Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 22 - SETTEMBRE/DICEMBRE 1997


Valore e problemi della legge quadro
Edo Ronchi

a) La legge 394/91 ha prodotto indubbi risultati positivi: ha portato all'istituzione fino ad ora di ben 6 nuovi parchi nazionali (Parco del Cilento e della Valle di Diano, del Gargano, del Gran Sasso e Monti della Laga, del Vesuvio, della Maiella, della Val Grande); ha fornito un quadro normativo e organizzativo unitario a tutti i parchi nazionali e criteri unitari per i parchi regionali; ha regolato e stabilito la procedura per l'istituzione dei parchi e delle riserve marine; ha introdotto una precisa classificazione delle aree naturali protette ed un loro elenco ufficiale; ha consentito l'avvio della definizione della Carta della Natura che individua lo stato dell'ambiente naturale in Italia, premessa necessaria per definire poi linee per l'assetto del territorio compatibili con la tutela delle risorse naturali del paese.

b) Anche ammettendo che la Legge 394/91 sia una legge complessa, che prevede interventi numerosi e articolati che incidono sulla gestione del territorio e delle risorse e che richiede un certo numero di anni per produrre tutti i suoi effetti, non si può non rilevare che la sua applicazione è proceduta troppo lentamente, accumulando molti ritardi e non poche inadempienze.

Al momento dell'insediamento del Governo Prodi, dopo quasi cinque anni dall'approvazione della Legge quadro sulle aree protette, nessun parco nazionale aveva la pianta organica operativa, circa la metà dei parchi mancava del direttore, i finanziamenti erano talmente esigui da non consentire un normale funzionamento degli Enti Parco.

Senza l'operatività degli Enti Parco non si potevano fare né i Regolamenti del parco, né i Piani del parco, né tantomeno definire i Piani per lo sviluppo economico e sociale delle comunità locali.

Questi ritardi hanno fra l'altro, indebolito la credibilità dei nuovi parchi nazionali e alimentato le critiche al nuovo sistema delle aree protette avviato dalla Legge 394/91. anche se in realtà la gran parte di questi ritardi ha poco a che vedere con l'impianto di questa legge.

Tali ritardi e tali inadempienze sono, infatti, dovuti principalmente a:

- una struttura del Ministero dell'Ambiente precedente alla Legge 349/91 ed alla consistente crescita dell'impegno ambientale dell'ultimo decennio, non adeguata ai nuovi onerosissimi compiti: per reggere il passo occorreva aumentare le forze;

- un impegno non adeguato dei Governi e del Parlamento: basti guardare l'esiguità degli stanziamenti o i ritardi accumulati negli adempimenti basilari necessari al funzionamento dei parchi;

- procedure burocratiche troppo complesse, lente, macchinose che, come è avvenuto in molti settori della nostra pubblica amministrazione, hanno prodotto inadempienze e inefficienze;

- un livello inadeguato di comunicazione, di collaborazione con le Regioni e con gli enti locali, dovuto in parte alle carenze individuate nei punti precedenti, in parte a conflitti non risolti nella transizione al nuovo sistema della 394191 e nel dibattito sugli assetti istituzionali del paese.

Con grande fatica. in poco più di un anno, alcuni ritardi, non ancora tutti, sono stati recuperati; quasi tutti gli Enti Parco sono in grado di funzionare con presidenti, direttori, consigli direttivi, comunità del parco, piante organiche e la gran parte degli statuti; gli stanziamenti ordinari sono aumentati significativamente e sono stati attivati altri canali di finanziamento, mobilitando un volume di risorse significative, più di quanto sia mai stato attivato in passato.

Il 2 dicembre '96 il Comitato Interministeriale ha. approvato il programma operativo per la Carta della Natura.

È ormai in dirittura finale il disegno di legge che consente un adeguamento dell'organico ed una riorganizzazione con un rafforzamento significativo del Ministero dell'Ambiente.

Ai primi di settembre il Consiglio dei Ministri ha approvato il regolamento - DPR attuativo della Direttiva 92143/CEE Habitat relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali.

L'attuazione della Direttiva Habitat, con il regolamento di attuazione, con l'approvazione da parte del Comitato per le aree protette del 2 dicembre '96 della lista dei siti di importanza comunitaria (lista in attesa di approvazione e di inserimento nella rete ecologica europea di zone speciali di conservazione denominata "Natura 2000") consentirà di fare un importante passo avanti.

Si tratta di circa 2 500 siti di importanza comunitaria, individuati e classificati in collaborazione con le Regioni, che riguardano un territorio di oltre 4 milioni di ettari, quasi il doppio delle aree attualmente inserite nell'elenco delle aree protette.

L'individuazione dei siti di importanza comunitaria e la successiva indicazione delle zone speciali di protezione costituirà una griglia di riferimento essenziale per la stessa Carta della Natura e per una più completa ed "europea" tutela delle risorse naturali.

La concreta e fattiva collaborazione con le Regioni e con gli Enti locali è in molti casi migliorata, ma restano, in altri casi importanti, incomprensioni e conflitti che vanno superati con un rinnovato dialogo ed uno sforzo comune.

c) La Legge 394/91 è coinvolta anche in un dibattito istituzionale che riguarda due aspetti essenziali: il rapporto fra Stato, Regioni ed Autonomie locali e la programmazione e la gestione del territorio e delle attività economiche.

Questo dibattito, se non vuole essere ristretto ai nominalismi, a schemi astratti, va reso esplicito e ricondotto ai temi sostanziali. per poter fare delle scelte consapevoli e chiare.

Devono esistere aree naturali protette?

Nel mondo e in Europa la risposta è sì. Penso la risposta debba continuare ad essere positiva anche nel nostro Paese.

Le aree naturali e seminaturali protette in sistemi territoriali ed economici ad elevato impatto sulla natura e sull'ambiente, sono indispensabili per la difesa della biodiversità, per la conservazione di specie animali o vegetali, di biotopi. di valori paesaggistici, di equilibri idrogeologici ed ecologici che altrimenti sarebbero compromessi e sovente irrimediabilmente perduti, nel breve o nel lungo termine.

Queste zone naturali, seminaturali di pregio o vulnerabili vengono protette affidandole ad un regime di gestione speciale, necessario per difenderle, recuperarle e mantenerle senza danni irreversibili nel lungo periodo.

L'obiettivo generale di conservazione e valorizzazione di queste aree, democraticamente condiviso, deve essere perseguito da tutto il sistema istituzionale, con funzioni differenziate, ma da tutti i livelli istituzionali: dallo Stato, dalle Regioni, dalle Province, dai Comuni e dalle Comunità Montane.

Lo Stato deve garantire in primo luogo, anche se non in misura esclusiva, l'attuazione degli accordi internazionali, delle direttive e delle politiche europee; deve garantire la tutela e la valorizzazione, nel breve e nel lungo termine, del patrimonio naturale e ambientale del Paese.

Questo patrimonio naturale e ambientale va conservato per obbligo internazionale e perché è una risorsa strategica per il Paese.

Pensare di rivedere il sistema delle aree naturali protette nella chiave di un loro superamento, attraverso l'integrazione nelle ordinarie politiche territoriali e urbanistiche con la cancellazione della loro peculiarità, sarebbe un grave errore; porterebbe a fare passi indietro, al prevalere di interessi, pure legittimi, ma non coincidenti con la priorità della tutela naturalistica e ambientale propria di tali aree. Occorre certamente un migliore coordinamento tra i vari strumenti di programmazione e di pianificazione del territorio nelle aree protette senza, per questa giusta necessità, rimettere in discussione la priorità naturalistica e ambientale.

Pensare ad una riduzione se non ad un vero e proprio disimpegno dello Stato in tale materia, giustificato magari da un malinteso federalismo, porterebbe ad una inevitabile frammentazione e indebolimento della difesa di un interesse nazionale strategico; la conservazione del patrimonio naturale del Paese o di sue parti importanti e di grande pregio.

La seconda domanda che viene posta, formalmente o nei fatti, e se devono esistere, anche in una prospettiva federalista. i parchi nazionali.

L'esperienza di Stati federali. per esempio quella degli Stati Uniti o dei Canada, documenta la presenza di parchi nazionali del tutto compatibili con l'ordinamento federale.

Se, come ritengo necessario, si conferma anche in Italia tale scelta, l'impianto istituzionale della 394191 non può che essere, sostanzialmente, confermato.

Nell'assunzione delle scelte fondamentali della politica di conservazione, in Italia tale legge aveva costituito un apposito Comitato, ora sostituito dall'intesa tra il Governo e la Conferenza Stato-Regioni, che aveva una composizione paritaria tra il Governo centrale, da un lato, e le Regioni e le Province autonome, dall'altro.

La medesima composizione del Consiglio direttivo dell'Ente Parco offre una maggiore rappresentatività alle regioni e agli enti locali (5) che alto Stato (3) e aggiunge, opportunamente, rappresentanti delle associazioni di protezione ambientale (2) e del mondo scientifico (2). Lo stesso presidente del parco è nominato previa intesa tra il Ministro dell'ambiente e il Presidente della regione interessata.

Il Piano del parco viene predisposto dall'Ente Parco ed è adottato e approvato dalla Regione dopo un procedimento che vede la partecipazione di tutti i cittadini interessati e previa l'intesa con i singoli Comuni per tutte le aree che ricadono nelle zone d).

Il Piano pluriennale economico-sociale viene predisposto ed adottato dalla Comunità del parco e approvato dalla Regione.

La stessa Comunità del parco (che è costituita dai Presidenti delle Regioni e delle Province, dai Sindaci dei Comuni e dai Presidenti delle Comunità Montane nei cui territori sono ricomprese le aree del parco) è organo dell'Ente Parco e, oltre ad adottare il piano esprime pareri obbligatori sia sulla bozza del regolamento che su quella del piano.

Nelle aree contigue le Regioni, d'intesa con gli organismi di gestione delle aree naturali protette e con gli enti interessati, disciplinano la caccia, la pesca, le attività estrattive e quelle per la tutela dell'ambiente. I confini di tali aree sono determinati dalle Regioni nel cui territorio si trova l'area naturale protetta d'intesa con l'organismo di gestione dell'area protetta.

Per quanto riguarda le aree naturali protette di interesse regionale, la Legge 394/91 ha stabilito dei principi fondamentali attraverso norme-quadro che sono tutte improntate all'attribuzione alle autonomie locali da parte delle Regioni di ruoli e funzioni rilevanti come la partecipazione delle Province, delle Comunità Montane e dei Comuni ai procedimenti di istituzione dell'area protetta.

Nella fase di proposta dei nuovi parchi nazionali, che richiedono comunque una legge per essere istituiti e per avviare l'iter di definizione del perimetro e delle misure di salvaguardia, è necessario e inevitabile che gli atti da proporre vengano formulati dal Ministero dell'ambiente. Ma dalla nascita dell'Ente, al Ministero dell'ambiente spetta sostanzialmente solo la vigilanza sull'attività del parco; le scelte, infatti, nascono e maturano all'interno dell'Ente parco stesso.

Il Regolamento, seppure approvato dal Ministero dell'ambiente, viene proposto ed elaborato all'interno dell'Ente Parco. Così come il Piano, che ammette l'intervento dello Stato solo in caso di inerzia della Regione o di insanabile conflittualità, mentre per il Piano pluriennale nessun potere spetta allo Stato.

-In conclusione, nella Legge 394/91 si è realizzato un difficile e delicato equilibrio che consente una estesa partecipazione delle comunità locali ed una leale collaborazione con le Regioni in forme compatibili col carattere dei parchi nazionali, ed in forme improntate ad una forte autonomia nella istituzione e gestione dei parchi e delle riserve regionali.

Rompere questo delicato equilibrio rischia di ridurre l'impegno dello Stato in un settore decisivo di rilevanza internazionale e nazionale. Mettere a rischio il necessario carattere unitario e coordinato di queste politiche e non attivare un ruolo adeguato delle Regioni (solo 11 hanno conformato la loro normativa regionale alla 394/91) e degli enti locali, indebolirebbe altresì il sistema delle aree naturali protette.

Dalla relazione alla Conferenza Nazionale del Ministro dell'Ambiente
Roma 25/28 settembre 1997