Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 23 - FEBBRAIO 1998



Il Coordinamento si rinnova
Intervista a Enzo Valbonesi nuovo Presidente del Coordinamento nazionale dei Parchi e delle Riserve

Lei assume il nuovo incarico in un momento di notevole crescita del Coordinamento e di rinnovato interesse da parte delle Istituzioni per i problemi dei parchi: del Governo con la prima Conferenza per le aree protette e del Parlamento con l'indagine conoscitiva della Camera. Come giudica queste,novità?

Indubbiamente il 1997 è stato un anno di grande importanza per le aree protette del nostro paese. Credo si possa dire che esso ha segnato una forte ripresa dell'iniziativa politico-istituzionale, a tutti i livelli, a favore dei parchi.

La prima Conferenza nazionale ha fatto balzare per la prima volta all'attenzione dell'intero paese il tema delle aree protette come strumento di valorizzazione del nostro patrimonio naturale più pregiato. Si è trattato, in questo senso, di un evento "storico" che ha fatto registrare un interesse e di una partecipazione sorprendente che non ha interessato e i soli "addetti ai lavori". Con la conferenza si sono anche create le condizioni politiche perché oggi si possa aprire, a sette anni dal varo della Legge 394, una fase più avanzata e matura in questo campo; una fase tesa a fare assolvere alle aree protette il ruolo di elementi propulsivi e di esempi positivi sui quali a poggiare il rilancio della politica, oramai indilazionabile, per la tutela e l'uso razionale del territorio italiano e non solo di quello più pregiato. Un significativo contributo in questa direzione è quello recentemente venuto dal documento conclusivo dell'indagine conoscitiva, sullo stato di attuazione della Legge 394, della Commissione ambiente della Camera. Il documento è, a mio parere, nella quasi totalità condivisibile nei contenuti ma anche molto preciso nell'analisi della situazione e nella delineazione delle indicazioni per il futuro. Il suo limite è rappresentato semmai, ma il mandato che aveva la Commissione ambiente della Camera era solamente quello di "fotografare" la porzione della 394, dalla mancanza di proposte operative circa gli strumenti (legislativi e non) più opportuni per superare i limiti per risolvere i problemi che, molto lucidamente, sono stati identificati. Sia la Conferenza nazionale che l'indagine della Camera costituiscono novità molto positive per le aree protette; novità in cui merito principale va data innanzitutto al Ministero dell'Ambiente ed al Parlamento che, dopo alcuni anni di "disattenzione", hanno saputo ridare a questi temi il peso e l'importanza necessaria.

Quali sono, a suo giudizio, i problemi maggiori e più urgenti che stanno oggi dinanzi ai parchi intendo naturalmente l'insieme, o, se preferisce, il sistema delle aree protette?
Il primo e principale problema che l'insieme delle aree protette italiane (sia nazionali che regionali e locali) hanno oggi di fronte è che la loro azione, innanzitutto quella di protezione attiva della natura (intesa nella sua accezione più ampia e moderna), non si inserisce ancora in una chiara strategia nazionale di uso oculato del territorio e di sviluppo sostenibile. Manca cioè il quadro generale di riferimento programmatico all'interno del quale le aree protette possono giocare un ruolo attivo, come luoghi di sperimentazione per un nuovo rapporto uomo-natura.

In carenza di una strategia di sviluppo e modernizzazione, ambientalmente e socialmente sostenibile, del nostro paese le aree protette non possono quindi esprimere tutte le potenzialità innovative di cui sono portatrici. Nello specifico dei problemi che oggi sono dinanzi alle aree protette, credo che per i parchi regionali le questioni più importanti siano costituite dalla carenza di risorse economiche, sia per la gestione corrente che per gli investimenti e dalla mancanza di sorveglianza. Sono infatti ancora pochissime le aree protette regionali dotate di adeguati servizi di sorveglianza territoriale; servizi che sono di importanza fondamentale perché un'area protetta possa svolgere la propria missione. Per i nuovi parchi nazionali, impegnati tuttora in una faticosa fase d'organizzazione, la questione principale ritengo sia quella del loro ordinamento giuridico che deve essere rapidamente aggiornato perché le in orme regolamentari, fissate dalla Legge n. 70 del 1975, sono sicuramente superate e inadatte a favorire il buon funzionamento di organismi quali sono i parchi nazionali la cui natura, nei fatti, è molto simile a quella di un ente territoriale, e non già quella di un ente del parastato. Sotto questo profilo credo che i decreti attuativi della Legge Bassanini n. 59 possano servire a definire un nuovo assetto giuridico-amministrativo più modesto ed efficiente per i Parchi Nazionali.

Il Coordinamento cosa intende fare rispetto a questi problemi e cosa propone alle Istituzioni, Governo, Regioni ed Enti Locali?
Innanzitutto, a scanso di equivoci, voglio ribadire che il ruolo del Coordinamento è in primo luogo quello di dare voce ai problemi, ai bisogni ed alle proposte degli Enti gestori di aree naturali protette e non già quello di definire politiche generali o di formulare programmi che, come è logico, competono invece alle istituzioni elettive, in primo luogo al Parlamento ed alle regioni. Detto questo, non vogliamo però neppur essere una sorta di "sindacato" rivendicativo dei parchi contro il Ministero e le Regioni. Per evitare ciò è nostra intenzione accentuare la capacità organizzativa e propositiva del nostro movimento. Capacità organizzativa nel senso di accrescere la nostra autorevolezza politica e la nostra rappresentatività. Per fare tutto ciò dobbiamo preliminarmente migliorare e aumentare i servizi da rendere a favore degli enti associati, mettendo di più e meglio in circolo le esperienze gestionali di più avanzate, qualificando l'informazione e fornendo sedi di reale confronto al "mondo", sempre più ampio, dei soggetti che, a vario titolo, si occupano di questa materia. Anche per questa ragione abbiamo promosso recentemente, assieme ai parchi francesi, spagnoli tedeschi e di inglesi l'Associazione europea dei parchi naturali, consci che è quella europea la scala alla quale si formeranno sempre di più, in futuro, le politiche per la conservazione e la valorizzazione degli spazi naturali più sensibili.

Ritornando all'Italia il nostro obiettivo primario è quello di fare entrare a pieno titolo la tutela del nostro patrimonio naturale tra le priorità dell'azione futura del governo nazionale. Entrare, con l'obiettivo di restarci, in Europa significa anche mettersi al passo, su questo terreno, con gli altri paesi dell'unione, cominciando con il firmare, ad esempio, la convenzione delle Alpi.
Io non credo che oggi, quando siamo quasi all'8% di territorio nazionale gestito a parco o riserva, il problema centrale che dobbiamo porci sia quello quantitativo, di accrescere cioè ulteriormente il numero e/o la dimensione delle nostre aree protette, quanto invece quello di qualificare l'attività dei parchi. Occorre operare quindi, facendo perno sulle aree protette esistenti, per realizzare il "sistema nazionale" dei territorio protetti sul modello metodologico che, ad esempio, è stato proposto dal Ministero dell'Ambiente, dalla Regione Abruzzo e da Legambiente per A.P.E. (Appennino Parco d'Europa). Per ridare l'impulso alla creazione del sistema delle aree protette uno dei primi compiti del Ministero dell'ambiente è quello di elaborare la carta della natura, strumento fondamentale per delineare l'assetto del territorio e impostare i futuri programmi nazionali.
Non appena il Senato avrà concluso anch'esso il lavoro ricognitivo sull'attuazione della Legge 394 il Governo nel suo complesso dovrà poi dire con chiarezza attraverso quali iniziative e quali strumenti intende aggiornare e rilanciare la politica delle e per le aree protette.

Il problema prioritario oggi non è, a mio parere, cambiare la 394, bensì identificare bene gli obiettivi e fissare i contenuti della "seconda fase" della politica nazionale dei parchi.
Dopo aver fatto questo, certamente, si porrà anche il problema delle competenze istituzionali e delle relative norme legislative che però, non dimentichiamocelo, non sono il fine, ma solo lo strumento principale per realizzare le politiche e risolvere in problemi.
Questo processo di ulteriore crescita del sistema delle aree protette, perché possa affermarsi e procedere positivamente, deve però essere imperniato sul metodo della concertazione e della leale collaborazione tra tutti gli attori istituzionali: il Parlamento, il Governo, le Regioni, gli Enti locali e le aree protette. Perché la concertazione si realizzi davvero serve però anche una sede istituzionale e permanente di confronto e di elaborazione, che consenta di recuperare il vuoto creatosi dopo la soppressione del comitato nazionale per le aree protette. Ripristinare un tavolo di confronto è fondamentale se davvero si vuole costruire il "sistema nazionale" e se si vuole evitare sul nascere la pericolosa ripresa di un conflitto istituzionale tra lo Stato centrale da un lato e Regioni e in Enti locali dall ' altro.