Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 25 - OTTOBRE 1998
 

L'esperienza dei Parchi emiliani
Intervista all'assessore della Regione Emilia-Romagna Renato Cocchi
Oscar Bandini



Assessore Cocchi, nell'ambito degli addetti ai lavori si insiste sul deficit di impegno delle regioni ricche del nord nei confronti del sistema delle aree protette, si sottolinea che anche la Regione Emilia-Romagna si stia un poco defilando non facendo pesare a sufficienza il proprio ruolo fino in fondo.






Non credo sia un problema di Regioni ricche o povere, del nord o del sud; bensì di Regioni che sul tema parchi fanno la loro parte e di altre che non l'hanno fatta e non la fanno. L'Emilia Romagna ritengo sia fra quelle che la loro parte l'hanno fatta, se è vero che nel nostro territorio, insieme a un Parco nazionale, quello delle Foreste Casentinesi, sono stati istituiti e sono attivi 13 parchi regionali e 12 riserve naturali. Certo non abbiamo finito, non siamo ancora al 10% del territorio ad "area protetta". Ci pare però sia finita la stagione in cui tutto si misurava e si risolveva con la corsa a istituire nuovi parchi. Oggi, oltre a istituire nuove aree protette, bisogna guardare di più al consolidamento di quelle esistenti, alla qualificazione e all'irrobustimento delle loro strutture ed attività. Poi in Emilia-Romagna abbiamo scelto di fare nuovi parchi a partire dal consenso delle comunità, voluti e proposti dal basso. E successo così che alcuni parchi previsti non si sono ancora fatti e se ne sono fatti di non previsti. Gli ultimi tre che sono partiti, di cui uno solo previsto dalla pianificazione regionale, sono scaturiti da proposte di legge di iniziativa dei Comuni. In questo modo continueremo a fare crescere il numero delle aree protette, magari più lentamente ma con passo più sicuro, perché è il passo della convinzione e del consenso.
In quanto al defilarci, al far valere il nostro peso, devo dire due cose. Sì, ci siamo un pò defilati da discussioni e confronti un po' rituali e ripetitivi che finiscono nel coro di "viva i parchi" e restano, invece, lontani dai problemi reali che si incontrano per affermare davvero i parchi e farne un "sistema" nazionale. Così come si resta lontani o si vuole sfuggire a quelle che alla luce dell'esperienza compiuta sono le ormai mature esigenze di aggiustamenti legislativi, politici e operativi. Del resto, non abbiamo rinunciato a proporre queste esigenze.
Ci abbiamo provato ad esempio nella discussione sull'attuazione della Bassanini. Siamo però restati pressoché soli a chiedere, anche per i parchi, cambiamenti nello spirito del "federalismo".
Le "resistenze" del Ministero hanno trovato molti alleati, tutto è rimasto fermo e, a mio parere, si è persa una occasione.






Insisto è mai possibile che a molti parchi nazionali (in particolare quelli del Sud) arrivino risorse consistenti che poi per deficit gestionali e programmatici in gran parte non vengono spesi mentre per i parchi regionali (soprattutto concentrati al Nord) il trasferimento di risorse è meno consistente e si avvertono in questa area del paese segnali di stasi o di arretramento in tema di parchi?






Il governo dell'Ulivo, meritoriamente, ha scelto i parchi come una priorità, ha aumentato i fondi a bilancio per i parchi. Non si può, però, non osservare che spesso sono soldi stanziati e non erogati, che sono per investimenti, lasciando irrisolta la maggiore sofferenza dei parchi che è la gestione, e soprattutto che sono destinati in gran parte ai soli parchi nazionali. E al riguardo c'è un grosso problema politico. Per il Ministero, come si è visto anche alla Conferenza nazionale, i parchi sono sempre più solo quelli nazionali. I parchi regionali non sono considerati o sono ritenuti di seconda categoria. Questo è grave e inaccettabile! Non solo perché penalizza i parchi regionali, ma perché non aiuta a costruire quel "sistema nazionale" delle aree protette che la 394 individua come nazionali e regionali, con pari dignità. In epoca di legge Bassanini, segna poi un passo indietro nella concezione e nell'esercizio del ruolo del Ministero. Non un centro di promozione, propulsione e indirizzo che governa un "sistema" sempre più affidato alla competenza diRegioni e Autonomie Locali, ma un Ministero di vecchio stampo che "gestisce" una parte del sistema, magari in concorrenza e contrapposizione con le Regioni. Ritorna, cioè, la questione che non si è voluto affrontare nella stesura del decreto legislativo Bassanini, quella di una nuova concezione e pratica "federalista" delle politiche ambientali in generale e dei parchi in particolare. Se con l'attuazione del DLgs 112 non si risolverà il problema di una adeguata dotazione finanziaria per le Regioni, garantita da nuove e consistenti fonti di entrate, anche per i parchi potranno esserci tempi davvero bui.






Credo che l'Emilia-Romagna debba ritornare al suo ruolo di elaborazione nel campo della valorizzazione ambientale così come previsto dal Piano Territoriale Regionale, in questo senso, assessore, può fornirci un sintetico consuntivo sul sistema regionale dei parchi della sua regione?






lo penso che per l'Emilia-Romagna non ci sia il problema di "tornare" al suo ruolo nel campo della valorizzazione ambientale. Lo stiamo già facendo! E che spesso si preferiscono gli "slogan", le affermazioni generali e generiche, rispetto all'esame e alla valutazione delle concrete, faticose, ma valide esperienze di governo.
Queste le stiamo facendo e non sono mai state interrotte. In quanto a un consuntivo sull'esperienza e il sistema dei parchi, lo faremo compiutamente in un convegno che abbiamo previsto entro l'anno, a dieci anni dall'entrata in vigore della legge regionale. Del numero delle aree protette ho già detto. In questi mesi giungono poi a conclusione molti interventi del primo programma di investimenti, e ne stiamo facendo partire un secondo da 30 miliardi: tutte risorse regionali. Insufficienti, invece, sono ancora i risultati nella attestazione delle strutture gestionali e delle attività.
I terreni principali su cui va concentrata l'attenzione e l'impegno per il futuro sono l'integrazione fra parchi, enti e comunità locali; la valorizzazione e promozione dei parchi con il loro inserimento nei circuiti culturali e turistici; il sostegno alle produzioni agricole e artigianali e, più in generale, alle "economie" compatibili dei parchi; nuove tipologie, nuove forme e nuove normative di "aree protette" in forte integrazione e interdipendenza con le azioni di tutela e promozione di tutto il territorio, a cominciare da quello montano. Di questo discuteremo, con l'intento di aprire una seconda più avanzata fase di esperienze in Emilia-Romagna.






A che punto siamo con il parco interregionale del Delta del Po e con quello nazionale dell'Appennino Tosco-Emiliano?






Nel Delta c'è e funziona, con un continuo miglioramento, il nostro parco regionale.
Il Veneto ha fatto una legge per l'istituzione del suo parco regionale. Da pochi mesi abbiamo, congiuntamente Emilia-Romagna e Veneto, avanzato una proposta al Ministro, per riprendere il confronto e giungere a una intesa per il parco interregionale. Siamo in attesa di una risposta e, nel frattempo, lavoriamo a fare funzionare il parco regionale.
Per il nostro parco nazionale dell'Appennino Tosco-Emiliano, è noto che come Regione non ne avvertiamo la necessità, esistendo un parco regionale, anzi più d'uno sul crinale, e non mancando, con il piano paesistico, misure di salvaguardia e tutela. La legge 344, ha positivamente previsto un percorso nuovo, che coinvolge gli Enti locali nella definizione del perimetro e caratterizzazione del previsto parco nazionale.
Si sta sviluppando una attività e una discussione molto impegnata e significativa fra gli Enti locali interessati; come Regione ci siamo impegnati ad assumere e sostenere la volontà che essi esprimeranno.

* della redazione di "Parchi"