Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 21 - GIUGNO 1997


Analisi dei bilanci nelle aree protette
Mercedes Bresso* - Silvia Marchini**
Nel 1993 il Ministero dell'ambiente ha incaricato il Coordinamento Nazionale Parchi e Riserve Naturali di condurre una ricerca, denominata IN.A.P.93, per l'approfondimento della conoscenza sulle aree protette regionali.
Gli aspetti considerati sono stati molteplici e tra questi particolarmente interessante è stata l'analisi dei bilanci delle aree protette al fine di definire le caratteristiche della gestione finanziaria e patrimoniale di tali enti.
L'indagine si è svolta su due piani, da un lato l'analisi del conto del patrimonio dall'altro quella del conto del bilancio con lo scopo di evidenziare i punti di forza e di debolezza della politica di protezione ambientale in riguardo alle problematiche finanziarie.

L'analisi è stata condotta, per ogni area, sulla base dei bilanci del quinquennio 1988-1992; si tratta purtroppo di un'analisi, in alcuni casi, sommaria in quanto i dati disponibili non sono completi ed inoltre, essendo i valori di riferimento delle medie, alcune valutazioni possono risultare falsate.

Il patrimonio
Parlando di patrimonio di un'area protetta ci riferiamo a tutto ciò che essa possiede (a qualsiasi titolo: proprietà, usufrutto, ecc.) ed utilizza abitualmente nella gestione delle sue attività; gli indicatori patrimoniali analizzati sono quattro:

I) Possesso di aree (es. aree in affitto, aree in uso, ecc.);

2) Rapporto superfici disponibili (possedute) su superfici protette;

3) Possesso di immobili (es. punti di ristoro, sedi parco, ecc.);

4) Possesso di attrezzature (es. mezzi di trasporto, autoveicoli, ecc.)

La valutazione degli indicatori I e 2 permette di comprendere in che misura il Parco possa intervenire sul territorio: il fatto che la proprietà delle aree sia esclusivamente privata delimita, in genere, la gestione ai soli aspetti di protezione ambientale, mentre la proprietà almeno in parte pubblica, abbassando il livello di conflitto con le popolazioni locali, può rendere possibile una fruizione diversa delle aree mediante la predisposizione di infrastrutture didattiche e ricreative o l'organizzazione di attività di ricerca. Non dobbiamo dimenticare che nel nostro Paese qualunque proposta di Parco Naturale ha sempre provocato perplessità e imbarazzi alla popolazione residente, per questo motivo l'utilità della proprietà pubblica è maggiormente sentita nei casi di aree a riserva naturale integrale o a riserva speciale dove i vincoli della tutela sono particolarmente pesanti e creano problemi di accettabilità da parte dei privati.

Se è vero che la proprietà esclusivamente privata rende difficile la gestione in quanto limita sia la tutela che la fruizione del Parco, non bisogna sottovalutare il fatto che una proprietà esclusivamente pubblica potrebbe disincentivare la libera iniziativa dei privati e delle associazioni creando situazioni negative soprattutto nei casi in cui si desidera tutelare aree fortemente antropizzate, come i pascoli montani, o le aree dove sono studiate e sviluppate tecniche agricole o ancora il paesaggio culturale.

In definitiva si evidenziano due tipi di gestione: quella dei parchi di proprietà in gran parte pubblica dove la tutela è essenzialmente rivolta allo sviluppo della fruibilità dell'area (ad esempio molti parchi montani), e quella dei parchi di proprietà privata, o comunque con particolari aree di pregio naturalistico, paesaggistico o storico architettonico dove la tutela ha lo scopo prevalente di evitare politiche errate e modifiche nelle destinazioni d'uso di tali aree.

Relativamente agli indicatori 3) e 4), cioè l'analisi delle dotazioni di immobili e di attrezzature, si ritiene utile la presenza della sede del parco e di spazi adibiti ad esposizione o ad attività didattiche.

Particolare importanza rivestirebbe la disponibilità di una foresteria per ospitare scolaresche e ricercatori, ma ciò al momento si verifica solo in pochi casi tra quelli esaminati (generalmente in aree di grandi dimensioni come il Parco naturale del Ticino o il Parco Sub Urbano Marturanum). Per ciò che riguarda le attrezzature il Parco generalmente dispone almeno di un'autovettura utile per gli spostamenti nel suo territorio.

Spesso poi vi sono altri mezzi di trasporto a disposizione del personale per le varie attività o nei Parchi più attrezzati a disposizione dei visitatori per compiere i percorsi verdi in bicicletta o cavallo.

Il bilancio
Entrate
Gli indicatori che permettono l'analisi delle entrate sono i seguenti:

I) Entrate da Enti e soggetti diversi dalla Regione (rapporto contributi/entrate totali, da consuntivo di competenza);

2) Stanziamenti ottenuti per ettaro protetto (preventivo di competenza);

3) Capacità di autofinanziamento (rapporto entrate proprie/entrate totali).

Valutare le entrate da enti e soggetti diversi dalla regione è importante perché permette di verificare la capacità del parco di attrarre risorse dagli Enti Locali o nazionali e/o dei privati sui propri progetti. In generale l'analisi ha mostrato una bassa percentuale di tali entrate salve alcune eccezioni come ad esempio il Parco delle Groane che è finanziato dagli enti locali per circa il 60% o la Riserva Naturale Lago di Penne dove la percentuale si aggira attorno al 24% grazie all'intervento e la collaborazione del WWF.

Data la scarsa disponibilità di risorse finanziarie assicurabili dalla Regione o da altri Enti è importante analizzare quella che è la capacità di autofinanziamento (indicatore 3).

Tale indicatore si ottiene rapportando le entrate del Parco derivanti da attività proprie, come la vendita di servizi, di prodotti tipici, di pubblicazioni gadget, ecc., alle entrate totali. L'analisi evidenzia risultati piuttosto scarsi su questo fronte rilevando una capacità di autofinanziamento bassa se non addirittura, in molti casi nulla.

Poche sono le eccezioni quali il Parco della Mandria che ha grandi possibilità di fruizione, spesso non completamente sfruttate, e che attiva tutta una serie di iniziative come mostre, vendita di prodotti biologici, conferenze o il parco Naturale del Monte di Portofino.

In generale, inoltre, in quasi tutti i casi le ottimistiche previsioni fatte in sede di preventivo di competenza sono state poi smentite nel consuntivo.

In definitiva quindi la situazione relativa alle entrate da soggetti diversi dalla regione e all'autofinanziamento risulta di grande debolezza. Pochissime sono le entrate che non derivano dalle regioni: Gli Enti locali e/o lo Stato contribuiscono in misura che varia dal 3-4% al 8-l 0%.

Per i Comuni e le Comunità Montane ciò si spiega sia con la scarsa disponibilità finanziaria di questi Enti sia anche con il fatto che spesso il parco è visto con diffidenza, come un qualcosa che serve a coloro che vanno a "visitarlo" e non come una forma di tutela che arricchisce anzitutto le stesse comunità locali.

Ed è proprio su questo punto che sarebbe necessario intervenire al fine di sensibilizzare gli enti stessi e soprattutto l'intera collettività.

Per ciò che concerne lo Stato il suo intervento è sempre stato in passato piuttosto modesto a causa del non decollo degli stanziamenti per i Parchi regionali previsti nel piano triennale; questa situazione, esistente all'epoca della ricerca, è obiettivamente ad oggi cambiata in quanto tali stanziamenti sono poi stati sblocca-

Analizzando l'indicatore 2) cioè lo stanziamento per ettaro protetto si rilevano percentuali piuttosto basse (0.5-1.5%).

Unica eccezione riguarda la Riserva Naturale Speciale del Sacro Monte di Orta dove tale indicatore si attesta sul valore di 61 milioni per ettaro. Tale elevato livello è dovuto alla particolarità di essere essenzialmente un Parco storico artistico.

In generale la variabilità delle dotazioni finanziarie è influenzata dalla politica di tutela. Ad esempio le aree protette dell'Alto Adige, che sono gestite direttamente dalla Provincia e che hanno un orientamento prevalente di tutela naturalistica, hanno una dotazione per ettaro molto bassa.

In altre zone dove la necessità di vigilanza è elevata e soprattutto dove il parco è inteso come promotore di iniziative didattiche, di ricerca, di fruizione, le dotazioni finanziarie sono maggiori (esempio La Mandria in Piemonte e Monte Rufeno nel Lazio).

La spesa
Anche per ciò che riguarda le uscite sono stati elaborati degli indicatori per evidenziare le voci più rilevanti del bilancio:

I) Spesa effettiva per ettaro protetto;

2) Capacità di spesa (rapporto somme pagate/ massa spendibile);

3) Salari pagati (calcolati in percentuale sulle uscite);

4) Acquisti di beni e servizi nei Comuni sede del Parco (calcolati in percentuale sulle uscite)

5) Spese in conto capitale.

Il primo indicatore è in stretta relazione con gli stanziamenti per ettaro protetto (indicatore 2 parag. precedente), infatti il valore degli stanziamenti, desunto dal preventivo di competenza, indica l'ammontare monetario messo a disposizione dell'area da parte della Regione ed eventualmente di altri Enti, mentre la spesa effettiva, reperibile nel consuntivo di cassa, dà l'esatto ammontare della parte delle entrate spese dal Parco per la sua gestione.

La capacità di spesa (indicatore 2) è calcolata come rapporto tra le somme pagate (consuntivo di cassa) e la massa spendibile (stanziata nel preventivo di cassa: competenza+residui). In generale tale indicatore si attesta su valori del 50-70 e questo risultato, in apparenza positivo in quanto indica che la maggior parte delle risorse vengono utilizzate, nasconde in molti casi una debolezza e cioè la forte incidenza delle spese correnti, soprattutto dei salari, non accompagnata da rilevanti investimenti.

I salari sono una voce prevalente nella maggior parte dei bilanci analizzati (dal 25% al 75%) e questo è facilmente spiegabile con il fatto che una delle principali attività è la vigilanza, ma ovviamente il livello troppo elevato di incidenza dei salari riduce le possibilità operative del Parco. A questo riguardo il livello ideale tra salari e spesa dovrebbe collocarsi tra il 25-30% e il 40-50% a seconda della tipologia e dell'ampiezza dell'area.

Conseguenza diretta dell'elevata incidenza dei salari è il livello generalmente basso della spesa in conto capitale che si attesta dal 8-10% fino al 15-20%.

Questo aspetto è piuttosto negativo in quanto pochi investimenti determinano un basso livello di sviluppo delle più disparate attività.

Vi sono alcune eccezioni tra cui il Parco delle Groane dove l'indicatore ha un valore del 42% conseguenza di una gestione piuttosto positiva su vari fronti.

Abbiamo infine l'indicatore relativo agli acquisti di beni e servizi nei comuni sede del Parco. La sua valenza è prevalentemente esterna nel senso che dovrebbe permettere di valutare gli effetti diretti dell'esistenza del parco sull'economia locale.

In realtà è difficilmente calcolabile in quanto non sempre è possibile scorporare dal bilancio i dati relativi, e, quando ciò è possibile i risultati sono piuttosto deludenti (5-10%).

Tuttavia non bisogna dimenticare che i salari ed i lavori fatti eseguire da soggetti esterni nell'area attivano importanti voci di spesa e quindi influenzano positivamente l'economia locale.

In conclusione, fatta eccezione per alcune aree, I'analisi rileva una gestione economico-finanziaria caratterizzata da non trascurabili elementi di debolezza.

Sul fronte delle entrate è inevitabile rilevare la scarsa capacità di attrarre risorse da enti diversi dalla regione nonché di creare tramite processi di autofinanziamento ulteriori fondi impiegabili. Tali aspetti unitamente al peso eccessivo delle spese correnti, tale da limitare qualsiasi possibilità di impegno a lunga scadenza, crea vincoli difficilmente gestibili per lo sviluppo e la crescita delle aree protette.

 

* Docente di Economia presso l 'Università di Torino

** Dottoressa in Economia e Commercio