoriali da attuarsi con le più appropriate tecniche dei sistemi informativi geografici.
Un'indagine che si è avvalsa di tali tecniche è stata condotta in collaborazione con il Servizio foreste della Provincia autonoma di Trento sul bacino del Sarca di Campiglio con l'intento di valutare gli effetti idrologici dell'intensa urbanizzazione verificatisi a seguito dell'espansione, a partire dagli anni 50, dell'abitato di Madonna di Campiglio e delle infrastrutture legate allo sviluppo del turismo invernale.
Mediante digitalizzazione della cartografia tecnica (1:10.000) è stato costruito un dettagliato modello digitale del terreno che descrive la morfometria del bacino (23.7 chilometri quadrati) attraverso circa 38.000 celle di 625 metri quadrati per ciascuna delle quali risulta definito il valore di quota, pendenza ed esposizione. Sulla stessa base a celle quadre (raster) sono state costruite, mediante foto interpretazione di foto aeree, quattro carte dell'uso del suolo del bacino, rispettivamente relative alla situazione del 1954, 1970, 1983 e 1989.
L'incrocio delle carte d'uso del suolo con il modello digitale del terreno ha consentito di costruire un quadro quantitativo completo dell'evoluzione delle diverse forme d'uso del suolo presenti sul bacino. E' stato evidenziato un significativo aumento (dal 2 all'8% dell'area totale del bacino) dell'area urbana e delle piste da sci (tabella 1).
Gli effetti idrologici di tali mutamenti sulla generazione dei deflussi di piena, sono stati evidenziati per mezzo di un modello idrologico distribuito operante sulla stessa base raster del modello digitale del terreno. Nella relazione di trasformazione affflussi-deflussi utilizzata da tale modello interviene un parametro idrologico direttamente correlato alle caratteristiche di uso del suolo del bacino. L'analisi è stata condotta per una serie di precipitazioni probabilistiche di tempo di ritorno e quindi di intensità crescenti (da 2 a 200 anni) e considerando due diverse ipotesi (normale e critica) circa lo stato di saturazione dei suoli all'inizio dell'evento meteorico (figura 1).
I risultati hanno evidenziato che l'evoluzione dell'uso del suolo avvenuta nel bacino ha portato a un peggioramento della risposta idrologica valutabile in termini di incremento della portata e del volume dell'idrogramma di piena. Va tuttavia sottolineato che detti incrementi dell'ordine del 30% per piogge con tempo di ritorno inferiore ai 10 anni e condizione idrologica normale si riducono di molto quando si consideri il caso di piogge di elevata intensità e l'ipotesi di condizioni iniziali critiche (bacino prossimo alla saturazione all'inizio dell'evento).
Ciò suffraga l'idea che di fronte a piogge eccezionali viene a ridursi il ruolo delle caratteristiche d'uso del suolo nel condizionare la risposta idrologica del bacino. Giova ricordare a tal proposito che piene e dissesti sono fenomeni in larga misura "naturali": essi trovano motivazione nell'instabilità di fondo, che caratterizza l'ambiente alpino.
Essa è principalmente da ricondurre a fattori morfologici e geologici generalmente sfavorevoli; concorre inoltre, spesso in maniera decisiva, l'entità, l'intensità e la distribuzione degli afflussi meteorici.
 



Bibliografia

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* Dipartimento territorio e sistemi agro-forestali
Laboratorio idrologia difesa del suolo ecologia ed ambiente (Idea)