Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 25 - OTTOBRE 1998
 

Il recupero naturale e paesistico
dei corsi d'acqua della pianura bergamasca
Mario Di Fidio



Seminario "Acqua e Territorio.
Rivivere il torrente Morla:
un progetto realizzabile Bergamo 12 giugno 1998




l Il recupero del torrente Morla come paradigma di un cambiamento culturale
Il Convegno di oggi, organizzato dal parco Colli di Bergamo e dalle Università di Milano e Bergamo, si colloca nel quadro di un vasto processo di revisione della politica di sistemazione dei corsi d'acqua, che si è sviluppato negli ultimi anni anche in Italia, coinvolgendo gradualmente le discipline idrauliche, territoriali e ambientali, la legislazione nazionale e regionale le autorità idrauliche, gli enti locali e l'intera società. Ritengo che il progetto per il recupero ambientale del Torrente Morla, con le sue ipotesi anche ardite (ad esempio la riapertura dei tratti coperti), abbia un significato paradigmatico, sia cioè l'occasione per riflettere sulla portata di un processo generale e sulle ricadute che esso potrà avere nella provincia bergamasca.

Se ripenso alle esperienze della mia vita professionale iniziata 33 anni fa come ingegnere idraulico e dedicata interamente alla difesa dell'ambiente, posso misurare la profondità dei cambiamenti in atto. Allora nessuno parlava di ingegneria naturalistica. La teoria e la prassi delle sistemazioni idrauliche erano ristrette a schemi meccanicistici.

Incontestato l'uso abnorme del cemento in sostituzione dei vecchi e saggi metodi di sistemazione, ormai accantonati e dimenticati dagli addetti ai lavori, diffusa la copertura di alvei urbani ormai trasformati in cloache, ma anche l'occupazione dissennata delle rive da parte di costruzioni disinvoltamente assentite dall'autorità idraulica o totalmente abusive.

Dobbiamo avere l'onestà di ammettere che, in questo triste processo di decadenza sviluppatosi dopo la 2° guerra mondiale, nessuno è innocente: non le popolazioni, tese a riscattare l'enorme frustrazione e sofferenza della sconfitta bellica con la ricostruzione, ma anche con la rincorsa al benessere a qualunque costo, non le istituzioni centrali e periferiche, che in troppi casi hanno abdicato alla loro funzione primaria di difesa del territorio, non il mondo della cultura e della scienza, spesso distratto e rinchiuso in particolarismi, incapace di sviluppare una visione sistemica, secondo cui il corso d'acqua non è solo un vettore idraulico, ma anche un essere vivente ed un depositario di una storia e di una cultura. E importante misurare la profondità della caduta per capire la dimensione dello sforzo che ci attende per la risalita. Qual è il punto in cui ci troviamo? Mi sembra che i cambiamenti in atto non siano solo il frutto di un lungo lavoro di promozione e sensibilizzazione di alcune élites. Più determinante a mio avviso è un movimento che parte dal basso, ossia dall'anima popolare che, come ieri era volto a dimenticare, oggi tende a riscoprire le proprie radici naturali e culturali: la gente rivuole i corsi d'acqua come erano un tempo, perché si è resa conto che non si vive di solo pane.

Rispetto a questo moto popolare, le istituzioni e la cultura (per non parlare dell'economia che sembra stare su un altro pianeta) sono in ritardo. Paradossalmente talvolta i Comuni sono più avanzati della Regione e dello Stato nella politica di ripristino dei corsi d'acqua, perché pur essendo esposti alle sollecitazioni dell'economia, che spinge al consumo del territorio, sono anche più vicini alla gente, che oggi è indirizzata in senso contrario.

Qual è dunque l'indicazione che emerge per le autorità idrauliche centrali e periferiche? Ritengo fondamentalmente una diversa apertura per affrontare problemi complessi, ma anche ricchi di potenzialità e sinergie. Innanzitutto sono necessarie intese sistematiche con i Comuni, da realizzare prima della progettazione degli interventi di sistemazione dei corsi d'acqua, per assicurare agli stessi un diverso respiro, includendo ampie fasce perimetrali. Poi una diversaqualità della progettazione, coinvolgendo fin dalla fase iniziale esperti naturalisti e paesaggisti. Infine un'apertura anche nei confronti di altri settori amministrativi (ambiente, territorio, agricoltura e cultura) che possono essere ulteriormente coinvolti, arricchendo i progetti con una molteplicità di nuovi interessi, funzioni e risorse. La chiusura corporativa e burocratica a difesa dell'esclusività dei saperi e delle competenze finisce sempre per penalizzare il settore che vi fa ricorso e con esso l'intera società.

2 Le rogge bergamasche: un patrimonio storico e culturale da tutelare e recuperare
Quando nell'estate 1997 sono giunto a Bergamo come Commissario regionale del Consorzio di Bonifica della Media Pianura Bergamasca, non potevo non mettere a fuoco tra i primi il problema del recupero dei valori ambientali delle rogge consortili. Si tratta di una rete estesissima di canalizzazioni, che misura oltre 500 km, cento di origine artificiale, ma sviluppata nel corso di molti secoli ed ormai perfettamente integrata con l'ambiente agricolo ed anche urbano. Ad esempio a Bergamo è a tutti evidente il valore ambientale della roggia Serio.

Quali sono le condizioni in cui ho trovato questo patrimonio? Parlo con franchezza, da ambientalista: pensavo peggio.

Certamente la rete delle rogge non è stata risparmiata da un processo generale di decadenza, visibile nel ridotto equipaggiamento vegetazionale delle rive nel parziale inquinamento delle acque, nei frequenti rattoppi cementizi dei materiali tradizionali (sassi, pietre) delle sponde, nella tombinatura di numerosi tratti interessati dalle nuove urbanizzazioni.

Tuttavia la struttura storica fondamentale resiste ancora, a differenza di altri comprensori, dove è stata spazzata via da nuovi sistemi di irrigazione e di drenaggio totalmente cementizi, intubati o in rilievo sulla campagna. Siamo dunque ancora in tempo a salvare un patrimonio ambientale e culturale importante, lascito di tante generazioni di bergamaschi che hanno vissuto e lavorato su queste terre.
La sua perdita - irreversibile dal punto di vista culturale - sarebbe anche un colossale spreco di risorse, perché renderebbe necessari, più o meno breve scadenza, investimenti per il ripristino dell'equilibrio ecologico, mediante la creazione di nuove reti di biotopi in sostituzione di quella perduta.

Il Consorzio si è dunque messo sulla strada del ripristino e della valorizzazione ambientale e culturale del suo patrimonio, mediante un programma generale definito attraverso protocolli d'intesa con la Provincia, i Comuni e l'Azienda regionale delle Foreste. Tra gli interventi più maturi si ricordano il restauro del sistema di rogge - fontanili di Caravaggio (è imminente la firma di uno specifico accordo di programma) e la sistemazione della roggia Curna a Bergamo. A Caravaggio, accanto ad interventi di ripristino dei filari di alberi e cespugli lungo il percorso extraurbano di numerose rogge, verrà realizzato un progetto più complesso per la riqualificazione paesaggistico - ambientale della roggia Bassa nel centro storico, comprensivo degli spazi aperti circostanti.

Il progetto di sistemazione della roggia Curna interessa un tracciato storico tra i più affascinanti all'interno del parco dei Colli di Bergamo ed è stato in questi mesi integralmente rifatto secondo una concezione ambientale, per soddisfare le nuove esigenze di allontanamento delle acque di pioggia (la funzione irrigua purtroppo è ormai perduta), conservando il più possibile il tracciato e le sezioni (con il loro equipaggiamento vegetale) e migliorando i manufatti di attraversamento esistenti. Il pericolo era quello di costruire di fatto un nuovo collettore di fognatura a cielo aperto. L'obiettivo è invece quello di realizzare una struttura di alta qualità ambientale, con una più accurata progettazione non solo idraulica, ma anche paesistica, che ovviamente è più costosa. In questo caso è stata realizzata un'intesa specifica con l'ente finanziatore del progetto, ossia la Regione.

Un problema simile si ritrova su scala generale, con riferimento alle manutenzioni straordinarie delle murature spondali di molte rogge.

Durante le asciutte primaverili, frequentemente vengono eseguiti rappezzi con calcestruzzo di antichi muri in ciottoli e pietrame franati, con una lenta ma inesorabile distruzione dei valori storico - culturali.

Ritengo che la bonifica debba affermare una ben diversa prassi manutentiva, ma nasce un problema di costi maggiorati, in tale caso da attribuire agli utenti - contribuenti. E mi chiedoin particolare se sia giusto caricare un ulteriore peso sulle spalle dell'agricoltura, che in questo modo finisce per essere non valorizzata, ma penalizzata come gestore di un patrimonio culturale che è di tutta la collettività. E chiaro che, se vogliamo veramente conservarlo, dobbiamo cambiare le regole con un sistema di incentivi da parte di istituzioni superiori (Stato, Regione) ed anche con una diversa ripartizione dei costi tra utenza agricola ed extragricola, ossia urbana. Sono convinto che i cittadini, adeguatamente coinvolti, siano disponibili a fare subito la loro parte, ma lo Stato e la Regione sono consapevoli che - trattandosi di beni culturali della Nazione - non possono chiamarsi fuori?

Tra i beni culturali che il Consorzio intende tutelare e valorizzare, ci sono anche i manufatti storici di derivazione delle acque irrigue dei fiumi bergamaschi, a partire dal Serio (a Villa Serio, Nembro, Albino e Comenduno). D'intesa con i Comuni e la Comunità montana, si sta lavorando ad un progetto di valorizzazione museale, collegato ai programmi di educazione ambientale nelle scuole.

3 I corsi d'acqua naturali e artificiali:
una sola rete da gestire in forma integrata

Parallelamente alla politica di recupero ambientale delle rogge consortili, è stata avviata una nuova politica di gestione integrata delle reti idriche superficiali. La realtà determinata dallo sviluppo territoriale degli ultimi decenni è ormai sotto gli occhi di tutti e collide con la separazione delle competenze, tenacemente difesa dal conservatorismo burocratico, perché nella pianura bergamasca si è ormai realizzato un intreccio inestricabile tra corsi d'acqua demaniali, canali d'irrigazione e di bonifica e reti di fognatura urbana. Perciò in molti casi un'opera di bonifica ai sensi del T.U. 215/33 ha anche caratteristiche di opera di sistemazione di corsi d'acqua demaniali ai sensi del T.U. 523/04 e viceversa. Ed è difficile sostenere che le vasche di pioggia realizzate dai Comuni ai sensi della legge 319/76 non abbiano anche effetti idraulici positivi sui corsi d'acqua demaniali e sui canali di bonifica a valle delle reti di fognatura urbane, potendo quindi di volta in volta coerentemente proporsi anche come opere interessanti le sistemazioni idrauliche e la bonifica.

Da questa situazione imbarazzante e penalizzante sul piano dell'efficienza si potrà uscire solo se Stato e Regione sapranno avviare una riforma organica dell'intero settore. Su questa strada il Consorzio di Bonifica si è già messo cercando di agevolare, attraverso un sistema di intese locali, l'integrazione delle reti idrauliche e le sinergie tra i diversi soggetti istituzionali interessati.
In particolare:

  • ha firmato un'intesa generale con la Provincia per realizzare
  • mediante accordi di programma che coinvolgono i singoli Comuni
  • le vasche di pioggia (il programma più avanzato è quello di Ciserano)
  • ha chiesto formalmente alla Regione e allo Stato di gestire, con l'istituto della concessione, le opere di sistemazione idraulica interessanti numerosi, piccoli corsi d'acqua di competenza rispettivamente regionale e statale (tra cui il Torrente Morla); per ogni corso d'acqua si prevede di realizzare uno specifico progetto di sistemazione con metodi di ingegneria naturalistica, concordato con i Comuni territorialmente interessati, per coinvolgere le superfici adiacenti alle rive.

Il futuro del Torrente Morla e di tanti altri corsi d'acqua minori va dunque discusso anche in questa prospettiva. Ma va ricordato che non è certo la prima volta che il Consorzio di bonifica si occupa dei corsi d'acqua demaniali. Infatti fino a pochi anni fa esso esercitava anche le funzioni di Consorzio idraulico di 3~ categoria ai sensi del T.U. 523/04 per il fiume Serio ed i torrenti Cherio e Morla ed in questa veste ha progettato e realizzato il canale scolmatore del Morla nel Serio. Inoltre, pur non avendo competenze formali per le opere idrauliche di interesse regionale (4a e 5a categoria e non classificate), il Consorzio ha realizzato importanti opere idrauliche, come lo scolmatore dello Zerra nel Serio e il Canale di Gronda Sud, che collega il Morletta al Serio (in corso di ultimazione), opere tutte che interessano anche la bonifica, ma non in termini esclusivi, per il ricordato, inestricabile intreccio delle reti idriche. Va detto quindi che il Consorzio di Bonifica un po' ha collaborato con le autorità idrauliche centrali e un po' le ha surrogate, sopperendo alle loro numerose lacune. Oggi il pendolo della storia del centralismo torna notevolmente a spostarsi verso il decentramento ed è il momentodei bilanci. So di dire cose sgradite, ma la verità è che Stato e Regioni sono intervenuti troppo saltuariamente e non sempre correttamente sui piccoli e medi corsi d'acqua. Certo l'organizzazione sul territorio degli uffici idraulici centrali non è più quella dell'epoca del Prof. De Marchi, ma anche le dimensioni dei corsi d'acqua locali sono troppo distanti dagli interessi delle istituzioni centrali. In questo senso, il legislatore del 1904, che non pretendeva di riservare ogni intervento alle autorità centrali, era stato più saggio. Negli ultimi decenni Stato e Regione, avendo sopravvalutato la propria capacità organizzativa e finanziaria, hanno di fatto ridotto fortemente gli interventi di manutenzione, con il risultato che oggi la maggior parte dei piccoli corsi d'acqua versa in cattive condizioni.

Diverso è il bilancio del Consorzio di Bonifica, ente locale funzionale che, pur con tutti i suoi difetti, non ha mai abbandonato a sé stessa nessuna delle sue rogge, come è avvenuto per troppi corsi d'acqua demaniali. Saggezza vorrebbe che si riconoscessero al Consorzio di bonifica nuove funzioni e responsabilità autonome, conformemente al principio di sussidiarietà, anche per la gestione dei piccoli corsi d'acqua, in modo tale da trasferirlo in un'agenzia di riferimento non solo dell'agricoltura, ma anche del territorio e della difesa del suolo.

Su questa strada si è messo il recente progetto di legge della Giunta regionale per la modifica della normativa in materia di bonifica e di irrigazione, il quale prevede che i Consorzi di bonifica assumano anche le funzioni di Consorzi idraulici per le opere di interesse regionale.

C'è un'ultima considerazione importante da fare: se non si cambia la strategia delle sistemazioni idrauliche, fatalmente proseguirà il processo storico di canalizzazione dei piccoli corsi d'acqua, investiti da sempre maggiori masse

d'acqua di pioggia di origine urbana, che non riescono a smaltire negli alvei tradizionali. A questo processo, strettamente connesso con la crescente urbanizzazione del territorio, si è reagito con le sistemazioni in alveo, allargando e impermeabilizzando le sezioni e con i canali scolmatori, che spostano le portate esuberanti da un recipiente all'altro: nell'un caso e nell'altro si tratta di manipolazioni della rete idrica naturale, che rendono sempre più difficili e precari gli equilibri idrologici e naturali.

La strada corretta è un'altra e consiste nel trattenere subito a valle degli abitati le portate di pioggia esuberanti in apposite vasche di laminazione con ulteriori funzioni di cattura di un'importante aliquota del carico inquinante e di ravvenamento della falda freatica. Per questo motivo il Consorzio di bonifica si è impegnato nella costruzione di una rete completa di vasche di pioggia (circa un centinaio), che assume importanza strategica per una nuova, più equilibrata politica della bonifica e delle sistemazioni idrauliche nel suo comprensorio.

Chiudo questa mia breve relazione sintetizzandone i punti fondamentali:

  • è necessario un cambiamento culturale dalla separazione all'integrazione dei saperi, nel segno di un ricupero di valori tradizionali;
  • il ricupero ambientale del sistema idrico bergamasco richiede un grande progetto, che faccia sognare e impegni le prossime generazioni; ce lo chiede la gente e non possiamo deluderla;
  • c'è bisogno di riforme legislative e amministrative, ma senza fare tabula rasa all'insegna del nuovo a tutti i costi, bensì valorizzando esperienze e tradizioni di autogoverno ancora vive, come quella dei Consorzi di Bonifica, da aggiornare a servizio della società moderna.

*esperto ambientale