Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 22 - SETTEMBRE/DICEMBRE 1997


Editoriale
Spente le luci sulla prima Conferenza nazionale sulle aree protette è il momento dei bilanci e della messa a fuoco dei numerosi problemi che ora ci attendono. Ad una valutazione più puntuale e analitica dei lavori plenari e di commissione dell'incontro è dedicato il servizio di Guzzini. Qui ci limiteremo a svolgere poche considerazioni di carattere generale.

Diciamo subito che la conferenza ha avviato una seconda fase per i parchi e per le istituzioni di cui le aree protette sono oggi espressione e l'ha fatto con l'imprimatur autorevole del Presidente della Repubblica, del Presidente del Consiglio e dei ministri dell'Ambiente e delle Risorse Agricole. È stato importante l'avere riunito per la prima volta tutti i parchi grandi e piccoli, vecchi e nuovi, famosi e poco noti per discutere dei loro problemi, del loro ruolo e futuro. Anche le istituzioni, e i parchi lo sono a tutti gli effetti, hanno bisogno di momenti collettivi in cui si possa 'sentire' anche fisicamente di appartenere ad un 'sistema', a qualcosa cioè di più grande rispetto alla propria realtà e dimensione locale o regionale, sentirsi insomma protagonisti di un impegno unitario nazionale. La conferenza ha offerto questa opportunità e ha contribuito a rappresentare ad una opinione pubblica scarsamente informata sulla realtà dei parchi una situazione e problemi ai quali anche i mezzi di informazione dedicano di norma una frettolosa attenzione. Ha altresì contribuito alla ripresa di un dibattito sui temi della protezione che negli ultimi tempi era apparso piuttosto discontinuo, ripetitivo, restio a misurarsi con le novità e la complessità della situazione.

E tuttavia i parchi hanno dimostrato di essere ormai una realtà diffusa,variegatissima, viva e nuova del nostro paese. Si è cominciato a vedere più chiaramente persino fisicamente che dietro le cifre un po aride tante volte citate del numero dei parchi, della percentuale di territorio protetto non ci stanno soltanto degli atti, leggi, decreti ma c'è un difficile, talvolta oscuro ma sempre prezioso lavoro di una nuova leva qualificata e competente di amministratori di aree protette e il sostegno convinto e determinato di tantissime amministrazioni locali, provinciali e regionali.

Se oggi i parchi in Italia possono vantare notevoli risultati ciò è dovuto sicuramente al fatto che essi hanno potuto contare su un sistema di norme innovative ma anche e non di meno perché vi è stata e vi è una accresciuta consapevolezza politica, sensibilità culturale e capacità operativa delle istituzioni a cominciare da quelle locali. È questo un punto fondamentale, indubbiamente la più rilevante novità di una situazione su cui ha inciso in maniera determinante l'avvento di una nuova leva di amministratori locali che, come ha giustamente ricordato Realacci della Lega ambiente in 1437 comuni, 87 province e 204 comunità montane, misurandosi con la realtà dei parchi ne ha 'scoperto' il valore e le potenzialità. Se le cose stanno dunque cambiando anche per i parchi ciò è per merito non esclusivo naturalmente ma determinante di tanti sindaci, presidenti di comunità montane e di province i quali hanno saputo avvalersi della nuova legislazione delle aree protette ma anche di quella sulle autonomie, la difesa del suolo etc. Queste leggi hanno offerto alle istituzioni regionali e locali nuovi strumenti di pianificazione e di gestione del territorio che la rinnovata e accresciuta capacità e sensibilità di governo di tante amministrazioni ha saputo efficacemente mettere a frutto.

La conferenza ha mostrato in maniera inequivocabile che il destino dei parchi non è più affidato al generoso ed esclusivo impegno di qualche illuminato pioniere assediato da nugoli di nemici. Le aree protette sono ormai inserite sempre più in un sistema istituzionale che mostra ancora, sarebbe sciocco ignorarlo, ritardi e incomprensioni ma che sta operando attivamente nella direzione giusta.Ieri per le istituzioni locali la regola era l'ostilità o quanto meno la diffidenza, l'adesione e il consenso erano l'eccezione. Oggi possiamo dire che le cose si sono rovesciate. D'altronde non sarebbe stato possibile istituire e far decollare i nuovi grandi parchi se i loro presidenti e consigli di amministrazione non avessero potuto contare sull'appoggio, la disponibilità e il consenso convinto di tanti sindaci e amministratori locali e regionali. Stupisce perciò che di tutto questo non si rendano conto esponenti autorevoli dell'associazionismo ambientalista come Grazia Franscecato che ha denunciato il ruolo degli Enti locali e delle Regioni amplificato dall'attuale clima politica parlando addirittura di rischio di secessione verde e di deriva federalista accusando le istituzioni decentrate di utilizzare gli strumenti di pianificazione dei nuovi parchi per attentare all'ambiente con la progettazione di opere ieri vietate. È sconcertante e grave che si arrivi a considerare i parchi alla mercè e in balia di istituzioni vogliose di chissà quali misfatti. Eppure ad un esame appena attento anche delle cose dette alla conferenza dai numerosi e autorevoli rappresentanti delle istituzioni locali e soprattutto regionali risulta chiarissimo - e lo ha ricordato con felice battuta il presidente Scalfaro - che senza questo sostegno e protagonismo che ha supplito ad una prolungata assenza dello stato non avremmo raggiunto gli attuali risultati. La resistenza perciò ad imboccare con determinazione e fiducia la strada del decentramento, della sussidiarietà non appare soltanto in controtendenza rispetto ai cambiamenti profondi in corso nel paese, ma arreca grave danno e pregiudizio alle aree protette e a quelle nazionali in modo particolare. I parchi hanno bisogno, e tutti a parole lo riconoscono, di consenso ed efficacia. Ma l'uno e l'altra dipendono prima di tutto da una articolazione e dislocazione delle competenze e delle funzioni amministrative coerenti con il disegno delineato dalla legge Bassanini e dalla Bicamerale.

Il futuro delle aree protette passa insomma per la costruzione di una sistema nazionale ossia una rete di parchi e territori protetti in cui non sono le diverse gestioni istituzionali a fare la differenza, come credono coloro i quali assegnano ai parchi nazionali un ruolo gerarchico superiore.

Ecco allora le inopinate proposte di legge per trasformare alcuni parchi regionali funzionanti in nazionali. Per fortuna questa decisione è stata corretta alla camera che l'ha ricondotta ad una preventiva intesa tra le istituzioni interessate. È evidente il rischio di alimentare ma solo parzialmente una dannosa e fuorviante competizione e conflittualità tra parchi nel momento in cui occorre invece l'intesa e la collaborazione fra tutte le aree protette comunque denominate e gestite.

L'unica gerarchia o meglio scala di valori tra le aree protette è quella derivante dai valori che in ognuna di esse sono racchiusi a prescindere dal tipo di ente gestore.

Ma la ricchezza del sistema è dato proprio dalla sua estrema varietà e disomogeneità. Chi pensa che i parchi come del resto le altre istituzioni debbano essere omogenei nega in radice i connotati fondamentali di una politica di tutela che non può non ispirarsi innanzitutto alla difesa della biodiversità. Ma un sistema con queste caratteristiche non può essere gestito dal centro. Il centro deve coordinare, programmare e non amministrare. Questa è funzione delle regioni e degli enti locali. Anzi di questi ultimi in particolare perché anche le regioni debbono soprattutto programmare e legiferare. La necessità di apportare alcune modifiche alla legge quadro 394 scaturisce principalmente da questa esigenza di adeguare procedimenti e meccanismi amministrativi alle nuove responsabilità istituzionali e operative del sistema dei poteri decentrati. Che siano finalmente caduti taluni ingiustificati tabù e timori (si veda l'articolo di Cassola) rispetto a questa revisione della legge di cui come risulta chiaro dal documento della commissione ambiente della Camera nessuno intende liquidare l'impianto generale e le finalità, non può che rallegrarci.

A questi problemi sarà dedicato a metà ottobre un importante seminario del Centro studi Valerio Giacomini di cui in questo numero anticipiamo le linee di alcune relazioni.

Discuteremo di questi problemi tenendo conto delle conclusioni della conferenza e del documento della Commissione ambiente della Camera dei Deputati che avremo modo di commentare ed approfondire anche sulle pagine della rivista. La conferenza svoltasi a Roma per iniziativa del Ministero dell'ambiente ha il merito di avere riaperto una riflessione a tutto campo sui problemi della protezione oggi che come abbiamo visto richiede un grande concorso di forze. L'impegno dei parchi è fondamentale e lo è anche il coinvolgimento diretto della loro rappresentanza associativa che ha avuto un significativo riconoscimento nella relazione del ministro.

Noi continueremo a impegnarci perché tutto ciò possa avvenire al più presto.