Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 24 - GIUGNO 1998
 

Il ruolo della biodiversità nei progetti di sviluppo sostenibile nel Parco regionale del Gigante
Michela Ingaramo *
 

Introduzione
La perdita di biodiversità (cioè la variabilità tra gli organismi viventi) di cui siamo testimoni è dovuta ad un insieme di cause, spesso coesistenti, che si possono ridurre a tre fondamentali: alterazione e distruzione di habitat (unanimemente ritenuta come la causa antropica principale) (Wilson, 1985), sostituzione da parte di specie alloctone o esotiche e sfruttamento eccessivo.
La necessità di proteggere la biodiversità è ormai ampiamente riconosciuta e ha condotto, tra le altre cose, alla Convenzione sulla Diversità Biologica, firmata all'Earth Summit di Rio de Janeiro del 1992, che riconosce che ogni strategia per rallentare la perdita di biodiversità ed aumentarne il contributo allo sviluppo deve integrare tre elementi essenziali: conservazione della biodiversità, uso sostenibile dei suoi componenti ed equa divisione dei benefici.
Le aree protette sono luoghi dove questi requisiti possono e devono essere soddisfatti; dal IV Congresso Mondiale sui Parchi naturali e Aree Protette (Caracas, 1992) è infatti emersa la nuova visione di tali aree poste al centro di strategie di sviluppo sostenibile e strettamente connesse con le aree e le società circostanti, dal cui legame possono scaturire benefici ambientali, sociali ed economici per e dal parco stesso.
Le aree protette hanno quindi gli obiettivi di proteggere la biodiversità, promuovere lo sviluppo socio-economico delle popolazioni locali, promuovere l'educazione e la sensibilizzazione ambientale nello sforzo di integrare l'Uomo e la Natura nell'Ambiente.
Tra gli strumenti più efficaci nello spingere verso la conservazione ed uso sostenibile della biodiversità ci sono le strategie che promuovono il coinvolgimento e la partecipazione sociale nella gestione della biodiversità stessa. Il nuovo paradigma della conservazione riconosce infatti l'importante ruolo delle comunità locali nelle dinamiche della biodiversità. E quindi fondamentale comprendere i diversi aspetti delle influenze antropiche e delle forze che ne stanno alla base, per definire priorità e organizzare misure di conservazione e uso sostenibile delle risorse naturali.
Di conseguenza gli organi di gestione dei parchi naturali spesso devono mediare tra gli interessi contrastanti di chi beneficia e usa del territorio del parco e le scelte gestionali dovrebbero essere basate su tre variabili: il valore ambientale dell'area protetta, i benefici sociali e le considerazioni economiche. Il modo in cui queste variabili sono ottimizzate influenza pesantemente sia la qualità delle risorse naturali del parco che quella dell'esperienza personale dei visitatori e dei residenti.
La presente ricerca si inserisce in questo contesto, con l'obiettivo di mettere a punto un percorso operativo per l'ottimizzazione delle scelte gestionali, scelte che richiedono la conoscenza dei valori attribuiti alle valenze presenti nel parco dai diversi utenti.
 



Il caso di studio
L'area protetta presa come caso di studio è il Parco regionale dell'Alto Appennino Reggiano. Tre sono i concetti-chiave che costituiscono il quadro di riferimento della ricerca: biodiversità('), attività umane e sviluppo sostenibile.
Nell'ottica dello sviluppo sostenibile gli obiettivi del progetto possono essere grossolanamente divisi in due categorie: quelli riguardanti la biodiversità e quelli riguardanti le attività umane.
Con riferimento alla prima categoria, si è voluto vedere come e se la biodiversità fosse apprezzata all'interno e tra gli habitat selezionati e se fosse correlata al riconoscimento della necessità di tutelare ulteriormente gli habitat stessi.
Riguardo alle attività umane, si è voluto invece individuarne la compatibilità e idoneità nei vari habitat e, in ultimo, la fattibilità di esercitare, in un sito particolare, quella ritenuta più idonea.
Queste ultime considerazioni dovrebbero rappresentare la base del processo di decision-making da parte dell'organo di gestione.
Quale esempio di governo del parco è stato infatti ipotizzato che l'Ente gestore fosse nella necessità di individuare la compatibilità di S diverse azioni antropiche 2 (agricoltura biologica, zootecnia, silvicoltura, turismo ed escursionismo) in 7 diversi habitat (prato-pascolo, castagneto, bosco di latifoglie, bosco di conifere, faggeta, brughiera a mirtilli e zone umide) costituenti il mosaico ambientale del parco. Gli habitat quindi sono stati considerati come le valenze del parco stesso.
Gli utenti del parco sono stati suddivisi in tre ampie categorie di "attori sociali" che si è ipotizzato avessero idee, sensibilità e priorità diverse rispetto al territorio del parco:

  • Turisti e villeggianti: con "priorità estetiche", con la ricerca del "bel paesaggio", basata soprattutto sulla percezione visiva;
  • Residenti nei comuni del Parco, con "priorità socio-economiche" che mirano a soddisfare questi criteri in loro favore;
  • Esperti in materia ecologica, con "priorità ecologiche".
    L'intera metodologia è stata articolata in fasi temporalmente distinte e successive, dove ciascuna ha fornito l'informazione necessaria per quella seguente.
La fase preliminare è costituita dal sondaggio per la raccolta di informazioni sulle opinioni dei tre gruppi di attori sociali. Nella fase successiva tali informazioni sono state prima analizzate e poi combinate insieme per fornire le considerazioni necessarie all'organo di gestione per l'ottimizzazione delle scelte gestionali.
Un sondaggio è stato realizzate per mezzo di interviste semi-strutturate ai turisti e questionari auto-amministrati per le altre due categorie di attori sociali. Con riferimento al solo gruppo dei turisti, I'intervista ha previsto anche l'utilizzo di due serie di fotografie degli habitat presi in considerazione. Una prima serie era costituita, per ogni habitat, da tre immagini: una raffigurante il particolare ambiente nella sua integrità e "purezza"; un'altra in cui si aveva la presenza di un fattore antropico, come una strada ecc.; ed infine l'ultima in cui il "fattore di disturbo" era rappresentato da altre comunità vegetali (e che costituivano quindi un aumento in biodiversità). Si è quindi chiesto all'intervistato di selezionare l'immagine preferita basandosi su criteri puramente estetici. L'obiettivo di questa fase è stato l'individuazione di quegli elementi (maggiore o minore ricchezza di specie floristiche, disturbo antropico) che giocano un ruolo fondamentale nell'orientare la scelta "turistica" della fotografia.
Per mezzo di distribuzioni percentuali si è potuto constatare che la foto dell' habitat misto è stata scelta più frequentemente rispetto a quella dell' habitat puro, il che significa che la biodiversità è apprezzata all' interno dello stesso habitat.
Un'altra tendenza degna di nota nella scelta "estetica" del turista riguarda il fatto che le fotografie con l'elemento antropico sono state generalmente preferite meno rispetto a quelle rappresentanti solo elementi naturali. Volendo ottenere anche una classificazione complessiva degli habitat in ordine di preferenza estetica, si è chiesto ai turisti di indicare quello da loro preferito.
Anche in questo caso sono state utilizzate delle fotografie (4 per ogni habitat), per dare una visione complessiva dell'insieme.
In questo caso la biodiversità non risulta essere apprezzata tra habitat diversi. Le distribuzioni percentuali dei risultati hanno evidenziato una netta maggioranza di preferenze per la brughiera a mirtilli (il 50% delle risposte), seguita dalle zone umide (20%), dal castagneto e dalla faggeta (10% ciascuno), dal bosco di conifere (7%) e dai prati pascoli (3%), mentre nessun intervistato ha scelto il bosco di latifoglie.
Le risposte non sono correlabili alla maggiore o minore biodiversità degli habitat ed infatti in questo caso altri fattori come "panorama", "spazi aperti" o "presenza di acqua" sono risultati più importanti nell'orientare la scelta della fotografia (come indicato dagli stessi intervistati). A tutti e tre i gruppi di attori sociali è stata anche chiesta un'opinione circa la necessità di ulteriori misure di tutela per i vari habitat.
Il test non-parametrico di Spearman ha mostrato che solo gli esperti correlano la biodiversità di un habitat con l'esigenza di proteggerlo e preservarlo. Ciò è di particolare importanza perché mostra la scarsità di informazione sulle aree protette e sull'ambiente naturale in generale. A conferma di ciò vi sono anche i risultati della seconda fase della ricerca, quella in cui si è voluto determinare
quale attività fosse più compatibile in quale ambiente. A tal fine si è utilizzato uno strumento di indagine detto Analisi delle Componenti Principali. Questa analisi ha messo in evidenza che per certi habitat (quali per esempio prati-pascoli in cui la zootecnia e l'agricoltura biologica sono considerati molto compatibili) c'è accordo di vedute tra i tre gruppi sociali, mentre invece per altri (soprattutto per le zone umide) c'è una discrepanza notevole tra ciò che è considerato più o meno compatibile dagli esperti da una lato e dai turisti e residenti dall'altro.
Da tutte queste considerazioni scaturisce la necessità (urgenza) di informare ed educare la gente comune poiché, come è stato evidenziato da Arcury (1990), c'è una relazione diretta tra conoscenza dell'ambiente e attitudine verso l'ambiente. Volendo però tenere in debita considerazione le opinioni di tutti gli attori sociali, così come anche considerazioni di carattere ecologico, è stato concepito un algoritmo matematico 3 che permettesse di indicare l'attività più idonea per ogni habitat. Tale algoritmo considera, per ogni habitat, la compatibilità delle diverse attività umane (secondo le opinioni di tutti i gruppi sociali considerati) e la biodiversità (secondo i soli esperti). L'ipotesi di lavoro che ha orientato la ricerca è stata che l'habitat con la biodiversità maggiore sia quello in cui le attività umane debbano essere esercitate di meno, in modo da preservarlo. Di conseguenza, sommando per ogni attività (riferita a ciascun habitat), le compatibilità espresse dai tre gruppi di attori sociali e dividendole per la biodiversità dell'habitat (valutata dagli esperti) si ottiene un indicatore dell'idoneità delle attività umane.
Come si può vedere nel grafico 1, I'escursionismo è risultato l'attività più idonea per tutti gli habitat tranne i prati-pascoli e i querceti (dove le attività da preferire sarebbero, rispettivamente, la zootecnia e la silvicoltura).
I boschi di conifere sono l'ambiente più adatto per quasi tutte le attività perché il loro livello di biodiversità è piuttosto basso e quindi, secondo l'assunto fatto all'inizio della ricerca, è più conveniente, dal punto di vista ecologico, esercitare attività umane su di essi che su altri habitat più "ricchi". Anche il castagneto ha un potenziale piuttosto alto per lo sviluppo di attività umane, soprattutto per l'escursionismo e in misura minore per la silvicoltura ed il turismo.
I rimanenti habitat invece, risultano essere molto meno idonei ad ogni tipo di attività umana dato il loro alto grado di biodiversità che potrebbe venirne compromesso. In generale, I'idoneità delle varie attività per i diversi habitat è ordinata nel modo seguente: escursionismo, silvicoltura, turismo, agricoltura biologica e zootecnia.
Questo dovrebbe essere l'ordine per definire priorità di sviluppo all'interno del Parco.
Sebbene le cifre ottenute da questo algoritmo e rappresentate graficamente nel Grafico l (omissis) non debbano essere considerate come valori statistici assoluti, ma debbano piuttosto essere utilizzate con la dovuta cautela ed integrate da ulteriori informazioni di carattere ecologico ambientale, esse hanno lo scopo di servire come indicazioni utili e significative per decidere sulle priorità d'azione. Questi risultati sono stati utilizzati per la messa a punto di uno schema di valutazione a criteri multipli per determinare la fattibilità di svolgere una determinata attività umana (come indicata dalla matrice) in un sito particolare.
Questa valutazione si pone gli obiettivi di riassumere gli elementi chiave di conservazione biologica relativi al parco e di descrivere gli aspetti più importanti delle relazioni tra il parco e le comunità locali così come i principali usi del territorio e delle risorse naturali presenti nel parco.
Lo schema proposto consiste nella raccolta di informazioni per dare una valutazione scientifica ed una gestionale. La prima terrà conto del valore scientifico (in termini di ricerca scientifica) del sito, della necessità di conservazione e di restauro ambientale, mentre la seconda includerà il potenziale di sviluppo dell'attività considerata e la possibilità che emergano conflitti di interesse con le popolazioni locali, che potrebbero trasformarsi in un mancato ritorno economico.
Si giungerà a tali valutazioni attraverso criteri di carattere sia ecologico-ambientale che gestionale, relativi all'uso del territorio. Tutti i criteri vengono definiti su una scala qualitativa da 1 a 3.
La somma dei valori ottenuti da ciascuna valutazione ne definisce il punteggio finale. A questi giudizi ne va aggiunto anche uno "ecologico qualitativo" che tenga conto della presenza di specie rare e protette e di comunità relitte o endemiche. L'organo di gestione avrà infine il compito di combinare queste valutazioni nel processo decisionale. Esso potrà anche ponderarle in modo diverso poiché, come affermato da Hooper (1971) "coloro che prendono le decisioni dovrebbero interpretare i desideri della società e degli ecologi ed assicurare che le loro richieste siano conciliate con altre di diversa natura".
L'importanza di un tale approccio è duplice: da una parte integra gli aspetti di rilevanza della politica del parco, cioè quello economico, quello sociale e quello ambientale; dall'altra aiuta a conferire una certa "oggettività" al processo valutativo, proprio quando, dovendo considerare diversi fattori contemporaneamente, si corre il rischio di sovrastimarne uno e trascurare del tutto un altro. E chiaro che un procedimento selettivo, oggettivo e non univoco, contribuisce a garantire il successo di un piano di gestione; non bisogna infatti dimenticare che senza la partecipazione ed il supporto locale, molti sforzi di conservazione e di uso sostenibile falliscono.
Questa valutazione a criteri multipli è quindi un buon punto di partenza per piani di sviluppo, di conservazione o restauro ambientale perché ha il merito di evidenziare e razionalizzare gli aspetti più critici di una determinata scelta gestionale. L'utilità di questa metodologia sta nel fatto che essa include l'identificazione degli elementi critici che riguardano sia il territorio che le popolazioni del parco, e quella delle priorità biologiche o socio-economiche che potrebbero richiedere un approfondimento. Tutto ciò si traduce in un insieme di informazioni che consentono di progettare una gestione delle risorse ed uno sviluppo economico durevoli nel tempo.
 



Conclusioni
Scopo di questa ricerca è stata la messa a punto di uno schema operativo che potesse essere usato dagli Organi di Gestione delle aree protette per l'ottimizzazione delle scelte gestionali sull'uso della terra e sulle risorse naturali o, in altre parole, per assicurare che tali aree giochino un ruolo attivo nella vita economica e nello sviluppo delle popolazioni locali.
L'idea di integrare diversi gruppi sociali (a cui è stato chiesto di esprimere la propria opinione) in uno schema complessivo, con diverse fasi successive, valutato alla fine con una procedura a criteri multipli è utile in quanto può fornire benefici sia ambientali che socioeconomici. Un'analisi ambientale e socio-economica dovrebbe essere infatti il primo passo per valutare la potenziale sostenibilità di un piano in un'area specifica.
E ormai comunemente accettato che i progetti che mirano allo sviluppo sostenibile debbano considerare tutte le implicazioni di questo concetto, vale a dire il fattore economico, il contesto sociale e quello ambientale, con lo scopo di fare
un uso oculato delle risorse. L'efficacia di tale approccio risiede quindi nel ruolo dato ai diversi attori sociali a cui viene richiesto di esprimere la propria opinione su vari aspetti riguardanti il territorio del parco, opinioni che costituiranno la base per le decisioni che verranno prese dall'autorità competente. Ciò che emerge da questa ricerca è che conservazione ambientale, attività agro-silvopastorali e turismo verde e sostenibile rispettoso dei valori naturali, culturali e sociali presenti nel parco devono essere integrati in un "progetto complessivo" che deve partire dall'uomo che abita il territorio" (La Cecla, 1988).

*Laureata in scienze naturali, diplomata del Master
EAEME (European Association for Enviornmental
Management Education) in Gestione Ambientale.



sibliografia

1. Arcury, T.A., 1990. Environmental attitude and environmental knowledge. Human Organisation 49:300-304.
2. Elton, C.S. & Miller, R.S., 1954. The ecology survey of animal communities with a practical system of classifying habitats by structural characteristics. Journal of Ecology, 42:460-96.
3. Gehlbach, F.R., 1975. Investigation, evaluation and priority ranking of natural areas. Biological Conservation, 8:79-88.
4. Hooper, M.D., 1971. The size and surroundings of nature reserves. In: Duffey, E. & Watt, A.S. (eds.), The Scientific Management of Animal and Plant Communities for Conservation. Oxford, Blackwell.
5. La Cecla, F.,1988. Perdersi. L'Uomo senza Ambiente. Laterza, Roma-Bari.
6. Wilson, E.O., 1985. The biological diversity crisis: a challenge to science. Issues in Science and Technology,(fall):20-29.



NOTE

  • 1. Di solito la vegetazione è l'elemento più semplice usato per classificare gli ambienti naturali perché è presente quasi in ogni periodo dell'anno e può essere monitorata e contata più facilmente della fauna (Gehlbach, ]975). In questo studio solo la diversità floristica verrà presa in considerazione perché è stato assunto, come già affermato da Elton & Miller (1954), che la ricchezza faunistica sia in stretta relazione con la struttura della vegetazione.
  • 2. Le cinque attività sono state selezionate perché hanno un'importanza ambientale, sociale ed economica e sono incluse nell'Obiettivo Sb che fornisce parte dei fondi per il loro sviluppo.
  • 3. La compatibilità di ciascuna attività umana in ciascun habitat e la biodiversità di ciascun habitat sono state ranghizzate su scale rispettivamente 1-5 e 1-7 perché le dimensioni dei campioni di turisti, esperti e residenti non erano omogenee.