Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 26 - FEBBRAIO 1999
  Assemblea generale della Federazione dei Parchi e delle Riserve naturali
Firenze, Centro Congressi - 29 gennaio 1999
Relazione di Enzo Valbonesi *


Il riferimento ai Parchi che ha fatto il Presidente della Repubblica nel messaggio di fine anno alla nazione testimonia, meglio di qualsiasi altra cosa, l'importanza e l'attenzione crescente verso le aree protette ed il fatto che esse stanno diventando, sempre di più, un elemento di identità e di orgoglio nazionale: in sostanza esse stanno entrando nel senso comune, nel cosiddetto sentire collettivo dei cittadini del nostro Paese.
Questo fatto altamente significativo è il risultato da un lato della crescita quantitativa e qualitativa dei nostri Parchi, registratasi in questi ultimi anni e dall'altro è certamente anche il frutto della la conferenza nazionale delle Aree Protette, svoltasi nel 1997, che per la prima volta ha posto di fronte alle istituzioni e più complessivamente all'attenzione dell'opinione pubblica, il tema della tutela del nostro patrimonio naturale più pregiato.
Di questo riferimento ai Parchi, in un discorso così solenne, dobbiamo essere riconoscenti al Capo dello Stato che vorrei ringraziare, a nome di tutti voi, con l'invio, da questa Assemblea, di un messaggio di sincera gratitudine.
Ha fatto bene il Presidente Scalfaro a richiamare i Parchi nel suo messaggio al Paese perché è anche grazie ad essi che oggi l'Italia può dire di entrare in Europa a testa alta in quanto è riuscita a dimostrare, in primo luogo a se stessa, di avere la volontà e la capacità di proteggere il proprio patrimonio naturale più importante, uno dei patrimoni più ricchi di biodiversità dell'intero continente.
Abbiamo infatti colmato in poco tempo il divario che ci divideva dagli altri Paesi dell'Unione rendendo evidente (come è avvenuto per l'Euro) che anche gli obiettivi più difficili si possono raggiungere a patto si riesca a suscitare passione, unità d'intenti e appunto, lo ripeto, orgoglio nazionale intorno ad obiettivi di alta qualità; qualcosa in sostanza per cui valga davvero la pena di impegnarsi e, se necessario, compiere dei sacrifici.
Anche i Parchi stanno contribuendo quindi all'europeizzazione dell'Italia ed all'aumento della sua credibilità internazionale.
Tutto questo grazie anche ai notevoli passi in avanti compiuti in questo campo nel corso del 1998 e più in generale negli ultimi tre anni.
Nell' anno che da poco ci siamo lasciati alle spalle si sono succeduti fatti ed atti legislativi particolarmente significativi, destinati ad influenzare, secondo me positivamente, lo sviluppo futuro della politica per la conservazione e la valorizzazione del nostro patrimonio naturale.
Vorrei richiamare quelli che io ritengo siano i più importanti, sperando che gli interventi che seguiranno integrino questo mio elenco sicuramente incompleto.
Inizio dal d.l. 112/98 sul Decentramento Amministrativo che ha segnato un punto di chiarezza, certamente non del tutto soddisfacente nei suoi contenuti di merito da parte del sistema delle regioni e delle autonomie locali, circa le funzioni e le competenze nazionali e regionali nel campo della protezione della natura. Su questo punto c' è semmai da rilevare, in negativo, che con il d.l. 112 è stato soppresso, senza sostituirlo con alcuno strumento di concertazione interistituzionale, il Programma Triennale per le aree naturali protette. Questo fatto noi lo ritenevamo allora e lo riteniamo ancora oggi un errore, una miopia politica, così come continuiamo a criticare, anzi alla luce dei fatti ne siamo più che mai convinti, lo scioglimento del comitato nazionale per le aree protette quale sede di concertazione e di cooperazione permanente tra Ministeri e Regioni.
Nel corso del 1998, però, hanno anche iniziato a funzionare positivamente e con successo, dopo non poche difficoltà che si erano determinate nella fase istitutiva, il PN dell'Arcipelago Toscano, quello dell'Arcipelago della Maddalena e quello dell'Asinara, mentre per quello del Gennargentu si dovrà aspettare ancora, purtroppo, a causa di una reazione violentissima attuata da parte di gruppi organizzati decisi a mantenere la piena sovranità su quel territorio per fini tutt'altro che legittimi, reazione che ha visto una risposta troppo debole da parte delle Istituzioni locali e della stessa Regione Sardegna.
Nel corso del '98 sono anche stati avviati e stanno tuttora procedendo, seppure molto lentamente, i lavori per l'istituzione dei Parchi Nazionali previsti dalla 1. 344 del '97 (Sila, Cinqueterre, ed Appennino Tosco-Emiliano). Solo per l'Appennino Tosco-Emiliano si può però davvero dire si sia aperta una fase di lavoro davvero utile e virtuosa attraverso un largo confronto tra le istituzioni locali e tra queste, la popolazione residente e le realtà sociali, economiche e culturali del territorio. E infatti in corso per questo Parco una consultazione ed una informazione vera delle popolazioni interessate che crediamo andrebbe svolta ovunque si sta per costituire una nuova area protetta, nazionale o regionale che sia, perché solo così si può avviare con il Parco un processo sufficientemente condiviso, chiaro nei suoi obiettivi strategici e soprattutto che non lasci spazio ad equivoci ed a opposizioni che il più delle volte fanno leva proprio sulla disinformazione e sulla confusione.
Anche sul versante dei Parchi Regionali il 1998 ha segnato una crescita qualititativa con l'istituzione di alcuni nuovi Parchi e Riserve e soprattutto con l'emanazione delle leggi di adeguamento alla 394 da parte di alcune Regioni.
Per quanto riguarda le aree protette regionali permane ancora, purtroppo, un evidentissimo divario tra il Nord ed il Centro da un lato ed il resto del Paese (Sud ed Isole) dove praticamente, se si fa eccezione per la Sicilia, non esistono aree protette regionali e locali.
Il permanere di questa situazione, contrassegnata per il Sud dalla presenza dei soli Parchi Nazionali, rischia a mio parere di determinare, di fatto, una voluta e molto pericolosa deresponsabilizzazione delle Regioni e delle Istituzioni locali rispetto a questa politica che è strategica per fondare uno sviluppo vero, incentrato sulla conservazione, delle risorse naturali e non sulla loro distruzione per questa parte d'Italia. Una politica che, proprio perché strategica, non può non avere come attori principali le istituzioni Regionali, Provinciali e Comunali.
Anche per questa ragione dobbiamo spingere perché soprattutto al Sud si costituiscano in tempi rapidi nuove aree protette regionali attraverso un forte impegno di Regioni ed istituzioni locali che non debbono continuare ad assegnare ai soli Parchi Nazionali, spesso visti solamente come un'ulteriore occasione di finanziamento statale, la missione di conservazione e di valorizzazione del territorio più pregiato sotto il profilo ambientale.
Nella nostra concezione e per come si dovrebbe articolare in Italia l'organizzazione e la legislazione nazionale, le aree protette regionali rappresentano un elemento essenziale del complesso e per certi versi originale sistema italiano dei parchi e delle riserve naturali.
Da noi, contrariamente agli altri Paesi europei, oggi, non esiste, di fatto, concretamente quasi nessuna differenza in termini di qualità dei valori ambientali, di finalità generali e specifiche e di complessità territoriale, tra parchi regionali e nazionali, che non sia quella del livello istituzionale (nazionale o regionale) che ne ha determinato la costituzione e ne regola l'attività.
Per questa ragione, senza con ciò volere sottacere o annullare le peculiarità che caratterizzano i Parchi Nazionali, noi riteniamo sia sbagliato compiere, come spesso fa il Ministero dell'Ambiente, una sorta di gerarchizzazione, una graduatoria di importanza impostata sulla base dell'eccellenza dei valori ambientali presenti e del grado di tutela che è garantito nei Parchi Nazionali o nei Parchi Regionali. E sbagliato in primo luogo perché ciò non corrisponde alla realtà ed è sbagliato perché questo modo di pensare prelude poi, nei fatti, alla disarticolazione del sistema, alla negazione della sua unitarietà che è 1' errore più grave che si possa commettere.
Le diversità tra Parchi Nazionali e Parchi Regionali stanno, semmai e non sempre, nel fatto che molti Parchi Nazionali insistono spesso sul territorio di più Regioni e per questo hanno bisogno di una ricomposizione unitaria sotto il profilo normativo e poi perché essi rappresentano, più dei Parchi Regionali, l'intelaiatura dei grandi sistemi fisico-naturali (gli Appennini soprattutto) alla cui scala dobbiamo cercare di promuovere azioni di sistema, di area vasta e multisettoriali, in un'ottica appunto di rete ecologica nazionale. Ma su questi temi della classificazione delle aree protette, per compiere una utile ed approfondita riflessione anche comparando la realtà italiana con quella degli altri Paesi europei, svolgeremo un seminario nazionale, insieme al Centro studi Valerio Giacomini, alla Provincia di Bologna ed all'UPI.
Sul versante dei Parchi Regionali quello che ci preoccupa maggiormente, però, è il permanere di un insufficiente impegno di molte, troppe Regioni, verso le proprie aree protette. Un disimpegno che riguarda soprattutto il profilo delle risorse finanziarie che se non sono adeguate ai bisogni più minimi rischiano di vanificare anche le migliori e più nobili intenzioni.
Come Federazione stiamo lavorando e insistendo da mesi perché il Ministero dell'Ambiente riproponga uno stanziamento di risorse nazionali anche per le aree protette regionali, in analogia a quanto è avvenuto con il 1° Programma Triennale per le aree protette.
Il Ministro Ronchi ci ha assicurato la sua volontà e la sua piena disponibilità ad accogliere questa istanza con i fondi previsti nel bilancio del suo Ministero fin dall'esercizio finanziario 1999.
Per formalizzare politicamente questa positiva volontà, che vogliamo valorizzare appieno, stiamo lavorando perché si svolga entro breve un incontro tra il Ministro Ronchi ed il Presidente della Conferenza permanente delle Regioni e delle province autonome per definire un'intesa in questo senso. Un'intesa che, però, sia anche volta a garantire un maggiore impegno delle Regioni, di tutte le Regioni, per finanziare con maggiori risorse i propri parchi, per adeguarsi alla 1. 394, per avviare, soprattutto al Sud, l'istituzione delle aree protette regionali ed infine, come nel caso della Lombardia, per non ridurre, come invece nei fatti sta avvenendo, il loro peso istituzionale e la loro funzione di conservazione del territorio. A Milano, svolgeremo nel prossimo mese di Marzo, insieme ai Parchi Regionali ed alle principali Associazioni Ambientaliste della Lombardia una manifestazione per denunciare questa situazione e per sensibilizzare l'opinione pubblica. Tutto questo con l'obiettivo di impedire che il Consiglio Regionale approvi una legge, in corso di predisposizione, orientata a ridurre i Parchi a enti buoni solo per fare educazione ambientale e immagine ma privandoli di qualsiasi reale potere di programmazione d'uso e di controllo del territorio.
A nostro avviso è fondamentale che tra Ministero dell'Ambiente, Regioni e sistema delle Autonomie locali, a proposito delle aree protette, si rafforzi il dialogo e la concertazione. Per questo illustreremo una nostra precisa proposta sia al Ministro Ronchi, sia al Presidente Chiti, affinché si crei, a latere della Conferenza Stato-Regioni, un comitato che veda la partecipazione della rappresentanza delle Regioni, delle Province, dei Comuni, delle Comunità Montane, dei Ministeri interessati e dei Parchi, attraverso la nostra Associazione, con funzioni di raccordo istituzionale e di concorso alla attività della Conferenza stessa, relativamente alle questioni che attengono in generale alla conservazione della natura ed in particolare alle aree protette.
Si tratterebbe di un organismo, oltre che utile per dare continuità e sistematicità ad una vera e seria cooperazione istituzionale, anche perfettamente legittimo e coerente con il nuovo sistema di rapporti tra Stato centrale, Regioni ed Autonomie sancito dalla riforma Bassanini ed espressamente contemplato dallo stesso d.l. 281/97. Oltre a ciò proporremo al Ministro dell' Ambiente, mi auguro d' accordo con la maggioranza dei Presidenti dei Parchi Nazionali, la costituzione di una consulta permanente degli Enti Parco Nazionali intesa come sede di confronto, formalizzata e regolamentata, allo scopo di rendere più produttivi gli incontri tra Ministro ed Enti Parco e perché essi possano contribuire, alla luce della propria esperienza gestionale, alla formazione delle scelte strategiche e programmatiche che in questo campo il Ministero dell'Ambiente dovrà compiere.
Il rafforzamento della cooperazione istituzionale noi la riteniamo oggi più indispensabile che mai, non solo per fare decollare le politiche di sistema (APE, Convenzione delle Alpi, ITACA ecc.) e per sostenere il consolidamento dei Parchi Nazionali e Regionali esistenti, ma soprattutto in relazione alla grande e difficile sfida che è connessa alla messa a regime delle 15 Riserve marine già istituite ed all'istituzione di quelle programmate dalla 1. 394 e dalla più recente 1. 426/98.
Sulla protezione del nostro mare e sulla creazione di una rete diffusa di Parchi e di Riserve marine si apre ora il secondo capitolo, dopo quello delle aree protette terrestri, della politica nazionale di conservazione delle nostre risorse ambientali.
Un capitolo irto di difficoltà, non fosse altro perché sul mare, ancora di più che per le aree protette terrestri, si intrecciano nodi complicatissimi, anche di carattere internazionale, ma soprattutto perché è ancora pochissimo diffusa la percezione della situazione di degrado esistente e quindi manca, o non è sufficientemente forte, la consapevolezza di dovere agire in fretta per non pregiudicare definitivamente l'immenso patrimonio di biodiversità esistente e per avviare una valorizzazione delle nostre isole e delle nostre coste davvero sostenibile.
Ciò che è accaduto quest'estate a Portofino deve farci riflettere e capire che in molte delle realtà interessate dalla costituzione delle Riserve Marine si condensano interessi così forti e così specifici che, se toccati e messi in discussione, sono in grado di scatenare reazioni ben più incisive di quelle che abbiamo conosciuto quando si è trattato di costituire i Parchi e le Riserve terrestri. Per questa ragione la loro istituzione e le fasi iniziali della gestione debbono essere precedute da intese molto forti e precise tra le istituzioni interessate e da un confronto molto serrato tra queste, le popolazioni residenti, le realtà economiche presenti e le associazioni ambientali. Un confronto che deve tenere ben presente, quando si tratta delle piccole isole, lo spirito, l'orgoglio ed il forte senso di appartenenza che caratterizza quelle comunità e che le distingue da tutte le altre.
Su questo tema delle aree protette marine io non mi dilungo oltre e rimando alla lettura del documento specifico e dell'ordine del giomo che abbiamo predisposto e che sottoporremo all' approvazione dell'Assemblea dei soci della Federazione.
Le novità sostanziali e più significative registrate nel corso del 1998 e destinate a segnare il futuro cammino dei Parchi Italiani, sono costituite però, a mio avviso, dalla approvazione della legge "Nuove misure in campo ambientale" e dal Seminario di Catania "100 idee per lo sviluppo", organizzato dal Governo in vista della predisposizione della programmazione operativa degli interventi sui fondi strutturali 2000-2006.
La legge "Nuove misure in campo ambientale" contiene anche, come saprete, alcune modifiche ed integrazioni alla 1. 394/91. Nella parte relativa ai Parchi, ed al rapporto con la legge quadro, la legge 426 è stata preceduta da un vivace e non sempre facile confronto parlamentare che si è avvalso anche di due specifiche indagini conoscitive svolte, tra il 1997 e il 1998, sia dalla Camera che dal Senato.
Il risultato che ne è scaturito è stato un aggiornamento, molto parziale e non sempre lineare nelle soluzioni adottate, di alcune parti della 394, senza peraltro, come temevano in più d'uno, modificarne l'impianto complessivo e i principi di fondo.
A nostro parere la legge costituisce un passo positivo in avanti rispetto alla situazione precedente. La legge 426, rafforzando il peso della Comunità del Parco non ha fatto altro, a mio parere, che codificare una realtà già in atto, tendendo così a favorire una maggiore responsabilizzazione delle istituzioni locali intorno alle scelte ed alla vita del Parco. E stata poi riconosciuta ai Parchi Nazionali una maggiore autonomia gestionale, seppure ancora insufficiente, affidando loro alcune nuove competenze, come sono quelle sulle Riserve naturali dello Stato comprese al loro interno. La legge ha inoltre finanziato ed istituito due nuovi Parchi Nazionali (peraltro già previsti dalla 1. 394) e precisamente quello dell'Alta Murgia e quello della Val d'Agri e del Lagonegrese.
Si tratta nel loro complesso, lo ripeto, di modifiche funzionali ad una migliore gestibilità dei Parchi Nazionali che non ha toccato l'impianto generale della legge 394. Nonostante ciò queste modeste modifiche e le poche integrazioni introdotte hanno fatto gridare allo scandalo ed alla presunta volontà di scardinare i Parchi Nazionali da parte di chi, pur ergendosi a paladini ed interpreti dei bisogni dei Parchi Nazionali, non ha forse sufficiente dimestichezza con i loro reali problemi gestionali e con le questioni con le quali tutti i giorni gli Enti Parco sono chiamati a fare i conti; questioni che per essere risolte compiutamente avrebbero richiesto ben più corpose e incisive modifiche alla legislazione vigente (soprattutto alla 1. 70/75) ed a tante altre disposizioni in vigore, senza peraltro, lo ribadisco, avere per questo la necessità di cambiare né l'impianto, né la filosofia della Legge-Quadro.
I passaggi e le innovazioni più qualificanti della legge 426, relativamente alle Aree Protette, sono però altri rispetto a quelli a cui ho accennato finora.
Il primo è quello relativo al mare dove, a mio parere, si compie un passo in avanti significativo in termini di potenziamento delle strutture Ministeriali, di risorse finanziarie, di precisazione delle modalità gestionali delle riserve marine e si istituisce il cosiddetto "santuario dei cetacei". In sostanza, con la 1. 426, si sancisce la volontà di dare un forte colpo di acceleratore all' avvio delle nuove aree protette e più in generale alla protezione del nostro mare e delle nostre coste.
Il secondo è relativo a quella parte dell' art. 2 della 1. 426 che va sotto il titolo "Programmi nazionali e politiche di sistema" dove si impegna il Ministro dell'Ambiente, per i grandi sistemi territoriali dei parchi delle Alpi, delle Isole, delle aree protette marine e dell'Appennino, a promuovere accordi di programma per lo sviluppo di azioni economiche sostenibili, con i Ministeri per le Politiche Agricole, dell'Industria, dei Commercio e dell'Artigianato, del Lavoro, dei Beni Culturali, con le Regioni e con altri soggetti pubblici e privati.
Questo passaggio, insieme a quello che dà la possibilità alla Comunità del Parco di promuovere i Patti Territoriali, segnano una svolta importante, anche di tipo culturale, nel senso che affermano per la prima volta compiutamente da un lato l'esigenza delle politiche di sistema e dall'altro riconoscono al Parco la funzione di soggetto che deve animare e promuovere lo sviluppo locale.
Si tratta di esigenze riconosciute e sollecitate da tempo sia dalla nostra Federazione, sia dai Parchi che da Legambiente e pertanto, per questi risultati, non possiamo che dichiarare la nostra soddisfazione.
Con Legambiente condividiamo anche, in particolare, gli obiettivi connessi al progetto APE che è un po' l'emblema della rete ecologica nazionale, nel senso che il metodo e le finalità che ne sono alla base hanno anticipato ed ispirato le novità introdotte dalla legge 426 relativamente ai programmi nazionali ed alle politiche di sistema. Intomo al progetto APE ci vogliamo impegnare intensamente come Federazione nei prossimi mesi perché siamo consapevoli che dal suo successo dipende in gran parte la possibilità di affermare concretamente, e quindi di estendere le politiche per il sistema nazionale incentrate sulla tutela e sull'ecosviluppo, politiche di cui le aree protette costituiscono i territori d'eccellenza e nei quali sperimentare queste azioni innovative.
Un'altra novità molto importante che si è registrata a favore della politica dei Parchi nel corso del 1998 è data dal Seminario di Catania sulla programmazione dei fondi strutturali comunitari 2000-2006, del dicembre scorso, nel quale il Ministro del Tesoro, e ciò è altamente significativo ed innovativo, ha ricompreso le azioni di conservazione e di valorizzazione dell'ambiente, ed in particolare i Parchi, tra le priorità assolute, soprattutto per il Mezzogiomo, dei progetti che il nostro Paese presenterà a Bruxelles entro il 1999. Nei prossimi giorni si attiveranno i cosiddetti "tavoli" nazionali e regionali, relativi ai diversi settori di intervento, di cui uno è specificatamente rivolto proprio al tema "rete ecologica" (Aree Protette, Parchi, ecc.) e sarà guidato, a livello nazionale, dal Ministero dell'Ambiente.
Noi ci auguriamo che in quella sede, intomo a quel tavolo, vengano chiamati anche gli enti di gestione delle aree protette, attraverso la nostra Federazione, per potere dare quel contributo insostituibile di idee e di proposte che ci deriva dall'esperienza e dalla conoscenza approfondita delle potenzialità e dei progetti che il mondo dei Parchi esprime. La presenza dei Parchi è indispensabile fin dalla fase iniziale e di impostazione di questi programmi perché si tratta di pensare e di progettare, in una logica di partemariato, le azioni che una volta finanziate dovranno poi essere attuate, possibilmente con successo, proprio nelle aree protette; azioni che per raggiungere gli obiettivi prefissati avranno bisogno di una forte carica di soggettività e di un forte impegno operativo degli Enti gestori delle aree protette.
Il coinvolgimento pieno degli Enti Parco in questa operazione è un'esigenza, prima ancora che dei Parchi, delle stesse Amministrazioni centrali e regionali le quali, in caso contrario, si priverebbero della nostra esperienza, di quella tensione, di quel protagonismo e di quella carica di entusiasmo di cui c'è estremo bisogno per portare a compimento in così poco tempo un'operazione così complessa e difficile.
Questa è, per l'intero sistema delle aree protette, una occasione storica nella quale dobbiamo dimostrare tutta la nostra vitalità e capacità operativa. Si tratta cioè di una sfida a cui dobbiamo e vogliamo partecipare direttamente, sapendo i rischi che corriamo, senza dovere fare da spettatori impotenti.
Sull'effettivo coinvolgimento della nostra Federazione, sia al tavolo nazionale sia a quelli regionali, misureremo fin dai prossimi giorni l'effettiva volontà politica, del Ministro dell'Ambiente e dei vari Assessorati ai Parchi delle Regioni, di agire pienamente, anche per ciò che riguarda i Parchi, con la logica della concertazione: quella logica che ci sembra sempre più indispensabile e sempre più utilizzata da parte dei principali attori istituzionali del nostro Paese per ridefinire le grandi politiche nazionali, come è avvenuto anche recentemente con il cosiddetto patto per lo sviluppo, siglato a fine '98 tra il Governo, le Regioni, le Autonomie Locali e le parti sociali.
Sui fondi comunitari ci vogliamo impegnare a fondo perché siamo fermamente convinti che oggi, per la quantità numerica e la dimensione complessiva delle aree protette del nostro Paese, la sorte e la missione dei Parchi è più di prima intimamente connessa alla crescita ed al successo delle politiche per lo sviluppo sostenibile.
Ciò vale soprattutto per i Parchi che insistono nelle aree interne e di montagna, quelle più svantaggiate sotto il profilo economico e sociale, dove si pone con forza il problema di trovare percorsi nuovi ed originali, di tenuta e di riqualificazione di questi territori, fondati sulle risorse locali sia umane che naturali. Percorsi di sviluppo che siano capaciti di ridare un ruolo ed un' identità a centinaia di comunità umane che stanno per perdere la loro stessa ragion d'essere a causa della rottura, che può diventare irreversibile, dei fragilissimi equilibri su cui ancora si regge il loro tessuto sociale, economico e culturale.
A queste comunità delle Alpi, dell'Appennino e delle piccole isole dobbiamo riuscire a fare percepire i Parchi e le politiche di protezione dell'ambiente, non certo come la panacea miracolistica di tutti i loro problemi strutturali, ma come una speranza ed un'opportunità reale, tangibile, che possono cominciare a toccare con mano e di cui possono cominciare a vedere gli effetti positivi in termini economici; opportunità che possono anche permettere loro di ritrovare una ragione per progettare il futuro e che possono suscitare un nuovo, moderno, senso di appartenenza motivato proprio dall'orgoglio per le straordinarie risorse naturali che sono conservate nei loro territori e di cui loro possono essere i primi custodi attivi.
Oggi per la portata, quantitativa e qualitativa, del processo avviatosi con la legge 394 l'accento deve essere posto sulla funzione di animazione dell'ecosviluppo delle nostre aree protette: una funzione che, lo abbiamo detto mille volte, non è per nulla disgiunta da quella primaria della conservazione ma anzi è intimamente connessa ad essa. Per fare solo qualche esempio basta considerare che nella stragrande maggioranza dei nostri Parchi e non solo in quelli più estesi ed antropizzati, mantenere 1' agricoltura tradizionale e gli insediamenti rurali non è solo o tanto una esigenza dettata da ragioni produttive, di consenso o una necessità finalizzata a preservare i prodotti tipici, le tradizioni o le forme originali di quei paesaggi. Fare sopravvivere e possibilmente riqualificare, anche con aiuti mirati concessi dai Parchi, l'agricoltura tradizionale nelle nostre aree protette fa un tutt'uno con la conservazione della biodiversità che spesso è garantita proprio dalla multifomità degli ambienti coltivati e dal mantenimento dell'agricoltura quando questa non è industrializzata e chimicizzata.
Attivare azioni di programmazione territoriale e di sviluppo sostenibili alla scala dei grandi sistemi territoriali del Paese, quale è APE, proteggendo i corridoi ecologici tra i Parchi esistenti o organizzando una fruizione non invasiva e banalizzante del territorio è di fondamentale importanza per allargare, ad esempio, le condizioni di vita dell'orso o del lupo, consentendo così a queste specie di irradiarsi ancora meglio dai loro attuali ed ancora troppo limitati areali di distribuzione.
Quello che dobbiamo avere l'ambizione e la capacità di fare ora è affermare e consolidare contemporaneamente la presenza dei Parchi e dall'altro iniziare ad esportare fuori dei loro confini la loro azione, la loro impostazione del rapporto tutela-ecosviluppo. Dobbiamo cioè riuscire a contaminare, attraverso la presenza e l'iniziativa anche culturale ed educativa delle aree protette, le scelte e le politiche territoriali che si realizzano al loro esterno costruendo così un reticolo fitto di azioni e di strumenti di tutela capaci di riguardare le aree di connessione tra i Parchi ed i sistemi territoriali più infrastrutturati ed antropizzati.
Per fare questo, perché questa iniziativa abbia successo, occorre però che le aree protette e più in generale, il mondo ambientalista che ne ha sostenuto l'istituzione e poi la nascita, sappiano compiere un salto di qualità ed assumano essi stessi una visione sistemica ed ampia del loro ruolo, ampia territorialmente ed ampia culturalmente, incorporando questi obiettivi ed amalgamandoli felicemente con quelli più tradizionali e prioritari di conservazione e di tutela.
E su questo terreno, con questa visione moderna e dinamica dei Parchi che in questi ultimi tempi abbiamo incrociato spesso, intomo ai nostri programmi e intomo alle nostre posizioni, in un rapporto certo dialettico e dai ruoli distinti, Legambiente e meno spesso, purtroppo, le altre Associazioni ambientalistiche che ci sembrano attardate più nella rivendicazione di ruoli e di primogeniture anziché impegnate a confrontarsi con i processi reali, con i Parchi per quello che sono e che fanno (con tutti i Parchi e non solo con qualcuno più blasonato degli altri) e con i processi reali che intomo ai Parchi si muovono; processi fatti di tanti giovani che si organizzano per inventarsi un lavoro, di grandi e forse eccessive aspettative, di mille idee che fioriscono e che spesso rianimano comunità locali che si erano spente e che avevano smarrito ogni speranza di rinascita. Stare dentro questi processi, per certi versi tumultuosi e non sempre lineari, è ciò che occorre fare per riuscire a guidarli, non in maniera dirigistica, dal di dentro con l'obiettivo di orientarli e dargli sbocchi positivi che non sono né scontati, né certi.
Mantenere una concezione delle aree protette come tante cittadelle assediate è oggi sbagliato perché induce all'isolamento, all'arroccamento e ad un atteggiamento difensivistico di retroguardia. Tutto questo oltre che sbagliato è soprattutto irreale in quanto non fa vedere le nuove dinamiche sociali e culturali che si sono messe faticosamente in movimento intomo al tema dei Parchi; dinamiche positive, impensabili fino a poco tempo fa, le quali si sono attivate in mondi tradizionalmente ostili, come ad esempio il mondo rurale, e che proprio per questo vanno intercettate subito costruendo patti ed alleanze, accordi specifici sulle cose da fare, ed avviando in ogni realtà uno scambio permanente di stimoli e di idee tra il parco e gli attori sociali ed economici presenti, siano essi gli agricoltori, il mondo della pesca, gli operatori turistici, ecc..
Noi stiamo operando con questa ispirazione di fondo per accentuare il confronto, non solo con gli attori istituzionali, ma soprattutto con l'associazionismo ambientale e con le organizzazioni professionali.
Un confronto che per ora abbiamo aperto con l'UPI, con alcune Regioni, con il Ministero dell'Ambiente, con quello delle Politiche Agricole, con Legambiente, con le Organizzazioni Agricole e che vogliamo estendere a breve all'UNCEM, all'ANCI, alle Organizzazioni Sindacali, a quelle della Cooperazione ed alle Associazioni Ambientaliste più rappresentative.
Con queste considerazioni io non voglio però assolutamente affermare che oggi la politica delle aree protette sia al riparo da pericoli, da riflussi ed in definitiva che siano scomparsi definitivamente ed all'improvviso i nemici dei Parchi.
Tutt'altro. Io voglio semplicemente sottolineare che siamo di fronte ad un quadro nuovo, ad una situazione per certi versi molto diversa e più articolata rispetto a soli pochi anni fa; una situazione che presenta delle novità favorevoli all'evoluzione positiva del processo che si è avviato con la Legge 394. Questa situazione non e più contrassegnata come in passato da un blocco di opposizione ai Parchi in quanto tali, chiaramente identificabile e nei confronti del quale abbiamo condotto una battaglia difficile ma entusiasmante perché erano chiari sia la posta in gioco, realizzare i Parchi, sia le motivazioni e le ragioni dei contendenti.
Io lo dico un po' provocatoriamente ma credo davvero che oggi i pericoli maggiori per i Parchi e per la loro missione non vengano più da questo blocco che si è, almeno per il momento, disaggregato ma possono venire paradossalmente proprio dall'interno delle aree protette o meglio da una parte del mondo, molto variegato, di chi i Parchi li ha voluti ed a modo suo li sostiene.
Il pericolo per i Parchi deriva in gran parte, secondo me, ad esempio, dall'autoreferenzialità che in troppi casi ne contraddistingue l'attività, dalla burocratizzazione dei circuiti che presiedono al rapporto con i cittadini, dall'assimilazione delle peggiori logiche di potere e di spartizione del potere le quali, se trasferite ai Parchi, ne appannano drammaticamente l'immagine e la credibilità.
I peggiori nemici dei Parchi sono le chiusure dirigistiche, il rifiuto del confronto con le popolazioni residenti, la mancanza di democrazia vera e di trasparenza nella loro vita interna e nelle loro scelte. Per fortuna sono per ora pochi gli Enti dove queste logiche hanno preso piede e nella maggior parte i Parchi sono ancora indenni da questi vizi, ma non per questo dobbiamo sottovalutare i pericoli ma anzi li dobbiamo considerare invece con molta attenzione.
Così come, per i Parchi, sono concreti i rischi derivanti dalle posizioni di coloro i quali vogliono mantenere le aree protette in una sfera angusta, illusoriamente al riparo dai processi che caratterizzano la società, in una sorta di "paradiso per anime belle" dove non alberga nulla di cattivo e di brutto e dove soprattutto la politica deve essere bandita, respinta.
Sulla politica e sulla cosiddetta politicizzazione, dei Parchi voglio spendere qualche parola per sottolineare la risibilità dell' accusa rivolta in questo senso, anche recentemente, alla nostra Federazione da parte di chi, come è avvenuto qualche settimana fa in Commissione Ambiente della Camera, ha preteso di stabilire una sorta di incompatibilità tra la mia responsabilità di Presidente di un Parco Nazionale, che non avrebbe i caratteri di un mandato politico-amministrativo a suo avviso, e la responsabilità di Presidente della Federazione, che sarebbe questa sì una responsabilità tutta politica ed in quanto tale estranea ed incompatibile rispetto ai Parchi, soprattutto a quelli nazionali.
E ben strana questa teoria perché viene subito, da chiedersi, in base a questo assurdo ragionamento, chi mai dovrebbe essere il Presidente dell'Associazione dei Parchi se non un Presidente di un'area protetta. E come dire che l'Anci non dovrebbe essere presieduta da un Sindaco. Io credo che questa polemica nei nostri confronti, per fortuna molto circoscritta, nasconda o una ignoranza totale sull'attività ed il ruolo della nostra Associazione, oppure l'irritazione per il fatto che esistiamo e stiamo crescendo sia quantitativamente che come rappresentatività.
Noi oggi associamo ben 90 tra Parchi e Riserve, sia nazionali che regionali, di cui 16 Parchi Nazionali, sui 19 istituiti, compresi quelli della Calabria e del Circeo (gestiti ancora dal CFS), 61 Parchi Regionali e 13 Riserve naturali, oltre ad annoverare come soci sostenitori 4 Regioni e 7 Province.
Nel corso del 1998 abbiamo aumentato il numero dei Parchi associati, a cominciare da quelli nazionali che sono passati da 11 a 16 ed abbiamo accresciuto anche le nostre entrate che, ci tengo a dirlo, derivano quasi unicamente dal pagamento delle quote di adesione.
Nel corso del 1998 abbiamo cercato di corrispondere agli obiettivi che ci eravamo posti nell'Assemblea generale di febbraio e soprattutto abbiamo teso, e penso ci siamo riusciti, a rendere più evidenti, ed a migliorare, i servizi resi agli Enti associati, potenziando la nostra informazione e qualificando la nostra attività generale attraverso la creazione dei Coordinamenti Regionali, con il positivo svolgimento della 3a Festa nazionale di Catania (per la quale voglio qui ringraziare i colleghi delle aree protette Siciliane), con la partecipazione a numerosissimi incontri in tutto il Paese, oltre che operando attivamente all'interno dell'Associazione dei Parchi Nazionali e Regionali abitati dei Paesi dell'Unione Europea; associazione che abbiamo contribuito a costituire e della cui attività vi parlerà il Presidente del Parco dei Monti Sibillini, Carlo Alberto Graziani, che ci rappresenta all'interno del bureau dell'Associazione.
In questi ultimi tempi, all'interno del Centro Studi Valerio Giacomini, ci siamo inoltre occupati con grande attenzione, coinvolgendo il mondo scientifico ed accademico, della Carta della Natura svolgendo due importanti Seminari tematici su questo argomento e mettendo a punto un documento molto propositivo e preciso che speriamo venga adeguatamente considerato sia dal Ministero dell'Ambiente sia dai Servizi Tecnici della Presidenza del Consiglio.
Pochi mesi fa abbiamo poi proceduto all'avvicendamento nella Direzione della Rivista Parchi che è passata dall'On. Moschini, che voglio qui ringraziare sentitamente per il gratuito e prezioso lavoro svolto in tutti questi anni, a Mariano Guzzini, ed abbiamo anche voluto assegnare, come atto di riconoscimento per l'attività svolta in otto anni di direzione della nostra Associazione, la Presidenza onoraria della Federazione a Bino Li Calsi.
I traguardi che ci vogliamo porre per il 1999 sono di un ulteriore sviluppo, sia in termini di numero delle aree protette associate, sia in termini di potenziamento generale della nostra attività, con un solo vincolo: quello che purtroppo ci deriva dalla limitatezza delle risorse finanziarie a nostra disposizione; risorse che ci prefiggiamo l'obiettivo di incrementare senza però aumentare, almeno per quest'anno, l'entità delle quote associative.
Per migliorare la qualità della nostra attività abbiamo deciso di costituire una Segreteria Tecnica a supporto del lavoro degli organi dell'Associazione e metterci così in condizione di seguire sempre meglio le numerose iniziative che abbiamo attivato o quelle che attiveremo nei prossimi mesi. In questo senso intendiamo anche stabilire un rapporto più organico con i direttori delle aree protette ed in particolare con la loro Associazione con la quale abbiamo avuto un incontro molto positivo pochi giorni fa nel quale abbiamo tracciato le linee e le condizioni per una più forte collaborazione futura, collaborazione che si svilupperà, nel corso del 1999, soprattutto intorno allo svolgimento di alcuni seminari ed alla definizione di un protocollo di intesa in grado di regolare i futuri rapporti e soprattutto gli impegni di consultazione che la nostra Associazione intende assumere verso i Direttori. I Direttori dei Parchi, per la nostra Associazione, rappresentano una risorsa importantissima e siamo convinti possano dare un contributo notevole alla crescita ulteriore delle aree protette della cui gestione sono i protagonisti principali.
Crediamo inoltre sia opportuno, tenendo conto dei positivi risultati ottenuti fino ad ora, contribuire a qualificare ulteriormente l'attività del Centro Studi V. Giacomini che nel corso del corrente anno lavorerà prioritariamente su due questioni, la classificazione delle aree protette e l'economia dei Parchi.
Vi sono poi altri punti qualificanti del nostro programma di attività per il 1999 tra i quali il prossimo svolgimento di un convegno sugli obiettivi e sulle tecniche della gestione faunistica degli ungulati nei Parchi, la messa a punto di un documento congiunto con le principali associazioni di categoria dell' agricoltura, lo svolgimento della 4a Festa dei Parchi che si terrà a L'Aquila nei prossimi giorni di Luglio, l'avvio dei Forum delle aree protette, le iniziative dell'Associazione Europea dei parchi abitati, i seminari di cui dicevo prima ed altre ancora di cui forniremo ulteriori e più precise informazioni fin dai prossimi giorni.
Su due questioni in particolare, però, a mio avviso, si dovrebbe concentrare prioritariamente l'attenzione della Federazione nell'anno in corso: le aree protette marine da un lato e le problematiche dei parchi del sud dall'altro.
Sull'importanza, sulla delicatezza e sulle difficoltà del processo istitutivo delle nuove riserve marine ho già detto prima.
Voglio solo sottolineare il fatto che l'avere deciso di ampliare il nostro orizzonte alle problematiche del mare, per un'Associazione che si è finora interessata quasi esclusivamente delle aree protette terrestri, significa compiere un passaggio ed avviare un' evoluzione che richiederà l'apporto di nuove competenze politiche e tecniche, la ristrutturazione dei nostri stessi organismi dirigenti ed un loro più marcato impegno intomo a questi argomenti.
Del resto questa evoluzione è indispensabile se vogliamo essere capaci di rappresentare l'insieme delle aree protette e quindi anche quelle marine e se vogliamo contribuire davvero all'affermazione delle politiche nazionali per la tutela del mare. Assumendo questo obiettivo e gli impegni che ne derivano, corrispondiamo ad un nostro fine statutario e mettiamo anche la nostra organizzazione a disposizione di quelle realtà, istituzionali e non, che autonomamente da noi hanno iniziato ad organizzarsi e ad operare su questi temi. Io ritengo che il loro inserimento a pieno titolo nella nostra Federazione sia giusto e fattibile nell'interesse primario della nostra Associazione, della missione per la quale opera e soprattutto sia utile per dare più forza a questo movimento ed a questa nuova realtà.
In merito poi ai parchi del Sud, sia quelli esistenti che quelli in corso di istituzione, credo non sfugga a nessuno il fatto che intomo alla loro capacità di decollare e di operare con successo si gioca gran parte della vera e propria scommessa apertasi nel nostro Paese con la 1. 394.
Al Sud, e soprattutto nelle Regioni Campania, Puglia, Basilicata e Calabria si concentrerà, dopo l'istituzione dei nuovi Parchi Nazionali dell'Alta Murgia, della Sila, della Val d'Agri-Lagonegrese e di quelli previsti dalla Legge della Regione Campania, una superficie di aree protette quasi pari a quella di tutte le altre aree protette del Paese considerate insieme.Da qui la necessità di impegnarci a fondo per sostenere con tutte le nostre forze queste realtà che da sole difficilmente potranno riuscire ad affermarsi senza che ad esse si affianchi e senza che nei loro confronti, si esprima la solidarietà dei Parchi più antichi e più solidi, soprattutto per quanto riguarda l'organizzazione delle strutture, del personale ed il trasferimento, a loro favore, delle esperienze più mature e collaudate.
Al Sud è più forte che altrove l'aspettativa delle popolazioni residenti verso i Parchi intesi anche come soggetti generatori di un nuovo sviluppo. Un fallimento di quelle esperienze e la delusione di quelle aspettative farebbe rifluire l'intero movimento dei Parchi e l'intero sistema delle aree protette e ne ridurrebbe fortemente la funzione innovativa in tutto il Paese e non solo al Sud.
Gli strumenti più idonei per dare delle risposte efficaci a queste necessità delle aree protette meridionali li dovremo individuare insieme a quei Parchi in tempi rapidi e nella consapevolezza che tra quei Parchi, e tra loro e la nostra Associazione, deve essere sottoscritto un patto di solidarietà, un'intesa per lo scambio di esperienze che deve vedere impegnare concretamente, nei prossimi mesi, in una logica di sussidiarietà, molte aree protette del Centro e del Nord.
Per concludere voglio ricordare che nel 1999 ricorre il decennale della nascita della nostra Associazione.
Intendiamo festeggiarlo con un'iniziativa che terremo a Torino nel mese di maggio.
Il nostro è il decennale di una organizzazione, che, partita per iniziativa di un piccolo gruppo di Parchi Regionali, si è via via ingrandita, associando col tempo quasi tutte le aree protette presenti nel nostro Paese e divenendo, di fatto, l'unica Associazione veramente rappresentativa ed operativa in Italia nel mondo delle aree protette.
La nostra è un'Associazione democratica, autofinanziata, aperta, dove circolano le idee e dove si svolge un confronto vero e vivace. E soprattutto un'Associazione che rende conto regolarmente di quello che fa e che annuncia sempre i propri programmi ai propri aderenti e non solo ad essi, come stiamo facendo qui oggi
Vogliamo contribuire con la nostra modesta attività, oltreché ad accrescere la qualità gestionale dei nostri Parchi, a fare crescere nel nostro Paese una più forte consapevolezza dei valori ambientali che sono racchiusi nelle nostre aree protette, valori che al pari di altri - la solidarietà, la tolleranza, il lavoro, ecc. - sono fondamentali per ricrea-re un più maturo senso di appartenenza e di identità nazionale che può e deve essere sostenuto anche dall' orgoglio da parte di tutti gli Italiani per i nostri Parchi.

* Presidente della Federazione italiana dei parchi e delle riserve naturali