Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 23 - FEBBRAIO 1998


Ragioniamo ancora sulla 394/91 (e sulle sue sorelle)
Mariano Guzzini

C'è chi si domanda se l'ambiente sia federalista, e poi critica quanti si ostinano a lavorare per un avvenire fatto anche di Regioni maggiorenni, in grado di avere la chiave di casa, e di gestire i parchi almeno come altre importanti materie, quasi che motivi contingenti (le preoccupazioni nei confronti di ... "Legapadana"; un eccesso di simpatia per il partito dei Sindaci; un complesso di inferiorità nei confronti degli ambienti vicini al Ministero) portassero a costruire mostri amministrativi, pericolosi quanto inutili. Davanti allo slogan ripetuto in varie sedi da più di un dirigente nazionale di WWF, personalmente provo una grande difficoltà a prendere sul serio la questione, posta in quei termini.
Perché, la sanità, oppure addirittura la salute, sarebbe regionalista? E l'agricoltura? E la protezione civile?
A me pare più semplice (e più costruttivo) impostare la questione partendo da una realtà storica innegabile. In questo nostro Paese le aree protette sono state volute da minoranze attive, che hanno rappresentato esigenze globali, collettive, e che si sono rivolte in una prima fase allo Stato centrale, in una seconda fase ad alcune Regioni, e più di recente di nuovo allo Stato centrale, seguendo i flussi ed i riflussi del difficile rapporto tra innovazione ed amministrazione locale e centrale.
Chi ha consapevolezza di questo cammino, e non lo considera un incidente ma lo legge soprattutto come indicatore delle forze esistenti e utilizzabili in questo particolare territorio chiamato Italia, non può immaginare gli ulteriori passi avanti che la politica per le aree protette dovrà fare in uno scenario segnato da costanti limitazioni alle azioni che il Ministero vorrà impostare e perseguire, messe in atto dal Governo, da altri ministeri, dal Parlamento, dal sistema delle autonomie, dalle Regioni.
Ma non sarebbe ragionevole neppure immaginare l'opposto scenario, fatto di alcune Regioni e di alcuni Enti locali impegnati in un disegno di attuazione delle linee guida della legge 394/91, contrastate da pezzi dello stesso sistema regionale, da una parte di Regioni immobili o indifferenti, se non apertamente ostili, da Enti locali chiusi nei loro particolarismi, e da uno Stato centrale e centralista che utilizzi ogni ritardo ed ogni contraddizione dei momenti di governo locali per ribadire la sua indispensabilità e la necessità di governare tutto da Roma, perché ... l'ambiente non è federalista.

Per coltivare al meglio il nostro giardino
Le "grandi novità" del 1997 (la prima conferenza nazionale "Aree naturali protette"; I'indagine conoscitiva della Camera dei Deputati sullo stato di attuazione e le eventuali modifiche da apportare alla 394/91, chiusasi con un documento, trasmesso anche al Senato, ed alcuni importanti appuntamenti convegnistici svoltisi qua e là per l'Italia, a Bocca di Magra di La Spezia, il 5 maggio, sul tema "Esperienza delle Regioni nella gestione dei parchi"; a Torino/La Mandria, dal 22 al 25 maggio, nel contesto della festa nazionale dei parchi; a Gargnano sul Garda, il 16 - 17 ottobre sul tema: "Le aree protette e la riforma istituzionale italiana"; in Ancona, dal 13 al 16 novembre, nel contesto di "Parco produce", ecc. ecc.; il rilancio del Coordinamento nazionale parchi che si articola e si radica sempre meglio sul territorio nel momento in cui stabilisce importanti collegamenti internazionali a livello europeo fanno intravedere un 1997 fecondo, dove tutto ciò che è stato seminato nel 1997 comincerà a germogliare e a dare i primi frutti.
Certo, c'è sempre la possibilità che all'intravedere si opponga qualche intravvenire, e soprattutto qualche intraversare: come dire la nota pratica del mettersi di traverso ostacolando chi sta dalla parte della soluzione dei problemi. Naturalmente è facile prevedere che tutto ciò accadrà, contemporaneamente, in quella sgangherata e confusa miscela che è la realtà dei processi in atto. Dove è pratica sconsigliabile il limitarsi alla lamentazione sugli aspetti deteriori, sempre abbondantemente presenti, ed il deprecare i mala tempora correnti, mentre è vincente chi si munisce di dosi industriali di ottimismo della volontà, e si fa forte di quanto di positivo passa il convento, per zappare l'orto, e coltivare "notre jardin"...
Sicché, dopo le grandi novità, occorre ricucire il tessuto delle alleanze, costruendo il sistema dei poteri locali amici dei parchi, che ancora non c'è, assieme al sistema nazionale dei parchi, che ancora non c'è, e assieme ad una politica complessiva di tutti i Governi (centrale, e regionali) che va resa più esplicita e più efficace quando c'è, e va fatta nascere quando sia del tutto assente.
A questo scopo non sarà inutile dibattere anche in sedi pubbliche ed istituzionali, a cominciare dagli organismi dei parchi stessi, ma cercando di coinvolgere anche le assemblee elettive, sia i risultati della prima conferenza nazionale "Aree naturali protette", sia il documento finale frutto dell'indagine conoscitiva della Camera dei Deputati sulla attuazione della legge quadro sulle aree protette, cogliendo l'occasione per fare il punto anche sulla attuazione dell'intera legislazione regionale, sia di quella in vigore, sia di quella che ancora non ha visto la luce. E con questo spirito, e con queste speranze, che la rivista "Parchi" mette a disposizione dei lettori il documento licenziato dalla Camera e trasmesso al Senato, corredato da alcune prime considerazioni che non pretendono di essere altro che primi brandelli di opinione di uno dei tanti (nella fattispecie, il sottoscritto) che vivono in prima persona l'esperienza della quotidiana gestione di un parco, e che non domanda di meglio che potersi formare convincimenti solidi e duraturi in quel vasto dibattito che si augura si sviluppi nel corso del 1998 sull'insieme di questi temi.

Alcune considerazioni sul documento conclusivo
Ha già scritto in altra sede Renzo Moschini che "... unitamente ai lavori della conferenza nazionale, l'indagine parlamentare arricchisce notevolmente il quadro delle conoscenze, della documentazione e delle proposte che richiederà ora di essere messo a frutto nelle forme più appropriate nelle sedi deputate", ma anche che "... il fatto che a sei anni dalla approvazione della legge si sia sentito il bisogno di una indagine conoscitiva è la prova più convincente del maggiore interesse del legislatore nazionale su questi temi, e ... della necessità che la legge quadro, che ha già dato ottimi risultati, sia messa nelle migliori condizioni per poter meglio funzionare, apportandovi - se opportuno - anche le indispensabili modifiche e correzioni".
Concordando con questa impostazione, aggiungo che - nonostante il forte sapore di novità dell'indagine parlamentare e della conferenza nazionale - ho l'impressione che sia ancora apertissimo il rischio che quei due fatti eclatanti, rivelatori di energie molto diffuse e di protagonisti anche nuovi e pronti ad impegnarsi, possano essere impacchettati ed archiviati nel magazzino delle iniziative elitarie e marginali, delle quali si parla bene, ma che non riescono a condizionare davvero il lavoro delle principali sedi decisionali, nazionali o locali.
Affinché in quelle sedi si tenga davvero conto dei risultati della prima conferenza nazionale, e delle parti più interessanti del documento che ha concluso questa fase di indagine parlamentare, occorre intanto che chi ha maggiormente a cuore questo genere di contenuti si misuri sul punto di approdo del dibattito.
Il documento parlamentare (che ha avuto riscritture successive, che meriterebbero tutte di essere conosciute anche per capire i punti che non sono mai cambiati nel pensiero dei commissari, e le novità introdotte dalla conferenza nazionale) è un testo abbastanza organico, che tuttavia assume tutto il suo valore se nel leggerlo - si tiene conto di tutte le audizioni che lo hanno preceduto, i verbali delle quali sono disponibili presso l'apposito ufficio della Camera. In alcuni passi sono riconoscibili riportate pressoché letteralmente - le conclusioni di alcuni dei gruppi di lavoro della prima conferenza.
In altri, invece, si prendono le distanze da quella sorta di "auto assoluzione" che il Ministero si era dato in sede di conferenza nazionale a proposito di gestione centralista della legge quadro, anche se lo spirito complessivo dell'ultima versione del documento appare giustamente più preoccupata di fornire un nuovo modus vivendi (un "coordinamento paritario nel rispetto del principio della leale collaborazione tra Stato, Regioni ed Enti locali" paragrafo 3, finale) tra i soggetti istituzionali, piuttosto che indagare sulle ragioni delle "considerevoli disfunzioni" che pure vengono denunciate, mostrate dagli "organismi centrali di indirizzo" ..
La Commissione non entra neppure nella disputa tra chi - condividendo l'impianto, le finalità ed il giudizio positivo su quanto ha già prodotto - ritiene tuttavia indispensabile la riscrittura di alcune parti della 394/91 per rendere possibile la sua piena attuazione, e chi ritiene la legge sostanzialmente perfetta (o, almeno, meno imperfetta di quanto sarebbe se l'attuale Parlamento ci mettesse le mani), essendo invece opportuno intervenire sull'efficienza di quanti sono tenuti ad applicarla, con gli opportuni provvedimenti amministrativi.
La Commissione afferma in premessa di aver fatto la scelta di "riassumere i problemi relativi all'attuazione della legge limitandosi a proporre soluzioni che comportano il ricorso alla legislazione vigente - attraverso l'adozione di atti di tipo amministrativo - o alle opportunità presenti nella recente legge n. 59 del 1997.
Per le problematiche affrontate che non potranno essere risolte attraverso gli strumenti sopra indicati, restano aperte le possibilità di corrispondenti modifiche della stessa legge quadro, sulla base delle iniziative legislative che il Parlamento vorrà assumere".
Non si tratta - si badi bene - di una posizione pilatesca. Tutt'altro. E ben vero che la Commissione non ha licenziato un articolato nuovo, né ha indicato dove - a suo modo di vedere - si renderebbe indispensabile un nuovo articolato.
Tuttavia ha lasciato aperta questa possibilità, dandola per probabile ma rispettando la sede dove già questo lavoro è in corso, vale a dire la competente Commissione del Senato.
Il verbale della brevissima discussione che ha accompagnato l'approvazione del documento finale è chiarissimo sul punto.
Quando Maria Rita Lorenzetti, nella sua funzione di presidente della Commissione Ambiente della Camera, si impegna a trasmettere il documento al Senato, e quando Franco Gerardini, pur prospettando due fasi tra loro distinte anche temporalmente, si augura che nella seconda fase il Governo si attivi "presentando un proprio disegno di legge", appare evidente che l'opportunità di una modifica alla 394/91 non viene considerata una ipotesi, ma qualcosa di molto vicino ad una necessità, da affrontare con il massimo di unità tra le forze della maggioranza, e, quindi, con un disegno di legge governativo che eliminerebbe la maggior parte dei rischi di un confronto parlamentare con maggioranze casuali o variabili.

Quale sistema nazionale delle aree protette
Sul merito dei singoli punti da migliorare, anche in sede legislativa, il dibattito non potrà che partire dalla necessità di attuare meglio e compiutamente il disegno già definito. Per esempio, il sistema nazionale delle aree protette, che il documento si guarda bene dall'identificare con l'insieme degli attuali parchi nazionali.
Molto correttamente, la commissione parlamentare scrive che "... Carta della natura, Linee fondamentali di assetto del territorio, Programmi Triennali per le Aree protette sono gli strumenti strategici che possono consentire di attuare finalmente il decollo del sistema nazionale delle aree protette, all'interno del quale tutti i Parchi e le Riserve Naturali nazionali, regionali o locali possano mettersi in rete e coordinarsi fra di loro con l'obiettivo della tutela, della valorizzazione e dello sviluppo sostenibile dei territori protetti."
Il "sistema nazionale" - che comprende i parchi nazionali, regionali e locali - si basa altresì sullo "sportello unico" visto anche come strumento per coordinare i differenti interessi e le differenti finalità delle diverse Autorità; si basa sui "piani" (con l'avvertenza che i piani del parco "non possono essere nuovi strumenti urbanistici che si sovrappongono o che sostituiscono le norme urbanistico-territoriali vigenti"); si basa su finanziamenti statali anche per la gestione ordinaria dei parchi regionali "... superando l'anacronistica esclusione tuttora vigente", sui fondi dell'Unione Europea, sulla "fiscalità ecologica" purché sia molto chiaro che questo tipo di entrate non potranno che essere aggiuntive, e su modifiche alle procedure di finanziamento che superino logiche del tipo degli "stati di avanzamento" dei lavori.
In questa impostazione c'è pochissimo di pilatesco. Al contrario, mi pare che la Commissione parlamentare si sia impegnata su temi molto delicati (si pensi al tormentone sui piani dei parchi e sul loro rapporto con le norme urbanistiche e con gli strumenti urbanistici esistenti) indicando la direzione dell'ulteriore lavoro da compiere per superare problemi che oggi sono o appaiono insuperabili.
In questo futuro sistema nazionale delle aree protette l'ente parco non ("non") sarà un nuovo ente territoriale ma dovrà restare ente con personalità di diritto pubblico, con una sua autonomia, in grado di avere una attenzione ed un impegno particolari verso i vari soggetti impegnati nel raggiungimento di finalità analoghe o complementari a quelle del parco, compreso il sostegno ad attività economiche anche tradizionali, da rendere compatibili ai compiti di tutela, o con l'attivazione di marchi agricoli o artigianali ("... a testimonianza della qualità in essi prodotta incorporata per il fatto di provenire dai territori protetti") ed una specialissima attenzione verso la cultura di fondo presente nella struttura sociale allo scopo di "rivitalizzare le specificità locali, le tradizioni, e le culture sommerse".
Non mi sogno di affermare che il documento della Commissione parlamentare abbia sciolto tutti i nodi e fornito risposte a tutti i quesiti che ci perseguitano.
Non è così. Perfino sulle questioni prese in esame, esistono cadute di attenzione e risposte poco condivisibili. Esiste un ventaglio di temi da ripensare in un confronto aperto e risolutore.
Ne cito alcuni, quasi a caso: la composizione dell'ente parco; i rapporti tra le comunità del parco e gli altri organi di gestione; il destino del corpo forestale e della Azienda forestale dello Stato; i temi dell'informazione e della comunicazione dei parchi; le scelte da compiere nello spirito della Bassanini; il ruolo delle Regioni e degli Enti locali.
Tuttavia mi pare innegabile che anche dal Parlamento, oltre che dalla prima conferenza nazionale, sia venuto un aiuto importante al nostro lavoro, che sarebbe sciocco (ed autolesionistico) ignorare o sottovalutare.
Certo, la questione del ruolo delle Regioni e del sistema delle autonomie locali non può essere vista come una delle questioni da approfondire, essendo uno dei pilastri che reggono (o fanno crollare) I'intero edificio. Basta ricordare i molti, precisi interventi dell'assessore di una regione che ha fatto dei parchi una parte grande della sua politica complessiva, Stefania Pezzopane, per riscontrare una serie di lacune nel documento della Commissione, o, per dirla più chiaramente, per toccare con mano la distanza che tuttora permane tra chi guarda alle tematiche dei parchi da Roma e dalle aule parlamentari, e chi, spesso in assoluta solitudine, affronta gli stessi problemi nelle Regioni e nei Comuni.
Quando fossimo riusciti a rendere operativi tutti i suggerimenti contenuti nell'utilissimo documento voluto dalla Commissione ambiente e varato a dicembre, dobbiamo sapere che senza il contributo attivo della maggioranza delle Regioni italiane, e della parte più attenta dei Comuni e delle Province, il sistema nazionale delle aree protette risulterebbe sgangherato e inadeguato.
Perciò è in quella direzione che ora occorre puntare tutta la nostra attenzione e tutte le nostre energie, affinché - in uno spirito di leale collaborazione, attuando la Bassanini e lavorando sui risultati della prima conferenza e dell'indagine parlamentare - si apra davvero una seconda fase nella vita delle aree protette, nazionali, regionali o locali che esse siano.

Redazione Parchi