Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 26 - FEBBRAIO 1999
  I sistemi territoriali ambientali
Franco Perilli *


1. Scenario internazionale

La conferenza delle Nazioni Unite, tenutasi a Rio de Janeiro nel giugno del 1992, ha sottolineato l'urgenza di assicurare:

- lo sviluppo delle regioni montane;
- l'agricoltura rurale sostenibile;
- la conservazione delle diversità biologiche;
- la protezione e la gestione delle risorse d'acqua dolce.

Con Agenda 21 si è definito il piano d'azione per specifiche iniziative economiche, sociali e ambientali per il XXI secolo, mirate a coniugare gli aspetti socio-economici e ambientali in una visione integrata ed intersettoriale, ribadendo la necessità che i singoli governi "adottino strategie nazionali per lo sviluppo sostenibile, assicurando uno sviluppo responsabile verso la società, proteggendo, nel contempo, le risorse fondamentali e l'ambiente per il beneficio delle future generazioni". Seguire il concetto di sostenibilità comporta la ricerca di linee di sviluppo che, nel rispetto dell'ambiente, perseguano un assetto territoriale equilibrato, che nell'ampia visione del principio della "globalizzazione", ricerchi il rispetto delle identità locali.
La qualità ambientale diviene così l'elemento guida dello sviluppo socio-economico in grado di mettere in stretta relazione le diverse problematiche dello sviluppo.

 

 

2. Scenario europeo

Il trattato di Maastricht individua tra gli obiettivi da conseguire "la crescita sostenibile, non inflazionistica che rispetti l'ambiente...", prefigurando forme di integrazione delle problematiche ambientali con quelle settoriali, individuando nella salvaguardia dell'ambiente, nel mantenimento dei livelli di biodiversità esistenti e nella lotta all'inquinamento, i principi fondamentali della pianificazione territoriale. Il trattato di Amsterdam, ha individuato, tra gli obiettivi dell' azione dei fondi strutturali, la promozione dello sviluppo sostenibile, la tutela ed il miglioramento dell'ambiente, prefigurando un coinvolgimento delle autorità ambientali già nelle fasi iniziali delle politiche settoriali. In questo nuovo scenario vanno ricercate linee d' assetto del territorio che, perseguendo l'obiettivo dello sviluppo sostenibile, individuino nuove strategie di conservazione e valorizzazione delle risorse naturali e ambientali del nostro Paese, alla cui attuazione concorrano le Regioni, gli Enti Parco e gli Enti Locali, secondo il principio di sussidiarietà.
Con l'applicazione del V programma di azione ambientale, con la realizzazione della rete "NATURA 2000" e lo strumento "LIFE", la U.E. sta attuando una serie di programmi con l'obiettivo di mantenere la diversità biologica, perseguendo nuove strategie nazionali di conservazione della natura mediante la realizzazione di sistemi fortemente connessi e relazionati al territorio, ove la rete dei parchi e delle altre aree protette viene a costituire un vero e proprio sistema "infrastrutturale" in grado di orientare tutti gli altri sistemi (trasporti, servizi, ecc.).

 

 

3. Scenario normativo e programmatico nazionale

 

3.1. Comitato per le aree naturali protette

Il primo documento ufficiale che prende in considerazione i sistemi territoriali ambientali è costituito da un verbale dell'ex Comitato per le Aree Naturali Protette (G. U. n. 94 del 23 .4.94) ove, in riferimento al Programma Triennale per le aree protette si era inteso offrire il quadro internazionale di riferimento per le politiche nazionali di conservazione della natura.

Riferendosi agli strumenti generali di programmazione e di pianificazione per il territorio e per le aree naturali protette, il Comitato definiva il programma triennale di tutela ambientale come il principale strumento di pianificazione dell'azione pubblica per la tutela dell'ambiente, articolato nei due momenti istituzionali della:

- programmazione nazionale, che doveva definire le linee programmatiche generali nonché i criteri per la ripartizione delle risorse, per l'individuazione dei singoli interventi e le procedure per la loro attuazione. Inoltre che "le individuazioni della programmazione nazionale devono essere recepite in programmi relativi alle azioni nazionali e nei singoli programmi regionali, con le necessarie specificazioni in funzione delle diverse realtà territoriali";

- programmazione regionale, con la quale si doveva attuare attraverso la definizione del Programma Regionale ambientale (P.R.A.) la programmazione nazionale.

Un altro compito affidato al Comitato dalla Legge 394/91, era quello di definire, sulla base della Carta della Natura le linee fondamentali di assetto del territorio, con riferimento ai valori naturali e ambientali.

In attuazione a quanto sopra indicato, il Comitato, nella seduta del 7 settembre 1993, definendo i criteri e gli indirizzi per la predisposizione della Carta della Natura, evidenziava, tra l'altro, che l'elaborazione dello strumento doveva avvenire con l'individuazione, nell'ambito del territorio nazionale ed in particolare attraverso l'analisi dei grandi sistemi ambientali e territoriali del Paese (Alpi, Appennini, Pianura Padana, coste ed isole), delle aree valutabili di interesse naturalistico.

 

3.2. Programma stralcio di tutela ambientale

Con la soppressione del programma triennale per le aree protette a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. 112/98 (Bassanini), il Ministero dell'Ambiente, per affrontare il vuoto di programmazione creatosi, ha varato il Programma Stralcio di Tutela Ambientale per le due annualità 9899. Il 5° progetto contenuto in detto programma relativo alla "Conservazione del Patrimonio Naturale e delle Biodiversità", prevede tra le varie iniziative un progetto di sistema quale "APE" (Appennino Parco d'Europa), con una dotazione finanziaria di 1,4 mld (98-99), sicuramente scarsa ma utile e indispensabile per l'avvio del progetto.

Nella relazione al Piano stralcio, parlando di APE, "ci si propone di integrare le politiche ambientali con le altre politiche in un progetto complessivo di sviluppo sostenibile riguardante tutto l'arco appenninico, a partire dal sistema delle Aree Protette. I soggetti interessati sono le Amministrazioni centrali competenti, le Regioni Appenniniche, gli Enti Parco nazionali e regionali, le rappresentanze degli enti locali (ANCI, UPI e UNCEM), le associazioni ambientaliste, la comunità scientifica, le organizzazioni sindacali, imprenditoriali e cooperativistiche. Gli strumenti operativi sono la Convenzione ed il Programma d' Azione per lo sviluppo sostenibile dell'Appennino da inserire in un accordo di programma tra il Ministero dell'Ambiente e la regione capofila delle Aree Protette" (Abruzzo).

 

3.3. Legge 426/98: "Nuovi interventi in campo ambientale"

In occasione della discussione alla Camera della proposta di legge "Nuovi interventi in campo ambientale", nella seduta del 29 luglio 1998 venne votato un o.d.g. nel quale, per la prima volta negli atti parlamentari, vengono richiamati due progetti di sistema quali APE (Appennino Parco d'Europa) e ITACA (isole minori). In tale o.d.g. il Governo si impegnava, sentita la Conferenza Unificata allargata agli Enti Parco e agli organismi di gestione delle Aree Protette Nazionali territorialmente interessate, a predisporre entro il 31 dicembre 1998 le azioni e le misure finalizzate alla realizzazione dei suddetti progetti, da attuarsi con apposita deliberazione del CIPE.
Con l'approvazione della legge 426/98, viene riconosciuta all'Art. 1-bis (Programmi Nazionali e politiche di sistema) la possibilità per il Ministro dell'Ambiente di promuovere, per ciascuno dei Sistemi territoriali dei parchi dell'Arco Alpino, dell'Appennino, delle isole e delle aree marine protette, accordi di programma per lo sviluppo di azioni economiche sostenibili con particolare riferimento ad attività agro-silvo-pastorali tradizionali, all'agriturismo e turismo ambientale, con i Ministeri interessati. L'articolo prosegue prevedendo che il Ministro dell'Ambiente, sentito il parere della Conferenza Permanente StatoRegioni, degli Enti Parco interessati e delle associazioni ambientaliste, individui altresì risorse finanziarie nazionali e comunitarie, da impiegare negli accordi di programma succitati. La novità più significativa della legge è quella di aver riportato per la prima volta il concetto di sistema territoriale, anche se in maniera non esaustiva mancando, ad esempio, il riferimento al Sistema delle Coste, peraltro rintracciabile nella relazione dell'On. Giovannelli, presentatore dell'emendamento in questione.

 

 

4. Politiche di sistema

 

4.1. Rete ecologica nazionale abstract "Rapporto Interinale (fondi strutturali 2000-2006)"
(M. Agliata, V. Cingolani, F. Perilli)

La U.E. sta attuando una serie di programmi con l'obiettivo di conservare la diversità biologica mediante la realizzazione della rete Natura 2000. Le attuali strategie nazionali di conservazione della natura prevedono la realizzazione di sistemi fortemente connessi ed integrati con il territorio attraverso una rete ecologica dove i parchi e le altre aree protette assumono un ruolo centrale. Nel recente convegno di Catania "Cento idee per lo sviluppo - strategie per la programmazione dei fondi strutturali 2000-2006" si è individuata nella realizzazione della rete ecologica nazionale lo strumento per perseguire azioni per la valorizzazione e lo sviluppo di tutto quel territorio caratterizzato dalla presenza di valori naturali e culturali al fine di tutelare i livelli di biodiversità esistenti e la qualità ambientale nel suo complesso. La formazione della rete ecologica nazionale diviene, dunque, lo strumento di programmazione in grado di orientare la nuova politica di governo del territorio verso la gestione di processi di sviluppo integrati con le specificità ambientali delle varie aree, avviando così politiche di sistema che concorrono alla formazione della rete ecologica paneuropea.
Il ruolo della rete ecologica diviene, dunque, lo strumento per perseguire azioni per la valorizzazione e lo sviluppo di tutto quel territorio caratterizzato dalla presenza di valori naturali e culturali al fine di tutelare i livelli di biodiversità esistenti e la qualità ambientale nel suo complesso. Il ruolo della Rete Ecologica diviene particolarmente importante nei territori montani e collinari del nostro Paese, modellati dall'azione antropica ed oggi in fase di grave declino ed abbandono.
I nuovi processi economici e sociali in atto stanno modificando profondamente lo scenario paesaggistico e le caratteristiche ambientali dei luoghi, attivando gravi fenomeni di dissesto idrogeologico e di alterazione delle dinamiche ambientali e relazionali. Particolarmente si pone l'esigenza, in queste aree, di coniugare gli obiettivi della tutela e della conservazione con quelli dello sviluppo sostenibile, integrando le politiche economiche e sociali dei territori interessati dalle aree protette con la politica complessiva di conservazione e valorizzazione delle risorse ambientali.
In tal senso diviene un'esigenza essenziale concretizzare la formazione di una rete estesa a tutti i sistemi nazionali delle aree naturali protette (Alpi, Appennino, Coste, Pianura Padana, Isole Maggiori e Minori), sviluppando idee progetto come APE (Appennino Parco d'Europa), CIP (Coste Italiane Protette) ed ITACA (isole minori), come parte integrante della rete europea capace di valorizzare le singole identità e di raccogliere le possibili sinergie.

La rete ecologica si configura come un"'infra-struttura" naturale ed ambientale che persegue il fine di interrelazionare e di connettere ambiti territoriali dotati di una maggiore presenza di naturalità, ove migliore è stato ed è il grado di integrazione delle comunità locali con i processi naturali, recuperando e ricucendo tutti quegli ambienti relitti e dispersi nel territorio che hanno mantenuto viva una, seppur residua, struttura originaria; ambiti la cui permanenza è condizione necessaria per il sostegno complessivo di una diffusa e diversificata qualità naturale nel nostro Paese. Ruolo fondamentale dell'infrastruttura ecologica è rivitalizzare questi ambienti residui, al fine di garantirne la loro conservazione, riconducendoli in una dimensione attiva a garanzia della sostenibilità del processo complessivo di sviluppo.

La struttura della rete

Per la formazione della rete ecologica nazionale, i parchi e le riserve assumono il ruolo di nodi (core areas) interconnessi tra loro e con altre aree di interesse naturalistico (Sic, Zps, ecc.), da corridoi ecologici (green ways), a cui si frappongono zone cuscinetto o di transizione (buffer zones), in modo tale da costituire una vera e propria "infrastruttura ambientale" estesa all'intero territorio.

Le zone centrali (core areas) della rete coincidono con aree già sottoposte o da sottoporre a tutela, ove sono presenti biotopi ben conservati che caratterizzano l'alto contenuto di naturalità.

Le zone cuscinetto (buffer zones) rappresentano le zone contigue e le fasce di rispetto adiacenti alle zone a maggiore naturalità, ove è necessario attuare una politica di corretta gestione dei fattori abiotici e biotici e di quelli connessi con l'attività antropica.

I corridoi di connessione (green ways) rappresentano quelle strutture di paesaggio preposte al mantenimento e recupero delle connessioni tra ecosistemi e biotopi, finalizzate a supportare lo stato ottimale della conservazione e valorizzazione della specie e degli habitat presenti nelle aree ad alto valore naturalistico.

I nodi si caratterizzano come luoghi complessi di interrelazione fra le zone, i corridoi e i sistemi di servizi territoriali con essi connessi.

 

4.2. Sistemi territoriali

Mediante la costituzione della rete si viene a delineare un vero e proprio sistema "infrastrutturale" in grado di orientare gli altri grandi sistemi (trasporti, servizi, ecc.) articolato nei grandi sottosistemi ambientali e territoriali del nostro Paese già ricordati (Alpi, Appennino (APE), Coste (CIP), Pianura Padana, Isole Maggiori e Minori (ITACA)). Sarà così possibile individuare specifiche strategie integrando gli aspetti della conservazione con quelli dello sviluppo ecocompatibile, realizzando una politica nazionale di nuovo assetto del territorio conforme con le attuali strategie europee di conservazione della natura, alla cui attuazione concorrono le Regioni, gli Enti Parco e gli Enti Locali (Province e Comuni) nel rispetto del principio di sussidiarietà.

 

4.2. 1. Alpi

Le Alpi rappresentano la più grande area europea ricca di biodiversità, ma anche quella a maggior rischio per la fragilità degli equilibri ecologici in essa presenti, ove sono ubicati 14 parchi nazionali ed oltre 50 aree protette.
La strategia comune per la salvaguardia e lo sviluppo di questo patrimonio è data dalla Convenzione per le Alpi firmata nel 1991 dai sette Paesi interessati (Francia, Svizzera, Austria, Liechenstein, Austria, Germania e Slovenia).
Come è noto detta Convenzione non è ancora partita per la mancanza della ratifica da parte del Parlamento italiano.

 

4.2.2. APE (Appennino Parco d'Europa)

Con l'attuazione della legge 394/91 il nostro Paese si è avviato a raggiungere l'obiettivo di tutela del 10% del territorio nazionale.
In particolare l'Appennino è stato interessato da un insieme di nuove aree protette sia nazionali che regionali:

- 9 Parchi nazionali per una superficie di 841.305 ettari (8 nuovi parchi oltre al PNA)

- 65 Riserve naturali statali per una superficie di 47.453 ettari

- 28 Parchi regionali per una superficie di 300.446 ettari

- 32 Riserve regionali per una superficie di 25.067 ettari

- 12 Altre aree protette per una superficie di 10.209 ettari,

che costituiscono per la loro estensione e contiguità un vero e proprio sistema ove è possibile sperimentare concretamente una politica di sviluppo sostenibile incentrata sulla conservazione della natura, in grado di avviare azioni coordinate per realizzare l'obiettivo storico del riequilibrio territoriale fondato sull'uso sostenibile delle risorse naturali e storico-culturali.

Il nuovo quadro istituzionale prevede un ruolo attivo delle amministrazioni centrali, regionali e degli enti parco attraverso la definizione di accordi di programma coerenti con gli orientamenti del V Programma di azione ambientale dell'UE nel quale sono individuati tre obiettivi essenziali:

- l'integrazione delle politiche ambientali con le altre politiche di sviluppo;

- la partnership dei diversi soggetti istituzionali e sociali;

- la condivisione delle responsabilità.

APE è stato promosso dalla Regione Abruzzo e da Legambiente con il sostegno tecnico del Servizio Conservazione della Natura del Ministero dell'Ambiente nel 1995 quale strumento per rilanciare la politica delle aree protette con un' idea progettuale che riprendesse e rilanciasse quanto il Comitato per le aree naturali protette aveva deliberato in merito alla costruzione del sistema nazionale delle stesse.

 

Ambito territoriale generale

L' ambito territoriale di riferimento è costituito dal complesso di 14 regioni, di 51 province, di 188 comunità montane e di oltre 2.200 comuni, per una superficie totale di 9.585.355 ettari pari al 45,99% dell'intero territorio nazionale.
La superficie complessiva delle aree protette dell'Appennino è di 1.193.423 ettari, pari al 56,59% di tutte le aree protette nazionali.

 

Strumenti

Il progetto Ape si fonda su due strumenti quadro:

- CONVENZIONE PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELL'APPENNINO

Lo strumento istituzionale per la realizzazione di APE è la Convenzione per lo sviluppo sostenibile dell'Appennino, cui aderiranno i diversi attori, dal Ministero dell'Ambiente a gli altri Ministeri interessati, alle Regioni, agli Enti parco, agli enti locali, alle associazioni ambientaliste, alla comunità scientifica, agli altri soggetti economici e sociali.

- PROGRAMMA DI AZIONE PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELL'APPENNINO

E' lo strumento quadro di coordinamento per la realizzazione nell'area appenninica degli strumenti principali di pianificazione e di programmazione quali:

- la Carta della natura;

- le Linee fondamentali di assetto del territorio; - i Quadri comunitari di sostegno (piani operativi e fondi strutturali).

 

Accordo di programma

Per il raggiungimento degli obiettivi della Convenzione e del Programma di azione, il Piano stralcio di tutela ambientale (che ha già ottenuto il parere favorevole della Conferenza Stato-Regioni nel maggio 1998) prevede la definizione di un Accordo di Programma tra il Ministero dell'Ambiente e la Regione capofila delle aree protette (Regione Abruzzo), al fine di concordare azioni unitarie per la promozione di un progetto complessivo di sviluppo sostenibile quale APE, coerente con gli orientamenti del V Programma di azione ambientale dell'UE, finalizzato alla costituzione di un "sistema" delle aree protette sia nazionali che regionali, nel riconoscimento dell'interesse comune all'attuazione delle politiche ambientali e territoriali contenute nelle leggi 18.5.1989, n.l83, 31.1.1994, n. 97 e 6.12.1991, n. 394.

 

4.2.3. Itaca
(abstract Legambiente, Fabio Renzi)

 

Premessa

Le isole minori rappresentano una preziosa risorsa dal punto di vista culturale, paesaggistico, turistico ed economico per l'Italia e per l'intero Mediterraneo, di cui è testimonianza l'interesse nazionale ed internazionale di cui godono, e sono fonte di attrattiva e di ricadute positive per 1' intero territorio nazionale e mediterraneo.

 

Le aree protette marine interessate da Itaca

Le zone costiere e marine italiane per le quali è prevista l'istituzione di aree protette marine sono 49. Le aree di reperimento, cioè quelle zone che per il loro valore naturalistico e per l'integrità del patrimonio biologico devono essere sottoposte a tutela, sono elencate in tre leggi distinte:
la 979/82 sulle disposizioni per la tutela del mare che ne ha previste 22, la 394/91, o legge quadro sulle aree protette, che ne ha indicate altre 26, e la 344/97 che ne indica una. Ad oggi risultano istituite 15 Riserve Marine.
In questo quadro le riserve marine esistenti e quelle che dovranno nascere possono costituire una cornice per l'indirizzo da dare allo sviluppo di questi territori. Dalle isole, sempre più conosciute, frequentate ed ambite nel periodo estivo, sempre più trascurate durante i mesi invernali, stanno arrivando messaggi chiari e pressoché univoci riguardo la sostenibilità dello sviluppo.
Questa consapevolezza vuole diventare messaggio politico e culturale nazionale specie perché investe le pubbliche amministrazioni e gli enti locali insieme alle popolazioni residenti.
Tutto ciò impone una maggiore attenzione a tutte le tematiche legate al mare ed alle attività che in esso si svolgono, al suo inquinamento ed al suo uso, che tanta influenza hanno, ovviamente, sulla vita e sullo sviluppo delle comunità isolane.

 

Gli strumenti di Itaca

Il progetto Itaca si fonda su due strumenti quadro che possono essere oggetto di un accordo di programma:

- la convenzione per lo sviluppo ecosostenibile delle isole minori del Mediterraneo. E' la Carta dello Sviluppo Sostenibile delle isole minori, nella quale sono indicati gli obiettivi, le finalità, gli impegni del progetto Itaca e nella quale è disegnata una strategia di sviluppo che vede nel sistema delle Riserve marine il suo momento di riferimento. E' lo strumento istituzionale al quale aderiscono i diversi attori pubblici e privati.

- Programma di azione per lo sviluppo sostenibile delle isole minori del Mediterraneo. E' lo strumento quadro di coordinamento per la realizzazione delle principali azioni di pianificazione, di programmazione e di progettazione.

 

Le linee progettuali

Nell'attuale congiuntura economica contrassegnata dal persistere di un elevato tasso di disoccupazione nel Mezzogiorno d'Italia, le isole minori possono rappresentare il punto più avanzato dove turismo, cultura ed ambiente ed una agricoltura tipica e di qualità possono dare, assieme, risposte concrete sul terreno della qualità dello sviluppo, dei servizi, delle opportunità occupazionali.

 

I servizi territoriali

La realizzazione di servizi ed infrastrutture essenziali, nel più rigoroso rispetto dell'ambiente naturale, nelle isole minori diventa presupposto per lo sviluppo di un turismo sostenibile, consapevole e destagionalizzato, un progetto con il quale si intende frenare lo spopolamento di questi luoghi, il loro degrado, la banalizzazione turistica, la perdita di tradizioni uniche ed irripetibili.
Le isole minori hanno bisogno di servizi ed infrastrutture per elevare la loro sicurezza e la qualità della vita, ma anche per poter competere a livello internazionale con gli altri segmenti di mercato turistico-ambientale, attraverso la valorizzazione di quei beni di cui sono ricchi: natura, paesaggio, storia, cultura, arte, artigianato, lavori e produzioni artigianali di qualità.
Le isole minori hanno inoltre bisogno che la loro peculiarità territoriale venga presa in considerazione dalla legislazione nazionale e regionale, dall'amministrazione e dalle scelte strategiche di sviluppo.
In un periodo di forte trasformazione dello Stato sociale, scuola, sanità, e giustizia, non possono essere ridimensionate nelle isole minori, dove già sono presenti con strutture ai limiti della convivenza civile.
Altrettanto importante è il tema della portualità e dei trasporti, inteso come sicurezza degli approdi, vera e propria precondizione per la raggiungibilità delle isole e quindi delle riserve marine in qualsiasi periodo dell'anno, per la garanzia della sicurezza nei collegamenti con la terraferma delle popolazioni residenti e dei turisti. Una nuova politica del Ministero dei Trasporti sulle Tariffe marittime che incentivi l'arrivo nelle isole nei periodi di media e bassa stagione avrebbe il risultato di decongestionare le isole nei mesi di luglio ed agosto, favorendone la fruizione in primavera ed autunno.
Per ciò che riguarda la mobilità a basso impatto ambientale connessa con il risparmio energetico, la utilizzazione di fonti energetiche alternative ed a basso impatto ambientale per mezzi a basso tasso inquinante, nelle isole minori va sperimentato sia nel trasporto pubblico che privato, con un sistema di autobus ed automobili elettriche finalizzato anche a scoraggiare l'ingresso di automobili tradizionali nelle isole.
Approvvigionamento idrico, smaltimento delle acque reflue, gestione dei rifiuti possono trasformarsi da problemi in opportunità attivando scelte innovative a basso consumo energetico e ad alto contenuto tecnologico. Da un lato i più moderni dissalatori di cui molte isole sono già dotate, dall'altro la gestione ed il riciclo in loco della maggior parte dei rifiuti prodotti, dall'altro lato ancora il recupero delle acque reflue a scopo irriguo, oltre a rappresentare un'opportunità di occupazione possono essere un valido contributo per un'idea di servizi che sia all'altezza delle nuove sfide della tecnologia.
Va potenziata la rete pubblica informatica per favorire l'accesso delle isole ai servizi informativi, amministrativi, formativi, turistici, di assistenza sanitaria su scala più vasta al fine di ridurre nel concreto l'isolamento sviluppando il telelavoro.
La realizzazione di servizi ed infrastrutture essenziali ed improntate alla sostenibilità nelle isole minori diventa presupposto per lo sviluppo di un turismo sostenibile consapevole e destagionalizzato.
Esso inoltre è il principale freno allo spopolamento di questi territori, al loro degrado, alla perdita di tradizioni irripetibili ed uniche.

 

Agricoltura, pesca artigianale e Biodiversità

Nello stretto legame tra la tutela del paesaggio, della conservazione della natura e della biodiversità, si colloca il progetto di sviluppo rurale. Nelle isole minori il sistema della qualità ambientale è in stretto rapporto con l'attività agricola e la pesca artigianale.
La conservazione dell'attività agricola e quindi la definizione di obiettivi di sviluppo rurale, in accordo con la nuova politica di sviluppo rurale della Comunità Europea, insieme ad apposite misure di sostegno alle attività di pesca artigianale che consentano la riconversione di quelle a maggiore impatto ambientale, devono diventare un progetto strategico per la produzione di beni di qualità e per la loro trasformazione (filiera, sistemi di consorzio per la produzione, trasformazione e commercializzazione di una serie di prodotti fortemente connotati dalle aree geografiche di provenienza e con le tecniche di lavorazione, marchi di qualità e di tipicità, "valore aggiunto immateriale"), in grado di assicurare un futuro al patrimonio di tipicità ancora presente .

 

4.2.4 C.l.P. (Coste italiane protette)

 

Premessa

Le coste, come innanzi ricordato, non sono state ricomprese nell'art. 1-bis della legge 426/98 tra i sistemi territoriali, riferendosi l'articolato esclusivamente alle aree marine protette. Tale dimenticanza appare quanto mai strana se ci riferiamo ad un sistema (7.550 km) che ha subito nell'ultimo secolo un fortissimo processo di antropizzazione (630 comuni con una popolazione complessiva di diciotto milioni di abitanti, pari al 30% della popolazione italiana) che, in buona parte, ha mutato completamente le caratteristiche naturali ed ambientali di questo territorio. La realizzazione di grandi infrastrutture d'inizio secolo (strade e ferrovie), spesso in prossimità degli arenili, ed i successivi processi di urbanizzazione legati alla crescita delle città costiere hanno costituito il presupposto per la creazione, nella maggior parte di questi territori, di un insediamento costiero lineare senza soluzione di continuità. Malgrado questa costante aggressione, le nostre coste conservano ancora elementi di naturalità rilevanti, da conservare e valorizzare.

 

Le aree protette interessate dal C.l.P.

In merito basta ricordare i 24 parchi costieri oggi esistenti (sei in Adriatico, nove sul Tirreno, sei in Sicilia e tre in Sardegna) e le 54 riserve naturali sparse lungo la costa, come nodi rilevanti della rete ecologica che devono ritrovare le necessarie connessioni (Corridoi Ecologici) oggi pesantemente compromesse. A queste aree protette vanno riconnesse le 15 Riserve Marine attualmente istituite in un approccio sistemico che unisce inscindibilmente la costa al mare.
E' noto come i fenomeni del degrado e l'instabilità dell'entroterra siano la causa principale dei danni arrecati all'ecosistema marino, da qui l'esigenza di ricomprendere nello stesso sistema le due componenti, senza che questo comporti necessariamente un "automatismo" nella gestione delle aree protette.

 

Strumenti del C.l.P.

In analogia con quanto proposto per APE ed Itaca, il progetto CIP si può fondere su due strumenti quadro da definirsi con un apposito accordo di programma.

- La convenzione per lo sviluppo sostenibile delle coste italiane protette. Quale carta per lo sviluppo sostenibile delle coste, nella quale sono indicati gli obiettivi e le finalità del progetto che deve ritrovare nelle aree protette (costiere e marine) il suo punto massimo di riferimento.

- il programma di azione per lo sviluppo sostenibile delle coste italiane protette, quale strumento quadro di coordinamento per la realizzazione delle principali azioni di pianificazione, programmazione e progettazione.

 

Le linee progettuali

La rilevante estensione lineare della nostra fascia costiera, le consistenti tracce storiche, culturali ed ambientali che ritroviamo sull' intero perimetro, costituiscono una valenza particolare per la tutela e la valorizzazione di questo sistema proiettato su un mare, il Mediterraneo, unico al mondo per la sua biodiversità. E' necessario puntare, in analogia a quanto proposto per il progetto Itaca, ad un diverso sviluppo economico, fondato sulla sostenibilità degli interventi e tendente a valorizzare e salvaguardare le risorse naturali e culturali esistenti.

 

Difesa della costa

L'ambiente costiero in generale risulta estremamente sensibile sia all'azione antropica che a quella degli agenti naturali.

Negli ultimi decenni sono stati operati numerosi e dispendiosi interventi che vanno sotto il nome di "difesa della costa" in risposta all'erosione del mare di tratti di arenile, mediante la realizzazione di scogliere di vario genere (emerse, sommerse, parallele alla costa, a pennello, ecc.)con risultati spesso inefficaci e comunque dannosi per gli effetti indotti sui limitrofi tratti di costa. Infatti, i ripascimenti ottenuti con la realizzazione di scogliere emerse, sono stati pagati amaramente con l'erosione di tratti contigui e comunque con il netto peggioramento della qualità delle acque marine intercluse dovuto al diffondersi degli effetti di eutrofizzazione per lo scarso ricambio delle acque marine. Analoga sorte hanno subito gli altri interventi con pesanti ripercussioni per le modifiche indotte all'ambiente marino costiero.

Si richiede oggi più che mai di evitare interventi puntuali sulle aree in erosione che non siano supportati da studi generali di ampi tratti di costa aventi caratteristiche omogenee. Nel merito va comunque ricordato che spesso i problemi dell'erosione costiera vanno ricercati a monte della costa, negli interventi realizzati lungo i corsi d' acqua (briglie, canalizzazioni, dighe, ecc.) che hanno ridotto pesantemente 1' apporto solido al mare. Tale posizione è emersa chiaramente anche nel recente convegno sulle C.I.P. tenutosi ad Ancona il 13 marzo scorso, ove, nel richiedere l'abbandono di soluzioni prettamente ingegneristiche basate sulla posa in opera di massi da scogliera di qualsiasi forma, si privilegi piuttosto il sistema del ripascimento artificiale delle spiagge in erosione quale unica soluzione ecocompatibile al fenomeno, già positivamente sperimentata nel nostro Paese.

 

Salvaguardia dell'ambiente costiero

Un altro fattore di grave modificazione dell'ambiente costiero è legato ai continui processi di urbanizzazione e di infrastrutturazione verificatisi lungo la costa, che richiedono una netta inversione di tendenza sulle politiche di sviluppo dei centri urbani costieri a favore, anzitutto, di una salvaguardia di quelle aree (poche, in verità) ancora libere dall'edificazione.

 

Arretramento delle infrastrutture

La realizzazione di numerose infrastrutture stradali e ferroviarie collocate lungo la fascia costiera per meri motivi di economicità degli interventi, costituisce oggi un ulteriore pesante fattore di compromissione dell' ambiente costiero. Nel merito è necessario prevedere ove possibile l'arretramento di tali arterie principali, seguendo anche le indicazioni che emergono dalla U.E. per l'approntamento di studi di fattibilità sulle reti di trasporto transeuropee (T.E.N.) basate sul principio dell'intermodalità (corridoio adriatico).

 

Utilizzazione della portualità esistente

La forte crescita verificatasi negli ultimi anni della nautica da diporto ha comportato la realizzazione di numerose nuove infrastrutture portuali, spesso però senza una programmazione del settore e soprattutto senza uno studio sugli effetti che queste nuove opere avrebbero comportato per la modificazione della linea di costa.

Anche in questo caso è necessario evitare nuovi interventi portuali, migliorando e perfezionando le strutture esistenti ed eliminando, ove possibile, gli inconvenienti (erosioni od insabbiamenti) dovuti alla realizzazione di tali interventi a mare.

 

Turismo ecocompatibile

Il fenomeno turistico si è orientato, negli ultimi decenni, verso un turismo esclusivamente balneare, alimentato da una dissennata politica di realizzazione di seconde case, in un processo di falso sviluppo economico che ha prodotto, al contrario, un collasso delle già deboli infrastrutture di servizio.
E' necessario percorrere nel merito le strade della destagionalizzazione del turismo, verso un recupero ed una valorizzazione dei beni ambientali e culturali dei territori interni, mediante forme di integrazione tra le aree costiere e montane, creando una rete di servizi che consenta di ampliare l'offerta turistica a periodi più ampi di quelli attuali limitati alla sola stagione estiva.

* Segreteria tecnica del Ministero dell'Ambiente