Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 26 - FEBBRAIO 1999
  Osservatorio istituzionale
a cura di Renzo Moschini


"Chi rappresenta chi"
La nostra associazione ha 10 anni. E si vede. Intanto per quanto siamo cresciuti. Nelle adesioni innanzitutto, ma anche e non di meno, nel prestigio, diciamo pure, nella autorevolezza istituzionale, culturale e politica.
Ma un bilancio del cammino fatto dal febbraio dell' 89 quando a La Mandria decidemmo di costituirci in Coordinamento nazionale dei parchi regionali fino alla recente assemblea di Firenze, dovremo farlo e lo faremo, in altra sede. Per intanto rallegriamoci dei riconoscimenti crescenti anche in ambienti 'lontani' da quel mondo un po' chiuso dei parchi. Se oggi i parchi sono oggetti un po' meno misteriosi e più conosciuti è anche merito nostro, della nostra rivista, delle nostre iniziative, della nostra elaborazione. In questi anni - e non è merito da poco - abbiamo contribuito a dare un senso politico concreto a quel sistema nazionale delle aree protette che, invece, anche in sedi ministeriali più che un obiettivo sembra spesso un fastidio. E per quanto possa apparire e lo è - paradossale, le maggiori resistenze e difficoltà in questi anni le abbiamo incontrate proprio ad entrare in rapporto con le sedi ministeriali. Con esiti talvolta grotteschi. Alla prima conferenza nazionale delle aree protette, ad esempio, dove figuravano tra i relatori anche i giovani esploratori, la nostra associazione era stata esclusa. Una svista clamorosa? No. Una scelta. Come è stata una scelta convocare recentemente una riunione nazionale sulla Carta della Natura, un tema a cui abbiamo dedicato fior di iniziative e contributi qualificatissimi attraverso ben due iniziative nazionali del Centro Giacomini, all'Università di Pavia e a Gargnano, alle quali hanno partecipato peraltro sia i servizi tecnici della Presidenza del Consiglio che quelli del Ministero dell'Ambiente, escludendoci. L'elenco degli invitati era lunghissimo e comprendeva chissà quante associazioni che della Carta della Natura sicuramente non si sono mai occupate né punto né poco.
Ora queste assurde 'esclusioni' della nostra associazione che privano non noi di un riconoscimento, ma il ministero di un apporto insostituibile dei parchi, sono state - mai ufficialmente ma a mezza bocca - giustificate con l'argomento che il ministero non può convocare un'associazione che comprende i parchi regionali i quali rispondono alle regioni e non al ministero. In base a questa traballante e stravagante argomentazione da cui si dovrebbe arguire che i parchi nazionali, per la stessa ragione, sono rappresentati dal ministero, alle riunioni i parchi non dovrebbero essere convocati. Non si capisce, infatti, perché debbano essere convocati i parchi nazionali, pur rappresentati secondo questa teoria dal ministero e non quelli regionali in quanto rappresentati dalle regioni. Delle due, l'una: o il ministero e le regioni rappresentano i parchi e allora nessuno viene invitato, o i parchi è bene che siano invitati ma allora nessuno può essere escluso. L'inconsistenza di questa giustificazione ministeriale è data dal fatto che oggi le politiche di 'concertazione' si basano sul principio della rappresentanza. Non si convocano al ministero i comuni, le province, le comunità montane, ma l'ANCI, l'UPI, l'UNCEM che li rappresentano. La federazione dei parchi alla stessa stregua rappresenta le aree protette, tutte, nazionali, regionali e locali, come l'ANCI rappresenta i comuni, tutti, metropolitani, grandi e piccoli.
Ma- si obietta ancora al ministero - come possiamo noi convocare i rappresentanti dei parchi regionali che non 'dipendono' dal ministero?
E qui la toppa appare peggiore del buco.
Le comunità montane sono tutte espressione delle regioni che le istituiscono in base a loro leggi. E tuttavia l'UNCEM è regolarmente consultata dal governo al punto che un suo rappresentante partecipa ufficialmente, in base alla legge, alla Conferenza Stato-regioni-autonomie.
Le comunità montane d' altronde, al pari dei parchi, non sono enti elettivi. Perché allora per le comunità montane si consulta la loro associazione e per i parchi no? D'altra parte - ed è un altro punto di palese confusione e contraddizione nelle scuse ministeriali - il principio di rappresentanza non ha niente a che fare con quello di 'dipendenza' .
L'idea che non può essere convocata la rappresentanza dei parchi regionali perché essi 'dipendono' dalle regioni è una bufala, perché le associazioni rappresentative sono espressione autonoma degli enti e non 'dipendono' né dalle regioni né dallo Stato di cui pure sono espressione istituzionale. Se quindi è assurdo non convocare l'associazione dei parchi perché parte di essi 'dipenderebbero' dalle regioni, ancor più inaccettabile è che i parchi nazionali siano convocati in quanto considerati 'dipendenti' dal ministero. E poi, al di là di queste considerazioni che dovrebbero risultare dopo anni di esperienze dell'associazionismo istituzionale, di una ovvietà assoluta, c'è da chiedersi: ma davvero si pensa che giovi al lavoro per la Carta della Natura riunire i soggetti più bizzari e non sentire i parchi? Ma dal momento che appare assurdo convocare oltre 100 aree protette, è davvero così difficile, complicato consultare una federazione che ha costanti rapporti con le aree protette e che, come sanno benissimo al ministero, è in grado di fornirgli preziosi contributi di cui al ministero hanno bisogno come il pane per superare i ritardi incredibili che si sono accumulati in questi anni (in virtù anche di scelte del tipo di quelle in cui diabolicamente si persevera)?
Certo, se si ritiene che non il sistema delle aree protette sia importante ma solo qualche comparto di parchi, si può anche continuare in queste sortite e comportamenti che nessuno razionalmente è in grado di capire e giustificare. Ma se si vogliono, come si deve, portare a conclusione impegni quali la Carta della Natura e ora anche la Convenzione sulla Biodiversità, occorre l'apporto, il coinvolgimento di tutte le aree protette e quindi di chi le 'rappresenta' legittimamante. Non si deve fare una cortesia, un piacere a noi che non ne abbiamo bisogno. E il ministero che ha bisogno di maggiori conoscenze e rapporti con chi rappresenta i parchi. E così complicato capirlo?
D' altra parte i patti sociali per lo sviluppo, le cento idee per lo sviluppo e tante altre iniziative tutte volte a istituire nuovi tavoli di concertazione istituzionale e sociale si pensa che il governo li vada
propugnando, ricercando e sottoscrivendo per fare un regalo a qualcuno, o perché - come è evidente - ne ha bisogno per realizzare il suo programma. E una domanda che giriamo al Ministero dell'Ambiente.

Il dossier del WWF sui piani
Su Attenzione, la rivista del Wwf, si può leggere il Dossier, le linee guida Wwf per il piano del parco, presentato a Parcoproduce. Un testo ponderoso che ambisce ad una completezza che risulta persino pedante tanto pretende di ricordarti e 'insegnarti' tutto. E lo fa richiamando 'la pluridecennale esperienza condotta dal Wwf nella pianificazione e gestione di aree protette'. Il che lascia francamente un po' interdetti. L'esperienza è forse quella delle oasi? Ma lì c'è poco da pianificare.
D'altronde il lunghissimo documento non fa riferimento a nessuna concreta esperienza e già questo è sorprendente. Decine di parchi regionali si sono cimentati in questi anni con risultati diversi ma importanti nella pianificazione. Sull' argomento c'è una vasta letteratura e anche la nostra rivista se ne è occupata in tante occasioni. Ma di questo non vi è traccia nel documento che pure è generoso nel dare consigli e indicazioni sul 'come fare' i piani. Forse l'argomento è un po' scomodo perché avrebbe richiesto un riconoscimento e un apprezzamento del lavoro di tanti parchi regionali, ai quali notoriamente il Wwf guarda più volentieri se c'è da criticarli. E poi se si fosse entrati nel 'merito' forse si sarebbe dovuto dire qualcosa sul perché dopo quasi 80 anni nessun parco nazionale, neppure il più celebrato e coccolato di tutti, ha ancora il piano. Non sembrino ingenerose e tanto meno gratuite o malevoli queste nostre 'insinuazioni'. Quando un'associazione non esita a salire in cattedra e a sbacchettare chiunque - parchi compresi e loro associazione - distribuendo spesso patenti di 'inaffidabilità' e incompetenza se non la si pensa proprio alla stessa maniera deve - come la moglie di Cesare - essere al di sopra di ogni sospetto. Insomma, se si fa un documento sui piani dei parchi non si deve ricorrere a dei plateali 'omissis'. Non si può trinciare giudizi sul Parco di Portofino come è accaduto di recente, portando a riprova
della sua inefficenza il non aver ancora approvato il piano e poi tacere e far finta di nulla se questa inadempienza riguarda anche altri parchi compreso quello d'Abruzzo. Noi naturalmente da questa mancanza non ne ricaviamo - a differenza del Wwf - la conclusione che il parco ha fallito. Dio ce ne scampi e liberi. Ma si vorrà almeno discutere perché non lo si è ancora fatto mentre altri, nati molto dopo, l'hanno fatto? Nel merito il Dossier contiene ovviamente molte cose condivisibili anche perché spesso largamente acquisite e scontate. Un po' meno lo sono alcuni passaggi a cominciare da quello in cui si dice che 'gran parte dei parchi sono per questo localizzati in territori di montagna dove minore è la richiesta di trasformazione e gran parte delle zone A e B sono di proprietà pubblica così da evitare un' opposizione da parte dei proprietari'. Si consiglia comunque di 'avviare un programma di acquisizione delle aree da parte dell'ente parco così da garantire la proprietà unica e la gestione diretta da parte dell'ente anche quando queste, rappresentando uno strumento per aumentare la continuità del sistema delle aree protette, siano localizzate fuori dal perimetro dell'area protetta'.
Se la prima affermazione sembra ignorare la realtà di tanti parchi dove non è assolutamente vero che la maggiore proprietà dei terreni sia pubblica, (tanto è vero che molti parchi sono nati proprio per impedire grosse speculazioni) l'indicazione che segue lascia di stucco. Il richiamo generico all'esperienza di altri Paesi sembra prescindere del tutto dalla realtà nostra, a meno che naturalmente non si ritenga che l'esperienza delle oasi sia trasferibile a parchi di migliaia, decine e centinaia di migliaia di ettari. Ma in questo caso ci sarebbe poco da discutere, tanto sarebbe evidente l'assurdità. I documenti sono utili quando non hanno paura di misurarsi con le cose come stanno. Altrimenti si fanno anche dei compitini (lunghissimi) in cui non si dimentica niente tranne quel che avviene nella realtà.

"Il mare (è) nostrum"
Quante volte ci siamo sentiti ripetere che la legge 394 non si tocca e che toccarla è pericoloso?
Poi, però, di legge in legge, tra articoli e disposizioni che spaziano dalle aree industriali da bonificare agli uffici ministeriali, spuntano norme che - guarda caso - non solo ritoccano la legge ma talvolta la peggiorano.
Vediamo, ad esempio, la legge sui nuovi interventi in campo ambientale pubblicata il 9 dicembre del 1998 sulla G.U.. In una serie di articoli ci si occupa delle riserve marine, argomento come è noto - al centro di vivacissime polemiche perché il ministero rivendica per sè un potere pressoché assoluto che rende difficile il dialogo e l'intesa con le regioni. Ebbene, nel testo approvato in prima battuta alla Camera, l'art. 2 della legge quadro veniva modificato sostituendo il comma 7 con questo testo: 'La classificazione e l'istituzione dei parchi nazionali e delle riserve naturali statali sono effettuate d'intesa con le Regioni' . La competenza restava allo Stato che però doveva accordarsi con le Regioni, come avveniva già per quelle a statuto speciale. Nel breve tragitto tra Camera e Senato il testo è stato modificato così: 'La classificazione e l'istituzione dei parchi nazionali e delle riserve naturali statali, terrestri, fluviali e lacuali sono effettuate d'intesa con le Regioni'. Sono sparite come d'incanto le riserve marine. Per quelle, evidentemente, neppure l'intesa andava bene. Non era in discussione la titolarità, perché questa non cambiava né per i parchi nazionali né per le riserve statali. Disturbava però dover ricercare con le regioni l'intesa. Portofino e tutte le altre vicende non sono servite a molto se si pensa che sia possibile oggi fare di testa propria in base al principio che il mare è nostro e guai a chi ce lo tocca.
Ci si risparmino almeno gli insopportabili piagnistei sulla intoccabilità della legge.