Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 22 - SETTEMBRE/DICEMBRE 1997


Le Aree Wildemess
Walter Giuliano *
 

Abbiamo visto nella prima puntata di questo viaggio alla scoperta dei sistemi di natura protetta gestiti dalle associazioni ambientaliste, le oasi della Federazione Nazionale Pro Natura. Dopo la più antica associazione ecologista italiana, ci troviamo ora davanti a una interessante proposta di tutela che giunge da una delle ultime nate del nostro arcipelago verde, l'Associazione Italiana Wilderness. Non si tratta in questo caso di aree di proprietà dell'associazione, che pure le ha proposte. A designarle sono di volta in volta vari organismi, pubblici o privati, sensibilizzati dai suggerimenti dell'associazione che intende creare un sistema di natura selvaggia anche nel nostro paese.
 

Il concetto di wilderness
Il concetto di wilderness si afferma in Italia a partire dalla fine degli anni settanta.
Più tardi viene fondata l'Associazione Italiana Wilderness, per iniziativa di alcuni studiosi, coordinati da Franco Zunino, guardiaparco del Parco nazionale Gran Paradiso e poi di quello d'Abruzzo, autore di alcune importanti ricerche sull'orso bruno appenninico.
L'associazione, affiliata alla "International Wilderness Leadership Foundation", ha contribuito a diffondere, anche nel nostro paese, una filosofia affermatasi negli Stati Uniti nel secolo scorso ed estesa poi a tutto il mondo. Ne furono propugnatori personaggi come Thoreau, Emerson, Turner, Muir, Leopold e Marshall che videro riconosciuta la loro visione del mondo nella "Wilderness Law" del 1964 che sancì la necessità di tutelare le grandi aree del continente americano ancora incontaminate.
"La natura selvaggia è sia una condizione geografica che uno stato d'animo. Fa parte dell'eterna ricerca delle verità che spinge l'uomo alla continua ricerca di se stesso e del suo creatore". Questa la definizione di wilderness data dal Servizio Forestale degli Stati Uniti.
Il concetto di wilderness attribuisce alla conservazione della natura un valore in sé, in quanto patrimonio spirituale per l'uomo, per ciò che esso esprime a livello interiore, in ogni individuo.
Esso si può, in definitiva, rappresentare nella tutela integrale del territorio che viene sottratto a qualsiasi tipo di intervento umano, fatto salvo quello per la ricreazione e il godimento spirituale, per il quale anzi è riservato. Anche in questo settore di fruizione tuttavia esistono rigidi controlli e limitazioni che garantiscono l'ambiente dal degrado e consentono di mantenere quella particolare situazione psichica che l'uomo cerca e di cui può godere nelle aree wilderness: la solitudine.
 

Le aree wilderness
Il "vincolo wilderness" proposto dall'AIW intende difendere i luoghi con i requisiti più vicini al concetto ispiratore ma che, inevitabilmente necessita nel vecchio continente di adattamenti dovuti alla millenaria presenza dell'uomo.
Le aree wilderness individuano comunque grandi spazi selvaggi, rimasti tali e che si vogliono salvaguardare proprio per questo aspetto particolare che prescinde dall'utilizzo delle risorse naturali rinnovabili che possono continuare ad esistere a patto che si usino metodi tradizionali di intervento, con prelievi equilibrati e razionali.
La designazione ad area wilderness rappresenta il formale riconoscimento, a opera dell'organismo che la effettua, dell'esistenza di un valore speciale - morale e spirituale oltre che biologico - e il formale impegno a difenderlo e a perpetuarlo.
E ovvio che più è alto il livello legislativo e di rappresentanza popolare cui ciò avviene più vi è la garanzia di successo dell'intervento. Tuttavia questa procedura non sminuisce affatto l'efficacia delle determinazioni degli enti inferiori che con tale atto si impegnano al rispetto e all'applicazione in senso restrittivo di tutte le leggi vigenti in materia ambientale.
Non bisogna inoltre dimenticare che le decisioni assunte a livello locale segnano una presa di coscienza importante della preziosità del territorio da parte delle comunità, che per conservarlo non hanno bisogno di interventi calati dall'alto. Si tratta, di fatto, dell'applicazione del concetto di territorializzazione delle politiche ambientali, fortemente sostenuto dalla Conferenza Internazionale sull'Ambiente di Rio de Janeiro.
Sulla falsariga di quanto è stato fatto e si sta facendo negli Stati Uniti, l'Associazione Italiana per la Wilderness ha sin qui ottenuto la creazione, a livello locale, di ben sette aree wilderness, distribuite in cinque diverse regioni della penisola.
Ne diamo, di seguito, una sintetica descrizione.
 

Fosso del Capanno
E stata designata come area wilderness nel 1988, per iniziativa della Fondazione D. Ghezzo (ACLI Cesena), dall'ex Azienda Regionale delle foreste dell'Emilia-Romagna e dal Comune di Bagno di Romagna (FO).
Si estende su 760 ettari di cui 533 particolarmente protetti. Comprende quasi per intero il Vallone dei Mandrioli, appartenente al fiume Savio, a ridosso del neo Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi.
Nelle parti basse la vegetazione predominante è il ceduo di Carpino nero e cerro, sostituiti alle quote maggiori dalla foresta d'alto fusto a Faggio e Abete bianco frammisti a essenze minori. La componente floristica è quella tipica dell'Appennino Tosco-Romagnolo.
Il paesaggio è caratterizzato da rupi marnose grigie che originano creste e pianori suggestivi, solcati da corsi d'acqua profondamente incassati che incidono tutto il vallone che ha il suo culmine nei 1.224 metri del monte Zuccherodante.
La fauna è presente con numerose specie tra cui si segnalano Cervo, Capriolo, Cinghiale, Lupo, Aquila reale e Astore.
 

Monte Cesima
Designata dal Comune di Mignano Monte Lungo (CE) con provvedimento del marzo 1980, I'area si estende su 1.160 ettari, all'interno dei quali è stata individuata una zona particolarmente protetta di 455 ettari.
Si tratta di un territorio che occupa tutte le pendici occidentali della piccola catena montuosa lateraldel crinale appenninico campano, che raggiunge la massima quota nei 1.180 metri del monte Cesima.
Zona d'incontro tra la vegetazione appenninica dell'Italia centrale con quella meridionale, vi sono rappresentate tutte le fasce vegetazionali delle penisola, dalla macchia mediterranea, con dense leccete, alla faggeta - presente con un biotopo isolato dalle restanti foreste di faggio appenniniche -, alla prateria d'alta quota. Presenti specie rare e interessanti della microflora tra cui va segnalata una stazione della rarissima orchidea Ophris lacaitae e un vasto biotopo di Iris sp. La ricchezza faunistica è sottolineata oltre che dalla presenza di Gatto selvatico, Lupo, Capriolo, Coturnice, da una rara libellula di montagna e dalla probabile presenza dell'Istrice.
 

Bric Zionia
Pur nella sua modesta estensione di 45 ettari, quest'area rappresenta una fetta di uno dei complessi montuosi più selvaggi dell'Appennino ligure, nell'Alta Valle Bormida, appartenente al gruppo del Monte Camulera una delle maggiori emergenze della valle, al limite orientale della catena alpina. Queste considerazioni hanno indotto nel gennaio del 1995 il Comune di Murialdo (SV) a designarla come area wilderness. Dalla scenografica grande cresta di rupi emergente nel Bric Zionia si passa ai densi boschi di Castagno, Faggio, Betulla e Ontano percorsi da una fitta rete di acque sorgenti. Siamo nel punto di incontro tra la vegetazione alpina e quella appenninica, entrambe rappresentate; l'habitat ha favorito l'insediamento di numerose specie tra cui Cinghiale e Capriolo, nonché, nel bosco, rare e interessanti presenze di rapaci diurni.
 

Gola del fiume Rapido
E stata designata dal Comune di Vallerotonda (FR) nel gennaio del 1994, e tutela 820 ettari di cui 331 particolarmente protetti.
Si tratta di una delle rare zone selvagge dell'Appennino Laziale-Molisano, mantenutasi intatta grazie alla sua difficile accessibilità.
Vi si addentrano infatti solo poche tracce di antichi sentieri pastorali, ma la presenza dell'uomo è segnalata dal bel ponte di epoca romana che si erge a metà della gola. L'area fu anche teatro di un evento bellico, durante la seconda guerra mondiale, legato alla famosa battaglia di Cassino.
Si tratta della parte alta del corso del fiume Rapido, affluente del Liri-Garigliano, dove per un tipico fenomeno carsico sgorgano le sue sorgenti che fluiscono poi a valle attraverso una stretta gola, lunga sette chilometri.
L'insolita, per questi territori, riccheza di acque ha favorito l'insediamento di una densa copertura boschiva a ceduo invecchiato di Carpino nero e altre latifoglie, dal Faggio al Leccio.
Frequentata da molte specie rare della fauna appenninica tra cui l'Orso, il Lupo, il Capriolo, il Falco pellegrino, costituisce l'habitat per numerose specie di anuridi e piccoli animali acquatici oltre che di una ricca popolazione di Ululone dal ventre giallo.
 

Valmontina
Designata area wilderness nel 1994 dall'Azienda Regionale delle Foreste del Veneto e dal Comune di Perarolo di Cadore (BL) comprende quasi per intero il territorio della più chiusa e selvaggia valle di tutto il bacino del Piave. La superficie protetta, in via di definizione, dovrebbe comprendere circa 3.340 ettari di cui 3.040 particolarmente protetti.
L'elemento di maggior spicco è rappresentato dalla sua spettacolare bellezza scenografica.
Appartenente alla zona dolomitica, nella regione del Cadore, la valle ha un aspetto aspro e quasi inaccessibile, sviluppandosi per circa 2.000 metri di dislivello tra lo sbocco nella piana del Piave e le cime maggiori dello spartiacque, nel gruppo del monte Duranno (2.700 m). Le dorsali esterne della valle abbondano di fitte foreste d'alto fusto con Larici, Abeti rossi e bianchi, Faggi, Pini neri e silvestri, che lasciano spazio nella parte più interna a infiniti balzi di rupi e declivi di pendenza estrema su cui sopravvivono solo specie arbustive, prima tra tutte il Pino mugo che vi costituisce intere distese che disputano il terreno a rocce a ghiaioni. La valle, caratterizzata da numerosi valloni minori, è solcata dalle acque impetuose di numerosi torrenti che scendono a cascata a valle. La fauna dolomitica trova qui un habitat ideale con la presenza di Cervo, Capriolo, Camoscio, Marmotta, Gallo cedrone e forcello, Francolino, Pernice bianca, Coturnice, Lepre variabile, Ermellino, Martora e qualche raro Stambecco. Tra l'avifauna si segnalano l'Aquila reale, la Civetta nana e capogrosso, il Picchio nero e tridattilo. In località appena esterne alla valle è stata inoltre segnalata la presenza di Lince e Orso bruno.
 

I Monti Bianchi
Su designazione del Comune di S. Elia Fiumerapido (FR) questa area wilderness è stata istituita nel dicembre del 1994 su 990 ettari di cui 677 particolarmente protetti. Comprende alcuni valloni sul versante meridionale di un gruppo di monti dell'Appennino Laziale-Molisano, nell'altro bacino del fiume Rapido, affluente del Liri Garigliano.
La zona, caratterizzata dalla presenza di un affioramento roccioso di dolomia bianca che ne determina la suggestione paesaggistica e scenografica, vede l'insediamento di una vegetazione forestale che comprende fasce che vanno dai nuclei di macchia mediterranea a distese di boschi a Carpino nero e Roverella, fino alla faggeta qui presente con una rarissima associazione Faggio- Erica multiflora.
Altro motivo di interesse è rappresentato dalla presenza di alcune popolazioni di Staphilea pinnata specie arborea molto rara che trova qui forse uno dei pochi biotopi dell'Italia centrale, con esemplari di grande dimensione.
Elemento paesaggistico interessante è quello causato da un enorme antichissimo fenomeno erosivo dello strato geologico, che ha dato origine a un'ampia e lunga "fiumara", fenomeno unico per l'Italia centrale.
La presenza storica dell'uomo è segnalata dai resti di acquedotti di epoca romana.
 

Ernici Orientali
Il Comune di Sora (FR) nel marzo del 1995 ha designato come area wilderness 2.640 ettari (1.120 particolarmente protetti) che comprendono la parte orientale della catena laziale dei Monti Ernici e in particolare il crinale e la punta più estrema del gruppo.
Qui è ubicato l'ultimo dei suoi valloni rimasti allo stato selvaggio che sale con le sue pendici sino ai 1.870 metri del monte Serra Comune e che comprende anche un altipiano di rara bellezza, il Faito, sulle cui doline si sviluppa una interessante biocenosi forestale.
La zona ospita dense faggete nella parti più elevate e meno esposte, mentre le fasce più calde vedono la presenza di Carpino nero e Roverella, inframmezzate da qualche raro relitto di macchia mediterranea. Floristicamente occorre ancora segnalare la presenza di una stazione molto ricca di Dactyloriza romana orchidea rara per il Lazio.
Sotto il profilo faunistico, presente tra gli altri, il Lupo, l'Astore, lo Sparviere, la Coturnice, è dubbia la presenza del Falco pellegrino ed è segnalata la presenza sporadica di qualche esemplare di Orso bruno.
A tutto ciò l'area aggiunge un valore storico-archeologico con resti di antichi manufatti di epoca romana quali "caselle" pastorali, pozzi, una lapide votiva e di almeno tre cippi di confine tra lo Stato Vaticano e il Regno Borbonico.
 

Monte Caira-Gole del Melfa
E la prima fetta del più ampio settore selvaggio omonimo il cui valore come "wilderness" si estende per almeno 8.000 ettari, costituendo uno dei maggiori territori di questa tipologia per l'Italia centrale.
Per il momento l'unico dei nove Comuni interessati, che ha designato nel marzo del 1996 I'area wilderness su circa 100 ettari, è stato quello di Roccasecca (FR) che ha costituito così il primo nucleo di un progetto più ambizioso.
In questo modo tuttavia risulta tutelata la "porta" sud delle Gole del fiume Melfa, una delle più belle gole del Lazio, di grande valore naturalistico per la presenza di numerose specie di rapaci nidificanti. Anche la componente floristica è degna di nota per la presenza di elementi determinati dal clima marittimo.
Sotto un'enorme balza all'ingresso della gola è da segnalare, infine, la presenza dell'antichissimo santuario o eremo dello Spirito Santo.
 

Bibliografia
- F. Zunino, Wilderness. Una nuova esigenza di conservazione delle aree naturali. Ministero Agricoltura e Foreste, Collana Verde 51, p.92, Roma 1980.
- W. Giuliano, Ipellerossa insegnano wilderness, in La Stampa a. 119, "Tuttoscienze" n. 158, Torino 27.2.1985.

L'Associazione Italiana Wilderness (via A. Bonetti, 42, Borgata Piano, 17010 Murialdo -SV- tel/fax 019. 53545) pubblica inoltre un periodico che consente di essere aggiornati sull'attività dell'associazione e sulle iniziative di tutela.

* Della redazione di Parchi