Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 22 - SETTEMBRE/DICEMBRE 1997


Parchi, ricchezza italiana?
di Mariano Guzzini*

Adesso che il sipario si è chiuso sulla ribalta dove per quattro giorni hanno fatto bella mostra di sé una foglia verde di acero platanoide, una bianca stella alpina e una stella marina rossa, che, assieme alla scritta "Parchi, ricchezza italiana", sono stati il tema unificante ed il "logo" della prima conferenza nazionale delle aree naturali protette, è possibile rispondere ad una prima domanda: è stata davvero, questa, la prima conferenza nazionale che per anni abbiamo desiderato e richiesto con forza a ministri e governi? Oppure, come molti di noi avevano temuto vedendo la prima bozza di programma, è stata una iniziativa di tono minore, di profilo basso, poco più di una passerella per il ministro e per i suoi amici? Certo, se dovessimo rispolverare alcuni sani principi che ci guidavano nel lontano sessantotto, quando - secondo uno slogan di allora - essere realisti equivaleva a chiedere l'impossibile, avremmo diritto di essere scontenti anche questa volta.

Ma siccome siamo cresciuti, oggi dobbiamo lealmente riconoscere che questa conferenza ha fornito a quanti vorranno d'ora in avanti occuparsi di parchi un nuovo ed aggiornato quadro di riferimento , forse anche grazie a qualche critica avanzata tempestivamente, forse anche in ragione di un processo di crescita della realtà dei parchi, difficilmente comprimibile, ma certamente anche grazie all'impegno del ministro Ronchi e di quanti con lui operano a vantaggio dei parchi e dell'ambiente.

L'ouverture all'auditorium di Santa Cecilia
Del resto, chi avrebbe potuto prevedere in anticipo la straordinaria affluenza del "popolo dei parchi" che ha prodotto eventi straordinari come un serrato dibattito in sei sessioni tematiche (di sabato pomeriggio, a Roma!) o come il tutto esaurito assicurato perfino la domenica mattina, nella sala del museo del Risorgimento calda come un forno a microonde, e anche discretamente scomoda, nonostante l'eccellente arredamento della tribuna? Chi avrebbe immaginato, in anticipo, la presenza all'inaugurazione di Scalfaro, Prodi, Pinto, Badaloni, tutti intervenuti nel dibattito con contributi efficaci e non di circostanza?

Ricordiamone - per entrare subito nel merito - alcuni passaggi, tenendo presente che ampi stralci della relazione del ministro Ronchi sono pubblicati in altra parte di questo stesso numero. Piero Badaloni, nel suo indirizzo di saluto a nome della Regione Lazio ha detto: "In un momento in cui lo Stato sta riorganizzando i propri poteri attraverso le leggi Bassanini e il dibattito politico istituzionale è tutto incentrato sulla costruzione di una repubblica federale, è indispensabile che, senza intaccare i capisaldi della legge, si proceda ad un decentramento dei poteri, anche alla luce del principio di sussidiarietà. Per questo motivo, ma anche e soprattutto perché le aree protette non sono isole senza rapporti con il territorio circostante, ma anzi vanno considerate all'interno di un unico sistema integrato, occorre individuare un momento di confronto istituzionale permanente tra Stato e Regioni allo scopo di conferire alla politica nazionale per l'ambiente una impostazione coerente, ma nello stesso tempo pluralista, e rispettosa delle autonomie". Romano Prodi, ha affermato che il governo manifesta una "attenzione fortissima per i parchi e le aree protette, anche in quanto occasione economica e di sviluppo. Si entra in Europa non solo con bilanci economici corretti, ma anche con i bilanci ecologici" qualificati e qualificanti. Lo stesso Capo dello Stato, Oscar Luigi Scalfaro, prendendo la parola fuori programma, dopo aver espresso il suo apprezzamento per il ministro, che "... è persona che crede intensamente in queste cose", e prima di rivolgere a tutti i presenti un ringraziamento "per tutto quello che state facendo" , ha avvertito che "lo Stato ha alcune responsabilità derivate dall'art. 117 della Costituzione, e non può svestirsene" ma ha anche sottolineato che in materia di parchi e di protezione della natura "... l'esplosione c'è stata quando c'è stata la competenza delle Regioni". In pochissimi minuti, Scalfaro ha posto uno dei temi principali che poi la conferenza ha discusso per quattro giorni, fornendone le coordinate sostanziali. E gran parte di quanti riempivano l'auditorium di Santa Cecilia hanno apprezzato, applaudendo convinti. Per concludere la cronaca della sessione plenaria di apertura vanno ricordati gli interventi di Loredana De Petris, assessore al Comune di Roma; del senatore Fausto Giovannelli, del deputato Primo Galdelli e del ministro Michele Pinto, che hanno evidenziato le sinergie possibili e necessarie tra l'attività del ministro dell'Ambiente, delle Regioni, degli Enti locali e dei parchi (nazionali o regionali, nell'unico sistema da realizzare), e del Parlamento.

Primo Galdelli, in particolare, parlava a nome della Commissione Ambiente della Camera , e del gruppo di lavoro da lui presieduto che sta conducendo una "indagine conoscitiva sullo stato di attuazione della legge 394/1991". Illustra brevemente la proposta di documento conclusivo di quel gruppo di lavoro, sottolineando come la conferenza sia "un bel momento" in ragione dell'opportunità di "saldare la pratica democratica con il progetto di sviluppo ecosostenibile del nostro paese". Galdelli da una valutazione positiva della legge 394, e si augura che le eventuali modifiche che si rivelassero necessarie non ne cambino l'impianto complessivo. Il "popolo dei parchi " (così l'aveva chiamato l'on Galdelli, anche se era qualcosa di più ampio, complesso e differenziato), sciogliendosi lungo via della Conciliazione in cerca di confortevoli ristoranti commentava con favore l'ouverture della conferenza. Molte carte erano squadernate sul tavolo, ora - nelle quattro mezze giornate di sessione plenaria ancora a disposizione, e nelle due mezze giornate di sessioni tematiche - si trattava di entrare nei singoli "meriti" e concordare le cose da fare. Una sfida da far tremare le vene ai polsi, ma - tutto sommato - non impossibile.

 

La mostra ai piani superiori come coro e ristoro dalla calura
Intanto ai piani superiori, dove in comode e fresche salette era possibile seguire gli interventi senza la ressa e il caldo della sala vera e propria, era allestita una mostra che, pur con vistose assenze e qualche evidente imprecisione (in alcuni dati ed in alcune singolari formulazioni, come "parchi nazionali regionali" apparentemente con superficie solo marina), pure, grazie alla collaborazione di alcune Regioni, di alcuni Enti parco e di alcune associazioni ambientaliste forniva un comodo punto di confronto e di riferimento concreto, una sorta di coro, rispetto alle parole declamate dalla tribuna, e diffuse nel circuito chiuso dei televisori. Una considerazione sulle riserve marine, o un intervento brillante, come quello del sindaco di Ustica, Attilio Licciardi, trovava riscontro in diversi stand con abbondante materiale su Miramare, Ustica, "la difesa del mare" intesa come opuscolo edito per l'occasione dalla Fondazione Ammiraglio Michelagnoli, la riserva marina di Capo Rizzuto, la Goletta Verde, e l'arcipelago toscano, e perfino le invocazioni ed i riti propiziatori sulla "Carta della natura" trovavano eco in una serie di salette dedicate allo spinoso quanto centralissimo argomento.

Se qualcuno dalla tribuna sviluppava considerazioni sul parco del delta del Po, nella mostra molto materiale illustrativo permetteva di capire che oggi in quel ramo del delta si sta amministrando già qualche cosa di preciso, anche se i rapporti con la Regione Veneto e le note questioni nazionali lasciano aperto un ulteriore terreno di iniziativa e di lavoro amministrativo. E se qualche altro, come Enzo Valbonesi, diceva nel suo intervento che "... allo scopo di creare il sistema nazionale, è essenziale anche una forte ed organizzata associazione di tutte le nostre aree protette, senza distinzioni tra nazionali, regionali e locali, e tra parchi e riserve. Per questo, con una felice intuizione, abbiamo costituito otto anni fa il Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve che oggi associa 102 aree protette, tra cui la gran parte dei Parchi Nazionali e regionali esistenti", nei piani superiori era possibile ritirare una cartella pubblicata per l'occasione dal nostro Coordinamento, contenente alcuni nostri documenti, e un supplemento speciale pubblicato espressamente per la prima conferenza nazionale. E quando, infine, qualcuno dalla tribuna si fosse soffermato sull'importanza del settore della comunicazione e dell'informazione, come ha fatto Maurilio Cipparone, ma anche Giuseppe Cammareri, il quale ha sottolineato che "l'educazione e l'informazione mirata sono ormai di specifico interesse dell'Area Protetta, e da questi portati avanti." E che ".. persino il settore della comunicazione, nella attuale società audiovisiva e telematica, è di interesse del parco, in modo accelerato e crescente, nello svolgimento di una indiscutibile ed insostituibile funzione educativa e socioculturale che porta le aree protette a diventare importanti vettori di comunicazione specializzata" (l'affermazione è nuova da parte di un direttore generale, e da valorizzare, in quanto molto giusta!) ai piani superiori era possibile trovare, accanto alla nostra rivista, alla rete telematica "Parks in Italy" e ad altri strumenti informativi già noti prodotti dai parchi, alcuni nuovi periodici, numeri "zero" nati per l'occasione, come "Aspromonte", bimestrale di informazione e documentazione; come "La Casa Parco", bimestrale, organo ufficiale del parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano, come "Pollino News" e come "La Comunità" mensile dell' Alto Sinni, a dimostrazione di un processo in atto che va meglio coordinato ed aiutato, se sono giuste le considerazioni svolte da Cammareri.

 

Le carte in tavola
Nelle quattro giornate di dibattito sono stati posti in modo dettagliato i nuovi obbiettivi che l'insieme delle aree naturali protette si dovranno porre per essere davvero una parte molto significativa della ricchezza italiana. Tre "fonti" particolarmente qualificate hanno svolto questo ruolo: la relazione introduttiva di Edo Ronchi, e le due relazioni di Giuseppe Cammareri, (che si è occupato della tutela della biodiversità, della gestione integrata del territorio, della cultura e della partecipazione), e di Cesare Donnhauser (che si è occupato del sistema delle aree protette, delle politiche di sviluppo sostenibile, in un quadro di riferimento europeo e nazionale, e con particolare attenzione alle risorse, agli strumenti ed ai progetti).

Si è trattato di relazioni complete, ricche di spunti utili, non comprimibili in un cenno di riassunto. Saranno materiali di lavoro importanti per il vasto arcipelago di forze che vorranno e dovranno misurarsi nella "fase due", già aperta con la conclusione della conferenza. Quello che è possibile riferire delle due relazioni è che ambedue pongono in modo convincente l'esigenza di "fare sistema", superando distinzioni fuorvianti come quella che vorrebbe compartimenti stagni tra i parchi nazionali e quelli regionali, ed ostacoli anacronistici nel raccordarsi anche a livelli internazionali.

Cammareri ha anche sostenuto che è "... superata la fase costituente del sistema delle aree protette, per cui oggi è necessario soltanto dargli la necessaria operatività, nonché completarlo, a terra e a mare, e con continuità ed unità necessaria, con riguardo a tutte le sue componenti, Nazionali, Regionali e Locali".

Donnhauser ha aggiunto che "... la rete dei parchi viene a disegnare un vero sistema "infrastrutturale" in grado di condizionare e di riorientare gli altri sistemi infrastrutturali dei trasporti, delle città, dei servizi". E ancora: "... non incidere sulle reti nazionali ed internazionali del trasporto, o sulle attività estrattive, significa non attuare lo sviluppo sostenibile in queste aree e confinare i parchi in riserve, senza essere riusciti a creare il sistema, e la rete delle aree protette. È un fattore politico ed amministrativo di primaria importanza, non solo in vista dell'applicazione della Bassanini circa la redistribuzione delle competenze dei vari ministeri e dell'attuazione del federalismo nel nostro paese, ma anche di cultura politica ambientale. Riaffermiamo il principio che le tematiche ambientali sono trasversali a tutto lo sviluppo e a tutta la società, e che esse presuppongono l'approccio sistemico su area vasta ed omogenea".

 

"Non v'è guerra tra il pregiudizio e la ragione ..."
Come ha detto Ermete Realacci, presidente di Legambiente, a proposito degli interventi di Oscar Luigi Scalfaro, e di Romano Prodi, e forse anche di altri, chiunque frequentasse una sede chiamata conferenza nazionale sulle aree protette, fosse pure Jack Lo Squartatore, si sforzerebbe di esprimere concetti graditi alla platea di esperti amici della natura e dell'ambiente. Tuttavia lo stesso Realacci ha usato questa considerazione solo per attenuare gli entusiasmi, nel quadro di un giudizio talmente positivo, da consentire a ciascuno degli intervenuti di potersi concentrare sui problemi aperti, mancando la necessità di fare tutti assieme fronte comune contro un particolare attacco barbarico. Effettivamente, per come sono state poste le carte in tavola, appare ragionevole l'approccio suggerito da Realacci, come - del resto - non sembrano di maniera, o semplicemente opportunistiche, le posizioni del "palazzo" romano complessivamente inteso, dal Quirinale a palazzo Chigi, dal Ministero per le Politiche Agricole a quello dell'Ambiente, con le sue tre relazioni già citate, e con quella parte di quarto contributo sulle politiche di gestione del territorio contenuto nell'intervento di Bruno Agricola, che si è - in un'altra parte - anche concesso il piacere di togliersi qualche sassolino dalla scarpa, impreziosendo la qualità del dibattito con talune pungenti riflessioni sul ruolo dell'untore nella dialettica tra poteri ed apparati, che non ho ritrovato nel testo distribuito all'ufficio stampa ma che forse ritroveremo negli atti finali.

Giacomo Leopardi riteneva che "non v'è guerra tra il pregiudizio e la ragione, ma solo tra pregiudizi e pregiudizi", ed io credo che questo pensiero del 1821 possa aiutarci sempre a prendere le dovute distanze da chi ritiene, invece, di possedere la verità, e da doverla difendere con guerre feroci più o meno sante. È sotto questo comune denominatore prudenziale che vorrei collocare qualche citazione ovviamente parziale e probabilmente tendenziosa di quella parte di dibattito che ha ulteriormente arricchito di contenuti le relazioni, e poi anche di quella parte del dibattito che ha preso di petto le questioni controverse.

Arricchimenti importanti, e spesso anche piacevoli da ascoltare, sono venuti da Roberto De Martin, presidente del CAI, da Fulco Pratesi, Ireneo Ferrari, Guido Gonzi, presidente UNCEM, Gianfranco Bologna, Claudia Sorlini, Alfonso Alessandrini (che ha concluso citando Epicuro: "la scienza della natura non forma fabbricanti di parole, ma uomini fieri, orgogliosi di ciò che possiedono e non di ciò che ottengono dalle circostanze"), Roberto Gambino (che ha detto anche che la conferenza sarà "punto di svolta"; ha stigmatizzato i "ritardi culturali" esistenti auspicando l'affermarsi del principio di coesione tra amministrazioni ed amministratori, la "territorializzazione della politica dei parchi, "nodi di reti e reti di nodi" in grado di superare ogni localismo autistico e regressivo ma anche ogni centralismo burocratico ed autosufficiente), Luigi Boitani, Matteo Baradà, Adriano Agnati ("occorre ritrovare e valorizzare le tradizioni autentiche ed i valori culturali che hanno garantito per molti anni un equilibrio conteso ma non distruttivo"), Cesare Lasen (risultati e problemi nella gestione della fauna e della flora), Ettore Sartori (esperienze e risultati del parco di Paneveggio Pale San Martino), Costanza Adinolfi, Stefano Landi (che ha preannunciato una conferenza nazionale governativa sul turismo sostenibile), Guido Fabiani, Alessandro Bardi, Rodolfo Giorgetti.

Hanno preso di petto le questioni controverse, confrontando - leopardianamente - diversi "pregiudizi", Vito D'Ambrosio, presidente della Conferenza delle Regioni (che ha presentato formalmente un documento ufficiale delle Regioni, dove si pone con forza la necessità di decentrare politiche e ruoli, ribadendo la richiesta già avanzata da Piero Badaloni di un tavolo di efficace concertazione tra Governo, Regioni e parchi, chiedendo la riformulazione della classificazione delle aree protette destinando la gestione delle riserve statali agli Enti parco e alle Regioni, ed esprimendo piena consonanza con il Coordinamento nazionale dei parchi), Valerio Calzolaio, sottosegretario all'Ambiente, (che ha sottolineato le differenze tra le richieste delle Regioni e la posizione del Ministero), Stefano Maestrelli, presidente del parco regionale Migliarino San Rossore (che ha evidenziato anche le particolari esigenze dei parchi che lavorano sulla costa, in situazioni molto antropizzate ed a vocazione turistica stagionale), Nicola Cimini, direttore del parco della Maiella (che si è battuto con particolare vigore contro la tesi - sostenuta da molti, compreso il fronte delle Regioni - di una revisione della legge 394; "prima di parlare di revisione di una legge giovane e sostanzialmente valida è doveroso applicarla"), Gianluigi Ceruti (modificare oggi la 394 "sarebbe una operazione ingiustificata, inopportuna e prematura, che potrebbe rivelarsi rovinosa perché innescherebbe processi alimentati da lobbies agguerrite") , Grazia Francescato, presidente del WWF ("Si ai parchi come valore in se, a prescindere dall'uso che se ne può fare. L'affare del secolo che sta a cuore al WWF è il mantenimento della fabbrica della vita, la rete di biodiversità" "Gli Enti locali e le Regioni, il cui ruolo è amplificato dall'attuale clima politico, tentano di utilizzare gli strumenti pianificatori dei parchi per realizzare opere ed interventi che sino ad oggi sono stati efficacemente negati o contenuti"), Pasquale Nania, direttore del parco regionale dell'Etna, Luciano Saino presidente del parco regionale del Ticino, il primo parco regionale a suo tempo realizzato, (che tra l'altro si è efficacemente soffermato sulle specificità dei parchi lombardi, molto antropizzati e caratterizzati da tradizioni incomprimibili, e dei problemi creati dal conflitto tra la legislazione nazionale e quella regionale), Vincenzo La Valva, presidente del parco nazionale del Cilento, Bruno Agricola, Claudio Del Lungo, assessore regionale in Toscana (che ha riproposto le richieste delle Regioni, ed ha segnalato la possibilità di realizzare un centro di formazione per i parchi regionali e nazionali nella ex residenza del Capo dello Stato di San Rossore), Avelio Marini, presidente della Comunità del parco nazionale dei Monti Sibillini (che ha avanzato proposte migliorative del rapporto tra Comunità del parco e Consiglio direttivo), Grazia Borrini Feyerabvend (che ha fornito esempi internazionali sulla possibilità di coinvolgere alla gestione delle aree protette tutti i soggetti interessati, compresi gli "aborigeni locali", gli "stakeholders" e gli "shareholders"), Attilio Licciardi, sindaco di Ustica (importanza della promozione del turismo legato all'ambiente: "La riserva marina non è un soprammobile poggiati su Ustica in mezzo a tanti altri oggetti: la riserva marina è Ustica!") , Stefania Pezzopane, assessore regionale in Abruzzo ("il modo migliore per difendere la legge 394 è gestirne il cambiamento", "Lo sviluppo sostenibile si realizza davvero se oltre al ministero dell'Ambiente scendono in campo il ministero dei trasporti, e quelli del turismo, dell'agricoltura dei beni ambientali e culturali e dei lavori pubblici", è stato un errore - sottolineato anche da Realacci, nel suo intervento - l'aver ricondotto in capo alla conferenza Stato-Regioni il Comitato per le aree naturali protette e le sue competenze previste dalla legge394: va ricostituito un nuovo tavolo di concertazione e di decisione, allargandolo ai parchi) , Walter Giuliano, (assessore ai parchi della Provincia di Torino, presente nelle prime giornate si è dovuto assentare nel momento in cui era previsto il suo intervento. Ha comunque consegnato un testo su "i parchi e la montagna: la convenzione delle Alpi" che è stato distribuito ai partecipanti), Fabio Renzi, responsabile parchi di Legambiente (il progetto Appennino Parco d'Europa è un elemento sostanziale del necessario sistema dei parchi nazionali e regionali), Maurilio Cipparone (la formazione e la comunicazione debbono essere più curati, perché sono la base di una moderna gestione e di una reale partecipazione).


Alcuni punti di evidente contrasto
Conoscendo le problematiche aperte da tempo, è difficile stupirsi per la permanenza del contrasto tra gli innamorati di un modello di parco prevalentemente vocato alla tutela, e quanti ritengono indispensabile coniugare tutela e sviluppo. Sarebbe bello che questa questione finisse in soffitta, tra le vecchie cose di nonna Speranza, ma ancora ci sono giapponesi che combattono, e occorre prendere atto anche di loro, perché non sono né pochi, né marginali. Semmai la meraviglia è giustificata su quest'ultima circostanza.

Altro tema antico, è quello della caccia. Non ha avuto grande spazio, se non come riflesso di questioni più ampie, che riguardano i parchi del nord del paese. Tuttavia anche questo tema non è scomparso e non va sottovalutato.

I confini della "compatibilità" dello sviluppo realizzato nei parchi (come aree progetto) o da parte dei parchi (in quanto "agenti") sono stati segnati con nettezza: il petrolio non si estrae nei parchi, e neppure il turismo puro e semplice è immediatamente compatibile, anche se c'è una bella differenza tra i petrolieri e gli operatori turistici ...

Il sistema è indispensabile, così come la "carta della natura" ed un nuovo patto tra le istituzioni che riesca a trasformare gli attuali arroccamenti in reali sinergie. Tanto più che la conferenza nazionale ha dimostrato che nuovi soggetti stanno scendendo in campo, e che sarebbe possibile uscire dalla conferenza più forti e più numerosi di come ci siamo entrati. Premessa indispensabile di questa svolta è il "tavolo di concertazione" tra Governo, Regioni e Parchi, proposto da Stefania Pezzopane nel "decalogo" illustrato domenica mattina, relazionando sui lavori della sessione tematica dedicata a "Le Regioni e lo sviluppo sostenibile nelle aree naturali protette".

La questione del decentramento dei poteri e della modifica della legge 394 è anch'essa in una condizione di stallo. La commissione Ambiente della Camera dei Deputati terminerà il lavoro di ricognizione sul suo stato di attuazione a fine ottobre, poi il Parlamento avvierà la discussione sulle modifiche da apportare, anche perché la richiesta di modifica è già stata avanzata da interi gruppi politici, e per regolamento non è possibile fare altrimenti. Ciò nonostante permangono due posizioni non conciliate, che dividono chi ritiene che la discussione può solo peggiorare l'impianto, e chi si propone di gestire il cambiamento, conservando il suddetto impianto.

A questi punti di più evidente differenziazione, si aggiungono poi "sciami" di questioni, discusse nelle sessioni tematiche, che si sono occupate della verifica delle procedure amministrative, delle ipotesi di una loro semplificazione con particolare riguardo agli strumenti di gestione; ma anche dello sviluppo rurale, della sorveglianza nei parchi e delle nuove convenzioni con il Corpo Forestale dello Stato, dei piani dei parchi in rapporto con gli altri strumenti della pianificazione del territorio, ecc., ecc.

 

Una conferenza ricca, decisiva, ma anche ... irrisolta
Come ha sostenuto nel suo intervento Ermete Realacci, presidente di Legambiente, l'importanza della conferenza che si è chiusa domenica 28 settembre, al museo del Risorgimento al Vittoriale, si verificherà nei fatti, quando la politica dei parchi non sarà più considerata una bella cosa sostanzialmente marginale ed accessoria, ma quando sarà - invece - percepita come funzionale all'orientamento verso la sostenibilità dei processi di riequilibrio territoriale. Per arrivare a questo punto, e quindi per uscire dal "settore" ed entrare nel "sistema", occorrono le Regioni, gli Enti locali, le Comunità montane e molti altri soggetti economici ed associati, comprese le forze della cultura e del mondo della comunicazione e dell'informazione. Non è solo un compito o un problema del ministero, o del solo ministro. L'andamento della conferenza, infatti, se ha evidenziato una evidente volontà di molti soggetti di essere nuovi protagonisti della gestione dei parchi, ha anche messo in luce assenze poco comprensibili (l' Anci; l'Upi; la stragrande maggioranza dei sindaci e dei presidenti di Provincia presenti nelle Comunità del parco, molti assessori regionali ai parchi ...) che rendono poco più che formali le cifre che utilizziamo quando si discute dell'importanza degli Enti locali impegnati nei parchi.

Edo Ronchi, verso la mezza di domenica 28 settembre, nel tracciare sintetiche linee conclusive che sono state più indicazioni di lavoro che conclusioni vere e proprie ha avuto buon gioco nell'osservare che gli scopi che si era prefisso nell'organizzare la conferenza erano stati raggiunti. Il ministro voleva introdurre nel dibattito in corso tra stato e regioni sulla riforma della 394 una posizione ricca di contenuti elaborata dal mondo dei parchi, "al di fuori della piccola contingenza di chi debba contare di più", e questo è accaduto; il ministro voleva che si entrasse in una fase nuova e più avanzata nel lavoro del sistema complessivo dei parchi, e anche questo risultato è stato ottenuto.

È stata - quindi - una conferenza ricca di contenuti, per certi versi "decisiva", sempre che il lavoro compiuto sarà ben gestito. Il ministro Ronchi si è impegnato a fare il punto come Ministero dell'intera discussione, traducendo questo esame in un piano di lavoro e in linee direttive ai servizi competenti. Si è anche impegnato di confrontare questi documenti conclusivi con l'insieme dei parchi, invitando i dirigenti dei singoli parchi a fare altrettanto nelle singole strutture.

Senza nessuna enfasi, come se stesse chiudendo una piccola riunione di lavoro, Edo Ronchi ha poi passato in rassegna quelli che considera i punti da chiarire, dal superamento della gestione centralistica del ministero, che a suo modo di vedere non c'è mai stata e quindi non ci sarebbe nulla da superare, ai problemi aperti dalle interpretazioni di alcune regioni della legislazione in materia di attività venatoria, dall'efficace funzionamento della legge 394, che intanto va applicata, alle riflessioni nell'ottica del federalismo ("è assolutamente sbagliato riflettere sulla 394 alla luce del federalismo, chiedendo un decentramento di poteri; la riflessione va invece fatta alla luce dei programmi europei, partendo dalle finalità e dagli obbiettivi, e dalla capacità degli Stati di attuarli". Lo Stato - ha detto il ministro Ronchi - non può disinteressarsi del dato di fatto che in mezza Italia non ci sono controlli efficaci contro l'inquinamento. Va fatta una riflessione di sistema sulle politiche ambientali che si fanno in Italia, e da questa analisi si può discutere sui poteri del centro e delle regioni. "Se invece la riforma fosse "invece di 5 ne voglio 7 nel direttivo", io non comincio nemmeno la discussione".

Altri punti toccati nelle conclusioni sono stati il "park manager", (che non deve allarmare gli attuali direttori, e che viene proposto soprattutto per snellire le procedure ed i controlli), l'istituzione di forme di raccordo permanente e costante tra parco e servizio da unire a maggiori rapporti tra Ministero e Comuni, e con un nuovo rapporto con le Regioni, che devono superare la contraddizione rappresentata dalla richiesta fatta a suo tempo di sopprimere il Comitato per le aree naturali protette a beneficio della Conferenza Stato Regioni, e dalla richiesta che oggi viene avanzata di ricostituirlo.

La necessità di recuperare i residui per finanziare la Carta della natura, la necessità di chiedere ulteriori fondi per aree protette marine, l'utilità di accordi di programma con soggetti economici anche privati, e lo sviluppo rurale, sono stati altri temi trattati, assieme alle questioni della vigilanza, e della dislocazione del Corpo forestale. Insomma: le conclusioni vere arriveranno con le direttive che il ministro stilerà dopo una completa rilettura dell'intera conferenza.

Sicché non appare azzardato accostare ad un giudizio positivo dei lavori di un evento tanto atteso e tanto importante anche l'aggettivo "irrisolto".

Tornando al mio parco, in treno, domenica, ho visto gli effetti del terremoto prima in Umbria e poi nelle mie Marche. Ho visto tendopoli, e intere frazioni demolite. Mentre scrivo queste note, ho negli occhi quelle immagini, e la seduta congiunta del Consiglio regionale marchigiano con tutti i parlamentari per deliberare fondi urgenti per i primi soccorsi.

A palazzo Chigi si sono stanziati 56 miliardi e 300 milioni. La Regione Marche stanzia sei miliardi.

Li avessimo chiesti per il sistema dei parchi, quei soldi non si sarebbero mai trovati. Eppure il rapporto amichevole con la natura, l'urbanistica eco sostenibile, il restauro dei centri storici con criteri antisismici, il risanamento igienico edilizio delle abitazioni, sono argomenti "contigui" o addirittura istituzionali rispetto ai doveri d'ufficio di chi lavora nei parchi. Ecco perché mi pare tutto parecchio "irrisolto"...

Certo, la discussione continuerà. Il 16 - 17 ottobre a Gargnano (Brescia), a Palazzo Feltrinelli, ci troveremo a confrontarci nel convegno internazionale su "Le aree protette e la riforma istituzionale italiana" promosso dal Centro Studi "Valerio Giacomini". Dal 13 al 16 novembre, in Ancona, nel quadro della seconda edizione di "Parco produce" avremo occasione di verificare alcuni aspetti delle tematiche dibattute a Roma, sempre guardando avanti con ottimismo, per stare sempre dalla parte della soluzione, e mai da quella del problema, appesantendo i processi con inutili lamentazioni.

Però, quando ho visto quelle frazioni demolite, e tutta quella gente profondamente meravigliata di fronte all'imprevedibile piega che hanno preso le giornate della loro vita, non ho potuto fare a meno di sospettare che l'ottimismo della volontà a volte non è sufficiente per risolvere tutto ciò che è irrisolto, e che la mediazione, il senso di responsabilità ed il realismo (che non chiede l'impossibile, come in quel maggio di una trentina d'anni fa), pur essendo ingredienti essenziali di quel pasticcio che chiamiamo lavoro amministrativo, non sempre sono una virtù.



* della redazione di Parchi, e Presidente del parco naturale regionale del Conero